· Fifteen ·

A Chiara, che preferisce le smut muke.

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-Lo sai tesoro che non sono mai stata un'ottima cuoca!- si scusò mia madre dopo avermi messo sotto gli occhi un piatto di pancake completamente abbrustoliti.

-Devo chiamare i pompieri o ce la facciamo da soli?- domandò sarcasticamente Logan entrando in cucina. Dio, solo stare nella stessa stanza con quell'uomo mi faceva stare male.

-Questi puoi buttarli via, io vado a fare colazione fuori con Luke, vado a vedere se si è svegliato.-

-Se andate fuori, portatevi dietro anche Aria e Megan.- mi urlò Logan dalla cucina, dato che stavo già salendo le scale.

Gli avrei spaccato volentieri un vaso in testa. Non volevo portarmi dietro le sorelline di Luke, volevo parlargli di quello che stava accadendo ultimamente, senza le piccole che ci distraevano ogni secondo.

-Luke?- bussai alla sua porta -Sei già sveglio?- Aprii la porta, trovandolo in uno stato, beh, non proprio presentabile.

Appena mi vide sull'uscio della porta urlò un sonoro: -Esci.- cercando di coprirsi il più possibile. Chiusi la porta con un tonfo e non appena mi resi conto di aver visto Luke così, scoppiai a ridere da sola.

-Smettila di ridere.- Luke mi gridò di nuovo, dall'altra parte. Soffocai una risata, prima di dirigermi verso la camera delle bambine.

-Perché stavi ridendo, Joe?- mi domandò Aria appena entrai nella loro camera. Oh sai tesoro, ho appena visto il pene di tuo fratello.

-Oh nulla, cose da grandi.- dissi schiarendomi la voce -Comunque, vi va di venire da Starbucks con me e Luke? Così magari facciamo colazione.-

-No grazie, vorremo cominciare i compiti che ci hanno insegnato per le vacanze.- rispose Megan mentre si rifaceva il letto. Da quando ero arrivata avevo subito capito come sarebbe finito il futuro di quelle due povere bambine.

Aria: ingenua e spensierata come il fratello.

Megan: stronza e rigida come il padre. E la cosa che mi inquietava di più era che Megan era più piccola di due anni rispetto ad Aria.

-Va bene, allora ci vediamo a pranzo.- le salutai uscendo dalla loro stanza. Come tornai in corridoio notai che la porta della stanza di Luke si stava aprendo, quindi non ci pensai due volte ad entrare.

-Non ti ho ancora perdonata.- disse Luke appena mi vide.

-Mi spiace, non pensavo che fossi in quello stato. Sinceramente credevo che dormissi ancora.- risposi sedendomi sulla sedia presente davanti alla scrivania.

-E invece.- rispose controllando il telefono.

-Senti, mia madre ha preparato dei pancake, ma sono più neri del carbone, quindi ti va se andiamo da Starbucks a fare colazione assieme?- proposi

-E' un appuntamento?- chiese guardandomi in modo scaltro. Ci pensai un secondo: io e lui seduti davanti ad un cappuccino in un locale. E soprattutto da soli. Presi un respiro profondo. -Sì.- risposi

-Ah perfetto, quindi dopo posso anche baciarti?- domandò mentre uscivamo dalla sua stanza. Gli diedi uno schiaffo sulla spalla, sapevo che non stava scherzando, ma gli feci capire che avevo preso le sue intenzioni come ironiche.

Dopo aver avvisato mia madre e Logan che stavamo andando fuori, io e Luke ci ritrovammo in macchina in direzione dello Starbucks più vicino, avevo un bisogno disperato di un Chocolate Cream e di un Donut.

-Ma ne abbiamo appena saltato uno!- gli feci notare. -In verità andiamo da un'altra parte.- rispose.

In quel momento mi sentii come la protagonista di uno di quegli show che danno su real time il sabato sera. Lui sembrò accorgersi del mio disagio e se ne uscì con un:-Tranquilla, voglio solo trovarne uno meno affollato.-

Dopo quelle che mi sembravano ore finalmente Luke si decise ad accostare. Finalmente!- esclamai stiracchiandomi le gambe. Dopo che prendemmo le nostre colazioni, ci dirigemmo fuori, dato che vi erano alcuni tavoli. Il che fu un bene, non mi era mai piaciuto stare a fare colazione nei luoghi chiusi. Tranne quando pioveva, non sono mica scema.

-Dovremmo stare qua ancora due notti.- disse Luke dopo aver preso un sorso dal suo cappuccino.

-Lo so, e non vedo l'ora.- dissi in un sospiro -Mia madre non è il problema, tuo padre lo è. Mi sento un sacco a disagio anche solo passargli accanto dopo che mi ha beccato ad origliare la vostra conversazione.-

Ci fu un attimo di silenzio prima che Luke tornasse a parlare. -Sai nemmeno a me è veramente piaciuto mio padre, è sempre stato molto severo con me: se prendevo una B in una qualsiasi materia lui si incazzava, dicendo che nella vita avrei dovuto eccellere e non sembrare un rammollito. Se nella mia pagella trovava anche solo un voto inferiore alla A, le prendevo. Semplicemente non voleva che finissi come lui, a trovarsi a fare il meccanico, riuscendo a stento ad arrivare a fine mese od altro.-

-E tua madre non gli diceva mai nulla?- lo interruppi.

-Poi lui decise di trasferirsi a Washington con Aria e Megan e lasciarmi solo, per lui a sedici anni ero più che maturo. Ciò è accaduto solo due anni fa. Vivo da solo infatti. Per questo il pomeriggio sto al bar a lavorare, avevo uno stipendio minimo, ma dopo che parlai al mio datore di lavoro della mia situazione ebbe un minimo di compassione per me e si decise ad alzarmi la paga mensile. Ma comunque devo chiedere qualcosa a mio padre, perché non ce la faccio.- rispose dicendo tutt'altro, ignorando la mia precedente domanda. La storia di Luke mi fece cadere il cuore, io nemmeno me lo sarei immaginata. Ma nemmeno lontanamente.

-Io.. mi dispiace.- fu tutto quello che riuscii a dirgli. Perché era vero, mi dispiaceva davvero tanto per lui e dopotutto non riuscivo a trovare altre parole per sembrare più confortante. E io che a volte mi lamentavo della mia infanzia rovinata ma allo stesso tempo migliorata dal divorzio dei miei genitori. Tutto quello che volevo fare era abbracciarlo forte e dirgli che sarebbe andato tutto bene, ma l'unica cosa che feci fu quella di restarmene seduta a giocare con la cannuccia del mio caffè ormai finito. Ero come pietrificata. E lui se ne stava lì a guardarmi come se non mi avesse mai detto questo, come se avessimo affrontato una normalissima conversazione tra adolescenti. Se ne stava lì a guardarmi come se volesse dirmi altro ma era troppo spaventato, di cosa non lo so.

E poi alla fine parlò. Me lo disse così. Quelle quattro parole uscirono così come nulla dalla sua bocca, come se fosse una cosa da dire a chiunque tutti i giorni.

-Io ti amo Joe.-

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