Secondo Capitolo

Lucian Crane era un ragazzo che avevo conosciuto all'inizio dell'anno scolastico in circostanze a dir poco assurde: si era introdotto nell'auto su cui eravamo sedute io e Bessie ed era partito a tutta velocità per vincere una stupida scommessa fatta con un suo amico. Avrebbe dovuto raggiungere il chiosco, prendere qualcosa che provasse la sua presenza lì e tornare indietro entro dieci minuti. Per vincerla aveva quasi rischiato di farci ammazzare. Io e la mia amica eravamo uscite da quella situazione piuttosto scosse, specie dal momento che avevo temuto che si trattasse di un vampiro deciso a rapirmi e ad uccidere Bessie.

Non ci eravamo rivisti per parecchio tempo, finché il primo giorno di scuola dell'ultimo anno non ci eravamo accorti di essere finiti nella stessa classe. Lucian si era appena trasferito in città con il suo coinquilino Chad, e nonostante le sue stranezze e il suo comportamento strafottente e sprezzante del pericolo avevamo finito per legare. Era diventato in breve tempo uno dei miei migliori amici, se non il migliore. Poi lo avevo rivisto la sera prima del Festival del Lobo, a Caracas, quando mi aveva detto di essere in visita in città da alcuni parenti. Forse mi sarebbe dovuto suonare nella testa qualche campanello d'allarme, per averlo trovato lì, proprio il giorno prima di una festa dei lupi, in un paese abitato da tantissime di queste creature. Ed ora era lì davanti a me e la cosa non faceva altro che confondermi ulteriormente. 

Indossava una camicia scura a quadri sopra jeans neri strappati sul ginocchio e aveva i capelli scompigliati, che gli ricadevano in maniera disordinata sulla fronte, sfiorandogli quasi gli occhi. Con le mani infilate nelle tasche posteriori dei pantaloni e immobile oltre la porta che portava al corridoio si capiva che fosse in imbarazzo, indeciso su cosa dire o cosa fare. Io per prima non avevo idea di come agire, perché non capivo cosa ci facesse Lucian in una base di licantropi. Eppure la verità era lì a portata di mano, facilmente intuibile, solo che era troppo assurda ed io non avevo il coraggio di vederla. 

-Ciao, Tammy- disse alla fine - ti va se ci sediamo? - 

Il suo tono che si sforzava di essere normale mi fece ammutolire e il desiderio di fare domande e trovare finalmente delle risposte mi stava facendo bruciare gola e petto. Ma allo stesso tempo non volevo sapere, perché avrebbe significato scoprire di essere stata ingannata. Perdere un grande amico che avevo trovato dopo il mio allontanamento da ciò che avevo avuto con Chris un tempo. Non ero pronta a questo, perché anche ciò che rimaneva della mia vita sarebbe crollato. Avrei finito per accorgermi di quanto in realtà fossi sola e di come le persone che mi erano vicine non facessero altro che tradirmi. 

Distolsi lo sguardo da Lucian e incontrai gli occhi di quella che ero sicura essere Blanca, la madre di Leo Teràn. La somiglianza era decisamente troppo evidente. Il suo sguardo penetrante sembrava capace di leggermi l'anima e ascoltare il mio cuore e mi sentivo irremediabilmente sottoposta al suo giudizio. Quella donna era quasi morta perché Chris aveva collegato le nostre vite, così lei doveva aver sentito il mio stesso dolore quando la garrota si era stretta intorno al mio collo e aveva iniziato a soffocarmi. La cosa mi dava non poca soddisfazione, visto che era stato suo figlio a cercare di uccidermi. Allo stesso tempo, però, mi fece male immaginare quel filo così letale stretto intorno alla tenera carne di quell'anziana ma non troppo signora. Forse era quello il motivo della sciarpa che indossava? 

Inconsciamente, senza neanche rendermene conto, mi sfiorai collo, nel punto in cui era rimasto ancora un segno violaceo dove la pelle era stata segnata dalla garrota. Non mi faceva più molto male, solo se facevo pressione, eppure lo sentivo ancora lì, come una presenza costante che mi ricordava che ero ancora viva per miracolo e che, se non ci fossimo sbrigati a scappare, non lo sarei rimasta ancora per molto. La signora sorrise davanti al mio gesto e si portò anche lei le mani al collo, sciogliendo con pochi e rapidi gesti la sciarpa e mostrando segni identici ai miei. Il suo collo non era sottile come mi sarei immaginata, ma la pelle tenera e rugosa era stata segnata profondamente. 

-Non è stato piacevole, vero? - mi chiese la signora Blanca, sfiorandosi il collo e sollevando il mento per farmi vedere meglio - specie quando sei seduta davanti alla TV a lavorare all'uncinetto e ti stai per addormentare. - 

-Le assicuro che la sensazione del filo che si stringe intorno alla carne è peggio del sentire solo dolore- ribattei. La mia voce suonava estranea alle mie stesse orecchie. - E il pensiero di stare per morire, quello batte tutto il resto. Come il lottare con tutte le proprie forze per far sì che non succeda. - 

Con mia sorpresa la donna sorrise, prendendo posto al tavolo al centro del salone. Lucian era ancora in piedi davanti al corridoio, indeciso su cosa fare. - Hai perfettamente ragione, Tamara. Posso chiamarti così? Pandora è troppo formale. - 

-Tamara va benissimo. Odio la parola Pandora- risposi lentamente. 

-E ti credo, mia cara. Non posso darti torto. - 

Lanciai un'occhiata a Lucian. Avrei voluto parlare con lui ma allo stesso tempo non sapevo neanche da dove cominciare. Tornai a rivolgermi alla donna. - Lei è la signora Blanca, la mamma di Leo. - 

-Esattamente. Una delle poche qui dentro che non vuole la tua morte ma quella che è stata quasi uccisa per uno scherzo ben riuscito. D'altronde sono la madre di colui che ha cercato di ucciderti, quindi me lo sarei dovuta aspettare. - 

La guardai con una certa sorpresa, registrando le sue parole. Mi stava rivolgendo un sorriso benevolo e anche nei suoi occhi non leggevo malignità ma soltanto molta curiosità. Eppure non riuscivo a fidarmi, a credere alle sue parole. Come poteva dire sul serio, la madre dell'alpha della Melena Dorada? Per quale motivo? 

-Cosa? - chiesi confusa. 

-Noi vogliamo aiutarti, Tammy- intervenne Lucian, con fin troppa enfasi. Capì di aver alzato troppo la voce e quando Blanca gli mise una mano sul braccio, facendogli cenno di calmarsi, sospirò e cercò di controllarsi. 

Lo guardai a bocca aperta. - Io non so neanche perché tu sia qui. -  

Lucian aprí la bocca ma non disse nulla. Come me sembrava trovarsi in una situazione di stallo e non sapeva in che modo liberarsi. Lo capivo perché mi sentivo allo stesso modo ma sentivo anche che dovesse essere lui a fare il primo passo. Me lo doveva. E la signora Blanca la pensava allo stesso modo. - Sarà meglio parlare di questo prima. Lucian, la ragazza merita di sapere. Spiegale tutto, così che lei possa capire. Così che lei possa sapere come le hai salvato la vita già una volta. - 

Guardai entrambi, ancora più sorpresa di prima. Non capivo cosa stessero dicendo, dove volessero andare a parare, e più passavano i minuti più mi sentivo confusa. Sentivo che stava per succedere qualcosa di importante, che presto molte delle mie domande avrebbero trovato risposta, ma era tutto così complicato che sospettavo ci sarebbe voluto un po' prima che ogni cosa acquistasse un senso. E non ero sicura di essere pronta. 

Per alcuni secondi Lucian rimase ancora lì, in piedi, completamente immobile, a fissare la superficie del tavolo come se fosse ancora indeciso su cosa fare. Né io né la signora Blanca distogliemmo lo sguardo da lui, come in attesa, e alla fine il ragazzo si sedette a tavola, accanto alla donna. Dopo qualche altro attimo di esitazione anch'io presi posto, proprio di fronte a loro. Mi sentivo terribilmente a disagio. 

-D'accordo. Tammy, io non sono chi credi- esordì, sorprendendomi. Non mi aspettavo un attacco del genere e non ero certa di come rispondere. 

-Questo è evidente - dissi poi. 

-No, voglio dire che non sono ciò che pensi. So cosa ti sta passando per la testa in questo momento. Sono venuto in Venezuela, a Caracas, per il Festival del Lobo. Ed ora sono qui, in questo posto. Ma ti sbagli. Io non sono un licantropo, Tammy. - 

Ammutolii, perché Lucian aveva dato voce ai miei pensieri che avevano iniziato ad affollarmi la testa dal momento in cui l'avevo visto lì. Non avevo voluto dare ascolto alle mie sensazioni, eppure non potevo negare che ci fossero state, ed una parte di me aveva cercato di collegare i punti e aveva supposto, infine, che anche Lucian fosse un licantropo. Questo spiegava la sua presenza in città e lì al quartier generale. Eppure adesso mi stava anche dicendo di non esserlo affatto e che mi stavo sbagliando. - I-io non capisco- dissi solo.

Lucian si passò le mani tra i folti capelli castano dorati con frustrazione. Potevo scorgerla nei suoi movimenti frenetici e nella mascella contratta. - Io voglio dirti tutta la verità, Tammy, ma è difficile. È la storia della mia vita. E non sarà semplice comprendere. -

-Comincia dall'inizio, Lucian- gli disse la signora Blanca, quasi con dolcezza - e racconta soltanto la verità. Così sarà più facile. - 

Il modo in cui lui la guardò, con rispetto, devozione, riconoscenza e grande affetto mi fece capire quanto i due si conoscessero, come il loro non fosse un semplice legame. Sembrava quasi che fossero madre e figlio. Questo mi confuse ancora di più e mi fece ammutolire, al pensiero che il mio amico fosse il fratello di Leo Teràn. Certo non si assomigliavano per niente. 

Lucian riportò la sua attenzione su di me, sospirò sonoramente e poi incatenò i miei occhi, senza lasciarli mai. - Ci sono due modi per diventare un lupo mannaro. Per discendenza diretta, ossia quando uno dei genitori è anche lui un licantropo, oppure tramite morso e/o ferite molto profonde. Leo Teràn è un licantropo perché lo era anche suo padre, mentre io... Be... Lo sarei dovuto diventare, ma non è stato così. Contro ogni previsione io sono umano. Sono leggermente più forte dei miei coetanei, ma non mi trasformo con la luna piena e non ho artigli o canini affilati da utilizzare in combattimento. - 

-Non capisco- dissi, perché era vero. Non soltanto non mi era chiaro perché mi stesse raccontando tutto questo adesso ma mi sfuggiva il perché Lucian potesse vantare una certa forza senza essere un licantropo. - Il gene è rimasto inattivo? - chiesi, cercando una spiegazione scientifica - non è stato espresso per qualche motivo? - 

Lucian sorrise, anche se i suoi occhi rimasero cupi. - Sapevo che avresti compreso. Sei tropp intelligente, Tammy. Esatto, il gene per qualche motivo non si è espresso. Succede raramente ma può capitare. Ci chiamano LP. O, più nello specifico, gli Immuni. - 

Mi imposi di tenere a mente quella sigla, per chiedere a Derek, una volta tornata in cella, se conoscesse il termine e sapesse qualcosa di più a riguardo. - Quindi i tuoi genitori erano licantropi? - 

Lucian scosse la testa con aria mesta. - I miei genitori sono morti quando ero molto piccolo ed io ho vissuto la mia infanzia e parte dell'adolescenza in un orfanotrofio. Ho conosciuto la povertà, la fame e la violenza. Era un posto orribile da cui ho desiderato poter scappare più di una volta ma che è stato la mia prigione per molti anni. Finché non ho preso coraggio e sono riuscito a fuggire, facendo l'incontro che avrebbe cambiato la mia vita- fece una pausa, prese fiato, le labbra tremanti, ed io capii che ciò che stava per dire era terribilmente doloroso e avrebbe cambiato tutto - mi sono scontrato con un licantropo in un vicolo, un lupo che mi ha attaccato con l'intenzione di uccidermi. - 

Lucian si fermò, la testa tra le mani, tutto tremante e spaventato. Non l'avevo mai visto così, lui che sembrava nascondere dietro la strafottenza una grande fragilità. Ora quest'ultima stava esplodendo con violenza e sembrava pronta a sopraffarlo. Allungai una mano verso di lui, senza poterne fare a meno, e con decisione ma dolcezza la allontanai dal duo viso, stringendola tra le mie dita piccole con il desiderio di infondergli tutto il mio coraggio. - È terribile - dissi soltanto.
Lucian annuì lentamente, osservando le nostre mani intrecciate. - Il lupo si chiamava Felipe. Era in preda ad una follia omicida ma è riuscito a fermarsi in tempo, anche se mi ha ridotto in un bagno di sangue. Mi ha preso e portato in ospedale, dove mi sono svegliato. Contro ogni previsione ero sopravvissuto e le mie ferite erano in via di guarigione. Quella sera Felipe venne a trovarmi nella mia camera per l'ultima volta, dicendomi quanto gli dispiacesse per ciò che mi aveva fatto. Mi disse che era un lupo da poco e che non aveva ancora imparato a controllarsi, ma che aveva anche sottovalutato il problema. Mi disse che per lui era troppo tardi redimersi ma che io avrei dovuto fare diversamente. Sarei dovuto diventare parte di qualcosa perché era ora che accettassi la mia nuova vita. Mi spiegò cosa mi sarebbe successo e mi informò di un branco a Caracas, il più forte che fosse mai esistito. Mi avrebbero accolto come uno dei loro e mi avrebbero insegnato a controllarmi, ad essere un lupo, a far parte di un branco- Lucian mi strinse la mano, le dita gli tremavano - capirai che per un ragazzo che non aveva mai avuto una famiglia ciò significava tutto. Era la promessa di una nuova vita e non mi importava cosa avrebbe significato dovermi trasformare in un animale. Nonostante ciò che mi aveva fatto Felipe. Nonostante lui mi avesse quasi ucciso. Era la mia occasione. Non rividi più il lupo che mi aveva attaccato, anche se mi disse che avrebbe vissuto la sua vita nella foresta, lontano da tutti, per non far più del male a nessuno. Non so se mantenne la parola ma io non lo incontrai più. -  

-Quindi tu pensavi che ti saresti trasformato? - gli chiesi. 

-Naturale. Gli Immuni sono davvero rari e Felipe neppure me ne parlò- guardò la signora Blanca, che gli sorrideva come per spingerlo a continuare - la Melena Dorada mi accolse davvero come uno di loro e mi diede ciò che non avevo mai avuto o conosciuto nella vita: l'affetto di una famiglia, l'emozione di far parte di un gruppo. Mi mostrarono come vivevano, come funzionava un branco, i posti sicuri dove potevano trasformarsi senza fare del male a nessuno. Ma quando venne la luna piena, contro ogni previsione, io non mi trasformai. Non successe assolutamente nulla. - Lucian si passò la mano sugli occhi, come se fosse stanco. Stanco di raccontare e di rivivere quei ricordi che in qualche modo lo facevano soffrire. Eppure non riuscii a dirgli di fermarsi, di lasciar stare. Dovevo sapere. 

-Non successe neanche alla luna piena successiva e così a quella dopo, e più passava il tempo più capivo che neanche questa volta sarei stato parte del gruppo. Ero diverso e non tutti accettavano che un essere umano Immune, che aveva la fortuna di sfuggire a quella che molti di loro consideravano una terribile maledizione, continuasse a girare tra loro a rimirare la loro sofferenza. Così capii che se non mi fossi trasformato sarei stato costretto ad andare via e avrei di nuovo perso tutto. Non potevo accettarlo. Ma Leo, in qualità di alpha, mi diede un'idea. -
Aspettai che continuasse, trepidante d'attesa. Volevo sapere come Lucian fosse finito prima nella nostra auto, a Bannack, e poi di nuovo lì a Caracas, proprio davanti a me. Dovevamo essere vicini alla risposta. 

Lucian riprese a parlare, più rapidamente questa volta, a sottolineare l'importanza di ciò che stava per rivelarmi. -Mi disse che non potevo essere un Immune, dal momento che ero più forte degli altri esseri umani, anche se non quanto un lupo. Mi disse che probabilmente il gene non si era espresso ma era rimasto sopito, facendo di me un LP. Perciò potevo cercare di "risvegliarlo", fare in modo che smettesse di essere nascosto ma che, invece, si mostrasse. -

-E ciò come poteva essere possibile? -

Per la prima volta Lucian sorrise. Le fossette che si formarono sulle sue guance, le labbra tese a mostrare i denti bianchissimi e gli occhi che luccicavano mi mostrarono di nuovo il mio vecchio amico. Il Lucian Crane che mi aveva difesa dal professor Malan. - Sottoponendo il mio corpo ad emozioni forti. Cercando il brivido, il pericolo, più adrenalina possibile. Così che il mio corpo fosse spinto a dare di più. Dovevo stimolare il gene del lupo affinché potesse cominciare a funzionare. -

Lo guardai a bocca aperta, perché ora cominciavo a capire. Tutto acquistò finalmente un senso e ciò che per tanto tempo era sembrato una follia ora aveva una propria assurda logica.
Lucian annuì davanti alla mia espressione, sapendo che avevo capito. - Chad era diventato in breve il mio migliore amico qui alla base, così venne con me per aiutarmi nella missione. Girammo molto per diverse città, facendo cose folli per raggiungere il nostro scopo. Paracadutismo, gare di macchine, Bungee jumping, nuotate notturne... -

-E rubare un auto con due ragazze a bordo per guidare a velocità sconsiderata rientrava nei parametri della missione? - chiesi, senza riuscire a trattenere un sorriso. Ecco spiegato tutto. Un lupo che cercava il suo posto nel mondo per ironia della sorte si era scontrato con la famosa Pandora. Ma lui sapeva chi fossi io quando mi aveva incontrata? Glielo avrei chiesto.

Lucian annuì, ricambiando il sorriso. Sembrava sollevato, felice che io capissi. - Direi di sì. Mi dispiace avervi sconvolte quel giorno. -

Scrollai le spalle. - A me no. Altrimenti non avrei conosciuto il mio migliore amico. -

Lucian mi strinse le mani e me le baciò, in un gesto spontaneo che mi sorprese ma mi strinse il cuore in una morsa d'affetto. Aveva avuto paura della mia reazione ed ora aveva capito che non lo odiavo per la sua storia. Eppure non aveva finito. Gli chiesi ciò che mi era venuto in mente prima. - Sapevi che ero la Pandora quando mi hai vista la prima volta? -

Lui scosse la testa con forza, sollevando di scatto lo sguardo. - No, Tammy. Non avevo mai visto la tua faccia in vita mia. Conoscevo la tua storia ma poco mi importava, non sono mai stato interessato alla faida tra licantropi e vampiri. Tutto ciò che volevo era far parte di una famiglia. -
-Ma allora come... - cominciai, ma lui mi fermò subito.

-Quando ti ho vista qui a Caracas, il giorno prima del Festival del Lobo, insieme a quel vampiro, mi sono preoccupato. Ho sentito il suo odore, un altro dono lasciatomi da Felipe, e ho capito subito cosa fosse. Avevo paura per te, per ciò che avrebbe potuto farti, così... -
Lucian si fermò di nuovo, lanciò un'occhiata a Blanca e lei gli fece un cenno, spingendolo a continuare. Ma il ragazzo continuava a tacere, arrivato al punto della storia che davvero lo spaventava e che ora, davanti alla paura nei suoi occhi, terrorizzava anche me. Che cosa aveva fatto Lucian da temere così tanto di dirmelo? Che cosa avrebbe potuto portarmi ad odiarlo? Aspettai ancora, con il cuore che batteva forte nel petto ed i miei occhi che non lasciavano mai i suoi, pregandolo di dirmi la verità. Alla fine lui sembrò decidersi. Prese fiato e mi strinse le mani più forte. - Allora sono andato da Leo Teràn e gli ho detto di te. Gli ho mostrato la tua foto e lui ti ha riconosciuta come la Pandora. Grazie a me ti ha trovata e portata qui. Per colpa mia, soltanto mia, sei quasi morta, Tammy. -

~Angolo Autrice~
Eccomi qui con un lungo capitolo in cui scopriamo molte cose interessanti su un personaggio misterioso che conoscete già dal libro precedente. Non ve l'ho mai chiesto, ma cosa ne pensate di Lucian? È un personaggio che vi piace? Ho deciso di aggiornare così in fretta visto che sto scrivendo anche un'altra storia (Butterfly, la trovate sul mio profilo) e quindi credo che ogni momento libero per scrivere sia da sfruttare. Spero che il capitolo così lungo non vi abbia annoiati. Se vi è piaciuto lasciate una stellina e un commento con la vostra opinione. A presto!

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