Primo Capitolo

Appena sveglia, cercai subito Derek con lo sguardo.

Contro ogni previsione ci avevano lasciati insieme, come se fossero certi che non avremmo comunque potuto lasciare in alcun modo la base. La stanza era la stessa in cui mi ero svegliata due settimane prima con il collo gonfio e sensibile al tatto, dalle pareti grigie e spoglie tipiche dell'intero edificio che lo facevano sembrare una caserma o una base militare, il che tutto sommato non era così distante dalla realtà. Ero distesa sul letto di fianco, con la coperta soltanto sulle gambe e i capelli rossi sparsi a ventaglio sul cuscino bianco immacolato. Lo cercai con lo sguardo per tutta la stanza e fui presa dal panico quando non lo vidi, né sul tavolo in fondo alla stanza dove stava spesso a meditare né nel piccolo bagno adiacente. Poi mi resi conto, ridacchiando, che Derek era nel letto con me, alle mie spalle, e che il calore del suo corpo mi aveva scaldata per tutta la notte in quella cella gelida. Mi voltai lentamente ed incontrai per prima cosa i suoi occhi, un misto di verde e grigio che gli conferivano uno sguardo incredibilmente enigmatico. Poi osservai le sopracciglia folte e scure, gli zigomi pronunciati, il leggero strato di barba che aveva iniziato a coprire il suo viso e le labbra, che ormai mi divertivo a baciare e mordere per tutta la notte. Stando lì, accanto a lui, potevo dimenticare dove mi trovavo, di essere rinchiusa in una base piena di licantropi che volevano uccidermi.

Derek era disteso supino, con il braccio piegato dietro la testa per sorreggersi, e mi guardava. - Buongiorno. -

Io gli sorrisi, allungandomi per baciarlo. Derek si era sempre opposto al nostro amore, tentando di allontanarmi, ma ora che mi aveva ritrovata dopo avermi quasi persa sembrava non volersi più porre freni. - Buongiorno. -

Mi sfiorò la guancia con le dita ed io, di riflesso, mi ci appoggiai come se avessi bisogno del suo sostegno. - Eri irrequieta mentre dormivi. Stai bene? -

Ci misi un secondo a decidere e gli raccontai tutto, del mio incontro con Chris e di ciò che mi aveva detto. Il Vampiro ascoltò in silenzio il mio discorso, quasi del tutto impassibile, ma quando sentì nominare Caliba contrasse la mascella. Quell'argomento era ancora una ferita aperta, la mancanza dell'uomo che aveva sempre considerato come un padre e il rimorso per averlo deluso. Non si scompose neanche davanti alle mie paure, ai miei sospetti sul fatto che Chris volesse uccidere lui e Caliba dopo aver ottenuto ciò che voleva. - Caliba è un Antico, Tamara, mentre Chris è soltanto un ragazzino che cerca di fare il grande. Non devi temere per Caliba ma per lui, se ha davvero intenzione di tradirlo. - 

Appoggiai la testa sul suo petto, lieta delle sue rassicurazioni. Era passato poco tempo da quando ci eravamo ritrovati ma sembrava che non fosse trascorso neanche un giorno, perché con lui riuscivo ad essere sempre la stessa ed anche migliore, visto che sembrava che potessimo amarci senza paura. Non sapevo quanto sarebbe durato o se Derek avrebbe finito per chiudersi nuovamente in un guscio di silenzio ed odio invalicabile, ma ero decisa a godermi ogni attimo che potevo passare tra le sue braccia. - Spero si tenga alla larga dai miei sogni- dissi, senza riuscire a trattenere l'astio nella voce - non ho voglia di vederlo o di sentire le sue parole. Neanche mentre dormo. - 

Sentii la mano di Derek tra i capelli e la sua bocca più in alto muoversi contro la mia testa, sussurrando il mio nome. Io non avevo voglia di parlare con lui ancora di quella storia, così tentai di affondare il volto nella sua maglietta alla ricerca di un nascondiglio, ma il vampiro mi spinse l'indice contro il mento costringendomi a sollevare il volto verso di lui. Non riuscii ad oppormi alla sua presa forte e decisa, così mi ritrovai a guardare direttamente nei suoi occhi più profondi dell'oceano.  

-Tamara- ripeté, provocandomi brividi in tutto il corpo come ogni volta in cui pronunciava il mio nome - te lo richiedo ancora un'altra volta, perché non sono tranquillo. È successo qualcosa tra te e Chris? Ti ha fatto del male? - 

Sospirai, desiderando di poter cambiare argomento. Quando due settimane prima mi aveva costretta a raccontare tutto, come fossi arrivata in Venezuela insieme a Chris e di come avessi trascorso quei giorni con lui, avevo di malavoglia raccontato tutto, sorvolando su dettagli troppo espliciti delle avance di Chris nei miei confronti e le sue minacce. Derek sapeva che c'erano stati, io non avevo negato, ma lo avevo rassicurato del fatto che Chris non si fosse imposto troppo oltre le parole, perché si era fermato o io ero riuscita a scamparla. Ma Derek non mi aveva creduta, conoscendo i precedenti. Chris aveva cercato di imporsi su di me in più di un'occasione, una volta era stato Derek stesso a salvarmi. Il suo desiderio più profondo era quello di creare altre Pandora, dal momento che le figlie femmine tra vampiri ed umane erano incredibilmente rare, mentre tra vampiri e Pandora le probabilità di avere un maschio o una femmina erano le stesse. In quel caso, Chris avrebbe avuto a disposizione non una ma due sacche di sangue personali da usare sempre, con di conseguenza poteri fuori dal comune che lo avrebbero reso il vampiro più potente sulla terra, più anche degli Antichi e di Caliba. Per fortuna Chris non era riuscito nel suo intento ed io non avevo tramandato la mia maledizione ad una futura figlia. Era l'ultima cosa che volevo, uno dei motivi per cui Derek mi aveva respinta. Sapevamo bene entrambi che non avremmo potuto avere figli insieme. Nessuno dei due desiderava mettere al mondo un'altra creatura che avrebbe soltanto sofferto, trascorrendo una vita in fuga, inseguita da creature della notte e servi della luna che volevano soltanto farle del male. In fondo è amore anche questo. Cercai le parole per rassicurarlo più di quanto ancora non fossi riuscita a fare. - Derek, te l'ho già detto. Chris si è soltanto divertito a mostrare quando fosse grande e invincibile, ribadendo più volte il potere e controllo che aveva su di me. Avrebbe voluto di più ma abbiamo fatto un giuramento. - 

Derek non sembrò più rassicurato di quanto non fosse prima. Continuava a scrutare il mio viso cercando di capire se stessi mentendo o nascondendo qualcosa. - E quando ha organizzato il Rito? Le sue intenzioni non erano soltanto parlare, sei stata tu a dirmelo. - 

Sospirai e gli strinsi forte le mani. Desideravo terminare quella conversazione il prima possibile. - Sì, ne aveva l'intenzione, ma gli è andata di nuovo male. Ancora una volta era tutto contro di lui. Ha potuto fare ben poco. -

Gli sorrisi, lo accarezzai, credevo che il discorso fosse ormai chiuso, ma Derek mi afferrò i polsi, senza stringere ma con decisione. Gli luccicavano gli occhi. - È quel poco che non mi tranquillizza- deglutì, sembrava non essere in sé, pareva fuori controllo - se penso ai suoi occhi e alle sue mani su di te... -.

Alzai gli occhi al cielo e mi scostai, capendo che per chiudere l'argomento dovevo essere più dura di quanto non fossi stata fino ad ora. Non era davvero successo niente e lui doveva capirlo. Certo, non sapeva dello schiaffo che mi aveva tirato in un bar del Messico, o del suo tentativo nella mia stanza il giorno prima del rituale, ma ciò che temeva più di ogni altra cosa non si era verificato. - Te l'ho già detto, Derek, non è successo più di quanto ti abbia già raccontato. Chris non ha neanche visto nulla, perché il giorno del Rito Leo Teràn mi ha salvata prima che io potessi togliermi i vestiti. Men che meno mi ha toccata, perciò potremmo smetterla di parlare di Chris? Non lo sopporto. -

Mi alzai in piedi e gli diedi le spalle, incrociando le braccia sul petto. Questo gli bastò: in un secondo fu dietro di me, sentii il suo petto contro la mia schiena e il suo respiro tra i capelli, le labbra accanto all'orecchio. - Scusa, Tamara, non volevo farti soffrire facendoti rivivere ricordi dolorosi. È solo che vorrei uccidere con le mie stesse mani chiunque provasse a ferirti. -
Sorrisi e mi voltai verso di lui, prendendogli il volto tra le mani e sollevandomi sulle punte dei piedi per baciarlo. Non mi sarei mai stancata di farlo, neanche dopo mesi e anni. Non sarei voluta essere rinchiusa in quella cella con nessun altro.

Eravamo ancora così, attaccati, quando sentimmo la serratura scattare e la porta aprirsi cigolando. Ci staccammo di scatto. Non avevamo mai ricevuto visite in queste settimane, i lupi aprivano soltanto la finestrella in alto nella porta per darci da mangiare, per lo più roba piuttosto scadente che avrebbe finito per farmi perdere la mia forma smagliante. Una volta fuori da lei avrei dovuto ricominciare una dieta e andare in palestra. Era l'ultimo dei miei problemi in quel momento ma non si sapeva mai cosa potesse succedere. Alla porta era Jeffrey, un licantropo odioso e antipatico che oltre ad odiare i vampiri sembrava avercela a morte con me per chissà quale motivo. Sospettavo che non fosse felice del fatto che non potessero uccidermi.

 Per il momento almeno. 

-Che cosa vuoi? - chiese Derek, quasi ringhiando. 

-Sta' buono, succhiasangue, e ritira i canini- gli lanciò una provetta di sangue, che gli avrebbe a mala pena placato leggermente la fame. Lo tenevano a dieta per evitare che recuperasse troppe forze, ma Derek non sembrava preoccupato della cosa, anche se era Affamato e si ingozzava di cibo umano. - Tu fa pure colazione mentre ti rubo la ragazza per un po'. -  

Il vampiro si mise subito sulla difensiva, stringendomi la mano. Forse condivideva come me il sospetto che, prima del previsto, le Figlie della Luna avessero trovato il modo di sciogliere l'incantesimo e loro fossero pronti a porre fine alla mia vita come era nei piani fin dall'inizio.
-Perché deve venire con te? Cosa volete? - chiese, la mascella contratta.

-Non ti agitare, fidanzatino, la gelosia non ti dona. Leo vuole soltanto parlare con lei. Te la riporto prima di quanto tu creda. -

Continuammo a scrutarlo, entrambi diffidenti, così Jeffrey sollevò in aria una mazza ferrata, con un luccichio negli occhi. - Oppure, se preferite, posso entrare e giocare un po' prima di avere ciò per cui sono venuto. -

Mi affrettai a dirigermi nella sua direzione, conscia del fatto che le ferite di Derek fossero appena guarite e che non avessi nessuna intenzione di vederlo sanguinare nuovamente. - Non è necessario, verrò con te. -

-Bene- Jeffrey lanciò un'ultima occhiata disgustata al vampiro dentro la cella e chiuse la porta, tirando il catenaccio e chiudendola a chiave. Si trattava di una porta massiccia creata apposta per impedire anche a creature forti come i vampiri di riuscire a liberarsi. 

Jeffrey non mi degnò di uno sguardo, mi diede le spalle e percosse il corridoio a passo spedito, così io mi affrettai a seguirlo. Mi sentivo in soggezione e l'ansia mi stava facendo battere forte il cuore, perché per due settimane non ero uscita dalla cella e nessuno era venuto a parlare con noi. Ora, per chissà quale motivo, Leo desiderava vedermi. Tentai di memorizzare il percorso ma dovetti rinunciare in fretta: ogni corridoio era uguale al precedente e al successivo, si susseguivano una serie di porte chiuse tutte uguali, alte e grigie, e le pareti completamente spoglie impedivano di trovare qualunque punto di riferimento. Sembrava davvero di ritrovarsi in un labirinto e capire come facessero i lupi a non perdersi in quel luogo tortuoso restava un mistero.

-Potresti rallentare, sai? - gli dissi, annaspando per stargli dietro. Ero arrivata in quel luogo indossando un lungo abito rosso che lasciava ben poca pelle scoperta, donatomi da Chris, su tacchi vertiginosi. Per fortuna i lupi avevano avuto la decenza di darmi abiti puliti, che consistevano in pantaloni verde militare e una canottiera grigia, che mi facevano sembrare a tutti gli effetti una di loro. Purtroppo non ero riuscita ad ottenere di meglio di quegli abiti e degli anfibi scuri che non ero abituata a portare, e sentivo la mancanza dei miei vestiti e del mio gusto raffinato per la moda. Se fossi stata sicura al cento per cento che in cella non fossimo spiati, non mi sarei messa problemi e avrei trascorso il mio tempo mezza nuda, senza farmi troppi complessi. Anzi, con Derek nella stessa stanza, sarebbe stato sicuramente infinitamente piacevole. Sorrisi tra me e me. 

-E tu potresti tacere e conservare il fiato per correre più veloce- ribatté lui, con tono insolente e provocatorio. Almeno Leo Teràn, pur con i suoi propositi di omicidio, sapeva cosa fosse l'educazione. 

Non ribattei, anche se avrei desiderato con tutta me stessa schiaffeggiarlo. Finalmente il corridoio ci condusse ad una grande stanza aperta, simile ad una sala d'attesa, con varie sedie di plastica sistemate contro la parete e varie cartine della città appese. Vi erano soltanto tre porte e lui mi condusse verso la più lontana, nera anziché grigia. Proprio al centro vi era raffigurato un leone dorato stilizzato, che indicava chiaramente che quello fosse l'ufficio di Leo Teràn o, forse, il suo appartamento. Non sapevo se vivesse lì oppure no, ma casa sua non doveva essere il massimo della comodità in un posto come quello.

Jeffrey mi fece fermare di scatto davanti alla porta, afferrandomi in malo modo le braccia e facendomi voltare verso di sé. Mi guardò severo ed io mi imposi di guardarlo dritto negli occhi, senza distogliere lo sguardo. - Adesso ti farò entrare ed io mi aspetto che, per tutto il tempo che trascorrerai in questa stanza, tu ti comporti come una signorina ben educata. In caso contrario, il vampiro ancora rinchiuso nella cella avrà di che lamentarsi al tuo ritorno. Sono stato chiaro? -
-Chiarissimo- risposi, scandendo bene le parole. Non avrei potuto fare granché ma, almeno, speravo di riuscire a raccogliere qualche informazione utile e qualche dettaglio rilevante che ci sarebbe servito nel nostro piano per fuggire.

Jeffrey mi lanciò un'altra occhiata penetrante poi bussò. Una voce che non riconobbi ci invitò ad entrare e, quando il lupo al mio fianco aprì la porta, mi fece cenno di entrare, con ben poca gentilezza. Mi presi giusto un paio di secondi per fare alcuni respiri profondi e superai la soglia. Quello che mi ritrovai di fronte mi sorprese: come avevo pensato non si trattava di un semplice ufficio ma di un salotto, le cui pareti erano comunque grigie come tutta la caserma ma, grazie al mobilio, assumeva un aspetto più accogliente. Contro la parete sulla sinistra c'era un divano semplice ma dall'aspetto comodo, con accanto una libreria piena di tomi delle dimensioni più svariate. Sulla destra si trovava un tavolo rotondo, mentre in fondo una porta aperta conduceva ad un corridoio. Mensole, ripiani, quadri e un tappeto riempivano in gran parte il resto dell'ambiente, facendo stonare quel luogo completamente con ciò che avevo visto lì fuori fino ad ora. Rimasi lì, in piedi, quando Jeffrey mi chiuse la porta alle spalle restando fuori, senza sapere cosa fare. Poi dal corridoio vidi arrivare una signora di una certa età, con i capelli bianchi legati in un'acconciatura elegante, con una sciarpa verde intorno al collo e indosso una vestaglia grigia, legata stretta in vita. La guardai con curiosità, notando subito una certa somiglianza con Leo Teràn. Ma la dimenticai molto presto, quando insieme a lei vidi entrare anche Lucian Crane.

~Angolo Autrice~
Eccoci qui con il primo capitolo! È molto introduttivo ma si conclude con la comparsa di un personaggio che voi conoscete bene... Qualche idea del perché? Se il capitolo vi è piaciuto lasciate una stellina e un commento. A presto!

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