Undicesimo Capitolo
Il giorno dopo a scuola avevo mille pensieri per la testa e mi risultava difficile stare dietro ai discorsi di Bessie. Stava dicendo qualcosa a proposito di un coprifuoco che sarebbe stato applicato presto in città, ma quella notte non avevo dormito e continuavo a ripensare a Demetra e a cosa c'entrasse con me.
-Alle sei- stava dicendo Bessie - così hanno detto a mia madre. Sarà costretta a rientrare a casa prima da lavoro. -
Eravamo in mensa, seduti al nostro solito tavolo: io e Bessie sedute vicine, Bruce e Cedric seduti di fronte. Loro erano impegnati a discutere di football mentre consumavano il pranzo. Io stavo giocherellando con l'insalata di patate già da un po', dopo aver mangiato a malapena solo metà hamburger. Non avevo molta fame, troppi pensieri per la testa.
-Buongiorno- Lucian si sedette vicino a Bessie, posando il suo vassoio sul ripiano del tavolo. La prima cosa che notai fu che aveva ben tre hamburger nel suo piatto e una buona dose di patate e fagioli. La seconda, che mai aveva avuto il fegato di sedersi al nostro stesso tavolo. Fu seguito da Chad, che prese posto davanti a lui, vicino ad un Cedric decisamente sorpreso.
Bessie mi guardò, inarcando le sopracciglia. Io scrollai le spalle, altrettanto confusa. Bessie si giró lentamente verso Lucian, che si era avventato sul cibo. Sentivo puzza di guai in vista. - Buongiorno? Prima di tutto cosa ci fai seduto al nostro tavolo? -
-Io e Tamara siamo amici adesso- disse lui, con la bocca piena di cibo - non mi odia più. Non lo sapevi? -
Bruce mi osservava dall'altra parte del tavolo, per niente allegro. Spruzzava gelosia da tutti i pori ed era buffo e tenero allo stesso tempo.
-Io ti odio ancora- ribattei - non confondere la pietà con l'affetto. -
-Ecco, hai sentito? Il pianeta gira ancora nella direzione giusta, grazie al cielo- Bessie si allontanò leggermente da Lucian, attaccandosi a me - mi inquieta averti vicino. Ho la sensazione che potrebbe cadermi un asteroide proprio sulla testa. -
-Non sono io che attiro i distrarsi, Bes- ribatté lui con un sorriso - sono io a provocarli. Se non voglio che succedano, non succedono. Puoi stare tranquilla. -
La mia amica fece una smorfia. - Sì, be, non chiamarmi così. Non siamo amici. -
-Come vuoi- Lucian si rivolse a niente di meno che al mio ragazzo. - Ehi, Bruce. Tu sei il capitano della squadra di football, non è vero? -
Lui lo osservó di sbieco, per niente contento che gli avesse rivolto la parola. - E allora? -
-E allora io e Chad vorremmo entrare nella squadra. Ne abbiamo parlato e ci sembra una buona idea. Può essere un modo per inserirci meglio nella scuola e fare nuove amicizie. -
Bruce mi guardò. Vedevo l'incertezza nel suo sguardo. - Sicuro di esserne in grado, Lucian? - dissi io con sarcasmo.
-Oh, siamo molto bravi- ribatté Chad con un sorriso strafottente molto simile a quello dell'amico - ve lo assicuro. Comunque non abbiamo problemi ad affrontare delle selezioni. -
-Di che parlate? - al capo della tavola, tra me e Bruce, si sedette niente poco di meno che mio fratello, Gabe. Rimasi a guardarlo per un secondo a bocca aperta, cercando di capire cosa ci facesse lì e come avesse fatto ad entrare. - Quali selezioni? -
-Selezioni di football- Lucian sembrava confuso - tu chi sei? -
-Sono Gabe, il fratello di Tammy- diede un morso davvero ampio alla mela - bello sport il football. Nella mia vecchia scuola in California, anch'io sono stato capitano. La mia squadra aveva quasi vinto il campionato, quando ho dovuto lasciare tutto per trasferirmi. -
-Veramente? - Bruce sembrava aver dimenticato Lucian e la gelosia - e la squadra ha comunque vinto? -
Mio fratello corrugò la fronte. - Non lo so. Io... Ho perso i contatti con tutti loro. -
-ma che ci fai qui? - gli chiesi.
-Già. Non frequenti più questa scuola, giusto? - domandò Bess.
-Giusto, B. - mio fratello le rivolse il sorriso più raggiante che gli avessi mai visto indossare. Ammutolii. - Dov'è il tuo ragazzo? Non lo vedo. -
Anche Bessie rimase spiazzata, ma cercò di non darlo a vedere. -
Dan si è già diplomato due anni fa. Frequenta l'università di ingegneria. -
-Non male- Gabe lasciò andare il torsolo della mela sul vassoio - per rispondere alla tua domanda, Tammy, sono qui su invito del preside. Mi occuperò di un servizio chiamato "150 ore" diffuso in tutte le università, ora approdato anche qui da noi. Sarò una sorta di guida e di sostegno per chiunque ne avrà bisogno, essendomi già diplomato l'anno scorso. Non ho delle mansioni ben precise, ma andrò dove sarà richiesto il mio aiuto. Come delle selezioni di football. -
-Fantastico- a Lucian brillavano gli occhi - allora ci siamo. -
Io mi scambiai alcuni sguardi con mio fratello. Sapevo che stava mentendo, o meglio che il servizio delle così dette 150 ore non veniva praticato dei licei e che probabilmente era stato lui a "consigliare" al preside di metterlo in pratica e di designare proprio lui. Avrebbe avuto libero accesso alla scuola e mi avrebbe potuta aiutare ad indagare. Sembrava che la mia famiglia cominciasse a seguirmi dappertutto, perfino dove mi sentivo più libera, ma poco male. Gabe era un aiuto prezioso e averlo vicino sarebbe stato davvero utile. Dovevo però capire assolutamente quali fossero le sue intenzioni con la mia migliore amica.
-Un attimo di attenzione, prego- Il preside fece il suo ingresso in sala mensa. Era un uomo corpulento, quasi completamento calvo, con un paio di occhiali scuri dalla montatura quadrata. - Sono stato incaricato dallo sceriffo di informarvi, con la massima urgenza possibile, del coprifuoco che verrà instaurato in città a partire da stasera. Alle 18:00 ognuno dovrà trovarsi in casa propria, in seguito all'omicidio della giovanissima Dottie Brooks, su cui sono ancora in corso delle indagini. Per questo motivo sono annullate tutte le attività serali, compresi gli allenamenti, mentre quelle pomeridiane verranno anticipate di un'ora e si concluderanno pertanto ad un orario tale che vi permetta di rientrare a casa in tempo. -
Bessi si voltò verso di me. - Visto? Te l'avevo detto. Una vera scocciatura. -
-Mi sembra doveroso pregarvi, come lo sceriffo ha sottolineato, di prendere la cosa molto seriamente. La signorina Dottie Brooks è stata assassinata in una maniera brutale ad una festa a cui erano presenti centinaia di persone. La pista seguita dalla polizia sembra collegare l'omicidio ad un reclutamento di massa di giovani ragazze, per inserirle in un giro di prostituzione da cui difficilmente usciranno. La morte di Dottie Brooks potrebbe essere stato un tentativo di rapimento finito male. Pertanto il mio invito è rivolto soprattutto alle ragazze, fate attenzione e muovetevi sempre in gruppo. Se notate qualcosa di strano, fatelo sapere ai vostri genitori, a un'insegnante o recatevi nel mio ufficio o direttamente alla polizia. Compito mio e dello sceriffo non è spaventarvi, ma rendervi cittadini più consapevoli. Grazie dell'attenzione e buon appetito. - Così come era arrivato, il preside lasciò la mensa.
Cedric si sistemò gli occhiali sul naso. - "maniera brutale" mi sembra troppo riduttivo. Le hanno squarciato la gola da parte a parte. -
-Ma tu credi che, se avessero voluto rapirla, le avrebbero tagliato la gola per sbaglio?- Chad non sembrava convinto - se ti scivola la mano sulla gola, vuol dire che sei un novellino. -
-Sei esperto di coltelli puntati alla gola, per caso? - chiese Bruce con una nota tagliente nella voce.
-Vi ricordo che Dottie ha urlato prima di essere uccisa- intervenne Bessie - tutti l'abbiamo sentita. Forse le hanno tagliato la gola perché sapevano che non avrebbero fatto in tempo a portarla via prima dell'arrivo di qualcuno. Ma li aveva visti in faccia e avrebbe potuto riconoscerli. -
-Tu credi alla pista sulla prostituzione? - le chiesi. Non avevamo mai parlato di ciò che era successo a quella ragazza, non in modo così specifico almeno.
-Altre ragazze sono scomparse in America. E guarda caso tutte avevano la stessa età di Dottie. -
-Ogni anno spariscono migliaia di persone, Bessie- intervenne Bruce - ciò non implica che le sparizioni siano tutte collegate. Non ho sentito di altre ragazze scomparse a Bannack, o sbaglio? Smettila di essere sempre così paranoica. -
Bes si eresse in tutta la sua statura, rossa di rabbia. - Io sarò anche paranoica, ma si da il caso che anche lo sceriffo e il preside la pensino come me. E anche se così non fosse, c'è comunque in assassino a piede libero in città. Dovrei stare tranquilla, solo perché non ci sarà qualcuno che mi costringerà a prostituirmi? -
Bruce mi guardò cercando aiuto ma io scossi la testa. La cosa migliore che poteva fare era chiedere scusa a Bessie e cambiare discorso il più in fretta possibile. Anch'io volevo passare ad un altro argomento, perché sapevo benissimo che né la mia migliore amica né il mio ragazzo avevano ragione: Dottie non era stata uccisa da un assassino solitario o per un rapimento finito male. Era stata uccisa da un vampiro, forse lo stesso che mi aveva baciata e che poi aveva voluto farsi uno spuntino prima di andare via e, ironia della sorte, essere ucciso. I loro discorsi erano del tutto inutili per me e non volevo che fosse richiesta anche la mia opinione al riguardo.
Bruce alzò le braccia in segno di resa. - D'accordo, Bessie, non ti sembra di esagerare? Non ho detto questo. Mi dispiace se ho fatto trapelare qualcosa del genere. Non voglio in alcun modo sminuire l'accaduto. -
La mia amica non rispose, ma mi sembrava che si stesse calmando. Le presi la mano sotto il tavolo e lei ricambiò la mia stretta.
-Dimenticate tutti la cosa più importante - intervenne Lucian.
Tutti ci voltammo a guardarlo.
-Che cosa?- chiese Cedric.
-Il simbolo sul muro- Lucian ci osservò uno per uno, con gli occhi luccicanti - il simbolo che l'assassino ha disegnato sul muro con il sangue di Dottie, proprio dietro il suo cadavere. -
-E allora? - chiese Bruce - la polizia non sa neanche cosa significhi. -
-Andiamo, quanti assassini lo fanno? Praticamente nessuno. Come se uno avesse il tempo di mettersi lì a disegnare sul muro, subito dopo aver ucciso una persona. Per me è stata una setta. -
Lo guardai sbattendo gli occhi. - Una setta? -
-Una setta. Un sacrificio a Satana. Andiamo, tutto aveva l'aspetto di un rituale. -
Io e Gabe ci scambiammo una lunga occhiata.
-Pronto, Tamara? - Fu un piacere risentire la voce di Caliba. In piedi in camera mia, davanti allo specchio appeso alla parete, desiderai con tutta me stessa che avesse buone notizie. Avrei voluto che mi dicesse: Tamara, Derek è qui con me. L'ho liberato e vuole più di ogni cosa vederti. Prenderà il primo volo e verrà da te subito. Ma anche se non fosse venuto lui, sarei andata io. Avrei mollato tutto per raggiungerlo a Parigi alla villa di Caliba. E se lui non avesse voluto vedermi, avrei accettato anche quello. L'importante era sapere che lui fosse sano e salvo.
-Caliba- dissi - sono così felice di sentire la tua voce. - Ed era davvero così.
-Anch'io, ma vorrei che fosse in altre circostanze. Vorrei che fosse per darti buone notizie. -
Mi sedetti sul letto. Improvvisamente mi sentivo le gambe molli e avevo freddo. - Derek? - chiesi con un filo di voce.
-Purtroppo il suo recupero si sta rivelando più difficile del previsto. È ancora vivo, di questo sono certo. Ho sentito la sua voce, seppur per pochi secondi. -
Sentii un improvviso bisogno di piangere. - Hai sentito la sua voce? Davvero? -
-Sì, Tamara. È ancora vivo,ma la Melena Dorada non ha intenzione di cedere. Ho mandato un messaggero della mia guardia di cui mi fidavo ciecamente all'interno di Caracas, disarmato e privo di qualunque protezione. Credevo che nonostante tutto, nonostante le sue intenzioni e le circostanze in cui ci troviamo ora, Leo Teràn non avrebbe ucciso un uomo del tutto innocuo, incapace di nuocere o recare alcun danno. Mi sbagliavo. È entrato in città, fidandosi di me e delle mie convinzioni, per chiedere un incontro amichevole e giungere ad una risoluzione pacifica della cosa, ed è stato trovato morto al confine, con la cassa toracica squarciata e il cuore abbandonato sul marciapiede. -
-Oddio, Caliba- sussurrai - mi dispiace tanto. -
Ci fu silenzio per qualche secondo dall'altra parte della linea. - Sappi che ora qualunque tipo di diplomazia verrà messo da parte. È finito il tempo delle chiacchiere ed è arrivato il momento di domare questa rivolta con il pugno di ferro, prima che investa e distrugga tutto ciò che abbiamo costruito. -
Non potevo essere più d'accordo. Prima di chiudere gli chiesi un ulteriore aiuto. - Ho bisogno che tu faccia delle ricerche su un certo Lucas Malan. Insegna matematica al liceo di Bannack. È un tipo parecchio strano e... Sono tutti sospettati, giusto? -
-Tutti, Tamara. Farò delle ricerche e ti contatterò non appena avrò notizie. E fa' attenzione. -
Dopo aver chiuso la conversazione, rimasi in piedi al centro della stanza, con mille pensieri che mi turbinavano in testa, la preoccupazione per Derek che sapevo già mi avrebbe impedito di prendere sonno a lungo. Decisi di scartare gli ultimi regali (ero stata parecchio impegnata negli ultimi tempi) e finire di sistemarli per la stanza. Fu così che, per caso, mi ricapitò tra le mani quella bambolina voodoo che sembrava assomigliarmi. Me la rigirai tra le mani, osservandone ogni dettaglio. Non avevo chiesto a Lucian se fosse stato lui a regalarmela, credendolo uno scherzo divertente. E neanche a Sophie. Avrei voluto infilargliela nell'armadietto, magari dopo aver provato a tingerle i capelli di giallo, se solo fossi stata certa che era stata lei. Ma se no chi altri? Guardai sotto un piede, rileggendo il nome inciso nella scarpetta. Chloe. Χλοη. Erba appena spuntata. Il verde germoglio. Epiteto utilizzato in greco antico per designare... Demetra.
Sbottonai il cappottino indossato dalla bambola, lentamente, con dita tremanti. Non sapevo se la mia mente stava soltanto correndo troppo, cercando indizi e forzature giusto per trovare una spiegazione logica a tutto quello che stava succedendo. Ma l'unica cosa che mi riusciva di fare era seguire il mio ragionamento, seguire il percorso che mi stavo creando, per unire i puntini. Spalancai il vestitino e vidi, cucito proprio sul nudo corpo grigiastro della bambola, un papavero che poggiava su tre spighe di grano. Lo stesso simbolo che avevo visto sulla parete dietro il cadavere di Dottie, il giorno della mia festa di compleanno. E mentre prendevo lentamente coscienza di questo, ricordai anche un'altra cosa. Demetra veniva spesso raffigurata mentre reggeva tra le braccia delle spighe di grano, perché lei aveva dotato gli uomini di tutte quelle tecniche agricole che per prime avevano distinto l'uomo dagli animali: la semina, l'aratura e la mietitura. E ancora, Demetra era la dea dei papaveri, che usava su se stessa come sollievo alla perdita della figlia, per consolare la sua anima infranta. La stessa corona che Demetra indossava era costituita da un intreccio di grano e papaveri. Chiunque avesse ucciso Dottie, disegnando quel simbolo dietro il muro, faceva parte di quella stessa folla di cantori che avevo visto a scuola, e quella setta (come l'aveva chiamata Lucian) adorava la Dea Demetra,era chiaro. O comunque, ella era in qualche modo il simbolo del loro culto. Ma perché dei vampiri avrebbero dovuto venerare una divinità "morta"? E cosa c'entrava tutto questo con me?
~Angolo Autrice~
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