Primo Capitolo

Il giorno in cui il potere dell'amore supererà l'amore per il potere il mondo potrà scoprire la pace.
(Mahatma Gandhi)

Mi svegliai di soprassalto, madida di sudore. La luce che entrava dalla finestra era piuttosto fioca, quindi doveva essere ancora presto. Guardare le pareti color albicocca della mia stanza mi calmò un po'. Non mi trovavo nei sotterranei della fortezza di Leslie, ma in camera mia.

Bessie, accanto a me nel letto matrimoniale, mi fissava dall'unico occhio che aveva aperto. - Tammy, stai bene?

-Credo di sì- sussurrai - era soltanto un altro incubo.

-Sempre il solito?

Bessie dormiva da me da una settimana ormai, approfittando degli ultimi giorni di vacanze estive, e si era resa conto di quanto le mie notti fossero agitate a causa degli incubi.
-Sì, ma peggiore questa volta.

La mia amica rimase un momento in silenzio. - Ti va di raccontarmelo?

-Non ora, Bes- misi i piedi nudi sul pavimento e rabbrividii. Nonostante fossimo soltanto ai primi di settembre e le giornate fossero ancora incredibilmente soleggiate, l'incubo mi aveva messo un gelo addosso che non riuscivo a togliermi. Aprii l'armadio e tirai fuori un maglioncino leggero che tenevo da parte per ogni evenienza. Lo indossai.

-Dove vai? - mi chiese Bessie.

-Scendo in cucina e mi faccio una camomilla per rilassarmi.

-Vuoi che venga con te?

-No, Bes, tranquilla. Torna pure a dormire, deve essere ancora presto.

-D'accordo.

Sull'orario avevo ragione. Quando attraversi il soggiorno, guardai il grosso e antico orologio a pendolo dietro il divano e vidi che erano soltanto le sei e mezzo. Tuttavia la luce in cucina era accesa.

Mia madre, Natalie Taylor, era seduta al tavolo della cucina, il cui ripiano era pieno di documenti, cartelle ed evidenziatori. Faceva l'insegnante di lettere, ma negli ultimi anni aveva lavorato soltanto come privato, a causa dei nostri continui spostamenti. Ora che sembrava che ci fossimo stabiliti in modo permanente (per lo meno fino a quando le circostanze ce l'avrebbero permesso) aveva fatto un colloquio al liceo di Bannack ed era stata presa. Ne era stata entusiasta e si era buttata a capofitto nei preparativi prima dell'inizio delle lezioni. Dietro di lei, a guardare fuori dalla finestra, c'era Danielle, l'unica delle nostre guardie ad essere sopravvissuta quando, mesi prima, un uomo misterioso era entrato in casa nostra e aveva ucciso le altre due. Sospettavo che mi odiasse, ma dal giorno della morte dei suoi "colleghi" si era instaurata tra noi una sorta di tregua.

-Qualcosa non va? - chiese in allerta.

-No- risposi - non riesco più a dormire.

Mia madre mi lanciò un'occhiata. - Ancora lo stesso incubo?

Non dissi niente. Presi dallo scolapiatti il pentolino e una tazza, poi dal mobile sulla cucina una bustina di camomilla. Mentre la preparavo, mi rivolsi a Danielle.

- Puoi lasciarci sole? Ho bisogno di parlare con mia madre in privato.

-Niente che lei non sappia- ribatté quest'ultima.

La guardai interdetta.

-Vuoi parlare di Derek.

Sbattei la tazza sul ripiano della cucina, non tanto da romperla ma abbastanza da irritare mia madre.

-Tamara- mi riproverò infatti.

-Tutto questo è assurdo! - esclamai.

-È assurdo che tu continui ad insistere con questa storia. Ne abbiamo parlato e riparlato. Insisti perché capiamo le tue ragioni, ma tu non ti sforzi neppure di capire minimamente quelle di Caliba.

Girai lo zucchero nella camomilla, tentando di trattenere il tremito alle mani. Non volevo agitarmi e finire per litigare con lei. Sul serio. Ma ogni volta che si tirava fuori l'argomento Derek mi diventava difficile.

-Non mi sembra di chiedere molto. Ne ho bisogno... Ne ho davvero bisogno. Mi basterebbe sentire la sua voce... - non era vero, ma era un inizio.

Sentire la voce di Derek avrebbe dato un po' di sollievo al mio cuore.

-Invece chiedi molto. Sai bene che Derek è stato allontanato momentaneamente dalla cerchia stretta di Caliba. Non se la sentiva di cacciarlo definitivamente e di questo dovresti essergliene grata. Ma non poteva lasciar passare la faccenda così, senza provvedimenti. Come sarebbe apparso agli altri della sua cerchia? O a coloro che vogliono mettersi contro di lui?

Il discorso di mia madre era sensato, ma la logica in quel momento non mi importava. - Ma cosa c'entra tutto questo con me?

-Con te nulla, tesoro- mi disse mia madre, ora più dolcemente - ma c'entra con Derek. La sua punizione non è l'esilio dalla guardia di Caliba, ma un esilio locale più che spirituale. Averlo spedito in Venezuela, lontano dalla Francia e lontano da te... È l'unico modo che è riuscito a trovare per punirlo.

-Allora forse sarebbe stato meglio se l'avesse cacciato del tutto - balbettai - così magari sarebbe venuto da me.

Mia madre mi fissò un momento in silenzio, con uno sguardo grave. - Non lo pensi davvero, Tammy. Senti ciò che hai appena detto. Derek sarebbe felice fuori dalla guardia di Caliba, dopo tutti gli anni trascorsi e dopo il distacco dalla sua famiglia per raggiungere quel sogno? Sarebbe davvero felice?

Pensai a quando Derek mi aveva raccontato la sua storia. Subito dopo aver conosciuto Caliba, aveva capito cosa volesse fare nella vita. Aveva litigato con suo padre e si era visto chiudere in faccia la porta di casa, ma nonostante questo era andato avanti. Ed era fiero di ciò che era diventato e che aveva costruito. Non riuscivo ad immaginarlo lontano da tutto quello, nemmeno per me. - No- dissi lentamente - hai ragione.

Mia madre mi sorrise e riprese a scrivere, ma io non avevo finito.

-Comunque resto della mia idea. Chiedo soltanto una telefonata! Una chiacchierata tra vecchi amici, per sapere come gli vadano le cose. Tutto qui. Ti prego, mamma.

Mi fissò, con un espressione tra l'interrogativo e l'irritazione. - Che cosa mi stai chiedendo, Tamara?

Tamara. Ahi.

-Ti sto chiedendo di provare a parlare con Caliba. Forse, se glielo chiedessi tu...

-No.

-No?

-No.

Rimasi a guardarla in silenzio, senza sapere cosa dire. Ero ferita e arrabbiata.

Mia madre mi guardò quasi con pietà. - Tammy, non fare così...

Mi resi conto con sgomento delle lacrime che mi rigavano le guance. Con uno scatto le asciugai, il più velocemente possibile. Dovevo avere le guance rosse quasi quanto i miei capelli, al pensiero di aver pianto davanti a Danielle.

-Non dovresti parlare di cose che non capisci- disse d'un tratto Danielle
.
-Cosa? - le chiesi sorpresa.

-Non conosco Derek. Sono entrata da poco nella guardia di Caliba, ma ho sentito parlare molto di lui. Sia prima di arrivare a Parigi, che dopo. Se le voci su di lui sono vere, lui per primo non avrebbe accettato un atteggiamento da parte di Caliba privo di conseguenze. La cosa più importante per i Vampiri, per i veri Vampiri, è l'onore. Tutte le fondamenta della nostra giurisdizione si basano su di esso. Altrimenti oggi ci sarebbero continue lotte tra i Vampiri per il potere o per cose di minor calibro. È grazie alle nostre Leggi che siamo sopravvissuti fino ad oggi. Tu non puoi capire. È un dato di fatto e non te ne faccio una colpa. Ma non puoi capire quanto sia importante l'onore per uno come Derek.

Quando ebbe finito di parlare, restammo a squadrarci separate soltanto dal tavolo e da mia madre, che sembrava annaspare per trovare le giuste parole da dire.

-D'accordo- dissi lentamente - allora non parlare nemmeno tu di cose che non conosci.

Danielle fece per parlare, confusa, ma io non glielo permisi. - Tu non sai cosa abbia fatto Derek per me. O che cosa sia per me. Perciò non puoi capire quale motivo mi spinga a parlare con lui e perché ne senta così tanto il bisogno. In parte è colpa mia se ora si trova in esilio. Il minimo che possa fare è fargli sentire che io ci sono ancora, nonostante tutto.

Danielle non ribatté alle mie parole. Scrutai la sua espressione, cercando di capire cosa le passasse per la testa. Non sembrava né irritata né beffarda (le due emozioni che più le vedevo in viso), ma piuttosto sorpresa e pensierosa. Quasi quasi potevo vedere gli ingranaggi nel suo cervello che si mettevano in moto e in quel momento sospettai che avesse capito quello che provavo per Derek.

Poi mia madre mi distolse dai miei pensieri. - Derek sa che non ti è permesso telefonargli, così come a lui è proibito telefonare a te. Quindi non sarà sorpreso di non ricevere una tua chiamata e non sospetterà che sia perché ti sei dimenticata di lui. Sta' tranquilla, tesoro.

Tuttavia quelle parole non bastarono a rassicurarmi. Bevuta la mia camomilla, me ne tornai a letto.

Bessie si era addormentata ma io non riuscii ad imitarla. Rimasi a fissare il soffitto e a pensare agli avvenimenti che mi avevano allontanata da Derek.
Chris, il più pericoloso tra i vampiri che mi davano la caccia, aveva rapito mio fratello ed Elide. Aveva minacciato di ucciderli se non mi fossi consegnata a lui. Naturalmente Derek, come mia guardia del corpo, aveva cercato di impedirmelo finché il mio totale rifiuto per l'essere salvata non l'aveva fatto infuriare. Così mi aveva lasciata andare. Questo significava per Caliba essere venuto meno al suo dovere di proteggermi, e poco importava che fossi stata io a volerlo. Da quel momento eravamo stati allontanati l'uno dall'altra senza che potessi impedirlo. Ora stavo con Bruce, un ragazzo dolce che mi amava tantissimo. E nonostante anch'io gli volessi un bene dell'anima, non potevo dimenticare Derek. Mi era impossibile. Avrei voluto odiarlo, per aver rinunciato a me, a noi. Per aver scritto quella lettera in cui mi diceva di non vedere più speranze per noi e di trovare un umano da amare.

Eppure odiarlo mi era estremamente difficile.

Alle 9:30 svegliai Bessie (con una certa fatica: il suo amore per il letto e il dormire era insuperabile) e dopo colazione la aiutai con i compiti per le vacanze. In tarda mattinata Cedric ci venne a prendere con la sua auto.

Avevamo appuntamento con Dan al Sir Taco, un piccolo ristorante messicano dove cucinavano cose davvero deliziose a prezzi ottimi. Bruce era fuori città con i suoi genitori, per la consegna di un premio a suo padre che faceva il medico.

Quando ci vide, Cedric sventolò un pugno chiuso in aria con fare vittorioso. - Si mangiano tacos!

- E anche oggi la dieta si fa domani- disse Bessie, sedendosi nei sedili posteriori. Io presi posto accanto a Cedric sul sedile del passeggero di davanti.

-Sai che esistono i cosiddetti tacos vegetariani? - le chiesi.

-Pff- fece lei - e chi li vuole.

Risi. Come se Bessie avesse bisogno di tenersi a dieta.

-Dov'è il tuo ragazzo, Betta? - chiese Cedric osservando Bessie dallo specchietto. La vidi storcere la faccia in un'espressione furiosa. - Non chiamarmi così! Come devo dirtelo? Non ci tieni alla tua vita, se insisti a farmi infuriare.

-Sono alla guida e non puoi farmi niente. Potrei provocare un incidente.

Bes sollevò un sopracciglio. - Mettimi alla prova.

-Oh, andiamo! È un diminutivo di importanza culturale. Viene usato da George Stark ne la metà oscura per chiamare per nome la moglie del protagonista.

Il sopracciglio di Bessie si sollevò ulteriormente. - George chi?

-George Stark! Mai sentito parlare di Stephen King? Insomma, Carrie, It, shining, il miglio verde... No?

-Cedric, non sapevo che leggessi qualcosa oltre ai fumetti di topolino- intervenni io.
Mi scoccó un occhiataccia. - Si da il caso che io legga molti fumetti, tra cui la lunga serie di fumetti de l'ombra dello scorpione e de la torre nera. Che, guarda caso, sono entrambe opera di King. Così, da anche appassionato del cinema, ho guardato tutti i film tratti dai suoi libri, più quelli di cui ha fatto il regista e lo sceneggiatore.

-Wow- commentai - sono colpita. Scusa, non volevo offenderti.

Con una mano si sistemò gli occhiali sul naso. - Non importa. Non tutti capiscono il peso che le opere del cinema hanno sulla nostra vita.

Subito dopo queste parole ci fu silenzio, finché io e Bessie non ci guardammo e scoppiammo a ridere.

-Ehi! - protestó Cedric - non c'è niente di divertente! Mai visto Scream?

-Ok, ok, basta- Bessie sollevò le mani in segno di resa, con ancora un mezzo sorriso sul volto - Dan ci aspetta lì. Ha dovuto accompagnare sua sorella a lavoro prima e poi è andato direttamente al ristorante.

-Bene- Cedric annuì soddisfatto.

Bes si allungò tra i nostri due sedili e accese la radio, facendo partire una canzone dei Queen e chiudendo qualunque altra conversazione. Eravamo quasi arrivati, ma Cedric si fermò a mettere benzina.

-Scusate, non ci metterò molto.

-Ma mancano soltanto un paio di chilometri! - esclamò la mia amica - Cedric!

Ma lui era già sparito all'interno del piccolo negozietto, per pagare. Lei si lasciò ricadere con uno sbuffo sul sedile. -Sto morendo di fame. Potrei svenire da un momento all'altro. Ma dico, me lo fa apposta? -

Abbassai il volume della musica e rimasi a scrutare le porte del negozio aspettando di vederlo uscire. Bessie fantasticava sul taco che avrebbe ordinato ed elencava tutte le cose che ci avrebbe fatto mettere dentro, che l'avrebbero probabilmente costretta a rotolare per tornare poi fino alla macchina. Stava parlando dei sensi di colpa che l'avrebbero assalita dopo aver gustato del tutto il suo pranzo, quando sentii la portiera dell'auto aprirsi e qualcuno sedersi al posto di guida.

Non era Cedric. Cedric era ancora all'interno del negozietto, forse in fila alla cassa oppure nel bagno, mentre il ragazzo che aveva preso il suo posto era molto diverso. Rimasi a fissarlo a bocca aperta incapace di reagire.

Sentii Bessie rompere il silenzio. - Ehi, hai sbagliato macchina.

Poi il ragazzo girò la chiave nel cruscotto e partì a tutta velocità.

Ci misi un momento a realizzare quello che stava succedendo: uno sconosciuto, anche se soltanto un ragazzo, si era seduto al posto di guida della nostra macchina ed era partito a tutta velocità. Non ci mise molto ad uscire dal parcheggio e ad immettersi nella strada, dirigendosi rapidamente fuori città. Quella visione sembrò riscuotere sia me che la mia amica.

-Ehi! - urlai - sei impazzito? Ferma subito la macchina!

Bessie mi seguí a ruota, spaventata quanto me. - Ma cosa credi di fare? Fermati subito!

Per tutta risposta quello premette il piede sull'acceleratore ed io fissai con occhi spalancati la freccia del tachimetro che passava dai 120 ai 140 chilometri orari. Sia io che Bessie sembravamo incapaci di parlare. Fissavo gli alberi che ci sfrecciavano accanto mentre ci allontanavamo sempre di più dalla città.

Cominciai a pensare che il ragazzo accanto a me fosse un vampiro. Ricordai quando, l'estate prima, eravamo rientrati in casa e avevamo trovato due delle nostre guardie assassinate. L'artefice non si era più fatto vedere dal quel giorno ma io non l'avevo scordato. E se fosse stato quel ragazzo? Ad occhio e croce doveva avere la nostra età, ma l'età di un vampiro non ne definiva la pericolosità. Anche Chris era un mio coetaneo, eppure non avevo conosciuto nessun altro con più odio e malvagità di lui. E se avesse organizzato tutto per rapirmi? Se mi avesse seguita e tenuta d'occhio, aspettando il momento giusto?

-Fermati! - gridò si nuovo Bessie - ci stai spaventando a morte!

Finalmente sembrò accorgersi di noi. Mi guardò e mi sorrise, mostrando grandi denti quadrati ma lucidi, in un sorriso da cattivo ragazzo. Non seppi come interpretare quell'espressione.
Subito dopo tornò a concentrarsi sulla strada. -Niente di cui avere paura. Vi riporterò dove vi ho prese a breve.

Lo fissai a bocca aperta. - Che cosa?

Scrolló le spalle, sempre con quel sorriso sulle labbra. - È soltanto un gioco.

Ancora più confusa di prima, lo guardai premere ancora il piede sull'acceleratore e sfiorare la targhetta dei 160.

-Un gioco? Stai cercando di farci ammazzare? - urlai.

-No, è una questione di tempistica- le sue labbra si spalancarono in un sorriso di felicità pura - oh, eccolo!

Seguii il suo sguardo. C'era un chiosco a un lato della strada, in un piccolo parcheggio vuoto, se non per un grande furgone dove stavamo caricando casse cariche di frutta.
Con nostro sollievo, il ragazzo rallentò un poco ed entrò nel parcheggio. Le ruote emisfero comunque suono stridulo quando sfregarono con forza sull'asfalto. Inchiodò al centro del parcheggio, sfilò le chiavi da cruscotto e ci sorrise. - Fossi in voi aspetterei in macchina. Prendo una cosa e torno, e ci riporto tutti al ristorante. Compresa la vostra auto.

E così dicendo sparì all'interno del chiosco.

Io e Bessie ci guardammo. - È pazzo- Disse lei.

Non risposi.

-Tammy, hai una faccia terribile. La faccia di una spaventata a morte. Scendiamo e fanculo alla macchina di Cedric. Chiamo Dan, la polizia e...

Il ragazzo era già di ritorno. Si fiondò dentro la macchina, mise in moto e ripartì di nuovo a tutta velocità.

-Ti vuoi spiegare? - chiesi - ti sei fatto di qualcosa di pesante?

Lui rise. Aveva una risata squillante. - Divertente, davvero.

-Sai cosa non è divertente? - chiesi con rabbia - questo stupido gioco, come lo hai chiamato.

Lui non si tolse quel sorriso dalla fronte.

-Ci hai spaventate a morte- intervenne Bessie - meritiamo una spiegazione.

Quello Scrollò le spalle e premette ancora l'acceleratore.

-Rallenta! - ulrlai.

-Non posso. Fa parte della sfida.

-Quale sfida? - percepii la nota di esasperazione nella vice della mia amica.

-Ho scommesso 50 dollari con un mio amico. Ha detto che non avrei avuto il coraggio di prendere questa macchina, arrivare al chiosco e tornare indietro entro 5 minuti.

Lo guardammo a bocca aperta.

-stai scherzando? - chiese Bessie.

-Affatto.

-Non potevi dire di averlo fatto e non arrivare fino al chiosco, superando il limite di velocità rischiando di farci ammazzare? - dissi. Fui sorpresa di rendermi conto di come non facessi menzione del fatto che aveva sequestrato un auto non sua.

-Il mio amico voleva una prova, naturalmente- mi mostrò una bustina di zucchero con la scritta "Il tuo Chiosco Amico",che aveva preso quando ci era entrato poco prima.

Mi abbandonai contro lo schienale del sedile, troppo sconvolta.

Il ragazzo entrò nel parcheggio del rifornitore con un altro stridere di gomme e guardò l'orologio che portava al polso. Aveva sul viso un sorriso di trionfo. - Dieci minuti in punto!

-Tu sei completamente pazzo- gli dissi.

Bessie aveva già aperto lo sportello e stava scendendo dall'auto. - Ti meriteresti una bella denuncia- la sentii dire.

Cedric stava correndo verso di noi, con il viso tutto rosso e un telefono premuto contro l'orecchio.

Il ragazzo invece mi guardava, gli occhi scintillanti e quel sorriso irritante. - Forse. Ma sono un pazzo che ha vinto 50 dollari. E che ha conosciuto due ragazze bellissime.

Tirai su il mento. - E sarai anche un ragazzo con un occhio nero se non scendi subito da questa auto.

Lui rise e mi fece l'occhiolino. - Ricevuto.

Mi diede un'ultima occhiata, prima di scendere e correre verso un auto parcheggiata più avanti. Il ragazzo alla guida rideva come un pazzo ed io mi infuriai. Non ci trovavo nulla di divertente. Non si giocava in quel modo. Non si metteva in pericolo la vita delle persone per una stupida sfida.

Cedric arrivò in quel momento, confuso. - Che cavolo è successo?

Scesi dalla macchina. Mi tremavano le gambe. Bessie mi guardava preoccupata.

-Tammy, stai bene? - mi chiese.

Scossi la testa. Stavo tremando. Tentai di voltarmi, di non farle vedere la mia paura, ma Bessie mi afferrò e mi strinse forte.

-Oh, Tammy. Mi dispiace, non pensavo che ti avesse sconvolta così tanto.

No, certo. Non poteva saperlo. Perché non sapeva che, per un momento, avevo pensato che quello fosse un vampiro intenzionato a rapirmi e portarmi via. Non sapeva che avevo immaginato quel ragazzo ucciderla davanti ai miei occhi, bevendo il suo sangue fino a dissanguarla, e spedire la sua testa dentro un pacco regalo ai miei genitori per fargli sapere cosa mi era successo. E non sapeva cosa mi sarebbe accaduto, se fossi finita nelle mani di uno di loro. Per un attimo le cose da cui ero scappata per un anno intero (anzi, per tutta la vita) erano tornate e mi avevano ricordato che ovunque andassi, qualunque cosa facessi, loro mi avrebbero seguita. Era una cosa stupida, ora me ne rendevo conto. Ma in quella situazione mi era sembrato tutto vero e possibile.
Furono Cedric e Dan a farmi tornare il sorriso. Cedric con gli occhiali storti sul naso e la faccia tutta rossa che chiedeva di nuovo con voce confusa - Ma che è successo? Dove eravate finite?

E la voce concitata di Dan che proveniva dal telefono che Cedric teneva vicino all'orecchio. - Cedric? Bess? Qualcuno vuole dirmi che cavolo sta succedendo?

~Angolo Autrice~
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