Ventiduesimo Capitolo

In piedi in un angolo della stanza, osservai Caliba ed i suoi uomini setacciare l'ufficio di Tiberio. Mi chiedevo cosa sarebbe successo ora che un Antico era morto.
-Farete una sorta di elezione? - chiesi, desiderosa di saperne di più. Volevo pensare a qualunque cosa che non fosse quello che poteva essere successo con Chris mentre ero incosciente.
-È una cosa possibile- rispose Caliba - solitamente il posto di un Antico viene preso da un famigliare molto prossimo, oppure è un'eredità che viene tramandata dall'Antico stesso per iscritto. In caso non avvenga nessuna delle due situazioni, si ricorre ad un'elezione per voto. -
Lo fissai con occhi spalancati. - Ciò significa che... Chris diventerà un Antico? Prenderà il posto di suo padre? -
-Assolutamente no. È troppo giovane. Avrà un ruolo rilevante nella Casata, ma non sarà lui il capo. Finché non raggiungerà l'età adatta, sarà qualcun altro ad occuparsene e Chris non potrà fare molto senza il suo consenso. -
Derek entrò nell'ufficio. - Nessuna traccia di Chris. Sembra scomparso. -
Caliba non lo degnò neppure di uno sguardo. - Andrai con alcuni miei uomini a cercarlo. -
-Ma Tamara... -
Caliba si voltò di scatto e sollevò la voce. - Non è più una tua responsabilità. -
Derek restò per un momento in silenzio, la mascella contratta e i pugni stretti lungo i fianchi. Poi uscì.
-Che significa? - chiesi confusa,ma Caliba non mi rispose.
Feci per uscire e seguire Derek, ma l'Antico mi fermò. - Non è il momento, Tamara. -
Lasciammo la Villa. Caliba passò tutto il tempo al telefono, parlando con tono concitato di ciò che sarebbe conseguito alla morte di un Antico. Dal canto mio, trascorsi il tempo a guardare fuori dal finestrino, con la guancia ancora intorpidita per il colpo subìto e concentrata sul resto del mio corpo. Non sentivo dolore al basso ventre, cosa che sarebbe dovuta seguire alla perdita della verginità, ma il pensiero non bastava a rassicurarmi. Io e Chris eravamo soli in quella stanza, io incosciente e lui del tutto libero di fare ciò che voleva di me. Era difficile pensare che, in simili condizioni, mi fosse andata ancora una volta bene.
Una volta terminata la sua telefonata, chiesi a Caliba se la Villa dove era avvenuta la lotta fosse la residenza ufficiale della famiglia Gandhi e lui mi spiegò che lì viveva un vecchio amico di Tiberio, che aveva offerto loro ospitalità. Aveva tentato una debole difesa contro Caliba, ma aveva finito per arrendersi quando si era reso conto di non avere altra scelta.
Mi portò in uno studio medico dove mi fece visitare. Mi fecero indossare un camice completamente bianco e mi fecero diversi esame, per controllare i miei parametri vitali, considerato quanto del mio sangue aveva bevuto Chris. Erano stati tutti soggiogati per non fare domande.
Poi un ginecologo mi visitò con attenzione e disse che non c'erano i segni di un recente rapporto sessuale. Conscia che non avrei potuto ottenere una risposta più precisa e parzialmente rassicurata, una volta giunta in Hotel andai a cercare Derek.
Caliba aveva scelto un hotel nel centro di Atlanta, dove saremmo rimasti fino al giorno seguente, prima di prendere l'aereo. Avevo visto Derek entrare nella sua stanza in silenzio e mi ero dovuta trattenere dal andargli subito dietro. Appena Caliba lasciò l'hotel, uscii dalla mia camera e mi diresse verso quella di Derek. Bussai e, non ricevendo alcuna risposta, provai ad abbassare la maniglia. La porta era aperta.
L'ambiente era identico a quello della mia stanza: pavimento rosso e pareti color pesca; un letto matrimoniale al centro della stanza, un armadio a due ante proprio di fronte, con uno specchio di forma rettangolare su una delle ante; un tavolino in un angolo, con sopra una lampada e un televisore spento. Derek era davanti alla finestra, le braccia strette attorno al corpo come se avesse freddo.
-Derek-lo chiamai entrando.
Si voltò verso di me. Vidi che aveva gli occhi spalancati, le pupille dilatate e scure, le labbra ridotte ad una linea sottile. Sembrava sul punto di piangere, anche se non mi sembrava possibile. Pareva che stesse per scoppiare.
-Tamara- sussurrò il mio nome, lentamente, con voce tremante.
Poi si schiarì la gola. - Cosa ci fai qui? -
-Volevo solo dirti che... Non è successo niente. Con Chris. O almeno, è quello che ha detto il medico.-
Lui annuì, ancora lentamente. - Ne sono felice. Davvero. Un... Peso in meno. -
-Che vuoi dire? - gli chiesi. Ma nel momento in cui pronunciai quelle parole, capii. E sentii tanto dolore nel petto. - Oh, Derek. Non... -
Mi sporsi verso di lui, ma Derek indietreggiò scostandosi da me.
Mi fermai, il braccio ancora proteso. - Che cosa intendeva Caliba quando ha detto che non sono più un tuo problema? -
I suoi occhi lampeggiarono. - Ti assegnerà un'altra guardia. Magari una che non ti lasci da sola in compagnia di vampiri, venendo meno al suo dovere e mettendo in pericolo la tua vita. -
-Non fare così! Sono andata di mia spontanea volontà. -
-Ed io non ti ho fermata- parlava risoluto ed io mi resi conto, con sgomento, che si sentiva davvero in colpa. Stava tremendamente male per ciò che aveva fatto. O meglio, per aver permesso che ciò accadesse.
-Non avresti potuto. Sapete che quando mi metto qualcosa in testa... Che quando si tratta di difendere la mia famiglia... - cercai le parole per spiegare quel senso di protezione che avevo provato, ma non ci riuscii. Rinunciai. - Io gli parlerò. -
Derek scosse la testa. - Non capisci? È molto meglio così. Non sei al sicuro con me. -
Si voltò verso la finestra ed io sentii il cuore sprofondarmi nel petto. Non volevo che si allontanasse da me per qualcosa che avevo voluto fare io, non volevo che si sentisse così in colpa e non volevo vederlo così sofferente. Non ero arrabbiata con lui perché mi aveva lasciata nelle mani di Chris. Era stata una mia scelta e doveva capirlo.
Mi feci avanti e gli avvolsi le braccia attorno al corpo da dietro, stringendolo. Lui sussultò ed io lo strinsi più forte.
-Tu non capisci. Con te mi sento al sicuro come non succede con nessun altro. Non basta avere qualcuno che ti stia vicino e ti controlli, è anche una questione di emozione. Perché qualcuno si sente al sicuro nella propria casa? Perché è sede di sentimenti positivi, di calore, di amore. Tu mi fai provare tutto questo, Derek. Io non ho mai avuto una vera casa. Da anni vivo in una stanza di albergo, e dopo 12 mesi me la lascio dietro senza rivederla più. Ma con te... Io con te mi sento a casa. Io con te mi sento al sicuro, perché ti amo così tanto che il resto non conta. -
Derek voltò la testa e abbassò lo sguardo su di me, con occhi ancora più spalancati di prima. Era sorpreso.
-Tamara...-
-Ti amo- ripetei - mi hai capito? Ti amo. -
Si voltò completamente verso di me, di scatto, e per un attimo temetti che volesse mandarmi via da lui. Invece avvicinò una mano al mio viso e mi sfiorò la guancia, delicatamente, guardandomi.
-Non gli permetterò di portarti via da me- dissi, con la gola improvvisamente secca - non voglio perdere qualcosa di così bello. -
Poggiò anche l'altra mano sulla mia guancia e si chinò in avanti, baciandomi. Trattenni il fiato e ricambiai, scaricando tutta la tensione che avevo accumulato in quella giornata. Gli allacciai le braccia intorno al collo e lasciai che mi sollevasse, fino a posarmi delicatamente sul letto.
Le cose che gli avevo detto dovevamo averlo colpito molto, perché per una volta vidi un totale abbandono verso i suoi sentimenti e verso di me. Soltanto un'altra volta mi aveva baciata senza paura, nella palestra del collegio. Ma lì non era in sé, doveva aver bevuto e sembrava preda in una follia. Ora invece era sì trascinato dai suoi sentimenti per me, ma li accettava e per questo poteva controllarli, senza provare paura o rimorso.
Come poteva qualcosa di così profondo essere sbagliato?
Indietreggiai con il sedere sul letto, per fargli spazio. Derek mi seguì, affondando con le ginocchia nel materasso. Mi sbottonò lentamente la camicia, senza smettere di baciarmi,e quando ebbe finito me la sfilò dalle spalle. Gli passai le dita tra i capelli morbidi e folti, mentre una mano scivolava sotto la sua maglietta sulla pelle liscia della schiena. Sentii quella di Derek tra le scapole e, con un brivido, avvertii le sue dita sganciare il gancetto del reggiseno.
Mi sdraiai e lasciai che mi guardasse, sentendomi esposta ma non vergognandomene. Si trattava di Derek. Gli avevo mostrato la mia anima, l'avevo messa a nudo. Mostrargli la mia pelle non era niente in confronto a quel che avevo già fatto. La parte più intima e profonda di me lui la conosceva già. Ora volevo che mi vedesse completamente.
Derek mi guardò, con il viso rosso e gli occhi scintillanti. Le sue dita mi sfiorarono le labbra, poi scesero a seguire il profilo del mento e poi ancora giù, lungo il mio collo. Il mio cuore prese a battere più veloce, al pensiero del mio sangue potente che scorreva proprio sotto i suoi polpastrelli, ma in quel momento a lui non importava. Quando, con delicatezza, seguì il profilo del mio seno destro, sentii il mio corpo tremare per le forti sensazioni che quel semplice tocco mi dava. E quando lui vide questo, quando si accorso del mio sguardo che cercava di trasmettergli sicurezza nonché tutta la fiducia che avevo in lui, mentre cercavo di fargli capire che non doveva trattenersi, perché non ero un oggetto fragile che poteva rompersi, vidi qualcosa in lui prendere atto della cosa e le sue difese crollarono. Afferrò un capezzolo tra due dita e lo tirò leggermente, e questo mi bastò per mandarmi totalmente in confusione. Desiderai che Derek ci modellasse le labbra attorno e lui, come leggendomi nel pensiero, si chinò su di me per farlo. Nel momento in cui fui io a toccarlo, sfiorarlo, accarezzarlo, vidi l'autocontrollo che cercava sempre di mantenere in ogni occasione sbriciolarsi sotto le mie dita.
Così gli altri vestiti volarono, né troppo in fretta né troppo piano. Derek sapeva essere incredibilmente dolce, ed in quel momento sentii che anche lui si stava mettendo a nudo, non soltanto fisicamente ma soprattutto spiritualmente. Non mi importava che pensasse che quella non fosse la mia prima volta, perché bastava che fossi io a saperlo. Probabilmente, se lo avesse saputo, non avrebbe voluto farlo. Le sue dita e i suoi baci furono talmente tanto passionali e piacevoli sul mio corpo che esso reagì di conseguenza e fu pronto ad accoglierlo dentro, così il dolore, pur se presente, fu dimenticato in fretta e sostituito dal piacere. Non una sola goccia di sangue Pandora fu versata e di questo fui grata. Se Derek si accorse del mio segreto non lo diede a vedere e non ne fece mai parola.
Fu delicato e premuroso, ma il piacere fu immenso. Alla fine gli affondai le dita nella schiena, preda delle forti emozioni che provavo nel potermi fondere con lui, nel sentire le nostre anime toccarsi, nel poterlo amare senza paura. E dopo Derek non mi guardò con disgusto o rimpianto. Non mi allontanò da lui. Mi passò le dite tra i capelli, mi baciò sulla fronte e lasciò che mi addormentassi con la testa sul suo petto, cullata dal ritmo del suo respiro.

Sbattei lentamente le palpebre, accecata dalla luce che entrava dalla finestra.
Fissai il soffitto color pesca e il lampadario d'ottone sulla mia testa, ricordando dove ero e quello che era successo quella notte. Non potevo crederci. Non potevo credere di averlo fatto. Con Derek.
Eppure tutti i segni erano chiari: quella non era la mia stanza, non avevo dormito nel mio letto e quelle lenzuola che coprivano il mio corpo nudo erano del suo.
Voltando la testa verso la mia destra lo vidi, bello da mozzare il fiato, con il viso voltato verso la mia parte e gli occhi chiusi, le ciglia scure ad accarezzargli gli zigomi. Il petto nudo si alzava ed abbassava, ed io non potevo credere di aver toccato la sua pelle, le sue spalle e di aver baciato le sue labbra per tutta la notte. Eppure era tutto ancora vivido nella mia testa, e volevo tenere lì quei momenti per sempre.
È stato bellissimo, pensai. Mi tirai su a sedere, il lenzuolo stretto al petto, e mi ritrovai a sorridere come una bambina, felice e soddisfatta.
In quel preciso istante anche Derek si svegliò. Lo guardai e lui guardò me e vidi I suoi occhi brillare, pieni di amore e di dolcezza. Il mio cuore scoppiava da tutto l'amore che provavo per lui.
-Ehi- dissi, perché in quel momento non mi venne altro da dire. I nostri corpi avevano parlato per noi, avevano dato voce ai nostri sentimenti. Ormai non poteva più nascondersi: mi amava e lo sapevo.
-Ehi- ripeté lui, sfiorandomi una spalla. Si sollevò e mi baciò con delicatezza sulle labbra. Premette la fronte contro la mia e restammo per un po' così, senza dire niente.
-Sei pentito di quello che abbiamo fatto? - chiesi.
Lo sentii scuotere la testa. - No. Ho vissuto a lungo ma questa notte... Con te... È stata la più bella della mia vita. -
Sorrisi, incapace di trattenermi. - Derek... -
-Ma non succederà più. Lo sai, vero? Non possiamo. -
Presi le sue mani tra le mie. - Tu vuoi avere dei figli? -
Mi guardò confuso. - Cosa? -
-Vuoi avere dei figli? Sei in giro da molto tempo, eppure non ne hai.-
Mi fissò in silenzio per un po'. - Perché mi fai questa domanda, adesso? -
-Per quello che mi hai detto una volta. Che stando con te mi sarebbe negata la possibilità di diventare madre, un giorno. Ma stando con me, sarebbe negata a te la possibilità di diventare padre. -
Mi rivolse un mezzo sorriso. - Credi che cerchi di farti desistere non per te, ma per me? Credi che non voglia che stiamo insieme perché non potrai darmi dei figli? -
Scrollai le spalle. - Non lo so. È così? -
-No, Tamara. Certo che no. Per me è diverso- non era arrabbiato, ma risoluto. La cosa mi rincuorava, perché significava che non era davvero pentito di ciò che era successo quella notte. - Io sono un vampiro. Ho ancora molti anni per decidere di avere figli o no. Posso crescere a mio piacere e, anche tra duecento anni, potrò decidere di averne. Ma tu... Tu sei umana. Hai un'unica possibilità e non voglio che la sprechi. -
Gli sorrisi, perché quelle parole gli venivano veramente dal cuore. Era bello da parte suo pensare quello, ma non capiva che non c'era un altro uomo sulla terra con chi volessi stare. Figli o non figli. - Ho soltanto diciassette anni. Non so se vorrò dei figli un giorno. Forse sì, ma ora... So soltanto che voglio stare con te. Perciò non parliamo di figli adesso, ma soltanto quando sarà il momento. Stiamo insieme ora, finché il tempo e tutto il resto ce lo permetteranno. -
Gli sorrisi ancora, ma non lo vidi ricambiare. Pensavo che il mio discorso non facesse una piega, che lui avrebbe accettato di pensare a quella questione a tempo debito, invece Derek non sembrava d'accordo. Anzi, stava scuotendo la testa.
-D'accordo, tu non vuoi dei figli. Ma non sempre le cose vanno come vorresti tu. Non importa quanto tu sia prudente, perché può sempre capitare di commettere un errore. Ad entrambi. -
Capivo cosa volesse dire. Quella notte avevamo usato le giuste precauzioni, ma mi sentivo davvero sicura al 100%? Però nonostante questo non volevo arrendermi. Sarei stata attenta, mi sarei fatta prescrivere la pillola e avrei fatto tutto il necessario.
-Faremo attenzione, Derek. -
-E se succedesse? Se sbagliassimo qualcosa e tu rimanessi incinta? -
-Be, in quel caso... - mi bloccai. L'unica alternativa possibile mi si era affacciata alla mente.
-Lo faresti? - mi chiese seguendo il mio ragionamento - abortiresti? -
Aprii la bocca per dire che sì, l'avrei fatto, e mi venne in mente Candida. Candida che aveva ucciso la sua bambina nel sonno, per risparmiarle tutta la sofferenza che lei stessa stava patendo. Si poteva uccidere un essere umano per proteggerlo dal male che lo avrebbe potuto colpire?
Derek vide la mia titubanza, perché mi posò una mano sulla guancia. - Io lo capisco, Tamara. E non mi sognerei mai di decidere per te. Ma so quanto ti potrebbe costare. Arriveresti a chiederti se tua madre, sapendo prima di aspettare una bambina, avrebbe abortito. E che nel qual caso tu non saresti qui. È una faccenda che ti riguarda molto da vicino ed è impossibile che non ti influenzi. Non sarebbe una decisione facile per te. -
Annuii e sentii le lacrime scorrermi lungo le guance. Derek aveva centrato il punto. Ero convinta che ogni donna dovesse avere la possibilità di scegliere se tenere o no il proprio bambino. Era una libertà che le spettava. Ma io non ero sicura di essere in grado di prendere una simile decisione, anche se le possibilità che ciò dovesse avvenire erano remote.
Derek mi asciugò le lacrime. - Non fare così. È una realtà con la quale dobbiamo confrontarci, dopo quello che abbiamo fatto stanotte. -
Annuii di nuovo. - Ti amo, Derek.-
Mi baciò sulla fronte e poi sulle labbra, ed io sentii il sapore delle mie stesse lacrime.
- E questo non ti basta? - gli chiesi senza accuse nella voce.
-Mi basta. Ma vorrei di più per te, anche se ora non riesci a vedere le mie ragioni. -
-Io voglio sontanto te- sussurrai e lasciai che mi stringesse a lui.

Caliba ci aspettava al piano di sotto. Era seduto nella sala da pranzo, composto nel suo abito elegante. Io e Derek ci sedemmo ai suoi due lati, uno di fronte all'altra. Ogni volta che lo guardavo non potevo fare a meno di pensare alla notte passata insieme e a come dopo mi avesse stretta a sé, con dolcezza e amore. Era stato così diverso dal Derek ruvido e talvolta insopportabile che avevo visto per la maggior parte del tempo che lo conoscevo.
Mi faceva male in basso, un lento pulsare simile ad un bruciore, ma in confronto all'amore che sentivo nel cuore e alla mia felicità, nonostante le parole di Derek, quasi non lo sentivo. In più era una prova tangibile che l'avessimo fatto sul serio e che non l'avessi sognato.
Alcuni camerieri ci servirono la colazione: marmellata e burro, fette biscottate, una brocca di latte freddo, alcune bustine di tè, cereali integrali e uova strapazzate.
Caliba lanciò una breve occhiata a Derek poi si rivolse a me, mentre cominciavamo a mangiare.
-Hai dormito bene, Tamara? - mi chiese.
Io annuii, cercando di rimanere impassibile. - Ero molto stanca, dopo tutto quello che è successo ieri. Ho dormito tutta la notte. -
Lui annuì. - Ne sono felice. Eri molto pallida ieri sera, per questo ho preferito non disturbarti e lasciarti riposare. Ma ci sono delle questione che dobbiamo sistemare.
-I miei genitori? - chiesi - vorrei vederli. -
-Li vedrai. Ho parlato con loro e ci siamo trovati d'accordo su una cosa. Ora che Chris è libero, non sei più al sicuro da nessuna parte. Perciò puoi tornare a Bannack, se è quello che desideri. Vivrai con la tua famiglia come facevi un tempo, solo con molta più protezione. -
Sorrisi, sorpresa ma felice. - Dici davvero? -
Caliba annuì. - Ti affiderò il prima possibile una guardia. Più una per la tua famiglia. -
Il sorriso mi morì sulle labbra. - Cosa? Derek è la mia guardia. -
-Mi addolora dirlo, ma Derek ha fallito nel suo compito ed è venuto meno ai suoi doveri. Ti ha abbandonata nelle mani di Chris, mettendoti seriamente in pericolo. -
-Sono stata io ad andarci! - sollevai troppo il tono di voce e alcune persone presenti nella sala si voltarono verso di noi. Parlai più piano. - Di mia spontanea volontà. -
-Questa non è una scusa. Ha trascorso abbastanza tempo con te da sapere che molte tue decisioni sono avventate e dettate dall'istinto. Era chiaramente una trappola per far leva sui tuoi punti deboli e questo sarebbe dovuto bastare per non lasciarti nelle mani di Chris. Ma è proprio quello che ha fatto. -
-Decisioni avventate dettate dall'istinto? - lo guardai sconvolta. Non immaginavo che potesse parlarmi in quel modo. - Si trattava di mio fratello! Di Elide! Il volerli salvare per evitare che fossero uccisi la chiami una decisione avventata senza alcuna logica? -
Caliba scosse la testa con forza. - Non importa! Il suo compito era tenerti al sicuro. Qualunque altra cosa andasse contro il suo compito, non era una sua responsabilità. -
-Ma certo! - ero sempre più furiosa - quindi fosse stato per te loro due sarebbero morti, non è vero? -
-Non... -
-Come li hanno rapiti? Come sono stati presi in ostaggio da Chris e suo padre? Se non era compito di Derek o mio, di chi era? Tuo? Non mi pare che tu l'abbia svolto molto bene, perciò trovo molto divertente che tu rivolga rimproveri a Derek o a me, per aver fatto ciò che tu avresti dovuto fare. -
Caliba spalancò gli occhi e voltò la testa verso di me di scatto, come se l'avessi schiaffeggiato. - Come puoi parlarmi così? Dopo tutto che ho fatto per proteggerti? -
-Mi dispiace, Caliba. Ma hai voluto tu che mettessi le carte in tavola. Ti voglio bene, ma non puoi fare questo. Non negarmi Derek- deglutii - io lo amo. -
Appena pronunciai quelle parole, ammutolii. Mi resi conto di ciò che avevo detto. Da una parte mi sentii più leggera, come se mi fossi tolta un enorme peso dal petto, ma dall'altra ebbi paura. Paura per le conseguenze che quelle due paroline avrebbero avuto.
Derek non mi guardava. Fissava l'altro sconvolto, forse in attesa della sua reazione.
Caliba poggiò le posate sul tavolo e sembrò ricomporsi un poco. Ci rivolse uno sguardo minaccioso. - Cosa c'è stato tra voi due? -
-Niente- balbettai.
-Niente? - ripeté, gli occhi che lampeggiavano. Si rivolse a Derek. - Quale compito della massima importanza ti avevo affidato, con grande fiducia? -
-Quello di proteggerla - rispose Derek, lentamente.
-Hai adempiuto al tuo dovere? -
-No. -
-Come? -
-L'ho lasciata nelle mani di Chris. -
Caliba annuì. - E...? -
A Derek tremarono le labbra quando parlò di nuovo. - Mi sono innamorato di lei.
Lo guardai sorpresa. Non pensavo che avrebbe pronunciato quelle parole davanti a Caliba. Perché doveva essere così difficile? Perché anche loro dovevano essere contro il nostro amore? Doveva essere una decisione nostra, non presa da altri. Temeva di dover arrivare a proteggere due Pandora e dover usare il doppio delle energie? Non volevo fare quei pensieri meschini, ma ero così arrabbiata da non poterne fare a meno.
Caliba sembrava davvero sorpreso. Ci fissò entrambi con gli occhi grigi spalancati. - Mi dispiace. Davvero. Mi dispiace che vi siate innamorati, ma dovreste sapere che la vostra relazione non ha possibilità. Ci sarebbero troppi problemi... Troppe persone che userebbero la cosa a loro vantaggio. Il vostro amore vi si ritorcerebbe contro. -
Rimasi in silenzio. Di colpo mi era passato l'appetito.
-Mi dispiace- sussurrò Derek, così piano che credetti di essermelo immaginato.
-D'accordo. C'è altro che dovrei sapere? -
Trasalii. I miei occhi incontrarono quelli di Derek dall'altra parte del tavolo. Per un attimo temetti che gli raccontasse tutto. Che gli dicesse della notte precedente.
-No- risposi in fretta, prima che potesse commettere quell'errore. Cercai di mettere decisione nella voce e dovetti ottenere un discreto risultato, perché poco dopo Caliba annuì. Speravo che mi avesse creduta sul serio.

~Angolo Autrice~
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