Ventesimo Capitolo
Non sapevo neppure cosa fosse la noia, prima di andare a vivere alla Villa Houghton. Mi era severamente vietato uscire dalla mia camera, tranne che per mangiare. Non dovevo uscire neppure per andare in bagno, perché ne avevo uno adiacente alla camera.
I momenti del pranzo erano altrettanto noiosi. Il padre di Derek arrivava, mangiava ed usciva subito. Derek e Tyler si lancavano in una discussione su quello che avevano fatto la mattina, e la madre sorrideva ed annuiva.
Così, mentre io me ne stavo chiusa in camera ad annoiarmi, Derek se ne stava fuori con Tyler, a fare chissà cosa. Ignoravo completamente le loro conversazioni a pranzo perché non facevano altro che farmi arrabbiare ancora di più.
L'unica cosa positiva erano tutti i libri che Derek mi portava. Ogni giorno mi comprava un libro ed io lo divoravo nel giro di un paio di giorni. Mi portava i grandi classici, molti dei quali li avevo già letti, ma che mi erano piaciuti così tanto che non mi dispiaceva tuffarmi di nuovo tra le loro pagine. Mi portò anche delle tragedie greche, ed io mi divertii a leggerle in lingua originale, tenendo vicino un vocabolario online. Avevo frequentato un corso di greco un paio di anni prima e mi aveva affascinata così tanto che lo ricordavo ancora quasi perfettamente. Derek si rese conto dell'effetto che mi facevano e mi regalò le opere e i giorni di Esiodo, in cui avrei avuto diversi racconti da leggere. Poi passò alle opere latine (sì, avevo frequentato anche un corso di latino) e qualche fiaba che sua madre era solita leggere a lui ed a suo fratello.
Così i miei pomeriggi passavano tra i libri e lo studio. Mi stavo portando avanti soprattutto con la matematica, perché sapevo che con quella materia era necessario mantenere sempre la mente attiva.
Tuttavia mi mancava molto la presenza di Derek. Nonostante la brutta litigata che avevamo avuto sull'aereo, quella casa era così grande che mi sentivo terribilmente sola. Mi mancavano i miei genitori ed Elide. La notte quasi non riuscivo a dormire a causa degli incubi, in cui io uccidevo la mia famiglia per ordine di Aphra.
Derek non mi aveva dato notizie, anche se mi aveva promesso che avrebbe cercato di avere notizie. La cosa mi spaventava: o non aveva scoperto niente, il che era come se fossero spariti nel nulla; oppure aveva scoperto qualcosa che, però, non mi sarebbe piaciuta per niente. Entrambe le prospettive mi terrorizzavano.
Poi un giorno, finalmente, Derek venne da me e rimase più a lungo del solito.
Ero occupata a risolvere alcuni limiti quando bussò alla mia porta ed entrò.
Portava sotto braccio un libro dalla copertina dorata, la cui superficie sembrava brillare contro il riflesso della luce.
-Che stai facendo? - mi chiese richiudendosi la porta alle spalle.
-Matematica. Tu dov'eri ? -
-Avevo delle cose importanti da sbrigare. - Mi porse il libro. Lessi il titolo con meraviglia. Le mille e una notte.
-Lo hai già letto? - mi chiese.
Io scossi la testa. - Qualche pezzo a scuola, ma niente di più. Ho sempre voluto leggerlo. Ti ringrazio. -
Derek annuì e si sedette accanto a me sul letto. Restammo per un po' in silenzio, io che sfogliavo lentamente il libro guardando le illustrazioni e Derek che fissava fuori dalla finestra.
-Scusa se ti ho lasciata sola questa settimana- mi disse ad un tratto - ma stavo mantenendo la mia promessa. O per lo meno, ci stavo provando. Ho cercato di capire cosa fosse successo alla Villa il giorno dell'incendio e che cosa ne sia stato di loro. -
Alzai lo sguardo di scatto. Il cuore prese a battere più veloce nel mio petto ed io mi ritrovai ad inghiottire lentamente, presa dall'ansia e dalla paura. - Hai scoperto qualcosa? -
-Niente che non fosse possibile capire da soli. Ho saputo, da qualcuno che ha assistito all'attacco, che gli uomini di Tiberio hanno attaccato dal retro, bruciando direttamente due siepi in corrispondenza del cancello ed alimentando l'incendio, probabilmente con l'aiuto di una strega. Molti sono scappati, ma non so chi. Non so se qualcuno sia stato fatto prigioniero. Caliba non ha cercato di mettersi in contatto con me, però non sono preoccupato di questo. Può darsi che voglia impedire che la chiamata venga intercettata e che qualcuno venga a conoscenza della tua posizione. Francamente non ci sono troppi elementi per pensare il peggio. Bisogna contare sulle capacità di Caliba, senza dimenticare che è un potente Antico. -
Nonostante le sue parole, non riuscii a tranquillizzarmi. Non mi bastava pensare a quanto fosse potente Caliba, perché anche Tiberio lo era. Anche Tiberio era un Antico, e quella carica non veniva data alla leggera. Pure lui doveva avere una forza sorprendente.
Derek dovette notare il mio turbamento, perché mi sfiorò il braccio, richiamando la mia attenzione su di lui. - Non devi preoccuparti. Sul serio, Tamara. Non ha senso temere così tanto per qualcosa di cui non si è certi. La cosa migliore è pensare ad altro. In questo modo il tempo dell'attesa passerà più in fretta. -
Sospirai ed indicai la camera con un ampio movimento del braccio. - Come se fosse facile qui dentro. -
Derek rimase un momento in silenzio, poi annuì. - D'accordo, allora andiamo fuori. Sei rimasta abbastanza chiusa tra queste quattro mura. Cosa vorresti fare? -
Rimasi a guardarlo sorpresa.
-Andiamo, dico sul serio. Sarò il tuo autista, per oggi. Ti porterò dove vorrai. -
-Ovunque? - chiesi con un mezzo sorriso, che lui ricambiò.
-Ovunque. -
-Bene- mi sollevai di scatto - voglio andare a fare shopping. -
Derek mi guardò per un momento interdetto. - Shopping? -
-Sì. Grazie al vostro tempismo, ho lasciato la villa senza portarmi dietro le mie cose. Apprezzo gli abiti che tua madre mi ha gentilmente prestato, ma preferirei indossare qualcosa di più... Adatto a me. Vorrei sentirmi di nuovo me stessa, se non ti dispiace. -
Derek fissò la mia camicetta bianca di cotone e i pantaloni blu a sbuffo, lunghi fino alle caviglie. - Troppo serio? -
Annuii. - Davvero troppo. -
I negozi di abbigliamento di Atlanta erano un sogno. Non sapevo quanti soldi Caliba e i miei genitori avessero dato a Derek, ma lui pagò senza lamentarsi. Mi seguiva come un cagnolino, mentre io sfilavo tra le file di abiti afferrando vestiti, gonne, camicette e tutto ciò che mi piaceva. Presi due paia di stivali bassi con un tacco non molto alto, per stare il più comoda possibile.
-Parlami di Chris- mi disse, mentre ne provavo un paio.
-Siamo cresciuti insieme- spiegai, inarcando le sopracciglia per quella domanda - ci conosciamo da quando eravamo piccoli. Ricordo che giocavamo a nascondino e facevamo il bagno nel lago. È così diverso dal bambino che era allora. -
-Ha sempre mostrato una certa attrazione nei tuoi confronti? -
-Forse sì, ma... Non ci ho mai fatto caso. Eravamo piccoli. -
-Com'è cambiato? -
-Non lo so- mi alzai in piedi e cominciai a camminare, per sentire come mi stessero ai piedi - non ci siamo visti per cinque anni e, quando poi ci siamo di nuovo incontrati, mi ha parlato dei suoi progetti. Se non poteva avermi con le buone, mi avrebbe avuta con le cattive. Io gli volevo molto bene, ma non ho mai pensato a lui in quel senso. -
-Sai che che questo lo rende il più pericoloso? -
-Ma non è l'unica mia preoccupazione. -
-Già- c'era una nota tagliente nella sua voce - ce ne sono altre nella tua lista. Come andare a fare shopping per abbellire il tuo guardaroba. -
Sollevai lo sguardo per guardarlo, ma non sembrava arrabbiato. Sorrideva divertito. Mi stava soltanto prendendo in giro.
Mi sedetti e mi rimisi le mie scarpe. - Ricordati che sei stato tu a dirmi che mi avresti portato ovunque. -
-Non ricordarmelo. Soltanto ora mi rendo conto del guaio in cui mi sono cacciato. -
Mi sollevai ridendo e, con soddisfazione, vidi che anche lui stava sogghignando.
-Scusatemi. -
Quella voce mi fece piegare le ginocchia e temetti di cadere. Per fortuna, nello stesso momento Derek mi afferrò con forza un braccio attirandomi vicino a lui.
Guardai Chris, in piedi a pochi passi da noi, con la sua camicia bianca e i jeans azzurri. Aveva tagliato i capelli e sembrava più alto. E più grosso.
-Come ci avete trovati? - chiese Derek.
Chris rise. - Oh, non vi abbiamo trovati. Perché non vi abbiamo mai persi. Se pensavate davvero che avremmo abbandonato Parigi senza lasciare qualcuno dei nostri, siete stati sciocchi. Abbiamo solo atteso di vedervi comparire all'aeroporto e vedere con quale aereo avreste abbandonato il paese. -
-Vuoi aprire una faida qui? Davanti a tutti? Tu da solo? Scusa, ma non riesco a crederci- Derek sembrava apparentemente calmo.
-Io non voglio fare niente- Chris posò lo sguardo su di me - voglio solo mostrarle una cosa. -
Dalla tasca della giacca tolse un telefono e me lo porse. Lo afferrai con dita tremanti mentre un brutto presentimento si faceva strada dentro di me.
Era un video.
Elide era legata per i polsi e così anche mio fratello Ben. Mi premetti una mano sulla bocca, osservando i loro corpi feriti e sanguinanti.
-Occorre poco per salvarli- mi sussurrò Chris - potrei portarti da loro e basterebbe dargli qualche goccia del tuo sangue. -
-Tamara- la mano di Derek si era stretta con forza intorno al mio braccio.
-Non ti porto via con me questa volta - continuò Chris - sono sicuro che ci verrai di tua volontà. Hai tre giorni di tempo. Poi li troverai morti.-
Se ne andò, senza darci il tempo di fare alcuna mossa.
Mi voltai verso Derek, gli occhi sgranati, le labbra tremanti.
Lui mi restituì lo sguardo, impassibile. - So a cosa stai pensando,ma la risposta è no. Hai idea di quello che potrebbe succederti? È proprio quello che vuole lui. -
-Ma Ben... Ed Elide... -
-Mi dispiace. -
Non dovetti stare a pensare molto, perché la mia decisione l'avevo presa non appena avevo visto quelle immagini dal telefono di Chris. Una calma glaciale si era impossessata di me, perché sapevo che non avevo altra scelta. Avevo accettato la cosa ed ero pronta a perseguirla. A qualunque costo.
Derek aveva ragione. Era esattamente quello che voleva Chris. Una volta che mi fossi consegnata, mi avrebbe avuta tutta per sé ed allora chissà cosa mi avrebbe fatto. Non avevo bisogno di stare a pensare neppure su quello. Sapevo benissimo cosa mi aspettava ma, ancora una volta, non avevo scelta.
Recuperai qualche vestito, che infilai nella borsetta rossa. Indossai un vestitino blu a fiori, piuttosto semplice, e stivaletti neri con tacco quasi nullo. Da parte mia speravo ancora che, una volta arrivata lì, sarei riuscita a scappare. Uscii lentamente. Sapevo che all'interno della Villa non c'erano guardie. Erano tutti a controllare il cortile. Non sapevo come avrei fatto ad eludere la loro sorveglianza, ma dovevo riuscirci.
Spalancai il portone ed uscii nel cortile,disseminato di numerose siepi, che perlomeno offrivano un riparo. Mi diressi verso la più vicina e, una volta nascosta al loro sguardo, mi presi un minuto per guardarmi intorno. Non vedevo nessuno, ma sapevo che erano lì da qualche parte. Erano bravi a stare nell'ombra e questo non sarebbe stato a mio favore. Ma dovevo provarci, ad ogni costo. Forse avrei fallito, ma avrei fallito provandoci. E ci avrei riprovato ancora finché non ce l'avessi fatta.
Ricominciai a muovermi. Camminavo quasi in punta di piedi, per raggiungere la siepe più vicina e fermarmi a riprendere fiato. Il cancello d'uscita sembrava lontanissimo.
Avevo quasi raggiunto la fontana, che si trovava a circa trecento metri dal cancello, quando mi sentii afferrare una spalla. Ammutolii.
-Fermati.-
Era una delle guardie.
Fui accompagnata in salotto, dove la mamma di Derek, Victoria, era in piedi davanti alla finestra ed osservava fuori. Indossava una leggera camicia semi-trasparente, e lunghi pantaloni scuri a sbuffo. Si voltò verso di noi quando entrammo. - Lasciaci soli- disse alla guardia, che obbedì senza fiatare chiudendosi la porta alle spalle.
-Siediti, per favore- mi disse.
Presi posto sul divano, lisciandomi la gonna per il nervosismo.
Rimase per un attimo in silenzio, poi parlò con voce dura. Però, nel mio soggiorno lì, avevo imparato che utilizzava sempre quel tono. Doveva essere propria una caratteristica del suo timbro vocale. - Dove stavi andando? -
-A salvare mio fratello. Ed Elide- risposi prontamente - Derek glielo avrà detto. -
-Naturalmente. Mi ha detto che non dovevo farti uscire per nessun motivo. -
Non risposi. Sospirò e venne a sedersi accanto a me. Mi sentii in imbarazzo, vicino a quella signora che sembrava una regina in carne ed ossa.
-Perché vuoi andare? - mi chiese - sai cosa ti aspetta. Sai cosa ti farà quel ragazzo. Se vai da lui, dovrai essere a sua disposizione ogni notte. Dovrai vendere il tuo corpo e i tuoi figli ad una causa in cui nemmeno tu credi. Una guerra che non ti riguarda. -
Risposi con prontezza. - Non mi importa della guerra. Voglio soltanto salvarli. Sono stati catturati e torturati per colpa mia. Sono soltanto due bambini. -
Victoria rimase a fissarmi, con occhi profondi. Era bella da togliere il fiato. Mi chiesi come potessero i vampiri trovare me più bella di lei. Victoria lo era molto di più, ed era anche più matura. Stupido effetto anestetizzante delle Pandora.
-Ne sei proprio sicura? -
-Lei lo farebbe? Per Derek e per Tyler? -
Sorrise. - Tiri in ballo la mia famiglia. Sei intelligente. Farei di tutto per la mia famiglia. Morirei per loro. -
-Allora capisce perché voglio andare. Anche loro morirebbero per me. Per questo vorrei che accettassero che io faccia altrettanto. -
Victoria annuì. - Allora va. Ma sii discreta. Ed usa la tua intelligenza per uscirne. Sento che ne sei in grado. -
La guardai sorpresa. - Grazie. -
Victoria diede ordine ai suoi uomini di scortarmi al cancello e di lasciarmi uscire. Io lo feci, ancora sorpresa per il fatto che mi avesse lasciata andare, ma felice di esserci riuscita. Una volta attraversato il cancello non mi voltai più indietro.
L'unico modo per trovare Chris era trovare altri vampiri. Qualcuno di loro conosceva sicuramente lui o la sua famiglia, e mi avrebbero portato da loro. Per un attimo mi chiesi cosa sarebbe successo una volta che quei vampiri, a me sconosciuti, avessero sentito l'odore del mio sangue e capito che ero una Pandora. Scacciai quell'idea e ripetei il motto che avevo adottato per quella giornata. Non hai altra scelta.
Il primo posto che mi venne in mente fu il locale dove io e Derek avevamo incontrato Tyler. Non ci misi molto a trovarlo, grazie alle indicazioni che un passante mi diede ed alla mia memoria. Una volta arrivata, salii al piano superiore ed entrai nell'enorme salone, gremito di vampiri.
Temendo che il coraggio mi abbandonasse, agii d'impulso. - Scusatemi! - gridai.
Tutti si voltarono di scatto, attirati non soltanto dalla mia voce ma dall'odore del mio sangue. Andai dritta al punto. - Cerco Chris Ghandi, il figlio dell'Antico Tiberio. Va bene anche suo padre o qualcuno della loro guardia. Sapete dirmi dove posso trovarlo? -
Ad un tratto, mi ritrovai un uomo davanti. Un vampiro. Piegò di lato la testa, osservandomi da sotto una folta capigliatura scura che gli ricadeva sulla fronte. - La fortuna gira. -
Un altro vampiro lo spinse via con forza ed i due cominciarono a lottare.
Un giovane vampiro dai capelli chiari mi si avvicinò sorridendo e mi sfiorò con le dita il braccio nudo. D'istinto, indietreggiai.
-Sai dove posso trovarli? - chiesi lentamente.
-Forse. Ma perché dovrei portarti da loro? Non sono uno di quelli che ti da la caccia, però... Le voci sul tuo sangue sono vere. E sul tuo aspetto. Sembri deliziosa, in tutti i sensi. -
-Se non mi portate da lui, vi ucciderà- dissi, presa dal panico.
Quello continuò a guardarmi con curiosità senza perdere il sorriso. - Che ci fai qui da sola? Ho sentito dire che sei ben protetta, grazie a quell'idiota di Caliba. -
-Attenzione a come parli- tentai di mantenere un tono di voce duro - potrei riferirglielo. -
La mano del vampiro scattò fulminea e mi si strinse intorno al mento, facendomi male. - Attenzione a come parli tu. -
-Io le starei lontana- disse un vampiro dal fondo del locale - ho sentito dire che quelle come lei sono maledette. Il loro sangue ti avvelena lentamente, senza che tu te ne renda conto. Prima ti rende invincibile, poi ti uccide. Come la droga. -
-Ma che maledette! - urlò qualcun altro - sono un dono. -
Colpii la mano del Vampiro che mi stringeva,cercando di fargli mollare la presa. - Lasciami. -
Quello non si mosse.
-Lasciala andare. -
Quando sentii quella voce, non seppi se esserne felice o spaventata. La mano mollò la presa.
-Tornate a fare quello che stavate facendo o vi uccido. - Derek mi afferrò per un braccio e mi trascinò fuori con forza.
-Lasciami! - gridai cercando di puntare i piedi.
-Cammina o ti trascino fino a casa di peso. -
-No, lasciami andare! Devo andare da loro, devo salvarli. È l'unico modo!-
- Zitta e cammina. -
-No, Derek! -
Tirai con forza il braccio cercando di liberarmi dalla sua presa ferrea. Derek si fermò e mi bloccò entrambe le braccia dietro la schiena, gli occhi accesi dalla rabbia. - Smettila! - sibilò.
Io ammutolii. Dietro Derek, dall'altra parte del marciapiede, c'era Chris. Era accompagnato da quattro guardie e guardavano verso di noi immobili. La folla che fino a poco prima attraversava la strada, era nell'angolo in fondo, immobile, con gli occhi persi nel vuoto. Erano stati soggiogati.
Anche Derek vide Chris e si voltò verso di lui, senza lasciarmi andare.
-Questa cosa finisce qui- disse Derek - andatevene. Evitiamo spargimenti di sangue. Se ci tenete tanto a morire, invece, fatevi avanti. Ma una volta cominciato, non mi tirerò più indietro finché non vi avrò uccisi. -
Chris rise. - Impressionante. Dico davvero. -
Approfittai di quello scambio di battute per cercare di sgattaiolare via. Prontamente, le mani di Derek si chiusero intorno ai miei gomiti con forza.
-Lasciami! -
-Non posso. -
-Perché? -
-Perché devo proteggerti. -
Una lacrima mi scivolò lungo la guancia, silenziosa. - Io non voglio essere protetta. -
C'era qualcosa nella mia voce che lo fece infuriare. Non sono sicura di cosa fosse, ma un lampo di rabbia gli attraversò gli occhi. Contrasse la mascella - Non vuoi essere protetta? -
Strinsi forte le labbra e scossi la testa.
-Bene . Allora vattene. -
Quando mi lasciò le braccia, feci un passo indietro. Non ero sicura di cosa avesse detto. Mi facevano male i gomiti dove mi aveva stretta e la pelle era arrossata dove aveva affondato le dita. Li massaggiai sorpresa.
Derek non si mosse. Mi fissava immobile, le braccia abbandonate lungo i fianchi. Continuai ad arretrare, finché delle braccia non mi afferrarono da dietro. Rimasi sorpresa quando sentii un paio di manette chiudersi intorno ai miei polsi.
Derek era ancora immobile.
Avrei tanto voluto dirgli qualcosa, ma mi stavano già spingendo all'interno di una macchina parcheggiata lì accanto.
~Angolo Autrice~
Se il capitolo vi è piaciuto, lasciate una stellina ❤️
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