Diciassettesimo Capitolo
Il viaggio di ritorno fu un vero e proprio interrogatorio. Caliba voleva sapere tutto quello che era successo ed essere sicuro che non fossero accadute cose irreparabili. Mi resi conto che l'alternativa lo spaventava molto, non solo perché sarebbe stato orribile per me, ma anche perché avrei corso il rischio di restare incinta, magari di una bambina, il che significava doppia protezione. Avrebbe reso tutto più difficile. Io fui felice di rassicurarlo e anch'io, mentre parlavo, mi resi conto di essere stata ad un passo dal rovinare ancora di più la mia vita e quella di un eventuale figlio che, come me, non avrebbe avuto nessuna colpa.
Derek mi sedeva accanto, ancora a torso nudo, con lo sguardo rivolto fuori dal finestrino. Non aveva detto niente e non aveva fatto trapelare nulla, completamente estraneo alla mia conversazione con Caliba e apparentemente indifferente alla mia sorte.
Quando finalmente raggiungemmo Parigi, mi resi conto che dopotutto quel posto mi era mancato. Però lì mi ero sentita incredibilmente sola, mentre in collegio avevo stretto ulteriormente il mio rapporto con Derek e avevo conosciuto anche Suzy. Al pensiero della mia amica ammutolii. Immaginai il suo corpo privo di vita, abbandonato nella piazza di fronte al collegio, come un sacco della spazzatura. Pensai ai suoi genitori, alla sua famiglia e alla reazione che avrebbero avuto per la sua morte.
Quando entrai nella Villa Felton, dimenticai tutti i pensieri tristi. Mia madre mi accolse a braccia aperte con il viso rigato dalle lacrime ed io sentii il cuore scoppiare di gioia. Non mi aspettavo quella sorpresa e ne fui felice. Papà non pianse ma mi strinse forte, grato che stessi bene. Nel salone c'erano Stephen ed Emil, che sorridevano come se trovarsi circondati da vampiri fosse una cosa normale; Ada e Genevieve erano sedute sul pavimento, circondate da libri e da pastelli. Elide, seduta tra loro, mi fissava con un largo sorriso sul volto. Salutai tutti e, nonostante volessi restare un po' con loro, mi accorsi di essere terribilmente stanca.
Mia madre se ne accorse. - Tesoro, vai a letto. Domani parleremo e decideremo la cosa migliore da fare adesso. -
Non me lo feci ripetere due volte. Salita in camera mia, mi tolsi la lunga giacca di Caliba e la sistemai con cura sulla sedia. Il giorno dopo l'avrei restituita al suo proprietario.
Mi coricai sotto le coperte così, quasi nuda, sentendomi finalmente al sicuro.
Il mio primo istinto fu quello di colpire chiunque si fosse chinato su di me. Lo colpii sul mento: lo capii perché, nonostante fosse buio, sentii i denti battere l'uno contro l'altro.
-Dannazione, Tamara, sono io! -
Derek.
Mi strinsi forte il lenzuolo al petto, consapevole di indossare soltanto la biancheria. - Che ci fai qui? - sussurrai con una nota di ansia.
-Avevo bisogno di parlarti. Puoi...? - non concluse la domanda e scivolò sotto le coperte, accanto a me, senza neppure darmi il tempo di capire cosa stesse succedendo.
Il mio cuore prese a battere più forte e sentii la mia pelle coprirsi di brividi. - Qualunque cosa tu abbia da dire non mi interessa- dissi con rabbia.
-Volevo solo dirti che mi dispiace per oggi e che sono felice che tu stia bene. Voglio spiegarti le mie ragioni... - allungò una mano a tentoni e la posò sulla mia pancia, provocandomi brividi di piacere. Aveva le dita gelate e quasi feci un salto. Lui la ritrasse di scatto. - Dannazione, Tamara, dove sono i tuoi vestiti? -
Mi mancarono le parole. Sentivo un miscuglio di sensazioni che si muovevano nella mia pancia, non un solo sciame di farfalle, ma decine. Non avevo mai provato niente di simile per nessun altro ragazzo. - Non ce li ho- sussurrai. Dovetti sforzarmi per riuscire a parlare.
Sentii un respiro caldo, incredibilmente vicino. Quando parlò, capii che si era avvicinato moltissimo e mi sentii incredibilmente esposta.
-Stai cercando di provocarmi. Perché lo fai? -
-Non sono io che sono scivolata nel tuo letto in piena notte. -
-Maledizione. - Mi afferrò il mento, quasi con rabbia, e mi voltò verso di sé baciandomi con foga e passione.
Non me l'aspettavo, eppure la sorpresa rese tutto incredibilmente più dolce ed eccitante. Ritornai alla volta in palestra, a quando mi aveva baciata per la prima volta, eppure adesso c'era molta più paura e molto più furore. Mi resi conto che Derek aveva già provato a dare sfogo al suo desiderio proibito, ed il conoscerne il sapore rendeva il non poterlo avere ancora più sfibrante di prima.
Quando si staccò da me, deglutii. - Non capisco. Mi vuoi oppure no? -
Scivolò su di me, così veloce che sussultai. Il primo istinto fu di spingerlo via, ma poi mi bloccai, sentendo ogni centimetro del suo corpo premere contro il mio. Avevo la gola secca e mi mancavano le parole. Feci scivolare i palmi aperti sotto la sua maglietta leggera, e sentii i muscoli tesi e le ferite provocate dalle frustate.
-Non puoi immaginare quanto. Ti voglio così tanto da non controllare più le mie azioni. -
-Allora non farlo. - Pronunciai le parole con sicurezza e allo stesso tempo dolcezza, certa di quel che dicevo. Era quello che volevo anch'io.
-Tamara... - si chinò su di me, il viso affondato nel mio collo. Il modo in cui pronunciò il mio nome mi fece rabbrividire. - Sai che non possiamo. -
Alzai il suo viso verso di me, con dita precise. Come se non ci fosse Derek davanti a me, la mia guardia del corpo e per di più un vampiro, ma uno dei ragazzi che avevo conosciuto negli anni a scuola. Recuperai la mia sicurezza e sensualità che mi avevano sempre caratterizzata. Le nostre bocche si trovarono di nuovo e questo secondo bacio mi lasciò senza fiato, mentre tante emozioni diverse mi scorrevano nel corpo. Anche lui era teso: la sua mani, prima adagiata accanto alla mia testa, si mosse, come se fosse sfuggita al suo controllo, e mi afferrò una ciocca di capelli. La sfregò con decisione tra le dita ed io non avevo mai pensato che un tocco del genere potesse provocare simili brividi. Affondai le dita nel cotone e cercai di spingerlo ancora di più contro di me, desiderando di averlo più vicino fino a diventare un'unica anima. Guidata ormai più dall'istinto che dalla ragione, allargai le gambe per fargli spazio.
Lui rise, ma la sua era una risata priva di allegria. - Non puoi fare così. Io... Non riesco a... -
Gli cinsi i fianchi con le gambe e allacciai le braccia dietro il suo collo. - Lasciati andare. Non avere paura, non mi rompo mica. -
Mi sfiorò con delicatezza una guancia, poco sotto l'occhio. - Lo so. Sei incredibilmente forte e non smetterò mai di dirtelo. Ma questo... Questo non va bene. È pericoloso. -
Si sollevò un po' ed io sentii una sensazione di vuoto allo stomaco. Gli strinse le spalle e desiderai di poterlo tenere accanto a me ancora. - Cosa è pericoloso?-
-Se Caliba lo venisse a sapere... -
Pensai all'Antico, a quanto avesse rischiato per proteggermi e a quanta fiducia riponesse in Derek. Tuttavia, nonostante gli fossi grata di tutto, non potevo lasciar perdere una cosa del genere. Non potevo lasciar perdere i miei sentimenti, che non erano mai stati così forti per nessuno. - Lui non lo saprà. Sarà il nostro segreto, non lo diremo a nessuno. Ti prego, non respingermi ancora. -
-C'è un confine sottile tra amore e follia in questo caso, Tamara. Tu sei soltanto una ragazzina e probabilmente non riesci neppure a dominare quello che ti sta succedendo in questo momento. Ma io... Io sono in circolo da molto più tempo e dovrei fare il maturo della situazione. Dovrei capire che questa cosa non ha futuro e dovrei chiuderla qui, per evitare altre sofferenze ad entrambi. -
Sorrisi, anche se non ero sicura che lui potesse vedermi. - Io percepisco quello che c'è tra noi e qualcosa di così bello non può essere un delirio. E anche se lo fosse, va bene. Ma lasciamoci trasportare soltanto per una volta e forse, in questo modo, lo capiremo. Ascolta il tuo cuore, Derek. Cosa vuoi adesso? -
-Vorrei restare qui con te per tutta la notte e non lasciarti più andare. - Lo disse quasi in un sussurro.
-Allora fallo. -
Lui non rispose ed io temetti che se ne andasse, che mi lasciasse di nuovo sola. Temeva di ferirmi, di non provare davvero amore per me ma di essere spinto dall' effetto-Pandora. Tuttavia in quel momento non mi importava. Avevo bisogno di lui, come avevo bisogno dell'ossigeno e dell'acqua. Non potevo perderlo. - Ti prego- sussurrai - solo per una volta. -
Derek si chinò su di me di nuovo e mi baciò, il viso, gli occhi, il mento ed ogni tratto del mio volto. Sfiorò e mordicchiò, fino a farmi dimenticare completamente Bruce.
Quella mattina mi svegliai con una sensazione di pace. Ero felice, ma anche in parte delusa. Non potevo nasconderlo. Derek si era spinto molto oltre quella notte, ma non aveva superato il limite. Non avevamo fatto sesso, però era riuscito a farmi sentire bene come non succedeva da tempo.
Al mio risveglio non c'era. Lo trovai di fronte alla mia camera. Mi lanciò una rapida occhiata, prima di voltarsi dall'altra parte senza dire niente. Sembrava infastidito.
Dopo pranzo, mi feci una doccia e decisi di non piastrare i capelli. Fuori il cielo era grigio e sembrava stesse per scoppiare un temporale. Sarebbe stato completamente inutile sistemare i capelli per poi vederli rovinati. Comunque, nonostante il cielo cupo, faceva piuttosto caldo. C'era un leggero venticello tiepido, che rendeva la giornata godibile.
Indossai una maglietta blu, dal tessuto morbidissimo, che infilai in una gonna a quadri. Dopo essermi truccata, scesi in soggiorno.
Quel giorno Derek mi avrebbe portata a fare un giro per Parigi. Caliba aveva sostenuto che non dovevo restare sempre rinchiusa. Non sapevo cosa gli avesse fatto cambiare idea, ma a me andava bene.
Trovai Derek già fuori, ad aspettarmi accanto alla macchina. Indossava jeans scuri e giacca nera. Mi sentii arrossire al pensiero di quella notte, ma cercai di apparire tranquilla e di non abbassare lo sguardo.
Quando mi avvicinai, mi guardò in modo strano. Sembrava quasi sorpreso, poi nascose la sua espressione sotto una maschera di indifferenza. - Cosa hai fatto ai capelli? -
Lo fissai a bocca aperta. Non mi aspettavo quella domanda. - Niente. Sono... Sono i miei capelli. Al naturale. Non ho usato piastra. -
Lui annuì lentamente. Mi guardò ancora un momento, poi entrò in macchina. Io, ancora sorpresa, feci altrettanto.
Mi ero appena seduta quando aprì bocca. Fissava di fronte a sé con la solita espressione dura. - Tra noi due non può funzionare. Non può esserci niente. -
Rimasi a guardarlo sorpresa. Dolore e rabbia si mescolarono insieme ed io diedi loro libero sfogo, senza cercare di trattenermi. - Questo lo hai già detto. Lo hai detto e ridetto, prima di infilarti nel mio letto quando ero praticamente nuda. -
Ammutolì, con espressione colpevole. - Quello è stato un errore. -
-Già. È quello che dici sempre. -
A quel punto non parlammo più. Girammo per Parigi senza meta, senza una destinazione precisa. Io guardavo fuori dal finestrino le case e le persone che vivevano la loro vita, ignorando l'esistenza dei Vampiri e dell'imminente guerra, della quale neppure io sapevo molto.
Alla fine ci fermammo in una paninoteca ed io ordinai da mangiare. Ci sedemmo ad un tavolo in un angolo, vicino al caminetto. Fu Derek a rompere il silenzio. - Non torneremo alla Villa. -
Mi voltai di scatti verso di lui, certa di aver capito male. - Cosa? -
-Non torneremo da Caliba. Tiberio sa che sei qui. Eravamo andati via da Parigi proprio per questo e la situazione non è cambiata. -
-Ma... È pericoloso anche per loro. -
-Non quanto lo è per te. In ogni caso lo era già prima. -
-Sì, ma adesso ci sono anche Ada, Genevieve, Stephen... -
-Se la caveranno. -
Lanciai un occhiata fuori. Si stava già facendo buio ed erano solo le cinque del pomeriggio. Una fila di macchine era ferma al semaforo.
-Ascoltami- Derek mi parlò con voce calma e decisa - se resti qui, sarà anche peggio. Perché Caliba non ti consegnerà a Tiberio e allora lui darà fuoco alla villa, come aveva già minacciato di fare. Ecco perché dobbiamo andarcene. -
Mentre parlava, capii che aveva ragione. Annuii piano. - Ma allora... Dove andremo? -
Lui sorrise, per niente allegro. - Ad Atlanta. Dai miei genitori. -
Derek rubò una macchina, perché non potevamo avere mezzi appartenenti a Caliba che potessero essere rintracciati con facilità.
Derek mi spiegò velocemente il piano. - Prenderemo l'aereo dall'aeroporto di Parigi, ma non possiamo farlo subito. Tiberio e Chris se lo aspettano. Perciò andremo fuori città per un paio di giorni, spostandoci continuamente. Quando le acque si saranno calmate, torneremo a Parigi. -
Ci fermammo ad un rifornitore e, mentre Derek faceva benzina, io entrai nel supermercato e comprai qualcosa da mangiare. Girai tra gli scaffali indecisa su cosa prendere, perché ci serviva qualcosa di veloce da preparare e allo stesso tempo sostanzioso. Afferrai affettato, panini, salse e formaggio spalmabile. Più acqua e varie bibite. Quando passai davanti allo scaffale con gli snack, non potei resistere e mi riempii le braccia. Derek mi stava aspettando alla cassa.
-Quanta roba hai preso? - mi chiese sollevando un sopracciglio.
-E tu? - indicai con la testa fuori, certa che si fosse nutrito di qualche povero umano nei paraggi.
Si chinò verso di me, con espressione scocciata. - Soltanto uno- sussurrò - E non mi dispiace. È esattamente come te che mangi carne. Devo sopravvivere. Ma non uccido nessuno. -
Mi lasciò così, a pagare da sola. Caliba ci aveva lasciato molti soldi, perciò non avremo avuto problemi da quel punto di vista. Fuori aveva iniziato a piovere. Erano appena passate le dieci e la strada era deserta. Attraversai il parcheggio di corsa e in pochi secondi mi si inzupparono capelli e vestiti. Derek mi aprì lo sportello e lo rischiuse dietro di me quando mi sedetti. Si sedette al posto del guidatore, accanto a me.
-Avresti dovuto indossare abiti più pesanti. -
-Non mi avevi detto che saremmo partiti. Come avrei potuto immaginarlo? -
Mi tolsi le scarpe e misi i piedi sul sedile. - Forse dovremmo aspettare che smetta di piovere. - Aprii una delle buste della spesa e presi una confezione di Mikado.
-Non abbiamo tempo. Saranno già sulle nostre tracce. -
Derek mise in moto e partì, senza aggiungere altro. Osservai con una certa ansia la strada, allagata e illuminata soltanto dai fari della macchina. Cominciavo a pensare che quel tempo non fosse normale. Quella mattina il cielo era coperto da nuvoloni grigi, ma non mi aspettavo un temporale simile. Cominciai a pensare che fosse frutto di una strega, al servizio di Tiberio, che cercava di ostacolare la nostra fuga. Comunque non diedi voce ai miei pensieri e cercai di lasciarli in un angolo della mia mente, in modo da provare a rilassarmi.
Io e Derek non parlammo per molto tempo, lui concentrato sulla guida e sulla nostra fuga, io distratta dal paesaggio circostante e dai tergicristalli che, con movimenti quasi ipnotici, facevano scivolare l'acqua dal vetro. Gli alberi ci scorrevano affianco tutti uguali e non si vedeva neppure una casa. Poche macchine passarono, dirette nella direzione opposta alla nostra.
Sentire la presenza di Derek al mio fianco mi dava l'impressione di essere al sicuro ed ero felice che ci fosse lui con me. La mia vita era un continuo fuggire e nascondermi, ma mi aveva regalato persone meravigliose che la rendevano più colorata.
Derek frenò di colpo e mi strappò dai miei pensieri. Un animale, forse un cinghiale, aveva attraversato la strada di corsa all'improvviso e la macchina era riuscita ad evitarlo per un soffio.
Io e Derek ci scambiammo uno sguardo.
-Hai la cintura? - mi chiese lentamente.
Io annuii.
-Bene. -
Passammo tutta la notte in macchina. Derek non diede segno di stanchezza al contrario di me che, nonostante questo, non riuscii ad addormentarmi per molto tempo. Cominciai a mangiare per passare il tempo, passando dagli snack alla frutta. Lui non volle mangiare nulla ed io preferii non insistere. Si era nutrito e si sentiva ancora in forze.
Ci fermammo solo per fare benzina e ripartimmo senza altre interruzioni. La mattinata trascorse lenta ed io cominciai a temere che avesse intenzione di guidare senza sosta per giorni. Mi facevano male le cosce e il sedere, in più sentivo bisogno di sgranchirmi le gambe.
Alla fine non ne potei più. - Derek, ti prego! - esclamai.
-Perché non dormi? Saresti molto meno assillante. -
-Vorrei dormire. Ma su un letto! -
-D'accordo. -
Lo guardai sorpresa. - D'accordo cosa? -
Alzò gli occhi al cielo. - Ora ci fermiamo a mangiare e tu ti dai una ripulita. Ti concedo due ore. Poi ripartiremo e stanotte dormiremo in un motel. Domani mattina ci rimetteremo in viaggio. -
Finalmente!
Con "darmi una ripulita" lui intendeva arrangiarmi con un lavandino e sapone. In più, in
L bagno del fast food dove ci fermammo a mangiare era davvero misero, per non parlare dell'odore. Feci quel che potevo e poi uscii in sala, dove Derek si era seduto ad un tavolo.
Ordinai un piatto di semplice pasta con sugo e basilico, una tazzina di tiramisù, ed una porzione di patatine fritte e un panino con bacon e salsa da tenere per il viaggio.
Cominciai a mangiare la pasta con gusto.
-Tu e la tua famiglia siete sempre stati trovati dai Vampiri? Non avete mai trovato un luogo sicuro? - mi chiese ad un tratto.
-In pratica no, venivamo trovati tutti gli anni. A volte ce ne rendevamo conto in tempo, altre no. Quando ero piccola era più facile nascondersi, perché i posti in cui potersi infilare erano tanti. -
-Dev'essere stato difficile per te. -
Abbassai lo sguardo. - Sì. -
-Lo sai, Caliba tiene molto a te. Sta rischiando tanto. -
Scossi la testa e parlai con tono sarcastico. - Sentivo sempre i miei genitori che parlavano degli Antichi. Loro ritenevano di aiutarmi ma, in realtà, mi consigliavano soltanto dove andare. Non avevamo nessun vampiro potente che ci scortasse e proteggesse. Tutto è cambiato quando sono cresciuta. -
-Tamara, lui vuole davvero aiutarti. Non puoi avere dubbi su questo. -
-Non ne ho, lo so. Ma non è sempre stato così. -
-Non conosco tutti gli Antichi, ma Caliba mi sembra il migliore. È molto aperto e ha davvero a cuore il bene della sua casata. - Gli brillavano gli occhi quando parlava di lui. Doveva volergli molto bene.
- Buono a sapersi. Ora quattro di loro, o forse più, mi danno la caccia. In fondo non sono mai stati completamente dalla mia parte. Hanno lasciato soli me e la mia famiglia. -
-Non è stata una scelta di Caliba, Tamara, te lo assicuro. Lui voleva portarti nella sua Villa a Parigi dall'inizio, in modo da proteggerti con ogni mezzo. Ma gli altri Antichi si sono opposti, temendo che volesse aumentare il suo potere e rivoltarsi contro di loro. Temevano che usasse il tuo sangue per distruggerli. -
Lo guardai sorpresa. In effetti il discorso aveva senso. Come dare torto agli altri Antichi?
Alle tre del pomeriggio ripartimmo. Decisa a non passare un viaggio silenzioso e deprimente come quello precedente, pensai di aprire un altro discorso su un argomento che mi assillava da un po' e che, forse, avrebbe fatto arrabbiare Derek. Mi schiarii la gola. - Stavo pensando ad una cosa. -
Mi lanciò un rapido sguardo e lo presi come un invito a parlare.
- Se quel giorno in cui siamo stati attaccati, al Collegio, tu avessi bevuto il mio sangue... Avresti sconfitto Leslie. E i suoi uomini. -
Annuì lentamente. - Sì, lo so. -
-Tu sei già molto forte così. Immagina come saresti con il mio sangue in corpo. -
-Dove vuoi arrivare, Tamara? -
-Ecco... - mi morsi un labbro - forse dovresti prenderne un po'. -
-Sei stanca. Non sai quello che dici. -
-So esattamente cosa sto dicendo. E lo sai anche tu, sai che è necessario. Se ci trovano, devi essere in forze. Bastano poche gocce ogni giorno per renderti praticamente invincibile. -
-Caliba... -
-Sono sicura che anche lui ci ha pensato- ribattei, decisa a non mollare la presa facilmente - solo che ha scartato l'ipotesi finché non fosse stato strettamente necessario. Ed ora lo è. -
-Sta' zitta. -
Ammutolii. - Derek... -
-Ho detto di stare zitta. -
Chiusi la bocca di scatto. Non era la prima volta che faceva così, che mi zittiva in quel modo brusco. Non riuscivo proprio a capire il suo comportamento e come potesse cambiare così, da un momento all'altro. Poggiai la fronte al finestrino e non parlai più.
Finalmente, alle undici, ci fermammo nel parcheggio di un motel. All'entrata, una donna bassa e in carne ci consegnò le chiavi di una stanza, senza quasi aprire bocca.
La stanza era misera: un letto matrimoniale, un piccolo bagno con doccia e un piccolo tavolino in un angolo. Fissai il letto, rendendomi conto che avremmo dovuto dormire insieme.
-Non preoccuparti- disse Derek seguendo il mio sguardo - io non dormirò. Resterò a fare la guardia. -
Poco dopo uscì ed io, nel mentre, mi feci una doccia. Probabilmente era andato a nutrirsi e preferivo non pensarci. Comunque tornò dopo soltanto una decina di minuti, per evitare di lasciarmi sola troppo a lungo. Si sedette di fronte al tavolo, vicino alla finestra, e guardò fuori, evitandomi completamente. Se perché lo avessi irritato in qualche modo o se perché, starmi così vicino, lo rendeva nervoso, non lo sapevo. Ma, chissà come, ero quasi sicura che la ragione fosse la seconda.
~Angolo Autrice~
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