Capitolo 15

Mi alzai dalla sedia.

<< Con il suo permesso, io andrei visto che qui non c'è più lavoro da fare per me >> affermai.

<< Non le concedo il permesso, signorina Cabello >>

Mi stava facendo alterare.

<< Se vuole che resti, mi dia una buona ragione lavorativa >>

Si leccò il labbro inferiore, mettendo da parte i fogli e alzandosi dalla sua comoda sedia.

<< Perché se ne vuole andare così presto? Qualcosa no va? Speravo di poterle offrire qualcosa da bere >>

<< Magari una tisana - >> non riuscii a finire nemmeno la battuta sarcastica che, pigiando un pulsante sulla scrivania, fece entrare il suo maggiordomo.

Mi toccò spiegarle che stavo scherzando, e la cosa non sembrava piacerle molto. Intanto cercavo di scappare verso la porta.

Con passo felpato, si avvicinò a me e mi prese per il polso.

Mi girai. Ci guardammo intensamente negli occhi.

Le sue iridi verdi avevano la stessa intensità di un paio di carboni ardenti, ed io mi sentii travolta da un'onda di calore che percorse tutto il mio corpo, partendo dal basso e arrivando alla testa.

Deglutii con molta difficoltà. << Io credo che sia meglio che me ne vada >>

<< Come mai? >> mi chiese, con la sua voce vellutata.

Già solo a sentirla parlare mi si contorcevano le budella. Perché ogni sua singola parola, posizione, cosa doveva risultare così sexy?

<< Non voglio che succeda nient'altro tra noi due, se non un rapporto professionale >>

Lei sorrise, avvicinandosi al mio orecchio << Un rapporto professionale? Quindi significa che non vuoi farlo sulla mia scrivania? >> sussurró con voce rauca << Ti posso portare a letto se vuoi essere professionale >>

Sentii solo caldo. Le mie guance esplosero, le mie corde vocali non avevano intenzione di funzionare e nel mio basso ventre una sensazione di piacevole dolore.

Le sue mani si appoggiarono sui miei fianchi. Automaticamente le mie si posizionarono sulle mie spalle.

Sembravamo ballare un lento.

La sua bocca si posó sul mio collo, e non riuscii a trattenermi dal respirare profondamente e sobbalzare al piacevole contatto.

Il suo respiro caldo era davvero confortevole, così appoggiai la testa sulla sua spalla, come una bambina che si protegge da qualcosa in braccio al suo genitore.

Lauren mi strinse forte a sé.

<< Non sono riuscita a smettere di pensare a te nemmeno un secondo >> mormorò lei.

Ancora non riuscivo a parlare, ma feci qualcosa di cui, sicuramente, mi sarei pentita poco dopo: con una mossa furtiva la baciai.

Quelle labbra erano una droga dalla quale non riuscivo a stare lontana.

Un flusso di emozioni e sensazioni mi riempirono il cervello, non facendomi vedere più nulla, nè facendomi ragionare.

Andavo in contro alle mie pulsioni.

Lei mi prese in collo e attimi dopo mi ritrovai seduta sulla sua scrivania.

Aveva buttato tutti i fogli che le avevo portato per terra.

Cominciò a sbottonarmi la camicia bianca di seta, ed io automaticamente la sua. Mi era presa una furia anormale, come se non vedessi l'ora di verderna senza quel pezzo di stoffa.

Dietro di me il cielo e davanti a me quella che sembrava una dea scesa in terra.

Coperta solo da una reggiseno di pizzo nero, a pochi centimetri da me, il suo seno sodo e perfetto.

Non riuscii a fare altro che, con una mossa da professionisti, mi tolse i pantaloni con uno strattone, rimanendo in intimo sul freddo legno massello.

Si concesse qualche minuto per guardarmi, con le mani appoggiate sulle mie cosce. Poi le divaricó.

<< Cristo santo, sei bellissima >> mi bació.

Detto da lei, quasi ci potevo credere. Lo disse con una convinzione tale... Come se prima di quel momento non lo avesse detto a nessuno.

Io volevo risposte alle domande che vagavano nella mia testa, ma in quel momento volevo solo lei e un ripasso della notte precedente.

E così fu. Mi tolse le mutande con entrambi i pollici, mettendosi in ginocchio davanti a me.

Deglutii con difficoltà, vederla lì, semplicemente mi eccitava. Ma avevo anche paura.

Una parte di me lo voleva con tutta l'anima, ma l'altra non voleva compromettersi troppo per una donna che non conoscevo minimamente.

Ma soprattutto per una donna.

La sua bocca accarezzò la pelle sottile e delicata del mio interno coscia, facendomi partire l'istinto di alzare il ventre contro di lei, appoggiandomi saldamente con le mani sulla scrivania.

Spostò i suoi capelli dalla parte opposta a dove aveva rivolto il viso, e si avvicinò sempre più pericolosamente alla mia intimità.

Il mio corpo gridava e chiedeva disperatamente contatto, ma lei non me lo voleva dare.

Mi dimenavo, non riuscivo a trovare una posizione comoda, ero su di giri, mentre lei passava la sua lingua da un interno coscia all'altro, poi sul monte di venere e di nuovo cominciava da capo.

Le sue mani salirono sui miei fianchi, mi portó più vicino al bordo della scrivania, e finalmente appoggiò le sue labbra in mezzo alle mie gambe.

Sussultai, lasciandomi scappare un fievole gemito.

Volevo lasciarmi cadere indietro con la schiena, ma non c'era niente su cui mi potevo appoggiare.

Dovevo stare lì, seduta senza dimenarmi troppo a guardarla lavorare sul mio sesso, come aveva fatto esattamente poche ore prima.

Il suo muscolo si muoveva ad un ritmo disarmante, senza accennare a stanchezza o a rallentamenti.

Le sue mani lungo il mio corpo cercavano i miei seni, il mio collo, le mie labbra.

Accarezzò ogni centimetro del mio corpo.

Tenevo gli occhi aperti a stento, stavo quasi per venire quando si fermò di scatto.

Risalí il mio corpo, baciandomi la guancia, il labbro inferiore, prendendomi con entrambe e facendomi scendere dalla scrivania.

Mi fece girare. Automaticamente riposizionai le mani sul legno, e guardai davanti a me.

<< La vista dalla città da qui è bellissima, non trovi? >> parló al mio orecchio, mentre con la mano destra, da dietro, mi faceva mettere il ginocchio destro sulla scrivania.

Annuii, incredula per cosa stavo facendo, con il palmo di Lauren che si muoveva su e giù sul mio interno coscia.

Sentivo il suo seno premermi sulla schiena, i suoi capelli si mescolavano con i miei, e le sue labbra baciavano la mia guancia come se ne avesse disperatamente bisogno. Come l'ossigeno.

Non appena infiló due dita dentro di me, curvai la schiena verso quel paio di fogli rimasti, allungando le mani verso l'altra estremità per aggrapparmi, appoggiando la guancia sulla superficie piatta e lasciando scappare un gemito più forte e intenso di quello di prima.

Non mi sembrava reale. Poteva comodamente essere un sogno erotico, perché io non avrei mai fatto una cosa del genere.

Continuó a massaggiarmi da dietro, accarezzandomi delicatamente la schiena, baciandomi e mordendomi le natiche.

Raggiunsi l'orgasmo su quella scrivania, graffiandola e ansimandoci sopra.

Ero stremata, non sarei riuscita a muovermi se non mi avesse aiutato Lauren a rimettermi in piedi.

La sua fronte era a contatto con la mia, lievemente coperta da uno strato di sudore.

Mi prese le mani, e le intrecciò con le sue, mormorando qualcosa che non riuscii a capire.

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