9.
Quando alza lo sguardo, Fabrizio è disorientato: il suo cervello si trova ancora nella campagna desolata scozzese, insieme alla coppia di protagonisti deliranti del romanzo che sta leggendo; se non avesse ormai sviluppato una sorta di orologio interiore, di sicuro avrebbe perso la sua fermata, da tanto l'ha catturato.
Getta un'occhiata fugace al suo vecchio cellulare, constatando con amarezza che anche oggi non è arrivato nulla di ciò che spera: fa scorrere il dito sullo schermo, apre WhatsApp, controlla la chat fissata in cima alla schermata, ma Sorellina è ancora chiusa in un silenzio ostinato; nonostante le conferme di lettura siano ancora grigie, l'ultimo accesso risale a pochi minuti prima, segno che ha fatto in modo di celare la lettura del suo ultimo messaggio.
Sospira, rassegnato, sistemando meglio la spessa sciarpa grigia prima di infilarsi il lungo cappotto in pelle nera e caricarsi in spalla lo zaino, promettendosi per l'ennesima volta di cambiare quello stupido nomignolo della rubrica, prima o poi: non vede Amelia come una sorella da più di tre anni, ed è inutile tentare di fingere che i fatti non siano cambiati. Ciononostante, resta consapevole del fatto che si sta facendo la stessa promessa da un triennio buono e, come suo solito quando si tratta di compiere qualche azione scomoda, la rimanderà fino a quando non sarà necessario, anzi, obbligatorio, darsi da fare.
Scende dal treno per ultimo, senza fretta, e si attarda a cercare il lettore mp3, snodare il groviglio delle cuffiette e scegliere un brano di suo gusto: nonostante la solita delusione data dal cellulare non può dirsi di cattivo umore, avendo scritto molto e prenotato il biglietto per l'anteprima di un film con regista e attori principali presenti in sala. Non che abbia un particolare interesse verso esso, ma l'occasione era troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire.
Scende le scale con lo sguardo basso, scioglie l'ultimo nodo delle cuffie e alza per un istante lo sguardo verso il grande corridoio della stazione: sebbene sia un orario vicino a quelli di chiusura degli uffici, è tutto sommato vuota, soprattutto perché Fabrizio preferisce prendere il treno successivo proprio per non incontrare un gran caos.
Fa partire la musica e affonda le mani in tasca, mantenendo lo sguardo basso: con la coda dell'occhio gli sembra di notare una figura che gli fa un cenno di saluto, ma la ignora, certo che sia rivolto a qualcun altro.
Anche se così non fosse, non gli dispiace sembrare scostante: a maggior ragione, da quando si è innamorato di Amelia, preferisce ancora di più mantenere il più possibile le distanze tra lui e il resto del mondo, considerato quanto male gli hanno regalato le persone.
Un tocco leggero sulla schiena lo distrae dal suo videoclip mentale, a ritmo di una canzone swing con elementi elettronici: si sfila l'auricolare sinistro con un gesto distratto e si volta, incontrando un sorriso largo e caloroso.
«Ehi, ciao!» lo saluta il sorriso. Sorride di rimando, con cortesia.
«Ciao, Silvia.»
Sistema di nuovo l'auricolare e si volta, ma la ragazza insiste.
«Come va?»
Sfila l'auricolare: «Bene.»
«Anch'io sto bene.»
Silvia gli zampetta intorno come un passero, sorridente, pimpante, in netto contrasto con la giornata plumbea: benché l'umore di Fabrizio sia molto più prossimo al tempo meteorologico che a quell'assurda allegria, decide di abbandonare le risposte laconiche e, o perlomeno tentare, di essere cortese.
«Come mai da queste parti?» domanda, senza sapere in che altro modo fare conversazione: Silvia fa spallucce.
«Passavo di qua.»
Gli suona come una risposta poco credibile, ma evita di proseguire il discorso, con l'augurio che la ragazza si stanchi.
«Com'è andata la giornata? Fatto qualcosa di interessante?» incalza lei, all'apparenza senza alcun timore di risultare irritante. Fabrizio non riesce a fare a meno del sarcasmo.
«Ho fatto una gita in idrovolante sul lago di Como.»
«Sbalorditivo» è la sua risposta, parimenti sarcastica. «Immagino che ti abbia stancato moltissimo.»
Fabrizio le sorride con condiscendenza: «Sei una ragazza arguta, Silvia.»
Si premura di aggiungere una nota ironica alla sua voce, in modo da non risultare supponente. Lei gli sorride di rimando.
«Già che ti vedo, come rimaniamo per domani?»
Fabrizio le lancia un'occhiata interrogativa.
«È giovedì, domani» gli ricorda lei con garbo. «Eravamo rimasti d'accordo che ci saremmo visti, non ti ho più sentito e...»
«Oh, sì, certo» taglia il discorso lui. «Direi di vederci a metà strada. Facciamo per la solita ora, vediamo dove riusciamo a parcheggiare e ci regoliamo?»
Giurerebbe che Silvia si è come illuminata, ma scaccia subito quel pensiero: «Va benissimo! Vuoi che ti accompagni a casa?» si propone. Fabrizio solleva un sopracciglio.
«Non... Devi prendere un treno?» azzarda. Silvia scrolla le spalle.
«Te l'ho detto, passavo di qua, non ho da fare.»
«Preferisco tornarci da solo.»
Fabrizio non ha mai amato i giri di parole: il timore di risultare sgarbato o bizzarro non lo tocca e non gli interessa. Anzi, ritiene che la sua totale trasparenza sia uno dei suoi pochi pregi.
Silvia sembra delusa.
«Non ho niente contro di te, eh» chiarisce Fabrizio, temendo che quella sua eccessiva onestà stavolta l'abbia tradito. «Solo che è stata una giornata pesante, non ho molta voglia di conversare. Tanto ci vediamo domani, no?» le ricorda, incoraggiante.
Il viso di Silvia si ammorbidisce: «Certo, hai ragione. A domani allora!»
«A domani» ribadisce lui, voltandosi e infilando gli auricolari nel padiglione.
Strana ragazza, Silvia, secondo lui. Non che lui abbia una personalità canonica, quello è fuor di dubbio, com'è anche indubbio che sia spesso incapace di comprendere le dinamiche che muovono le persone, ma non ricorda di aver mai conosciuto qualcuno con quei modi elettrici, quei piccoli gesti nervosi e il sorriso paralizzato sulle labbra; forse perché ha sempre preferito la compagnia di personalità più tranquille, affini alla sua pacatezza, scostando quelle trascinanti e buontempone.
La sua sola eccezione era sempre stata Amelia. Considerato il corso degli eventi, se ne era pentito in più riprese.
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