6.
Stavolta, ad esitare è Silvia.
«Perché me lo chiedi?»
Non ascolta neppure la risposta, avendo posto quel quesito solo per temporeggiare e decidere alla svelta come muoversi: i pensieri la travolgono come un'onda impazzita e corrono alla velocità di un tornado.
"Se gli dico di no potrebbe dirmi di non vederci più, se gli dico di sì mentirei e non potrei più provarci con lui, sarebbe stupido. Ma potrebbe anche essere un trabocchetto per vedere se sono davvero interessata a lui. Basta guardarlo negli occhi, si vede che ha sofferto in passato e ha bisogno di conferme e ha paura di sbilanciarsi."
«...dato che la mia conoscenza delle relazioni di questo tipo è... be', praticamente nulla, credo che...»
Silvia sembra ridestarsi.
«Quanto è durata la tua relazione più lunga, se non sono indiscreta?» si informa con finta noncuranza, scrutandolo e cercando di azzeccare la sua risposta prima che lui parli.
"Anni e anni, tipo sei. Iniziata alle medie, finita all'università. Un colpaccio da cui non si è mai ripreso, una sicurezza perduta."
Fabrizio ridacchia: «Dipende da quello che intendi.»
A Silvia per poco non sfugge una risata: «C'è poco da intendere, eh» gli fa notare. «Quanto è durata la tua relazione più lunga?» ribadisce con fermezza. Fabrizio temporeggia.
«Se fai riferimento a un attaccamento sentimentale verso qualcuno dura ancora adesso.»
Silvia alza gli occhi al cielo, domandandosi se si stia solo fingendo o davvero non capisca.
«No, parlo di» ripesca al volo delle parole adatte, che non risultino disdicevoli e si adattino alla soggezione che le trasmette lui, «una relazione consensuale con coinvolgimento sentimentale da ambo le parti.»
Le guance di Fabrizio si imporporiscono appena.
«Direi tra il nulla e lo zero.»
«Scusa?» domanda conferma Silvia, basita. «Ma neanche la fidanzatina delle elementari? Il primo bacio alle medie?»
«Nulla.»
È fermo, Fabrizio. Lo sguardo venato da un'ombra di imbarazzo e tristezza, contro quello genuinamente incredulo di Silvia, le cui iridi grigie si sono dilatate di stupore: non le sembra che stia mentendo, ma più ci riflette più le appare impossibile che un tale di una bellezza, intelligenza e garbo simili non abbia mai avuto legami sentimentali degni di nota.
"Quanto è cieca la gente."
Ciò, però, le dona anche un senso d'orgoglio: lei sola conosce davvero il valore di Fabrizio e lei sola è stata capace di trovare la perla nel porcile.
«Mi sembra assurdo» confessa con onestà lei, più sicura e fiera di pochi secondi prima. «E l'attaccamento sentimentale di cui parlavi prima? No, scusa,» fa marcia indietro, «sono stata inopportuna.»
«"Le domande non sono mai inopportune"...»
«..."lo sono, talvolta, le risposte"» conclude lei la citazione con aria divertita. «A parte Oscar Wilde, sarei felice di sentirtene parlare, se ti va.»
«Io stavo pensando a "Per qualche dollaro in più", a dire il vero. Comunque sia, sono solo vittima di un cliché» spiega, agitando la mano come se in realtà volesse scacciare presto quel discorso. Silvia, però, incalza.
«Che cliché?»
«Sono innamorato della mia migliore amica.»
Lo dice con tono distaccato, incurante, come un medico che annuncia brutte notizie, mentre Silvia si sente investita dal gelo e dal fastidio: la sua migliore amica? Una persona che dovrebbe conoscerlo a memoria, conoscerne i pregi e le peculiarità, e lo rifiuta?
«Lo sono da tre anni» prosegue lui con lo stesso distacco, lo sguardo basso, forse più rivolto a se stesso che a Silvia. «Ci ho messo molto a metabolizzarlo, ci conosciamo da quando eravamo piccoli, credevo si trattasse di una sorta di affetto fraterno... Vicende quasi da commedia americana. Poi, quando ho realizzato, mi è crollato addosso tutto.»
Nonostante la freddezza della voce, Fabrizio si tradisce: digrigna un poco i denti, serra le nocche intorno alla sua tazza con troppa forza, alza lo sguardo al cielo.
Quando Silvia parla, la sua voce è poco più che un sussurro.
«Gliel'hai mai detto?»
«Non con chiarezza, ma so che lo sa. Non può non saperlo. Infatti è sempre più distaccata, non mi parla più come prima, sembra innaturale, spaventata. Con me, colui che definiva "il suo porto sicuro". Alla faccia di tutta quella retorica che vuole l'amore come motore universale del bene del mondo, l'amore porta anche delle catastrofi.»
«Mi dispiace» sospira Silvia, costernata più per se stessa che per lui. «Se avessi saputo non ti avrei chiesto di parlarne, ti ho messo in una brutta situazione.»
«No, anzi, parlare con degli sconosciuti a volte è più semplice che aprirsi con gli amici di lunga data: ti sfoghi senza che l'ascoltatore possa permettersi di dire cosa devi o non devi fare, e ti alleggerisci un pochino.»
«Forse, se ne parlassi direttamente con lei...»
«Silvia, ti prego» porta le mani avanti, come a voler ribadire il desiderio di bloccare il discorso. «Ho appena finito di spiegare che il lato positivo di parlare con degli sconosciuti è non ricevere giudizi o consigli non richiesti.»
Volge lo sguardo fuori dal locale: la cameriera li ha sistemati a un tavolino rotondo di metallo scuro, con le gambe che si attorcigliano in ghirigori barocchi, davanti a una grossa finestra che dà su una piccola piazza deserta, illuminata dalla luce arancione di un lampione, al centro della quale troneggia una grossa fontana in pietra, non in funzione.
«Quando ero piccolo» spiega Fabrizio, «la fontana funzionava anche d'inverno. E quando le temperature calavano sotto lo zero, l'acqua si ghiacciava e formava delle lastre sul marciapiede: così, uscivo un quarto d'ora prima di casa, mi portavo la colazione e mi sedevo su una panchina, a godermi i passanti che non vedevano le lastre e ci ruzzolavano su.»
Silvia lo osserva a lungo: indifeso, lontano, un bambino in un corpo di adulto.
E si ritrova a pensare che sarebbe bello sentirsi libera di alzarsi in piedi, pararsi davanti a lui e, senza parlare, avvicinarsi e cingerlo in un abbraccio, accarezzandogli la testa incassata nel suo petto e il respiro di Fabrizio, lento e regolare, a scaldarle il busto. Sposta un poco la sedia, incerta sul da farsi, mentre Fabrizio riprende parola.
«Sarebbe bello» sospira, «poter indossare una corazza, o un grosso anello pieno di spuntoni largo più o meno così» indica la vasca della fontana, «per tenere tutto e tutti lontani. Si vivrebbe meglio, senza dubbio.»
Silvia risistema la sedia. Fabrizio, al rumore strusciante, sembra tornare nel presente: si alza e paga la consumazione di entrambi, come se prima non fosse accaduto nulla di degno di nota.
Non so te, ma io sono ancora in piena euforia da Europei e pensavo fosse domenica.
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