14.
La vita è fatta di piaceri sottili, intimi e privi di senso agli occhi degli altri: ciò che per qualcuno rappresenta un piacere, agli occhi di un altro può sembrare insensato o irritante.
Uno dei piaceri sottili di Fabrizio rappresenta l'arrivo in stazione: a piedi, con passo cadenzato ma mai di corsa, poco prima che si riempia di chi, come lui, passerà le otto ore successive seduto dietro una scrivania o a un banco universitario. Ama guardare la stazione gremirsi, in silenzio, spiando stralci di conversazioni dai pochi che, nonostante l'ora, hanno già voglia di chiacchierare, o i titoli di chi regge in mano un libro. Una mattina, poco dopo il periodo natalizio, aveva visto un gruppetto di ragazzini, circa sedicenni, tutti con in mano un'edizione differente ciascuno de "Il signore delle mosche", e si era beato degli sguardi diversi di uno e dell'altro (chi rapito, chi annoiato, chi interessato), cercando di indovinare le relazioni che, ne era certo, ne avrebbero dovuto cavare a fine lettura.
Per quella mattina, però, sceglie di mantenere gli auricolari ben saldi nelle orecchie: il brano che sta ascoltando al momento è ottimista, lieve, ideale per accompagnarlo in quel martedì grigio e umido in cui, sebbene ami il suo lavoro, la voglia di sedersi in ufficio scarseggia.
Si accomoda su quello che ormai è diventato il suo solito posto, quasi mai occupato, da cui può godere di una vista grandangolare della stazione, chiude un istante gli occhi e inspira a fondo, concentrato sulla voce metallica del cantante. Espira piano, inspira di nuovo.
Brioches.
È un odore familiare, normale a quell'ora del mattino, ma oggi risulta più intenso, quasi pungente: apre gli occhi di scatto, trovandosi davanti un sacchetto di carta bianco. Sfila un auricolare.
«Ti ho portato la colazione. Cioè, ti ho visto qui e mi sembrava un pensiero carino, ecco.»
Non riesce a trattenere un'espressione negativa: seccata, stanca, poco convinta, l'opposto di quella rassicurante e allegra di chi gli sta parlando. Gli dispiace, odia quando l'istinto lo prevarica, ma talvolta necessita di ascoltare le proprie emozioni.
«Apprezzo il pensiero» cerca di salvarsi, «ma vorrei sapere una cosa.»
Non le dà il tempo di rispondere, o annuire: lei, comunque, si sistema sulla sedia alla sua destra, senza distogliere lo sguardo dal suo viso.
«Tu non abiti qui, lo so,» snocciola, «eppure è già la seconda volta che ci incontriamo qui, guarda caso quando ci passo io. Dimmi la verità, mi stai seguendo?»
Lei sembra rifletterci. Lui non le dà tempo.
«Ti ho chiesto di non vederci più, Silvia.»
«E va bene» sputa lei. «Ho un colloquio vicino a dove lavori, e dato che ho piacere di vederti, nonostante tutto, mi sono alzata prima, ho preso il treno e sono venuta qui apposta, per fare il viaggio con te.»
Fabrizio sospira a lungo e si alza.
«Scusami un momento.»
«Vuoi smettere di abbandonarmi?» replica lei, con rabbia crescente e la voce alta e spezzata. «Mi vuoi spiegare almeno per quale maledetto motivo ti limiti a sparire, a lasciarmi sola in mezzo alle persone, a fregartene? Ma che cosa ti ho fatto di così sbagliato?»
Inizia a piangere. In silenzio, senza singhiozzi, abbandonando la teatralità in pochi secondi. Fabrizio ritorna sui suoi passi, suo malgrado commosso.
«Silvia, io non voglio abbandonarti» le spiega calmo, tornando a sedersi. «È solo che continuando a vederci ti farei soffrire di più.»
«Ma perché vivi con questa convinzione?» incalza, ora più calma. «Perché, per un timore solo tuo, infondato, devi farmi soffrire davvero?»
«Te l'ho già spiegato, ma forse hai ragione.»
Odia dare ragione a chi non la ha, a chi la ottiene solo continuando a pestare i piedi e a pretendere, come una goccia che scava la pietra, ma non vede vie d'uscita.
«Dove farai il colloquio?»
Non gli interessa, anzi, vorrebbe solo condividere un pacato silenzio e nulla di più. Ma, se mai dovesse andare a buon fine, preferisce essere consapevole di doverla incontrare ogni giorno.
«Nella pizzeria lì vicino, quella con quel nome strano... Cercano una cameriera per la sera, l'ho scoperto cercando su internet.»
«E fanno il colloquio al mattino presto?»
«Sì, perché sono aperti anche a pranzo e nell'orario di chiusura si preparano per il servizio, quindi devono incastrare gli orari.»
L'annuncio dell'arrivo del treno li interrompe. Silvia si mette a tacere subito, segue Fabrizio mentre si avvia verso il binario, sale dopo di lui e gli si piazza davanti appena lui sceglie dove sedersi, nel completo silenzio. Non batte ciglio quando lui si sistema di nuovo gli auricolari, limitandosi a tirare fuori un Kindle con la cover rosa confetto lucida e un poco sporca. Talvolta lo guarda, ma senza eccesso.
"Forse ha capito. Forse ha davvero ragione lei e sto esagerando io."
La stazione di arrivo si profila davanti a loro in breve tempo. All'uscita, Fabrizio le sorride, incoraggiante.
«In bocca al lupo per il colloquio, allora.»
Silvia sorride di rimando, luminosa: «Viva il lupo, allora. Se ti va...»
Si ferma, come se avesse realizzato di star dicendo qualcosa di sbagliato.
«No, niente» prosegue, «credo che tu preferisca fare il viaggio di ritorno da solo. A presto.»
Si voltano le spalle, e Fabrizio si concede il lusso di qualche pensiero positivo.
È probabile che, fino ad allora, l'abbia giudicata male.
*
«Questa è una manipolatrice in piena regola!»
Leandro, come suo solito, non è d'accordo. Fabrizio sospira.
«Cosa te lo fa pensare, amico mio?»
«Ti ha già inquadrato, fidati di me» spiega concitato. «Dimmi un po', come ti sei sentito quando ti ha urlato addosso e si è messa a frignare?»
Fabrizio riflette, alla ricerca delle definizione più precise che possano venirgli in mente.
«Da principio, arrabbiato, molto. Poi... Credo che l'ordine più adatto sia disorientato, confuso, ingrato, commosso.»
«E ti ricordi quando mi hai telefonato dopo che l'hai lasciata sulla panchina cosa mi hai detto?»
«Che mi sentivo una merda» ammette Fabrizio sereno. «Quindi?»
Leandro gli punta contro un indice.
«Lei ha capito che sotto hai il cuore di panna. Gioca sulle tue emozioni, ti rigira a suo piacimento, agisce come un'attrice che recita un copione che ha scritto lei stessa.»
Fabrizio beve un sorso di succo di frutta per temporeggiare: «Mi sembra assurdo.»
«Proprio a te? Tu, che non dai mai ascolto ai tuoi sentimenti e vorresti un mondo basato sul pensiero logico, trovi assurdo che una persona possa manovrarti come una burattinaia?»
«Trovo assurdo che possa farlo per me, e non iniziare la tua tiritera sulla mia mancanza di autostima e tutte quelle menate lì che ti ammazzo.»
«Che paura» lo canzona Leandro con spocchia. Poi, il suo viso si ammorbidisce.
«Stacci attento, Bizio» gli consiglia con aria fraterna. «Guardia alta.»
«Come mi consigli di comportarmi, adesso?»
Davanti al volto di Leandro si pente subito della sua domanda: vacilla, si interroga, non sa cosa dire.
«Mi aspettavo che sparisse dopo il ciocco dell'altra sera» gli spiega. «Insomma, l'hai abbandonata per strada in una notte d'inverno senza manco salutarla...»
Scrolla le spalle: «Dalle delle spiegazioni, magari» suggerisce con scarsa convinzione. «Magari ti scusi anche, però metti dei paletti precisi, definiti e definitivi. Insomma, non è una ragazzina, capirà che deve sparire.»
«Io non voglio che sparisca» ammette Fabrizio a mezza voce. Leandro sembra sul punto di ribattere con asprezza, ma si interrompe prima di aprire bocca.
«È meglio così, fidati, rischia di distruggerti.»
Fabrizio sorride fiducioso, poi tira fuori lo smartphone.
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