1.
Un applauso moderato accoglie l'accensione delle luci nella sala, mentre un uomo sulla quarantina esile, stempiato e con corti e scuri capelli crespi si piazza davanti allo schermo armato di microfono e aspetta paziente che il battimani si esaurisca per iniziare a parlare.
«Bene,» esordisce con voce nasale e un poco stridula, mentre percorre la sala da cima a fondo con lo sguardo, saggiando le espressioni sui visi delle persone affondate nelle grosse poltrone color borgogna, «credo che sia inutile affermare che ci sia molto, moltissimo da dire su questa pellicola ormai entrata nella leggenda, nella cultura popolare... Da dove vogliamo partire? Chi vuole iniziare a dare la propria interpretazione all'abbondante simbologia presente in questo -possiamo dirlo? Sì, possiamo- capolavoro?»
Silvia getta uno sguardo verso i suoi vicini di poltrona: alla destra, un uomo canuto e col naso gibbuto scruta a braccia conserte l'uomo col microfono con aria di disapprovazione; a sinistra, un ragazzo più giovane di lei sembra essersi appena risvegliato.
«Sì, però» riprende parola l'uomo col microfono con un'ombra di disappunto a velargli la voce cordiale, «è un cineforum, bisognerebbe parlare del film dopo averlo visto... Capisco che rompere il ghiaccio non sia facile, però...»
Sembra non sapere come concludere la frase, forse temendo di risultare offensivo verso il pubblico.
«Bisogna anche ammettere che, oltre a rompere il ghiaccio, anche parlare di uno dei più grandi film di fantascienza mai creati, che come dici tu è pieno di riferimenti filosofici, non è per nulla facile. Insomma, si rischia di cadere in interpretazioni troppo semplicistiche, oppure troppo auliche, diciamo che l'inibizione è del tutto giustificata.»
Ad aver preso parola è un ragazzo seduto dietro Silvia: piuttosto basso, dal fisico robusto ma snello, con una leggera stempiatura e corti capelli neri, occhiali dalla montatura leggera sul naso dritto che incorniciano grandi occhi verdi, indossa una camicia grigio fumo, una cravatta blu notte con ricami grigi e semplici jeans blu; ha una voce bizzarra, sottile, acuta ma delicata, e le sibilanti gli si incastrano tra i denti, soffiando un poco.
L'uomo col microfono ridacchia: «Non preoccupatevi, qualsiasi commento è ben accetto, non è un'interrogazione... Prego!»
Indica un ragazzo seduto in terza fila, che si alza e ridacchia: «Grazie. Io considero Kubrick un incapace. Lo considero il classico esempio di instabilità artistica, abbia pazienza!»
Silvia alza gli occhi al cielo: «Come poteva mancare il brillantone che cita "Boris"?»
«Un classico» commenta il ragazzo dietro di lei, il primo ad aver rotto il silenzio della sala, «anche nei gruppi dedicati al cinema, con cadenza quasi mensile, spunta qualcuno che cerca di far scoppiare una polemica con questa citazione. Io la chiamo la "quota Stanis".»
Silvia si volta verso di lui, divertita.
Ha un bel viso, lui: ornato da una barba corta e curata, nera, in contrasto con la pelle chiara, ha i tratti forti ma morbidi. Silvia sorride, porgendogli la mano.
«Mi sei già simpatico. Sono Silvia.»
Quasi si pente di come ha deciso di presentarsi alla serata: con vestiti comodi, i capelli scarmigliati e gonfi, le sopracciglia da sistemare e il viso struccato, non è certo al meglio di sé. Non che le manchi l'autostima, ma non può negare a se stessa di sentirsi inibita dall'eleganza ligia e il piacevole gioco di contrasti di chi le sta davanti.
Il ragazzo, comunque, le sorride di rimando: «E io Fabrizio.»
«Potete rimandare le chiacchiere a dopo?» li apostrofa l'anziano a destra di Silvia. «Vorrei cercare di ascoltare, grazie.» Conclude a denti stretti con sarcasmo.
Si susseguono vari commenti uno dietro l'altro, che variano dai riferimenti alla filosofia di Nietzsche a mere simpatie o antipatie verso i pochi personaggi, passando per le scelte registiche e le inquadrature, perdendosi in tecnicismi che Silvia non capisce: non si è mai considerata una cinefila, pur apprezzando una serie di film considerati troppo "pesanti" o "seri" dai suoi amici, e la sua partecipazione al cineforum è anche dovuta a una sincera curiosità verso quel mondo.
«Bene, se nessun altro ha altro da dire, credo che possiamo passare alla parte più ludica della serata e aprire il buffet!» annuncia l'uomo col microfono con entusiasmo. Il ragazzino seduto accanto a Silvia esala un sospiro.
«Era ora, ne avevo due palle così.»
Una risata lieve, trattenuta, tintinna dietro Silvia.
«Perché ridi?» si informa, mentre Fabrizio si copre le labbra con la mano sinistra, senza smettere di ghignare a singhiozzo.
«È un altro classico, quando organizziamo queste serate:» le spiega, «segnaliamo che ci sarà un rinfresco alla fine della proiezione e ogni volta» esalta le ultime due parole con un gesto secco delle mani «c'è qualcuno che viene solo per quello. Mi chiedo chi glielo faccia fare a questi qui, pagare l'entrata, sorbirsi centosessanta, centottanta minuti di film che non gli piace per mangiare patatine sottomarca che compriamo al discount.»
«Compriamo?» ripete lei, perplessa. «Sei uno degli Intoccabili?» si informa, allacciando una ciocca ribelle con l'indice, senza muoversi dalla poltrona. Fabrizio amplia un poco le braccia, abbassa lo sguardo e sorride.
«Beccato. Sono uno dei fondatori dell'associazione, a dire il vero, per quello mi sono permesso di parlare per primo e dare del tu a Giacomo.»
Si alza, raccatta la propria roba e si dirige verso il tavolo su cui è stato allestito il rinfresco. Silvia, nel mentre, riflette un poco, poi prende coraggio.
«Fabrizio?» chiama. Lui si volta, sorridendo affabile, e Silvia si alza con decisione.
«Non mi fraintendere, ma ti dispiacerebbe lasciarmi il tuo numero? Sai, ho saputo del cineforum per caso e mi è piaciuto, non vorrei perdermi i prossimi» improvvisa, tirando fuori il cellulare dalla tasca. Lui scrolla le spalle.
«Nessun problema. 343...» inizia a dettare, mentre il volto di Silvia si illumina di speranza.
«Grazie. Potremmo anche...»
Esita, Silvia, indecisa se sbilanciarsi tanto. Poi, a ben pensarci, non ha nulla da perdere.
«Potremmo anche uscire una sera di queste.»
L'espressione del ragazzo non muta.
«Potremmo, sì. Che ne dici di giovedì?»
Lo dice con tono piatto, noncurante, come se parlasse di qualcosa di poco conto. Il sorriso di Silvia si amplia, e un vago rossore le colora le guance.
«Giovedì» conferma lei. «Mi sembra perfetto. Anche perché adesso ho notato che si è fatto davvero tardi, quindi devo andare... Ci sentiamo, va bene?»
Fabrizio le risponde con un pollice alto, salutandola poi con un gesto distratto della mano appena lei finisce di raccogliere le sue cose dalla poltrona del cinema e si dirige verso l'uscita.
Non vede l'ora di dirlo a Ginevra.
Buonasera e, per chi si fosse sintonizzatə subito dopo l'aggiornamento, buon San Giovanni!
Chi è orfanə di "Hamartia" avrà di sicuro notato delle differenze sostanziali già da ora con le vicende di Melissa, Andrea e affini, ma chi è approdatə su questi lidi per la prima volta, che ne pensa? Certo, ora siamo appena all'inizio, ma fingendo che la sinossi non esista, cosa pensate accadrà?
Stei tiund per lunedì! ❤
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