Capitolo 51.



L'espressione malinconica sul volto di Harry ha instaurato nella mia testa diversi sospetti sul dove potesse trovarsi Evelyn, la sua ex ragazza. Sospetti che si sono rivelati verità non appena l'auto si è fermata di fronte ad un cimitero, abbastanza modernizzato nonostante si trovi nel nord della città immerso tra case disabitate ed un edificio in pessime condizioni.

Stringo la mano di Harry mentre mi affretto ad attraversare la strada, calpestando di proposito delle foglie secche sul suolo. Siamo in estate, le foglie non cadono in questa stagione, ciò mi fa capire che nessuno ha mai dato una ripulita da queste parti da tempo.

«Pensi di potercela fare?» mormora, guardando verso il basso, totalmente assente. Ultimamente è sempre di pessimo umore, non arrabbiato, ma stanco e triste, stanno succedendo così tante cose e nemmeno lui sa come uscire da queste situazioni.

«Sì, voglio sapere tutto di lei», annuisco, deglutendo, e raggiungendolo di fronte alla cancellata.

E' chiusa, incastrata da una coppia di catene che non sembrano comunque reggere molto. Harry gli dà una strattonata, ma stranamente non cede. Non sembra esserci un guardino o qualcosa del genere, o almeno non ci faccio caso nel tanto che do un'occhiata all'interno di esso.

L'aria è tetra, come lo è sempre nei cimiteri. Il sole è lieve ed è alle nostre spalle che ci carezza le nuche trasmettendoci una certa calma. Non c'è praticamente nessuno, e da quando siamo scesi dall'auto è passata una sola vettura.

«Fa un passo indietro, Chee», mi ordina. Spostandomi leggermente dalla sua posizione mi chiedo cos'abbia in mente; ma passano pochi secondi prima che con un calcio butti giù il lucchetto, facendo ruzzolare a terra le catene svigorite. «Entriamo», apre il cancello, lasciandosi seguire all'interno del camposanto.

«E' così..», mi guardo intorno, confusa.

«Strano?» sogghigna nervoso. «Non è esattamente ciò che mi aspettavo come primo appuntamento con te a Boston».

«Ti farai perdonare», scrollo le spalle accennando un sorriso.

«Da questa parte», mi fa strada. «Cerca di non calpestare qualche morto, non vorrei ti venissero a trovare stanotte», sussurra in modo inquietante.

«Cosa?» mi acciglio, fermandomi sul posto.

«Come, non lo sapevi? Se calpesti un sepolcro, poi il defunto viene a cercarti mentre dormi per vendicarsi», fa un mezzo sorriso. «Vuoi provare?» ammicca.

«Stai solo cercando di spaventarmi, stronzo», alzo gli occhi al cielo quando lo vede sorridere sotto i baffi. «C'è così tanta gente», mi guarda confuso, «morta», aggiungo. «C'è molta gente.. morta. Il cimitero in cui è sepolto Shay non è così pieno», specifico.

«C'è anche mia madre qui», confessa in un sospiro. «Il destino ha voluto che Evelyn fosse sepolta a pochi passi da lei», scuote la testa, trattenendo il respiro.

«Possiamo passare anche da lei se te la senti», gli stringo una mano, accennandogli un sorriso sincero.

Harry scrolla semplicemente le spalle, ricominciando a camminare in silenzio stringendo le mie dita tra le sue. Lo lascio fare, anche se la presa sta diventando troppo forte; non mi ha mai stretta così, non penso che se ne renda conto. Si ferma di scatto, slacciando la presa dalla mia mano ed abbassando di colpo, facendomi quasi spaventare.

«Harry?» mi abbasso accanto a lui, inginocchiandomi, toccando la terra fredda e fangosa con le ginocchia nuda. Lo sguardo del mio ragazzo è fisso di fronte a lui, quando lo seguo mi rendo conto che sta fissando una lapide schiarita.


Evelyn Emilia Thomelins III ; 18 Marzo 1995 - 30 Gennaio 2013.


E' morta poco più di un anno e mezzo fa, mi sembra comprensibile che per Harry la sua morte faccia ancora tanto male. E' ancora in ginocchio che fissa la lapide con gli occhi lucidi, spalancati, come se stesse ricordando avvenimenti a me sconosciuti.

«E' stata colpa mia», sussurra con voce nasale. Trasalgo, non aspettandomi quella confessione e mi rilasso seduta sui polpacci, pronta ad un'altra ammissione.

«Non può essere stata colpa tua, Harry», gli accarezzo una guancia.

«Doveva starmi lontana, come dovevi farlo tu. Perché pensi che Mitchell volesse tenermi lontano da te? Solo perché ti amava e non voleva che finissi a letto con te?», avvicina la sua mano al mio viso, spostandomi una ciocca di capelli dietro le orecchie. «Piccola», fa un sorriso triste.

«Cosa c'entra Mitchell con questa storia?» Sono confusa, mi sono persa nel suo discorso e nei suoi occhi, non so su quali specchi arrampicarmi.

«C'è questo ragazzo, Heath, che era il mio migliore amico prima che Mitchell mi portasse, fortunatamente, lontano da lui. Ciò che mi hai visto fare in queste settimane, in questi mesi, sono nulla confronto a ciò che facevo con lui», mi lancia un'occhiata. «Era una persona pericolosa, eppure tutto ciò che lui faceva, per quel ragazzino che ero, sembrava fottutamente grandioso. Lo imitavo in tutto, finché lui non ha iniziato a lavarsene le mani e a lasciare a me i lavori sporchi», si passa una mano tra i capelli per spostarli dalla fronte. «Consegnavo la droga da parte sua, facevo a botte quasi tutte le notti e partecipavo a gare clandestine in auto - ogni fine settimana».

«Non capisco come questo possa collegarsi alla morte di Evelyn».

«Ci sto arrivando», torna a fissare la lapide, passando le dita sul 2013. «Stava nevicando quella notte, quando lei venne a cercarmi. Mi odiava ancora per quello che avevo fatto a sua sorella, in quello stesso periodo mi allontanai da Heath perché mi ero stancato di finire costantemente nei casini. Evelyn mi ha aiutato a distanziarmi da lui, ma ciò ovviamente non rendeva felice Heath», prende una pausa ed abbassa la mano. «Non so che razza di problemi mentali avesse, ma era totalmente fuori di testa, ed era ossessionato da me perché gli ricordavo il suo gemello morto», rabbrividisco, «e in un certo senso si era messo in testa l'idea folle che io potessi sostituirlo. Eravamo inseparabili, e quando gli ho fatto capire che me ne sarei andato, per Evelyn, ha dato di matto. Mi mise di fronte ad una scelta, Eve o lui. Lì per lì non capii cosa intendesse, ero un ragazzino non potevo fottutamente immaginare che avesse intenzione di farla fuori, di pianificare il suo primo omicidio su una ragazza a cui tenevo», sputa con rabbia, leggo la colpa nei suoi occhi e noto il suo labbro tremare. «Era una fottuto coglione, pezzo di merda. L'ha uccisa, cazzo. Voleva ferire me.. e..», singhiozza, lasciandomi senza parola - non che ne avessi avute.

«Harry, no», lo prende per le spalle cingendolo con le braccia. «Ehi, non è stata colpa tua. Tu non c'entri nulla, lei ti amava, sapeva che non era colpa tua».

«Cazzo», mormora, lasciando che le labbra gli sfiorino le guance dorate con una lentezza straziante. Sembra un bambino indifeso, non l'ho mai visto piangere in questo modo. Gli prendo il volto tra le mani e bacio le sue lacrime, sentendo le mie scivolarmi lungo le labbra. Odio vederlo così afflitto, stanco, colpevole.

«Ti prego, non pensarci», lo supplico.

«L'ha portata via da me, via da tutti. Sono stato egoista, ho pensato solo a me stesso, non le ho potuto nemmeno dire addio. Lei mi odia», abbassa lo sguardo, tremando contro il mio petto. Il respiro mi si spezza mentre gli accarezzo la nuca.

«Lei non ti odia, amore, non ti odia nessuno. Te lo ripeto ancora una volta: non è stata colpa tua. Tu eri il manico del coltello, ma a tenerlo era un'altra persona. Non odiare te stesso per colpe che non hai, non sei più quella persona, tu non mi farai del male, come non ne hai mai fatto ad Evelyn», gli accarezzo la guancia bagnata, regalandogli un sorriso sforzato. «Perché pensi che io sia innamorato di te? Perché sei una brava persona, un ragazzo che mi ha salvato dalla discesa che stava prendendo la mia vita», lo guardo negli occhi. «Ti amerei anche a costo di smettere di respirare».

«Come fai ad amare un disastro come me?» mi guarda serio, tirando su col naso.

«Sei un disastro che si è sistemato da solo, e ti ammiro tantissimo per questo. Perché ci sono disastri e disastri. C'è un disastro quando esplode rompe tutto ciò che ha intorno a sé, poi c'è quello che, pur di salvare gli altri, esplode al suo interno, distruggendo se stesso. E tu sei quel disastro che pur di non ferire le persone, è disposto a trattenere tutto il male nella propria testa, anche a costo di scoppiare. E ti amo talmente tanto per questo tuo lato, Harry».

Lui chiude gli occhi, assimilando le mie parole, ed appoggia la fronte contro la mia. E' il suo modo per dirmi grazie, l'ho capito nel corso del tempo, mi è riconoscente perché sono riuscita ad innamorarmi di lui e a dare un'altra possibilità al suo cuore. Io, invece, mi domando come sia possibile non farlo.


Harry non ha voluto salutare anche sua madre quel giorno, e non io non mi sentivo di doverlo obbligare. Vederlo piangere, tra le mie braccia, era la prova inconfutabile che quel ragazzo è cambiato. Ok, non è diventato una femminuccia, ma sicuramente non è lo stesso pezzo di roccia che ho conosciuto qualche mese fa.

Nei giorni a seguire ho ripensato alla storia di Evelyn, chiedendomi se fossi anch'io in pericolo. Non posso esserlo, Harry è qui, e sono sicura che farebbe di tutto pur di tenermi al sicuro. Era da questo che Mitchell cercava di proteggermi? Ed io che l'ho odiato così tanto, ora mi sento doppiamente in colpa per averlo lasciato andare. Lui voleva solo che io non finissi come lei.

Stesa sul letto della camera di Harry, due giorni dopo il nostro atterraggio a Boston, mando un messaggio a Mitchell.

Come vanno le cose al centro? Mi manchi xx

Harry è uscito a comprare qualcosa da mangiare, ha detto di non ricordare nessun numero di pizzerie o fast food alla quale ordinare del cibo da asporto. La cosa non mi infastidisce, ho cercato delle ricerche di alcune ricette su internet e grazie a vari tutorial sono diventata abbastanza brava in cucina.

Qualche minuto dopo ricevo la risposta da Mitch.

Mitchell: Bene, ho conosciuto alcuni ragazzi della nostra zona, tra i quali uno che capisce alla perfezione il francese!! Mi manchi tantissimo, vorrei averti qui e riallacciare i rapporti come si deve..

Non nego che il suo messaggio mi ha fatta irrimediabilmente sorridere.

Vorrei poterlo fare anch'io, ma sai che è difficile e che stiamo intraprendendo strade differenti.

Mitchell: Potrò dire di averci provato...

Mitchell è solito concludere i propri messaggi con un quantitativo numero di puntini alla fine, come se alla frase mancasse un pezzo, e quella punteggiatura indica che devo capire da sola la parte mancante del puzzle. Ammetto che anch'io spesso ho questa abitudine.

Con Tessa? Il bambino?

Cavolo, il bambino. Non so ancora di chi sia, ma non voglio tartassare Harry con questa storia proprio adesso. Nonostante l'idea che possa essere suo mi uccide ogni giorno che passa, cerco di tenere questo dolore per me, almeno ancora per un po'.

Mitchell: Stanno bene

Ottimo... :)

Non ho nemmeno il tempo di mandare un messaggio a Missi che dei rumori provengono dalla porta di casa, precisamente dalla serratura che viene forzata dalla chiave. Sollevandomi dal letto, lascio il cellulare sul materasso e corro a piedi nudi fuori dalla sua camera scendendo le scale del piano inferiore, fregandomene del fatto che indosso ho solo una maglia bianca che mi copre appena il sedere.

«Ho comprato qualcosa che devi assolutamente assaggiare, a Londra non ci sono e..» prima che completi la frase si ritrova la mia bocca pressa contro la sua, le mie gambe intorno al suo bacino e le mani contro il collo. E' basito, non se lo aspettava, ma lascia cadere le buste a terra e mi tiene in braccio con le mani contro le natiche. Spingo le labbra contro le sue, lasciando che il suo sapore si insinui nella mia bocca, accarezzandoci con la lingua a vicenda.

«Sono stato via così tanto?» fa un mezzo sorriso, lasciandomi scivolare con i piedi a terra.

«No, ma volevo comunque farlo», alzo una spalla e mi abbasso per prendere una busta di cartone e portarla in cucina, seguita da Harry.

«Okay», si corruccia. «In ogni modo, pranziamo, e poi usciamo», dice, convinto delle sue parole.

Sbircio nella busta, alzandomi sulle punte ed infilandoci una mano dentro. «E dove andiamo?» caccio fuori una confezione di fagioli in scatola.

«Da mio padre», risponde con nonchalance.

I fagioli mi cadono di mano finendo nuovamente nella busta, nel tanto che mi volto verso di lui con un cipiglio. «Scusami?»

«Hai sentito bene», alza gli occhi al cielo. «Mangiamo e poi andiamo a trovarlo, voglio che questa storia finisca il prima possibile».

Ignoro il suo tono ed annuisco, cacciando di nuovo tutto il contenuto delle buste. Lui mi guarda accuratamente mentre cerco di leggere alcune parole americane che si confondono con la mia lingua.

«Ti va anche un'insalata di pollo?» mi chiede, prendendomi alla sprovvista.

Faccio caso al suo sorriso furbo ed inclino la testa di lato, acconsentendo. «Non ti prometto nulla di eccezionale».

«Infatti voglio cucinarla io, me la insegnò Kelsey qualche anno fa, penso di cavarmela abbastanza bene su questo», mi sorride, prendendomi la scatola di fagioli dalle mani e posandola sul ripiano di legno. «Non ti fidi?»

«Per niente», scuoto la testa prendendolo in giro.

«Stronza», sorride, per poi abbassarsi e baciarmi sulle labbra dolcemente.


Le auto americane hanno la guida a sinistra, dunque stare alla destra senza avere uno sterzo di fronte è abbastanza insolito per me. Fisso fuori dal finestrino la splendida città, modernizzata e con dei palazzi alti fino al cielo. E' un posto bellissimo, la gente sembra abbastanza serena e c'è un profumo che mi ricorda quello di casa. Siamo in viaggio verso l'ospedale del padre, c'è poco traffico ed il sole splende sul parabrezza, impedendoci quasi la vista.

Harry indossa un paio di occhiali da sole ed hai capelli legati in una specie di crocchia disordinata, chiunque in quello stato sembrerebbe ridicolo, ma lui è dannatamente bello. Ha anche una maglia nera, stretta sul petto, e dei blue-jeans stracciati sulle ginocchia. Direi che è bello, se non fosse un eufemismo.

«Mi piace tantissimo questo posto, sai? Ora capisco perché tua madre non ha fatto tante storie una volta trasferitasi», ampio un sorriso, abbassando il finestrino e sentendo l'aria scompigliarmi i capelli che ho appositamente lasciato sciolti.

«Se ne avremo l'occasione ti porterò sulla Plymouth street, ci sono delle spiagge bellissime, anche se l'acqua è abbastanza fredda in questo periodo», allarga un sorriso, guardando dalla mia parte per un secondo.

«Non vedo l'ora», gli rispondo, cacciando il cellulare ed approfittandone per scattargli una foto, quando il suo sorriso è ancora accennato.

«Che cazzo?» si acciglia, senza smettere di guardare la strada.

«Sei carino», scrolla le spalle.

«Le ragazze sono carine, io sono sexy», mi corregge.

«Come non detto», alzo gli occhi al cielo trattenendo una risata.

Una volta arrivati all'ospedale scopriamo che, anche se il padre di Harry è un paziente, non ci è permesso parcheggiare all'interno dello stabilimento a causa di manutenzione. Quindi siamo costretti a farci il giro lungo in cerca di un parcheggio, Harry non sembra affatto infastidito, anzi, ne approfitta per raccontarmi qualcosa a proposito di un nascondiglio dove lui e Mitchell si appostavano quando nei paraggi c'era una volante della polizia.

«Possiamo parcheggiare qui», gli indico uno spazio libero e lui appresta ad occuparlo. Scendo dall'auto prima di lui, approfittandone per sistemarmi i jeans lungo i fianchi e la canotta nera a cui avevo optato per il primo incontro con il padre di Harry.

«Penso che presentarsi da tuo padre a mani vuote non sia poi un'ottima idea», mi faccio il giro dell'auto, per arrivargli accanto, quando noto che è assolutamente immobile che fissa la strada con occhi sgranati. «Stai bene?» gli accarezzo il braccio.

«Torna in macchina, adesso», allontana la mia mano dal suo braccio bruscamente.

«Che succede?» sbotto, guardandomi intorno, cercando di capire il motivo del suo disagio. Prima che me ne renda conto, un gruppo di tre ragazzi si avvicina a noi, il ragazzo di mezzo ha un sorriso furbo sulle labbra e dei capelli biondi tinti.

«Haz, chi non muore si rivede», fa un largo sorriso, ma non serve una laurea per capire che è assolutamente provocatorio. «Perché mi guardi con quella faccia? Come se non ti ricordassi di me, Haz». Perché lo chiama in questo modo?

Il biondo è pieno di tatuaggi, è facile capirlo perché indossa una canotta rossa dei Nirvana e un paio di pantaloncini da spiaggia neri. «Chi è?» chiedo in un mormorio, avvicinandomi al corpo di Harry.

«Perché non mi presenti alla tua.. ragazza? Ti sei trovato un'altra ragazza?» si acciglia, come se fosse stupito della mia presenza e, in un certo senso, geloso. «Era più carina Eve».

«Heath levati immediatamente dai piedi, non ho più nulla a che vedere con te», sbotta improvvisamente, stringendo i pugni e bloccando i propri occhi verdi in quelli azzurri di lui. Quello è Heath? Cazzo.

«Ora che so che sei in zona, hai tanto a che vedere con me, Haz», si morde il labbro inferiore e si avvicina a noi, fermandosi di fronte ad Harry e guardandolo incessantemente negli occhi, prima di girarsi seguito dai suoi amici e continuare il suo cammino come se ciò che è accaduto due secondi prima non conti più nulla.

«Quello è..» sussurro.

«Heath», risponde lui, esausta, fissandosi la punta delle scarpe.


-


Siamo sempre più vicine alla fine, ed io ne approfitto per ringraziarvi di cuore una ad una, non sapendo come fare per sdebitarmi del supporto ricevuto nei messaggi e sulla bacheca. Sto attraversando un periodo, come dire.. di merda. Sì, di merda. Ma va bene così, sono felice che voi siate qui, a leggere le pazzie che escono dalla mia testa. GRAZIE.


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Grazie, e tra poco ci vediamo anche con BWL! xx





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