Capitolo 49.
«Cher, muovi il culo», mi grida Harry fermo all’ingresso del condominio, reggendo la porta aperta con la sua grande mano. I suoi occhi, anche se abbastanza lontano, mi fulminano con un’intensità fastidiosa. Cerco ancora di infilarmi i lacci nelle converse mentre saltello giù dalle scale, con la borsa che barcolla di oggetti inutili su una spalla e la camicetta sbottonata.
«Sto arrivando!» esclamo, saltando letteralmente gli ultimi tre gradini rischiando di rompermi una caviglia. Corro raggiungendolo sul marciapiede, si guarda intorno prima di attraversare e percorrere il parcheggio a passo deciso.
«Non ci posso credere», ansimo, mettendomi una mano sul petto. Ho il batticuore a livelli massimo, alzo lo sguardo verso di lui chiedendomi se è agitato tanto quanto me.
Harry abbassa lo sguardo verso di me, mi guarda attentamente prima di fare una smorfia. «Nemmeno io. Perché hai le tette al vento?»
«Che?» corrugo la fronte, poi seguo il suo sguardo e noto il reggipetto di pizzo nero in bella vista. Sento il viso andare a fuoco mentre mi allaccio la camicia bianca prestata da Missi.
«Cosa cavolo ti sei messa..» giudica lui, divertito.
«Non commentare, idiota. Hai addosso una maglia di due taglie più piccole», lo canzono, indicandogli la maglia blu che gli fascia alla perfezione i pettorali e l’addome.
Lui alza un sopracciglio, scuotendo la testa. Cammina in avanti, sorpassandomi, ed entra al posto del passeggero accanto a Ray. Io mi faccio spazio con Missi, dietro. La ragazza con la coda di cavallo ha ancora il fiatone, come me d’altronde.
«Hanno chiamato?» chiedo a Missi.
«E cosa diavolo dovrebbero dirle?» sento Harry sbuffare, abbassando i finestrini. Una ventata d’aria fresca mi invade il volto costringendomi a chiudere gli occhi; con una mano mi sposto un ciuffo di capelli dietro l’orecchio e con l’altra mi riparo.
Lo ignoro, posando l’attenzione sulla ragazza di Ray che si sistema il mascara. «No, non hanno chiamato. Non ci posso ancora credere», si morde il labbro inferiore con nervosismo. Riposo lo sguardo al mio posto, fissando fuori dal finestrino la città muoversi velocemente. Ray non fa parola per tutto il tragitto, lo stesso Harry che si finge impassibile alla situazione.
«Hai già visto sua madre?» chiedo ad Harry. So che la madre di Mitchell è in città, sicuramente in ospedale, probabilmente anche le sue sorelle ma dubito che lo stronzo del padre sia presente. Harry non ha buoni rapporti con la madre di Mitchell, in realtà nessuno ha buoni rapporti con quella donna. Il problema, in teoria, non è lei. Il problema è ciò che ha lasciato che accadesse.
«No», risponde, secco, accendendosi una sigaretta. Il fumo viene spinto indirettamente ai sedili posteriori, battendomi sulla faccia. Ovviamente.
«Hai ricominciato a fumare?» faccio una smorfia, tossendo via il fumo passivo.
Ray mi lancia uno sguardo divertito dallo specchietto retrovisore, per un attimo inquadro anche un sorrisetto. Cosa c’è di tanto divertente?
«Probabile», risponde il riccio dinanzi a me, con tono secco e distaccato.
Crollo contro i sedili annoiata del suo comportamento irrazionale, non ha nessuno buon motivo per rispondermi in modo così scontroso quando io non gli ho fatto assolutamente niente. Mi interessa se ha in mente di fottersi i polmoni, è un reato? Che se ne vada a quel paese!
«Ma cosa..» Ray frena improvvisamente, facendomi balzare contro il sedile di Harry che mi colpisce sulla fronte in modo poco gentile. Mi tengo la testa con una mano, gemendo in disapprovo. Missi si era allacciata la cintura di sicurezza, salvandosi da questo spiacevole intoppo.
«Ti sei fottutamente bevuto il cervello, Ray?» sbotta il mio ragazzo.
Quando lo vedo voltarsi verso di me, con gli occhi sgranati, quasi non scoppio a ridere. «Stai bene, Chee?» mi domanda, premuroso. Penso se prepararmi o no ai suoi continui cambi d’umore che hanno inizio oggi fino alla fine dei miei giorni.
Chiudo gli occhi in due fessure. «Sto bene».
Lui fa un mezzo sorriso prima di ritornare al proprio posto, guardando in avanti. «Perché ci sono tutte queste auto?»
«Sono tutte per.. Mitch?» sento Missi deglutire, girandomi verso di lei noto che mi sta guardando con gli occhi lucidi. Le sorrido lievemente prendendo il suo polso e stringendolo tra le mie dita.
«Penso proprio di sì», annuisco.
«Scendete qui, io cerco un parcheggio il più vicino possibile», sospira Ray, sbloccando le sicure. Harry è il primo a scendere.
«Sei pronta?» mi domanda Missi, fissandomi con i suoi grandi occhi.
Passandomi una mano tra i capelli mi chiedo se sono veramente pronta a vederlo. L’immagine di Missi, questa mattina, che entra in camera mia con le lacrime che le rigano il volto, in pigiama, scombussolata, mi ha ucciso tante di quelle volte. Non sapevo cosa aspettarmi, quale sarebbero state le sue parole.
Ero lì, tra le coperte, schiacciata contro il corpo di Harry aspettando che quelle parole uscissero con tanto desiderio da sembrare un alcolizzato in attesa del prossimo giro di tequila. Gli occhi verdi di Harry erano bloccati nei miei, le nostre labbra socchiuse non riuscivano a proferire parola. Eravamo immobili, non sapevamo come muoverci. E poi, in un solo attimo, tutto ci è precipitato addosso. Ci siamo messi addosso le prime stronzate e siamo corsi fuori dall’appartamento di Ray.
«Chee?» sento Harry al mio fianco. Quando alzo lo sguardo mi rendo conto di essere di fronte alle porte dell’ospedale, forse sono rimasta immobile per troppo tempo da farlo spaventare. Poso lo sguardo sulla mia mano, intrecciata alla sua, e deglutisco.
«Ehi, piccola, guardami», mi alza il mento con due dita. «Va tutto bene. Non è colpa tua, guardami», cerca il mio sguardo, posando la fronte sulla mia. «Sono qui con te», mi promette.
«Forse non..» le mie parole mi rimangono in gola quando incrocio degli occhi troppo familiari. Lui? Cosa ci fa Barney qui, ora? «B-Barney?» balbetto, stringendo la mano di Harry.
«Cherie, devo assolutamente parlarti», si alza dalla sedia su cui era accomodato camminandoci incontro. Harry mi nasconde dietro il suo corpo statuario, facendomi da muro protettivo. Stringo il suo braccio con una mano, respirando in modo affannoso. Il pensiero che anche Brandon e Bob possano trovarsi qui mi terrorizza.
«Harry, è una cosa importante, ho bisogno di parlare con Cher», sento dire a Barney.
«Non mi interessa un cazzo, ora abbiamo qualcosa di più importante di cui occuparci. Sei pregato di levarti dai coglioni, e te lo sto dicendo con gentilezza», ringhia lui di rimando.
Sento Barney sospirare, sollevando lo sguardo incrocio anche i suoi occhi intenti ad incontrare i miei. «Cher, ti posso chiamare? Sul serio, è importante» mi chiede con voce tremante, bloccando il proprio sguardo nel mio. Calo gli occhi verso la mia mano stretta in quella di Harry, non sapendo cosa rispondere a quel ragazzo.
«Non ora, Barney», lo supplico con lo sguardo. Lui annuisce, affranto, e si fa di lato permettendoci l’ingresso. L’odore familiare dell’ospedale mi avvolge, pazienti ed inservienti camminano per le corsie senza preoccuparsi della nostra presenza. Mi sento così piccola e fragile in questo posto che non lascio la mano di Harry nemmeno per un istante.
Lascio che Harry mi guidi nell’ascensore, con Ray e Missi alle calcagna. Tutto il tempo che impieghiamo per salire al piano di terapia intensiva si accumula in un solo secondo. Stringo la mano ad Harry più forte, o forse è lui che la stringe a me.
«Ragazzi», ci cammina incontro Tessa. La guardo, irrigidendomi tutta, cercando di sostenere il suo sguardo. Avrei dovuto immaginarmi che non avrebbe posato la sua attenzione su di me, difatti è altamente concentrata su Harry. «Finalmente siete arrivati», sospira.
«Dov’è?» domanda Harry.
«Nell’ultima camera», una ragazza con un forte accento francese compare alle sue spalle. Girandomi riconosco Michelle, la sorella minore di Mitchell. I suoi occhi scuri, come quelli del fratello, si inchiodano nei miei. «Cherie?»
«Michelle», accenno un lieve sorriso andando verso di lei. Le sue braccia magre mi stringono in un abbraccio, ricambio tenendola fermamente stretta a me. «Quanto tempo che non ci vediamo», sussurro, tirando su col naso.
«Sei bellissima, Cherie», mi passa una mano sulla guancia, sorridendomi.
«Lo sei anche tu», gli assicuro. Michelle è tra le ragazze più belle mai viste. E’ la copia identica di Mitchell, ma al femminile. Gambe magre e lunghe, pelle ambrata e riccioli castani spinti dietro le orecchie.
«Harry», Michelle gli sorride ma lui non ricambia nemmeno se fosse costretto. La ignora e rimane immobile, fissandomi.
«Andiamo?» mi domanda, respirando dalla bocca, impaziente. Annuisco e lancio un’occhiata a Tessa, che la ricambia con sguardo aggressivo. Ray incontra uno dei dottori e gli chiede immediatamente se possiamo far visita a Mitchell Learman, lui ci fissa come se fossimo la milionesima persona ad avergli fatto quella domanda.
«Camera quattrocentodue», ripete, impassibile, avvicinandosi ad un bancone e firmando delle carte. Ray posa lo sguardo sui corridoi, spingendoci a seguirlo. Cammina sicuro, sembra privo di emozioni tanto quanto Harry. Ho sempre pensato che i ragazzi nascondessero i propri sentimenti molto meglio delle ragazze, questo spiego anche perché Missi sta trattenendo dei singhiozzi mentre Ray è in silenzio a contare mentalmente quante porte mancano a quella di Mitchell.
«Quattrocentouno, quattrocento due. Quattrocento due, eccola», la indica con un cenno del mento. Harry si ferma improvvisamente ed io vado a sbattere contro la sua schiena facendomi male al naso. Sbuffo, passandoci sopra una mano, accigliandomi.
«Penso che sua madre sia con lui», commenta Harry. Io lo guardo, cercando una spiegazione nella sua constatazione.
«Non vorrai farmi entrare da sola?!»
«Non ho detto questo», ribatte.
«Non mi sembra il momento giusto per discutere», interviene Ray tra di noi, facendo un passo avanti e bussando alla porta. Lascio la mano ad Harry, asciugandomele sui jeans neri che ho indosso. Missi è al mio fianco e mi guarda aspettandosi una qualunque reazione da parte mia. Cosa si aspetta che io faccia? Che scoppi a piangere? Forse si aspetta addirittura una scenata.
«Voulez-vous toujours un peu d'eau?» la voce della madre di Mitchell mi colpisce quando la porta viene aperta dal biondo del nostro gruppo, senza giri di parole. Ci facciamo tutti in avanti ed il silenzio occupa il luogo bianco e tetro, che emana una fastidiosa puzza di detersivo e gel per le mani.
«Smettila di chiedermi dell’acqua, sto ben..» Mitchell si blocca guardando verso di noi. Rimaniamo tutti immobili, fissandolo. E’ in quel letto, ed è vivo. Non posso credere che i suoi occhi siano aperti e che ci stia guardando. Il suo accento è vivo, il suo sorriso è vivo. I suoi occhi, scuri come la notte, sono vivi.
«Ragazzi», mormora, stropicciandosi gli occhi. Gli corro incontro, scostando la madre, e mi getto tra le sue braccia singhiozzando come una stupida. Gli getto le braccia al collo, fregandomene del fatto di fargli del male oppure no, e lo stringo forte e me.
«Mon amour», sussurra al mio orecchio con voce rauca. Gli stringo i capelli in un pugno, mettendo un ginocchio sul letto per potergli stare più vicino. Sento i battiti del suo cuore vivi come non mai. Sento i nostri battiti uniti. Lo sento così vivo che sento anche me stessa viva. La sua pelle è fredda, ma non mi importa, mi prenderò la responsabilità di riscaldarla con la mia.
«Mitch», ansimo con la faccia nascosta nell’incavo del suo collo. «Mitch, non farlo mai più», gli prego, stringendo la presa nei suoi capelli.
«Mon amour, non succederà più, te lo giuro», lui mi sposta per guardarmi negli occhi. I suoi occhi sono coperti da un velo leggero ma visibile di lacrime, gli passo il pollice sulla guancia guardandolo. Sembra più magro, pallido, con i capelli più lunghi ma sempre ed incredibilmente bello da mozzare il fiato.
«Ehi, campione», Ray si fa in avanti a lo saluta con un sorriso tremante ed un cenno del mento. Io rimango seduto accanto a Mitchell, stringendogli una mano.
«Raymond», Mitch sforza un sorriso guardandolo.
«Te la sei vista brutta», commenta il biondo, mettendosi le mani in tasca e guardandolo con sufficienza.
«Direi proprio di sì», Mitch inclina la testa di lato, «Harry?»
Harry si avvicina a noi mordicchiandosi il labbro inferiore, guardando il suo amico di sottecchi. Si guardano per un tempo indefinito, forse per minuti o per secondi, nessuno riesce a tenere il contro. Harry si avvicina al letto e gli fa un cenno col mento, io lo guardo in cagnesco obbligandolo a far parola.
«Mitch», lo saluta.
«Harry», sento Mitch deglutire. Il francese abbassa lo sguardo, vergognandosi di sé stesso, fissando le nostre mani unite. Gli sorrido, stringendogli lievemente le dita.
«Questo Harry?» brontola la madre di Mitchell, avvicinandosi a noi con un bicchiere d’acqua tra le mani. Harry le lancia una delle sue occhiate poco amichevoli.
«Sì, mamma, lui è Harry. Lo conosci già», replica Mitchell, cercando di mettersi seduto. Sua mamma gli impreca contro qualcosa in francese, ringraziando alcune lezioni del mio migliore amico credo di aver intuito che gli ha detto di non stancarsi perché non è raccomandato dal dottore.
«Come ti senti?» gli domando lasciandogli la mano per permettergli di bere.
«Stanco»,sospira. «Mi sento come se fossi uno scolapasta», ridacchia.
«Immagino», Harry pressa le labbra in una linea sottilissima fissandosi le scarpe consumate. Lo guardo, chiedendomi a cosa stia pensando.
«Potete lasciarci da soli?» domanda Mitch, guardando Ray e Missi, imbarazzati, per poi ripetere la stessa frase in francese a sua madre.
«Vuoi restare da solo con me ed Harry?» esigo una conferma.
Lui annuisce, passandomi una mano tra i capelli neri. «Voglio parlarvi».
«Non devi stancarti», gli assicuro. «Abbiamo tutto il tempo del mondo, adesso».
«Ho bisogno di parlarvi adesso, Cherie», mi guarda in modo serio. Annuisco e guardo Missi in segno di scuse, lei mi sorride comprensiva e prende Ray per mano trascinandolo verso la porta. La madre di Mitch, di cui non ricordo nemmeno il nome, si accomoda all’uscita chiudendo la porta alle sue spalle.
«Harry, siediti», gli ordina Mitchell. Harry lo guarda come se fosse impazzito, convinto come sempre che nessuno possa dargli degli ordini, nemmeno un ragazzo appena uscito da un coma durato quasi una settimana.
«Sto bene così», risponde il più gentilmente possibile.
«Mitchell cosa ti è saltato in mente?» lo guardo male. La parte arrabbiata di me sta avendo il sopravvento. «Hai veramente cercato di suicidarti?»
«Stavo passando un brutto periodo Cher. Questo pomeriggio uno psicologo verrà a farmi visita, ma non so nemmeno cosa vuole che gli dica. Ho convinto mia madre a non chiamare anche un prete, non ho il diavolo dentro, come lei si ostina a credere», fa una risata nasale.
«Mai dire mai», commenta Harry con un lieve sorriso. E’ con le spalle contro il muro, accanto al letto di Mitchell.
«L’ultima cosa che ricordi», gli chiedo.
«Una litigata con Tess, ma è tutto confuso. So che abbiamo parlato del bambino, che io non volevo tenerlo e lei si era innervosita. Non ricordo null’altro», mormora.
«Ti ha detto qualcosa di preciso sul bambino? Delle probabilità che possa non essere.. tuo?» sussurra Harry, guardandomi per un secondo. Distolgo immediatamente gli occhi dai suoi, fingendo che il cuore non mi stia minacciando di scoppiare.
«Lo sto sospettando, ma non me ne ha comunque parlato. Che merda di situazione, lei è solo una ragazzina. Io non sono pronto a fare il padre, nessuno nelle mie condizioni sarebbe pronto a farlo».
«Lei hai già parlato?» mi mordo il labbro inferiore.
«Ho visto parecchia gente oggi, e lei non è tra quelle. Ho preferito tenerla lontana almeno per questa mattina».
Harry fa un passo in avanti. «Cosa ti hanno detto?»
Mitchell ci guarda, prima me e poi Harry. Sembra cercare il coraggio per delle parole troppo difficili. «Andrò in un centro di riabilitazione non appena sarò pronto a rimettermi in piedi», sbuffa.
«Lo ha chiesto tua madre?» suppone Harry.
«Lo hanno imposto i medici, hanno detto che ero in condizioni gravi e se Tessa non fosse tornata indietro quel pomeriggio io non sarei qui a raccontarvelo».
«Ci sei andato fottutamente vicino, Mitchell. Ti sei dannatamente giocato il cervello», Harry alza i toni.
«Era un periodo di merda», si difende lui.
«E’ sempre un fottuto periodo di merda, ma non per questo ci diamo per vinti, noi», si indica il petto. «La vita di tutti fa maledettamente schifo. Quando pensi che tutto possa crollare, che la merda ti stia risucchiando fino al collo, è esattamente lì che non devi gettare la spugna. Potevi evitarlo, potevi decisamente evitarlo».
«Non potevo evitarlo, Harry. Non avevo più nulla da perdere».
«Non hai pensato a me», mi mordo il labbro inferiore imprigionando un singhiozzo.
«Tu non c’eri, Cherie, te ne eri andata. E con te era andato via anche lui. Tessa mi riempiva la testa di stronzate ed io non sapevo più che mossa fare».
«Mi dispiace così tanto», ammetto, portandomi una mano sulla bocca.
«Chee, no, non è colpa tua».
«Cher..» Mitchell prova a parlare.
«No, non osare farla sentire in colpa. Se provi anche soltanto a dirle qualcosa che la faccia sentire di merda giuro che l’overdose in cui sei finito sarà una passeggiata confronto a quello che ti faranno i miei pugni, Mitchell».
«Harry», gli urlo contro. «Smettila! Non parlargli in questo modo».
«Si sta solo preoccupando», lo difende Mitchell, annuendo. «Ti ho fatta sentire in colpa, avevi anche tu i tuoi problemi».
«Sono scappata quando avevi bisogno di me, potrai mai perdonarmelo, Mitchell?» lo prego con lo sguardo. Lui annuisce, rinchiudendomi in un ennesimo abbraccio. Stringo le braccia lungo la sua schiena, respirando finalmente aria pulita. «Scusami, mon amour».
--
Non appena posso modifico tutto gli errori, abbiate pazienza:)
Gruppo Facebook: Sabrynex's Stories.
Pagina: Una stupefacente trilogia - Official Web Site.
INSTAGRAM: SABRINE_WATTPAD
Grazie a tutte per i messaggi lasciati sul mio profilo, un abbraccio alle ragazze che mi seguono e che hanno messo la storia in biblioteca o nella propria lista di lettura:) x
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top