Capitolo 44.

Mitchell’s point of view.

Seduto sul mio solito divano di pelle, con intorno a me null’altro che una nuvola grigia di disperazione interna ed esterna. La nuvola interna è un mix incontrollabile di emozioni, tra cui confusione e delusione. Quella esterna è meno astratta, ed è facilmente visibile tutto il fumo che mi avvolge lentamente. Con la solita birra nelle mani, incapace di ricordarmi se fosse sempre la stessa oppure se qualcuno me l’avesse cambiata.
Poi sbuffo una risata, capendo di essermi completamente fottuto il cervello in questo momento. Continuo a riempirmi la bocca e i polmoni di erba, tossendo il fumo, ma poi respirandolo di nuovo come se non ci fosse un domani.
Questo dolore è piacevole. Non è la morte, è come se stessi rinascendo una seconda volta. Porto la bottiglia alla bocca, lasciando che il liquido freddo e frizzante mi scivoli lungo la gola fino a bruciarmi nuovamente lo stomaco. Questa merda sembra non bastarmi mai. Quando volto lo sguardo mi ricordo cosa sta realmente succedendo, mi ricordo che lei è qui.
La presunta madre di quel fottuto mio presunto figlio. Questa maledetta gravidanza ha sconvolto tutti i miei piani, io non la amo e men che meno ho intenzione di sposarla o qualche minchiata del genere. Io non volevo fare una vita con lei; che sto annuendo fingendomi interessato alla sua stupida conclusione, su una stupida paternità di qualche cazzo che non ho ancora afferrato.
Tutto il casino che sento in questo momento sta per eruttare, e non solo quello che ho in testa, ma anche quello presente nel mio stomaco. E’ una situazione disastrosa, nessun essere umano sulla faccia della terra è capace di intendere come io mi senta in questo momento. Qualche cosa dentro sta per scoppiare, per un attimo comprendo cosa provi Harry durante uno dei suoi incontri.
Guardo rabbiosamente lo schifo di appartamento in cui mi ritrovo, merda su merda copre il pavimento e non solo. Quanto era durata dopo il tentativo mieloso di Cherie di sistemarla, due giorni? Probabilmente nemmeno. Già, Cherie, la stessa ragazza che non vedo da giorni, settimane o.. chissà, mesi? Ho perso la cognizione del tempo quando, qualche settimana dopo, anche Harry si è volatilizzato nel nulla.
Buio. Buio totale per due fottute settimane. Ogni tanto Nick si fa vivo e mi aggiorna di come vanno gli affari, per fortuna almeno lui mi capisce e si è offerto di vendere la roba per conto mio. Sarei del tutto nella merda senza di lui; ma non sto nemmeno tanto meglio grazie al suo aiuto.
Cazzo, pensare a come Cherie – la ragazza che amo nonché l’unica vera amica che abbia mai avuto – mi abbia lasciato in un momento tanto critico, dimenticandosi totalmente della mia esistenza. Io c’ero quando Carlos era morto; io c’ero quando lei era contro tutti, contro al mondo stesso, poteva sempre contare su di me.
E adesso che il mondo era mio avversario, adesso che sono io nella merda ed ho fottutamente bisogno di una mano, lei non c’è. E’ scappata, non so per quale motivo, ma è scappata. Sa perfettamente che sto da schifo, ma gli è fregato ben poco a quanto pare. Scappata, innamorata folle di quel coglione di Styles; se suo fratello fosse ancora vivo non lo avrebbe mai permesso, Carlos avrebbe capito e magari anche lei avrebbe capito in che stupido guaio si stava cacciando.
Non riesco proprio a capacitarmene. Il mio compito, come ho sempre promesso a Carlos, è quello di proteggere sua sorella; ma a quanto pare non sono all’altezza, non sono abbastanza forte. Io non sono Carlos, non posso proteggerla allo stesso modo, lei è una ragazza forte io uno stupido francese col cuore a pezzi.
Insomma, chi voglio prendere in giro? Lei era la pioggia, io una piccola candela sul davanzale della finestra. E adesso? Adesso lei sta diventando una tempesta, non la riconosco, e di me non rimane altro che cenere.
Torno con la testa al presente quando Tessa inizia ad incalzarmi con domande su domande, al quale non sono pienamente convinto di trovare risposte.
«Tu mi ami ancora, vero?» Singhiozza leggermente. «Lo vuoi questo bambino, Mitch? Non mi lascerai da sola, vero?» Piagnucola. Ho la mente qui, ma il mio corpo è su un letto di nuvole chissà in quale manicomio.
Poi una domanda mi sorge spontanea: chi mi dice che il bambino è mio? E poi perché questa fottuta stronza mi riempie di domande proprio adesso? Mi sta facendo una testa enorme, e quasi sicuramente starà parlando da ore ma io me ne sono reso conto solo adesso.
«Mitchell, parlami, smettila di drogati e parlami! Mitchell!» Piange e mi scuote, mi scuote e piange. Le sue lacrime aumentano con il ritmo irregolare del mio cuore, sto per sentirmi di nuovo male. Le lacrime mi scivolano lungo le guance, immagini sfocate di mio padre che mi sbatte al muro dandomi del pezzo di merda mi passano davanti; poi un’altra immagine, un bambino tra le braccia di Tessa che mi guarda; un’altra ancora, Cher che mi fissa delusa e tutto il resto? Buio.
Troppe preoccupazioni, poco spazio per contenerle tutte. Odio, odio fottutamente tanto la mia vita. E mi sento così disgustoso che quando mi alzo inizio a vomitarle sulle gambe, le sue urla sono ovattate da quelle di mio padre – nella mia testa – che mi urla ‘pezzo di merda’, ‘scarto dell’umanità, muovi il tuo fottuto culo fuori da casa mia’.
Quando ho finito cado in ginocchio, mentre percepisco le sue mani che mi danno una spinta leggera. Poi se ne va, o almeno io non sento più la sua voce del cavolo. Calo lo guardo, ma non vedo nulla oltre ad un netto nero inquietante. La testa mi gira, o forse è l’appartamento che gira. Magari un terremoto? Ridacchio, rimettendomi lentamente in piedi.
Infilando una mano nella tasca dei jeans trovo un fazzolettino di carta, lo apro ed ingoio le tre pasticche al suo interno. Cammino fino in camera mia, e, tanto che sono stordito, entro due volte in bagno prima di rendermi conto di dove mi trovo.
Ormai arreso e spaesato rimango seduto sul pavimento del bagno, allungandomi quel poco per riprendere dal lavandino una siringa ed iniettarmela nelle vene. Cado di peso sul pavimento, sentendomi improvvisamente più leggero e.. vuoto. Il nulla mi avvolge, un senso di nausea è ancora presente in me ma lo ignoro. Penso di essere svenuto, o morto, so solo che dopo aver tolto la siringa dal mio corpo nulla mi è sembrato più lo stesso.

Cher’s point of view.

Sollievo, felicità e benessere. Ecco cosa provo in questo momento, soprattutto perché non riesco a fare altro oltre a sorridere come una vera stupida. La cena è stata qualcosa di magico, letteralmente. Non credo di essermi mai sentita così felice prima d’ora, cos realizzata e così diversa. Ho ancora paura che tutto ciò sia solo uno dei miei soliti sogni dove tutto va bene, ma sto cercando comunque di non svegliarmi nel caso lo fosse.
«Ehi! Dove sono i miei geitori?» Guardandomi intorno, nel parcheggio del Classic, non intravedo l’auto dei miei. Ci sono poche macchine, anche perché sono quasi le undici di sera.
«Sono andati a casa, suppongo.» Risponde lui con nonchalance, alzando le spalle e stringendomi più forte la mano.
«Come? Ed io?» Chiedo allarmata.
«Tu verrai in albergo con me.» Sorride divertito specchiando le sue iridi nelle mie. Un’idea odiosa mi balena in mente, e faccio subito una smorfia lasciandogli andare la mano.
«Spero tu non stia pensando di portarmi a letto.» Difendendomi incrocio le braccia sotto al petto, spostando di nuovo lo sguardo sul parcheggio.
«In realtà mi piacerebbe molto stare a letto con te, ma non per lo stesso motivo malizioso che ti sta stupidamente fluttuando in testa.» Ridacchia, prendendomi per i fianchi e accostando le nostre fronti. Il suo respiro sul mio viso, le sue labbra rosse leggermente socchiuse in un sorriso tenero e le fossette appena accennate.
«Ho bisogno di tempo per tornare a fidarmi di te.» Lo dico, ammettendo completamente come mi sento. E’ stata una bella serata, stupenda, ma questo dolce momento non cambia le carte in gioco. Ha fatto una cazzata, non può sperare che io abbia già dimenticato tutto.
«Lo so, piccola, ti darò tutto il tempo di cui hai bisogno. Ok? Non preoccuparti, saprò aspettarti anche tutta la vita.» Sorride, baciandomi delicatamente sulla bocca.
«Mi sembra ovvio.» Sorrido. «O aspetti, o ti fotti, Harry. Non hai altre opzioni, tesoro»
Lui alza le sopracciglia, allontanandosi di poco da me. «Stai diventando aggressiva, Chee.» Ghigna portando una sua mano dietro la mia schiena, spingendomi dolcemente verso la sua auto noleggiata.
«Ti crea disturbi? Sto imparando ad essere più spontanea, in modo che nessuna possa più prendermi per il culo.» Chiarisco con un mezzo sorriso.
Lui sgrana gli occhi. «Gesù. Ho creato un mostro terribilmente sexy.» Scherza; io abbasso lo sguardo scuotendo la testa sorridendo lievemente.
Una volta in auto Harry si sbottona del tutto la camicia, ed io mi incanto a fissargli i pochi tatuaggi che fanno capolinea dalla sua camicia nera che ha indosso. Sono quasi sicura che sia più muscoloso, oltre ad avere le spalle più larghe di tre mesi, anche il suo addome si è aggiornato parecchio.
«Ho offerto la cena ai tuoi genitori, ho fatto un casino tremendo per convincerli a lasciarti da sola con me per una notte. Tua madre pensa che io voglia prendermi la tua verginità o qualcosa del genere.» Con la coda dell’occhio mi guarda, aspettando una mia reazione che non tarda ad arrivare. Sollevo gli occhi al cielo e lui, mettendo in moto l’auto, ridacchia divertito. «Non gli hai raccontato proprio nulla, vero?»
«Come minimo sanno che sono tornata ad essere amica di Mitchell, figurati se gli raccontassi di essermi innamorata di un pazzo tossisco conosciuto ad una festa e che nel tempo libera prende a pugni la gente.» Ghigno.
«Ouch.» Con una mano sul volante e l’altra sul cuore, fa una smorfia strana. «Piccola, stai ferendo i miei sentimenti, adesso.»
«Chissà perché la cosa non mi dispiace nemmeno un po’. Sii uomo, Styles, accetta la realtà!» Lo prendo in giro dandogli un leggero pizzico sul braccio.
«Farò del mio meglio, ma non ti prometto niente.» Finge di mettere su il broncio, evitando di guardarmi e concentrandosi sulla guida. Cinque minuti dopo l’aria diventa leggermente tesa, la radio non trasmette nulla ed il silenzio padroneggia.
«Ho chiamato mio padre.» Enuncia improvvisamente. Sgrano gli occhi, felice e confusa da quella rivelazione allo stesso tempo.
«Sul serio? E’ fantastico, insomma.. non lo chiami mai!»
«Lo so, ho deciso di cambiare, di affrontare situazioni che mi sono tenuto alle spalle troppe volte.» Sospira parcheggiando. «E voglio che tu sappia tutto di me, Cher, tutto. Le cose che ancora non sai, oltre al problema del sesso e del cancro di mio padre; c’è davvero qualcosa che ho bisogno che tu sappia.» Non mi guarda negli occhi, preoccupandomi ancora di più. Per tranquillizzarlo gli prendo una mano, portandola sul mio ginocchio stringendola.
«Harry, va tutto bene. Sono qui per te, ok? Non vado da nessuna parte, lo giuro.» Gli assicuro, lui annuisce e si sporge per baciarmi la fronte.
«Che ne dici se prima saliamo?» Propone.
«Sì, andiamo!»

Dopo essermi lavata i denti ed infilata la camicia di Harry, cammino verso l’enorme letto a baldacchino e mi adagio su di esso prendendo il cellulare. Prima che Harry mi parli di qualsiasi cosa lui voglia parlarmi, ho bisogno di tranquillizzare i miei genitori. La telefonata, per mia fortuna, dura meno di quindici minuti. Ho dovuto per mio malgrado mentirgli su chi era Harry, non gli ho detto dell’amicizia in comune con Mitchell, come non gli ho detto come impiega la maggior parte del suo tempo.
«Com’è andata?» Chiede sedendosi accanto a me, con indosso soltanto gli jeans. Gli ho pregato di non toglierli, dato che se dormiremo abbracciati non vorrei ritrovarmi la mattina dopo con un erezione che mi pulsa contro l’inguine ed una voglia irrefrenabile del suo corpo. Ho deciso di prendere le distanze, dal suo corpo, concedendomi soltanto le sue labbra per un po’.
«Vogliono conoscerti.» Stringendomi nelle spalle gli sorrido innocentemente.
«Oh, cazzo.» Sgrana gli occhi. «Sai che non sono esperto per quanto riguarda le relazioni sociali.»
«Già.» Ridacchio. «Penso che mia madre quando vedrà i tuoi tatuaggi potrebbe anche svenire.»
«Grazie per l’incoraggiamento, piccola.» Fa una smorfia spingendosi di schiena contro il materasso.
«Dai, ti sto prendendo in giro, andrà tutto alla grande! Ti va bene se pranziamo con loro domani?»
«Sì.» Annuisce distrattamente. Con lo sguardo rivolto verso il soffitto, capisco che sta pensando a tutt’altro che un pranzo perfetto.
«Harry, non sei obbligato a..»
«No, devo farlo. Ricordi? Ho bisogno di riconquistare la tua fiducia, e se tu vuoi che lo faccia, io lo farò.» Si sporge leggermente per baciarmi il collo, per poi ritrassi immediatamente e tornare con la testa sul cuscino. So che se si fosse trattenuto sulla mia pelle un attimo in più, sarebbe stato impossibile scollarlo dopo.
«Sì, ok.» Stringo le labbra in una linea sottile. Poi Harry si alza sui gomiti, sgranando leggermente gli occhi e voltandosi nella mia direzione. Ha un espressione orribile, come se avesse dimenticato di chiudere il gas.
«Cher! Hai preparato le valige?» Domanda.
«Per il viaggio in Italia con i miei genitori?» Ridacchio. «Non so ancora..»
«Oh, non te lo hanno ancora detto?» Si morde un labbro sorridendo colpevole.
«Cosa?» Spalanco gli occhi. Cos’avrà combinato adesso?
«Tu non andrai in Italia con loro, speravo che mi avresti perdonato ed ho già prenotato i biglietti per Boston. Gli ho parlato anche di questo, e se tu sei d’accordo loro sono d’accordo.»
«Come?!» Stridulo sgranando gli occhi. «Per quando?»
«La prossima settimana.» Inspira dai denti, guardandomi attentamente.
«Penso che tu abbia dei seri problemi, Harry!» Gli colpisco la faccia con un cuscino, mettendomi in ginocchio sul letto. «Non puoi organizzare un viaggio senza nemmeno chiedermi cosa ne penso. E il passaporto?»
«Ho pensato anche a quello, passeremo a Londra a ritirarlo, da un mio amico, ovviamente.» Scrolla le spalle. «Cher mi dispiace, se non vuoi più venire io capirò.»
«Se non voglio più venire? Non mi sembra di aver mai accettato.» Sollevo le sopracciglia. La cosa che mi dà veramente fastidio è il fatto che lui fosse certo che io che lo avrei perdonato, non posso credere di essere così orribilmente prevedibile.
«Scusami.» Si gratta la guancia rasata, fissandomi con i suoi occhi profondi. Come faccio ad arrabbiarmi con lui, ancora? Nonostante cerchi di cambiare, resterà sempre il ragazzo sbadato senza alcuna esperienza con le relazioni. Sorrido scuotendo la testa, sporgendomi verso di lui per baciarlo. La sua lingua incontra immediatamente la mia, ed i nostri sapori si mischiano un attimo dopo. C’è dolcezza nel nostro bacio, contornata da serenità e purezza.
«Ti amo.» Sussurra, sfiorandomi i capelli con le dita. «Non so perché l’ho detto, voglio solo che tu lo sappia.» Annuisco raggomitolandomi con la testa sul suo petto ed il braccio intorno ai suoi fianchi.
«Detto questo. Di cos’altro devo essere al corrente?» Gli chiedo.
«Ho venduto la mia auto, ne comprerò una nuova quando torneremo da Boston.» Sghignazza.
«Poi?» Corrugo la fronte.
«Ray e la sua ragazza vogliono presentarsi. Missi frequenterà la London State University insieme a te. Muore dalla voglia di conoscerti, dato che le ho parlato molto di te.»
«Ok.» Rispondo lentamente. «Uhm, cosa volevi dirmi prima in auto?» Deglutendo mi preparo ad un ennesima rivelazione.
«Ho bisogno di parlarti di una ragazza, una ragazza che c’è stata prima di te.» Sputa tutto d’un fiato. Una ragazza? Batto più volte le palpebre, impressionata dalla sua confessione. Non ho mai nemmeno minimamente pensato che avesse avuto una storia prima di me, non per egoismo, ma per esclusione. Non era il massimo dell’amore a quei tempi; non usava le ragazze, le trattava letteralmente come pezzi di carta. Se ne pente, lo so, e vorrebbe cambiare tutto se solo potesse farlo.
«Una.. tua ex?» Chiedo conferma.
«Sì. Ultimamente ho degli incubi ricorrenti su di lei, su quando mi ha lasciato a casa di mio padre. Ho pensato che forse raccontandoti di questa parte della mia vita, potrei riuscire a sentirmi meno bastardo.» Chiude gli occhi respirando profondamente. Io rimango in silenzio, scossa parecchio dalla cosa. «Lei è stata la mia prima ragazza, l’unica prima di te.» Una sua mano trova la mia schiena, e dolcemente crea dei cerchi immaginari con le dita. «Non so dirti che se l’amavo o meno, ma riuscivo a trovare qualcosa oltre il sesso con lei. Come quello che provo per te, ma non.. così forte.» Sorrido leggermente contenta della cosa. Sta dicendo che mi ama più di quanto abbia amato lei, giusto?
«Come si chiama?»
«Il suo nome è..» Il cellulare interrompe Harry che, aggrottando la fronte, si sporge verso il comodino per leggere il nome del mittene. Uno sguardo di terrore s’impadronisce del suo viso, ed indietreggia lasciandolo suonare.
«Chi è?» Chiedo, mettendomi seduta.
«Tessa.» Scuote la testa. «Non importa, la ignoro.» Dopo averlo detto, accendo la TV per alleggerire la tensione; non funziona molto, il cellulare suona altre sette volte. «Ehi.. non è Tessa, adesso.» Si acciglia Harry. Girandomi lo vedo ancora più perplesso.
«Chi è?»
«Ray.» Si acciglia di nuovo e risponde. «Che succede?» La voce di Ray è alta e confusa, decido di non fare domande mentre vedo Harry sbiancarsi lentamente. Inizio a preoccuparmi senza spostare gli occhi dai suoi, al che mi stringe forte una mano calando lo sguardo verso il basso.
«Cosa succede?!» Chiedo, col cuore che batte forte quando lui riattacca.
«Chee non.. non allarmati. Ok?» Le sue mani mi circondano le spalle, tenendomi ferma.
«Harry, che c’è?» Sento il cuore battere nelle orecchie. Un momento di pace, chiedo solo questo. Harry si passa la lingua tra le labbra, mordendosi un labbro fino a farlo sanguinare. Qualsiasi cosa voglia dirmi, non è per niente facile.
«Cher. Mitchell è in overdose in eroina, lo hanno portato all’ospedale. Lui non.. respira, potrebbe star morendo.»

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Spero questo capitolo vi sia piaciuto, vi chiedo venia per l'assurdo ritardo! Ho avuto un blackout mentale, non sapevo più come continuare la storia! Ora mi sono ripresa, anche con l'aiuto di Noir97, che ringrazio infinitamente per avermi aiutato con la POV di Mitchell! E' tutto merito tuo, grazie!

Domanda! Cosa penserete succederà a Mitchell?

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Per informazioni mandatemi un messaggio, grazie ancora di tutto!


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