4. Mostri in casa
Brighton, 1994
"Non solo festeggiamo un successo" inizia Edward a brindare, sollevando il calice in aria nel salone di casa Saunders, "ma ne inauguriamo un altro poiché mio figlio, il mio Benedict, studierà medicina a Londra!"
Gli ospiti e gli amici di Ben sollevano i bicchieri in aria ed esultano i risultati del ragazzo, incluso Thomas, costretto a prenderne parte. Alice gli porge un bicchiere di Coca Cola, sorridendogli. "Sarà meglio che tu beva questa" dice.
Tom le sorride, bevendo subito la bibita fresca. Si siede sull'unica poltrona libera in fondo alla stanza, facendo scomparire la mano libera tra i capelli biondi arruffati. "Sai dov'è la mamma?" chiede, guardando la governante.
Alice solleva le spalle. "Sarà rimasta in ufficio, probabilmente."
Tom stringe le labbra, guardando la Coca rimasta nel suo bicchiere e contando le bollicine che si addossano sulla circonferenza. Ad un tratto vede Alice abbassarsi accanto a lui, inginocchiandosi ai piedi della poltrona. "Ti stai annoiando, vero?"
Thomas annuisce.
"Ti va di venire con me?"
"Dove?"
"Al supermercato. Ovviamente prenderemo la strada che si affaccia sul mare" gli risponde Alice, facendogli l'occhiolino.
Thomas sbatte le palpebre, poi però pensa sia un'alternativa migliore al rimanere intrappolato in quel salone pieno di diciottenni neo diplomati. Annuisce e sorride alla governante. "Tanto papà non se ne accorgerà" dice soltanto, mettendosi in piedi e appoggiando il bicchiere di plastica per terra.
Brighton, Halloween 1995
Thomas è vestito da fantasma, con un lenzuolo addosso e due buchi all'altezza degli occhi. La casa è tutta al buio per preparare l'atmosfera della festa. Il tavolo è imbandito, ci sono dolci e caramelle dappertutto. Si stanno aspettando solo gli invitati. Benedict ha già fatto venire degli amici ma, da quando hanno messo piede in casa, Thomas non li ha più visti. Suo padre e sua madre sono al lavoro, Alice è in cucina a preparare la cena. C'è silenzio in tutta la villa. Thomas vede tutti i corridoi al buio, le porte delle stanze chiuse, i cigolii delle finestre. Decide di aspettare i suoi compagni di scuola nella sua stanza. Il lenzuolo che gli funge da vestito gli arriva fin sotto i piedi, per questo se lo mantiene per evitare di inciampare. Imbocca il lungo corridoio delle stanze da letto e sente una presenza al suo fianco, insieme ad un cigolio più accentuato, come se una finestra gli si fosse aperta proprio dietro. Si gira ma non c'è nessuno. Scuote la testa, alzando gli occhi al cielo, così si incammina più rapidamente verso la sua stanza la cui porta è l'unica socchiusa. Fa per appoggiare la mano sulla maniglia ma si blocca.
C'è troppo silenzio.
Un tuono squarcia il cielo sopra le loro teste e lo fa sussultare.
"Ben? Dove sei?" domanda, aspettando una risposta che non sarebbe arrivata. Si guarda intorno, poi spinge la porta della sua stanza per aprirla ed è un attimo di terrore.
Diverse figure incappucciate gli si gettano addosso, facendolo cadere a terra tra urla e schiamazzi. Thomas si copre la testa con le braccia per ripararsi, mentre gli altri lo colpiscono - "per gioco", dicono. Poi si spostano, scoppiando a ridere. Benedict è il primo a togliersi la maschera. "Wow Tom, non ti facevo così cagasotto. Avresti dovuto sapere che ci sono i mostri in questa casa."
Thomas si rimette in piedi e fa per colpire il fratello ma inciampa nel lenzuolo e cade rovinosamente per terra fra le risate degli amici di Benedict. Si strappa il vestito di dosso e lo lancia per terra, spingendo Benedict. "Levati dalle palle!" urla, entrando nella sua stanza e chiudendosi a chiave.
Brighton, 2017
"Ehi" sente dire dietro di sè. Thomas si gira e incontra gli occhi azzurri della madre appena sotto l'ampia vetrata che separa la sala da pranzo e la balconata. "Come ti senti?"
Tom riporta lo sguardo sul giardino sottostante, delimitando con gli occhi il labirinto nel quale amava nascondersi quando era più piccolo. "Voglio solo andarmene" ammette, guardando poi il cielo azzurro con qualche nuvola passeggera.
"Non ti fermi qualche giorno in più?"
"Ho del lavoro da fare, mamma."
"Ma io voglio che tu rimanga" dice Anne, facendo girare suo figlio nella sua direzione. Tom la guarda, perdendosi in quegli occhi così simili ai suoi. Le rughe intorno agli occhi accentuano la tristezza nel suo sguardo, le iridi circondate dal rossore dovuto al pianto e il viso pallido nascosto sotto diversi strati di cipria chiara. "Così posso passare anche del tempo con te, con i miei nipoti e mia nuora che non vedo quanto vorrei." Anne guarda in avanti, disperdendo i suoi occhi nel cielo azzurro. Alle loro spalle la gente continua a parlare in quegli spazi ampi. "E' una donna meravigliosa" ammette allora la madre, annuendo sovrappensiero. "Sono così felice che sia entrata nella tua vita e la riempia di amore."
Thomas annuisce, guardandosi dietro. Vede Margaret parlare con Isabella e ogni volta che la osserva, che ne scandisce ogni singolo dettaglio, si chiede cosa ne sarebbe stato di lui se non l'avesse incontrata. Era stata - letteralmente - la luce della sua vita dopo l'oscurità in cui aveva vissuto per diversi anni. Lo aveva salvato e le sarebbe stato grato per sempre.
Anne si gira a guardarla a sua volta e, tra tutti quei volti, nota anche Benedict appoggiato ad un muro intento a bere il suo champagne e ad ascoltare uno dei tanti intrattenitori. Thomas intercetta lo sguardo della madre e alza gli occhi al cielo, tornando a guardare il labirinto del giardino. "Non sai quanto una situazione del genere faccia stare male una madre, sapere che i figli non vadano d'accordo tra di loro."
Thomas prende un ampio respiro, chiudendo gli occhi, rassegnato. "Invece lo so. Lo so perfettamente. Era la mia paura più grande quando è nato Joseph. Pregavo che tra lui ed Elizabeth andasse sempre tutto bene." Thomas indurisce la mascella. "Per me, quell'uomo non esiste. Non più, e da diverso tempo."
Anne si porta entrambe le mani alla fronte, seppellendoci il viso dentro. "Io desidero che la famiglia affronti questa situazione insieme."
"Io ho la mia, mamma. Ho tre persone nella mia vita che valgono più di ogni altra cosa al mondo. Sai di essere la benvenuta. Tu, e Nicholas."
Prende un ampio respiro, poi Anne si rimette dritta e si lecca le labbra. "Torno dentro" dice soltanto. Così Thomas rimane di nuovo da solo.
Benedict vede da lontano Nicholas e sua nipote Elizabeth che parlano animatamente fra loro, mentre Joseph si arrampica sulla gambe di Nicholas. Vede Elizabeth a lungo, ogni dettaglio del viso. Dagli occhi scuri alle labbra carnose, dal viso tondo ai capelli biondo cenere che scendono morbidi sulle spalle esili. E' davvero molto simile a sua madre, nella grazia dei movimenti e nel sapere intrattenere chiunque le rivolga la parola. Ricorda il primo compleanno della piccola Elizabeth. Ricorda i suoi occhioni fissi sulla candelina al centro della torta, ricorda la montagna di regali addossati al muro e la madre che la tiene tra le braccia pallide, sorridendole e lasciandole baci sulle guance morbide.
Beve un sorso di champagne.
Diversi parenti si fermano a parlargli, chiedendogli pareri medici. Benedict risponde accuratamente a tutti, sorseggiando lo champagne nel suo bicchiere pieno ancora per metà. Vede la madre entrare improvvisamente dentro casa, lasciando suo fratello Thomas da solo in veranda. Scorge i passi pesanti della madre e il suo fermarsi a parlare con Alice.
Chiede scusa a chiunque gli stia parlando, ritagliandosi uno spazio ed avvicinandosi alla madre. Si sporge su Anne, dandole un bacio sulla fronte e tenendo una mano ferma sulla spalla esile della donna. "Come stai?"
Anne espira pesantamente, scuotendo la testa. "Mi sento un vuoto all'altezza dello stomaco, non riesco nemmeno a concepire l'idea di dover mangiare."
"Devi farlo" rimprovera Benedict, "Papà non lo vorrebbe."
Anne solleva gli occhi azzurri sul figlio, scorgendo la profonda cicatrice alla base del suo collo pallido. Distoglie lo sguardo e si lecca il labbro inferiore. "Tuo padre non vorrebbe parecchie cose" dice, togliendosi dalla presa del figlio e allontanandosi dalla calca. Ad un certo punto la luce che proviene dalla finestra si oscura improvvisamente, così Benedict si gira in quella direzione e vede Thomas rientrare nell'ampio salone e superarlo senza degnarlo di uno sguardo. Indurisce la mascella e le dita si stringono intorno al calice in vetro ancora stretto nella mano, vedendolo passare accanto ai parenti senza salutarli o dar loro un cenno del capo. Pensa solo a parlare con chiunque ci sia dall'altra parte del telefono che ha portato all'orecchio qualche secondo prima. Benedict nota Thomas imboccare il corridoio che porta alle camere da letto, così si mette a seguirlo silenziosamente... Ma Nicholas gli blocca la strada, fermandosi esattamente nel mezzo e guardandolo dritto negli occhi.
"Che vuoi fare?" chiede con fermezza.
Benedict lo guarda sollevando un sopracciglio. "Sto andando solo nella mia stanza-" ma Nicholas lo blocca, premendogli una mano sul petto. Lo incenerisce con un'occhiata. "Senti piccoletto, non metterti in mezzo, okay? Non ho bisogno del supervisore ogni qualvolta entri in un ambiente la cui aria è condivisa con altra gente. Penso di essere abbastanza grande per questo."
Nicholas si lecca le labbra. "La mamma ti sta guardando e la sua unica speranza è che non capiti nient'altro oggi. Niente, Ben."
Benedict sbuffa, afferrando la mano del fratello e togliendosela di dosso. "Non le farei mai un torto del genere." Così dicendo supera Nicholas, si inoltra lungo il corridoio e l'unica cosa che può fare il fratello minore è girarsi a guardare la madre, cogliendo la tristezza nel suo sguardo spento.
Ma Benedict si dirige veramente nella sua stanza, che è esattamente accanto a quella di Thomas quando ancora vivevano tutti lì. Si siede sul suo letto dalle coperte rimboccate, guardando la scrivania con i libri ordinatamente posti contro il muro, le mensole con i trofei vinti durante il liceo e gli album fotografici pieni di scatti di molto tempo prima. Sulla mensola vicino il letto, invece, mantiene ordinatamente in piedi i giocattoli e i pezzi da collezione a cui teneva di più. Tiene ancora il bicchiere tra le dita, con gli occhi dispersi sui muri per lo più vuoti di quell'ampia stanza, quando sente un chiacchiericcio di sottofondo provenire esattamente dal muro alle sue spalle.
Il fatto che la stanza del fratello fosse così attaccata alla sua è stata a lungo fonte di litigi tra i due, a causa dei rumori che si sentivano facilmente. Benedict aggrotta la fronte e riesce pian piano ad identificare la voce di Thomas che urla al telefono, rimproverando chiunque ci sia dall'altra parte. Però non riesce ad origliare a lungo perché una piccola ombra passa davanti la porta aperta della sua stanza. Benedict si gira in quella direzione e appoggia i suoi occhi azzurri su quelli del piccolo Joseph, con i calzoncini blu sulle ginocchia magre e dei pantaloncini di un tono più scuro. Il piccolo dai capelli scuri e gli occhi azzurri si ferma sulla soglia, sporgendosi verso l'interno della stanza.
"Ciao" saluta Benedict, abbozzando un sorriso.
Joseph lo guarda, stringendo le labbra. "Ciao."
"Chi stai cercando?" domanda Ben, alzandosi per lasciare il bicchiere sulla scrivania.
Il bambino si lecca le labbra. "Il mio papà" dice con voce dolce e sottile. Benedict gli si avvicina e si abbassa di fronte il viso magro del bambino. "Lo hai visto?" continua a dire il figlio di Thomas.
Ben annuisce. "E' nella sua stanza, forse."
"E sai qual è? Questa casa è gigante!" dice Joseph, allargando le braccia.
Benedict stringe le labbra. "Sì, è una casa veramente grande" ma gli occhi del bambino non sono più fissi in quelli dell'uomo, bensì si spingono oltre la sua testa e vedono i giocattoli sistemati sulla mensola attaccata alla parete del letto.
"Sono tuoi?" domanda Joseph.
Benedict si gira per seguire la traiettoria dello sguardo del bambino e annuisce. "Certo. Li vuoi usare?" chiede.
Joseph annuisce e corre verso il letto, arrampicandosi su di esso ed aspettando che Benedict glieli prenda. L'uomo sorride e prende tutte le macchinette colorate messe in fila indiana, appoggiandole sulle coperte ormai sfatte. Joseph le prende tra le mani e se le rigira ingenuamente tra le dita. Sfiora il tettuccio e fa una smorfia. "Sono piene di polvere!" dice, facendo ruotare gli pneumatici di quei giochi datati. "Le mie macchinine sono molto diverse" ammette, spostando gli occhi dalla macchina rossa stretta tra le dita agli occhi di Benedict.
"Beh" inizia l'uomo, "le macchine di tuo zio sono di molto tempo fa. E' normale siano diverse dalle tue."
Il piccolo aggrotta la fronte. " Chi è mio zio?" e Benedict schiude le labbra improvvisamente, rimanendo spiazzato di fronte quella domanda. Spiazzato, ma comunque abbastanza prevedibile. Ingoia a vuoto, prendendo un ampio respiro.
"Io sono tuo zio, Joseph" risponde con voce ovvia.
Il bambino guarda i contorni del volto di Benedict e si lecca le labbra. "Papà ha detto che sei Benedict." E il maggiore dei fratelli Saunders stringe la mascella, prendendo un ampio respiro. Finge un sorriso, scompigliando i capelli del bambino quando dei passi vicino alla porta richiamano la sua attenzione.
"Joe!" esclama Thomas, rimanendo fermo sulla soglia della stanza. "Vieni qui e lascia quelle macchinine."
Benedict solleva il mento. "Le può tenere, tanto non le uso più."
Thomas guarda di sfuggita il fratello e si lecca le labbra. Riporta gli occhi sul figlio. "Ha già le sue che lo aspettano" dice, serrando le labbra e chiudendo subito la conversazione. Joseph ubbidisce al papà e lascia la macchina rossa tra le mani grandi di Benedict, scendendo dal letto e raggiungendo Thomas. "E tu non devi girare per questa casa. E' così grande che potresti perderti e ci sono così tanti mostri nascosti che aspettano solo di essere trovati!" In tutta risposta il bambino si stringe al collo del padre.
Benedict si mette in piedi e riposiziona le macchinine sulla mensola mentre Thomas si incammina lungo il corridoio. Poi sente la voce del piccolo giungere alle sue orecchie. "Ma Benedict non è un mostro. E' gentile."
Thomas si blocca nel lungo corridoio e fa mettere i piedi a terra al bambino. "Vai dalla mamma, ti sta cercando. Aveva paura che un mostro ti avesse preso!" dice, facendogli il solletico. Dopodiché, vedendo il bambino scappare lungo il corridoio e correre tra le braccia della madre, si gira a guardare Benedict, pallido in viso e gli occhi leggermente socchiusi, freddi. "Sta' lontano da mio figlio" dice semplicemente.
Benedict rimane muto sulla soglia della porta, ricambiando l'occhiata gelida del fratello. "E' venuto da solo" gli risponde con voce piatta. "Non sa nemmeno chi io sia."
Thomas stringe i denti e sistema le mani nelle tasche della giacca. Sente un formicolio lungo le ossa e un rabbia immensa pervadergli il petto. Prende un ampio respiro. Sono passati sedici anni e la terapia che ha affrontato non possono evaporare nel giro di qualche secondo.
Prende un ampio respiro. Dà subito le spalle a Benedict, incamminandosi lentamente e cullandosi sul rumore che le sue suole producono sul pavimento lucido di casa Saunders.
N/A
Tra i due fratelli c'è davvero molto astio.
Cosa sarà successo, allora, tra loro?
Si scoprirà solo continuando a leggere questa storia e già dal prossimo capitolo si entrerà nel vivo🤗🤗
Lasciatemi qualche voto/commento, se vi va!
Ci vediamo al prossimo aggiornamento! Un bacio ❤
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