16. Molteplici vite

Brighton, settembre 2017

Anne è seduta da sola al tavolo in sala da pranzo, mentre Alice le porta una tazza di té.
Guarda la governante mentre posa il latte, il cucchiaino e la teiera accanto alla padrona di villa Saunders in completo silenzio. Osserva le sue mani esperte, le unghie corte ma curate, la divisa sempre pulita e il sorriso in volto seppur non sia felice. Anne guarda con che grazia versa il té, perdendosi nei ricordi.

Brighton, ottobre 1970

Edward sposta la sedia per far accomodare per prima la sua fidanzata, accompagnandola fin sotto al tavolo. "Grazie mille" dice lei, abbozzando un sorriso un po' imbarazzata. Edward Saunders, capelli e occhi scuri, barba curata sulla mascella pronunciata e labbra sottili, si sporge sul tavolo per prenderle la mano.
"E' il minimo, per una principessa come te."
Le guance di Anne si imporporano. "Non esagerare."
"Sai che non lo faccio mai." Poi si perde a guardarle quegli occhi azzurrissimi, quelle mani curate e il viso dolce di una ragazza ventunenne. "Sei stupenda e ti amo tantissimo."
"Ed" dice lei, portandosi una mano alla guancia accaldata. "Lo sai che divento rossa quando dici certe cose."
"Forse hai bisogno di sentirle dire più spesso..." dice, mentre la cameriera appoggia la teiera sul ripiano del tavolo. Il bar in cui sono è colmo di persone, seppur non sia la stagione estiva. Quando la cameriera si allontana, Edward Saunders di ventiquattro anni si alza e si inginocchia ai piedi di Anne, estraendo dalla tasca del pantalone un cofanetto di pelle scura. Lo apre, rivelando un piccolo e grazioso anello con un piccolo rubino incastonato nell'impalcatura di argento."Ed io spero davvero con tutto il cuore di potertelo ripetere per sempre. Anne Whel, vorresti sposarmi?"
La donna si porta le mani al petto, scioccata. Si mette a ridere tra le lacrime, mettendosi in piedi a sua volta. "Sì! Sì che voglio sposarti!" dice, chinandosi su di lui e baciandolo con tenerezza mentre tutto il bar inizia ad applaudire e il té si raffredda.

Brighton, febbraio 1981

Anne sta versando delicatamente il té nella tazza che il piccolo Benedict stringe tra le dita. I suoi capelli sono chiari, il viso spigoloso e gli occhi di ghiaccio seguono la bevanda che, bollente, viene versata nella sua tazza ricamata. Solleva le mani per prenderlo, ma Anne lo blocca. "Dobbiamo aggiungere un po' di latte, prima" dice, piegando la boccetta che Clarisse Wincherster - la madre di Alice - ha preparato sul vassoio d'argento. Benedict annuisce, poi finalmente si gusta lentamente la bevanda bollente. Anche Anne se ne versa un po', inebriandosi del profumo e del calore che emana. Si sistema sulla sedia, sorreggendosi con una mano la grossa pancia del nono mese di gravidanza. Impugna la tazzina, sorseggiandola lentamente e lasciando che il calore lenisca la gola un po' infiammata dal continuo gridare a lavoro. Gestire quell'impresa di periodici è molto più stressante di quanto abbia mai potuto pensare quando era molto più giovane. Nella quiete di quella casa grande ci sono soltanto lei e Benedict di quattro anni e mezzo. Le cicale cantano dagli alberi vicini, il rumore del mare agitato giunge fino alle loro finestre leggermente socchiuse. Pur essendo febbraio, ci sono state giornate più fredde. Il sole coperto da una leggera foschia riscalda con i suoi tiepidi raggi.
Anne sta finendo la sua tazza di té quando una forte fitta al basso ventre le smorza il respiro e la fa piegare più in avanti. Benedict è scattato in piedi, facendo rovesciare la sua tazza sul ripiano del tavolo. Chiama subito Clarisse, guardando la sua mamma contratta dai dolori e le mani appoggiate sul ventre gonfio. Inizia a respirare lentamente.
Due ore dopo sarebbe nato il piccolo Thomas Saunders.

Bourton-on-the-Water, 1986

Edward Saunders è seduto comodamente sul prato, un giornale sulle ginocchia e gli occhiali da sole inforcati sul naso. Anne rincorre il piccolo Thomas sul prato della villa che affittano ormai ogni anno in quel piccolo paesino immerso nelle Costwolds, lasciandosi cullare dalla brezza fresca. Tom ride, correndo in circolo e sporcandosi le ginocchia con i fili d'erba mentre Benedict esce dalla casa con un vassoio tra le mani. Anne lo guarda, prendendo tra le braccia Tom.
Edward si mette in piedi, sgranando gli occhi e gettando da parte il giornale. Corre da Benedict. "Ma sei impazzito? Avresti potuto bruciarti-"
"Lasciami fare, papà. Volevo farvi una sorpresa."
Edward sgrana gli occhi. "Hai fatto tutto da solo?"
Ben annuisce. "Spero che sia uscito bene."
"L'hai fatto tu. Sicuramente é uscito bene, mio ometto" dice il padre, scompigliandogli i capelli e aiutandolo ad appoggiare il vassoio sul prato.
Anne si siede per terra, sistemandosi Tom tra le gambe. "E tu non toccare" dice, picchiettandogli la mano già pronta a sfiorare la teiera fumante.
Si siedono tutti in cerchio, sorseggiando il - poco - té che Benedict è riuscito a fare, facendo tintinnare le tazzine tra loro.

Brighton, luglio 1997

Edward torna da lavoro, accorgendosi solo dopo della presenza di Benedict vicino all'ingresso, nascosto dalla cappottiera. "Ben!" urla il padre, fiondandosi tra le braccia del figlio ormai più alto di lui. "Sei tornato! Come è andato questo semestre?"
"Perfettamente, papà. Volevo farvi una sorpresa" dice, notando poi Anne apparire in sala da pranzo con le mani strette a quelle di Nicholas che incomincia a stare in equilibrio sulle proprie gambe paffute. Thomas appare solo dopo, aiutando Alice a trasportare le varie portate in sala da pranzo dalla cucina.
"Ciao, papà" saluto Tom con un cenno del capo.
Edward lo ignora. "Cosa stai studiando adesso?" domanda a Ben, guardandolo estasiato. Thomas presta attenzione a quello che i due stanno dicendo, prendendo da sopra il tavolo le tazzine da té che la madre aveva usato una decina di minuti prima. Le sistema sul vassoio d'argento, girandosi per portarle in cucina quando Anne urla "Attento!" e tira subito via Nicholas che si stava infilando tra le gambe di Tom.
Thomas perde comunque l'equilibrio e cade in avanti, facendo cadere le tazzine ricamate che si frantumano sul pavimento. Alice ed Anne lo aiutano ad alzarsi mentre Edward e Ben rimangono in disparte a discutere su quanto sia fantastico che il figlio stia facendo le stesse cose che il padre aveva tanto amato andando al college. Thomas se ne accorge, così riprende il vassoio in mano e se ne va dalla sala da pranzo, lasciandolo in cucina e poi chiudendosi nella sua stanza a leggere quello che nessun altro in casa può apprezzare tanto quanto lo faccia lui stesso.

Anne vede Alice versare il té e poi sistemare di nuovo il vassoio per portarlo via, ma la blocca cingendole delicatamente il polso. "Vorresti restare con me, Alice?" domanda, con la voce rotta dal pianto che minaccia di uscire.
La governante vede la signora Saunders con gli occhi lucidi. "Ma certo" dice infine, accomodandosi affianco a lei e versandosi un po' della bevanda per farle compagnia in quel tavolo ormai troppo grande.

Londra, settembre 2017

Thomas si alza in piedi, attendendo che l'avvocato dell'accusa ritorni al proprio posto, poi si posiziona esattamente di fronte alla giuria, aggiustandosi i gemelli ai polsi della giacca blu scuro.
Essere lì in tribunale gli fa palpitare il cuore nel petto, una scarica di adrenalina lo riempie e lo spinge ad agire più di quanto abbia fatto prima. Tira un grosso respiro, passandosi la lingua sulle labbra coperte da una leggera peluria.
Quando ha riacquistato la parte di memoria che conteneva tutti i suoi ricordi legati al lavoro si è sentito completo, ha sentito un pezzo di sè mettersi al giusto posto, incastrandosi perfettamente in quell'intrico di puzzle di cui la sua mente è composta. Correre a casa è stata la prima cosa che ha fatto dopo aver ringraziato quella donna in farmacia, la moglie è stata colta da un'onda di felicità per il marito e per il fatto che il suo viso avesse riacquistato nuovamente colore. Poi Tom ha chiamato Benedict, lasciandogli un messaggio in segreteria, e i suoi tirocinanti, obbligandoli a presentarsi a casa sua.
Non appena Oliver e Amelia hanno varcato la porta di ingresso Thomas li ha fatti salire immediatamente al piano superiore, facendoli chiudere nel proprio studio. "Forza, dobbiamo metterci a lavoro!" ha detto, sedendosi dall'altra parte della scrivania in mogano. "Vedo che qui ci sono tante scartoffie da sistemare."
Amelia ha notato le dita frenetiche del capo, il suo entusiasmo e la spensieratezza del suo volto. Ha inclinato leggermente la testa, abbozzando un sorriso. "Si sente bene, signor Saunders?"
"Alla grande! Ho finalmente ritrovato la mia seconda ragione di vita - dopo la famiglia, ovviamente. Sono pronto a tornare in pista" ha detto lui, inforcando gli occhiali sul naso e incrociando le dita sotto il mento. "Da dove partiamo, quindi?"
Amelia è stata la prima a sedersi dall'altra parte della scrivania e ha aperto tutti i fascicoli sul banco in legno così che Thomas potesse darne una rapida occhiata. Dopo interminabili ore di discorsi, accumuli di informazioni e strategie studiate alla lettera, Amelia si è strofinata gli occhi scuri, appoggiando poi una mano sulla fronte spaziosa. "Il processo è fra due settimane. Ce la facciamo?"
Thomas si è sfilato gli occhiali da sopra il naso, appoggiandoli sulla scrivania e scompigliandosi i capelli allungati. "Ce la faremo come sempre. Vi assicuro che il primo giorno di settembre io salverò quella donna o troverò comunque la miglior soluzione per lei e la sua vita."
Ed è quello che sta succedendo in questo momento.
Thomas è ormai in piedi di fronte alla giuria, pronto per la sua arringa. Gli occhi dei giurati sono puntati sui suoi, in attesa che parli. Il silenzio in aula è sacro, quasi temendo le parole.
La signora Pear prende un profondo respiro, sapendo con certezza che la sua vita è nelle mani dell'uomo che sta per parlare.
Thomas si schiarisce la gola. "Signori e signore della giuria, tantissime volte si sono sentite storie del genere. Io non vi chiedo di fare un resoconto di tutti i processi che abbiate potuto vivere e giudicare, non vi chiedo di tornare ai singoli casi che avete portato fino alla fine. Vi chiedo solo di guardare il viso della donna dietro il bancone, di vedere i suoi occhi come ora state guardando i miei. Quella donna ha perso un figlio, colpito a morte e lasciato agonizzante sul ciglio di una strada abbandonata. Quella donna ha vissuto nell'oblio per mesi. Cinque mesi fa le è stato strappato via un figlio e cos'ha fatto? Cosa avrebbe mai potuto fare una donna che vive ormai da sola in una casa piccola, sul limitare della zona periferica, vittima di minacce, aggressioni e violazioni di privacy e domicilio? Cos'avrebbe potuto fare se non prendere e nascondere sotto il letto una Beretta Bu-9 Nano? E' una pistola molto piccola e facile da maneggiare, studiata appositamente per autodifesa, ma chi sarebbe riuscito a prendere veramente una mira in un momento di terrore come quello che ha vissuto quella signora lì? Suo figlio aveva dei debiti mai ripagati e i suoi assalitori si sono scagliati sull'unica persona a lui legata che ancora gli fosse vicino. Le hanno frantumato le finestre, sono entrati di soppiatto in casa della donna e hanno messo fuoco alla cucina, lasciando che quella casetta di legno fosse rapidamente inglobata dalle fiamme. La signora Pear si era nascosta tutto il tempo nell'armadio, tenendosi stretta al petto quella pistola piccolissima tra le mani tremanti dal terrore. Quando il respiro si è affaticato è uscita allo scoperto, uscendo dalla finestra e sentendo i ragazzi ridere e scappare a gambe levate. Ha semplicemente sollevato la canna della pistola e ha premuto il grilletto. I polmoni erano appesantiti dal fumo inalato, il dolore alla testa martellante, la visuale distorta dalla paura, dall'adrenalina e dal fumo che intanto divorava ciò che rimaneva della sua vita - una piccola casa in legno di cui adesso è rimasta solo cenere. Quella donna è stata condannata per omicidio doloso e premeditato quando non aveva neanche idea di chi fossero nè che viso avessero gli assassini del figlio. Tutto questo solo per autodifesa di fronte quelli che le sembravano i suoi ultimi minuti di vita."
Thomas prende un ampio respiro, leccandosi di nuovo le labbra. Guarda i giurati e nota nei loro volti un cenno di espressione che tradisce la loro impassibilità. Ingoia a vuoto e da' loro le spalle, tornando al proprio posto.
Quindici minuti dopo, di fronte alla peggiore condanna di venticinque anni, le viene proposto un periodo di detenzione pari a dodici mesi con la condanna di omicidio colposo e successiva riabilitazione. Quando il giudice picchietta il martello, Thomas si gira verso la sua assistita, prendendole la mano da sotto il banco in legno. "La controparte era troppo ostinata, signora Pear. Non avrei mai potuto spingere per farle dare di meno."
Mentre le guardie si avvicinano, la donna annuisce, stringendo le labbra. "Dodici mesi sono niente rispetto a quello che era stato previsto per me, avvocato Saunders. Impiegherò questo tempo per stare con me stessa. Anche se mi ha portato via mia figlio, ho comunque ucciso un ragazzo. E' giusto così."
Dopodiché viene portata via, mentre china il capo ed esce dall'aula.
Thomas osserva la donna essere portata via dalle guardie, tenendo gli occhi su di lei finché non scompare dalla sua vista. Poi guarda Amelia seduta all'altra capo del banco e la vede stringere le labbra. "Avremmo potuto davvero salvarla?" sussurra.
Ma Thomas scuote il capo.

New York, settembre 2017

Evie è stesa sul lettino della ginecologa e l'ecografia viene trasmessa nel piccolo schermo.
I colori bianchi e neri lasciano intravedere la fisionomia di un bimbo piccolissimo, con le mani vicine alla bocca e le gambe rannicchiate su se stesse. Il medico tocca alcuni tasti della pulsantiera mentre con l'attrezzo continua ad accarezzare il ventre poco pronunciato della ragazza. Evie tiene le mani sulla maglietta ripiegata sul seno mentre Benedict è seduto al suo fianco, le mani appoggiate al lettino e gli occhi tenuti fissi su quella creaturina quasi invisibile. "Volete sentire il cuore, signori?" domanda il medico.
Evie annuisce, poi guarda Benedict mentre la dottoressa picchietta un ultimo tasto.
Tutta la stanza si riempie improvvisamente del suono confortante di un cuoricino che batte veloce. Evie schiude le labbra e i suoi occhi si riempiono di lacrime. Benedict sente formarsi un groppo in gola e chiude gli occhi, sentendo quel battito così delicato che gli accarezza il cuore. Si sporge sulla ragazza e le prende una mano mentre la dottoressa continua ad ormeggiare con la crema sul ventre. "Lo stai sentendo?" domanda Evie, guardando Benedict con gli occhi scuri. Lui non può far altro che annuire, seppur rimanga con gli occhi chiusi e le orecchie tese verso il cuore palpitante del piccolo.

Quando escono dalla ginecologa, sono entrambi fermi sul marciapiede. Evie tiene il fascicolo contro il petto e ondeggia sui talloni. Ha solo ventisette anni, eppure sembra ancora una bambina. Benedict lo sa, la vede sfrecciare nei corridoi dell'ospedale con la divisa sempre abbottonata e il passo svelto sul pavimento lucido. E' una delle ragazze più carine con cui sia mai stato, ma non avrebbe mai pensato di trovarsi in una situazione così complicata e delicata al tempo stesso. Evie si porta dietro l'orecchio una ciocca di capelli scuri, leccandosi le labbra carnose. "Io non ti chiedo nulla, Ben" inizia a dire lei. "Non ti chiedo di metterti con me perché ti senti obbligato a farlo."
"Evie-"
"No, fai parlare me." La ragazza lo azzittisce subito. "Non avrei mai immaginato che mi sarei trovata in una simile situazione nè di aspettare un figlio da te. Certo, abbiamo passato diverse notti insieme, ma questo non avrei mai potuto prevederlo."
"Cosa vuoi che faccia?" domanda Benedict. Le si avvicina, chiedendole di accostarsi al muro per non intralciare i passanti. "Te lo dico francamente, non ho mai preso in considerazione l'idea di sistemarmi con una donna. Dovrebbe essere una cosa naturale ma per me non lo è."
"E non te lo imporrei mai, Benedict. Non lo vuoi tu, ma soprattutto non lo voglio io."
"Il fatto è che fino a mezz'ora fa non credevo nemmeno ci fosse davvero un bambino qui dentro" dice, avvicinando le dita al ventre della ragazza. "Il mio bambino."
"Pensi davvero che avrei potuto mentire su una cosa del genere? Cosa c'avrei guadagnato? Non lo avrei mai fatto per costringerti a restare con me per sempre."
"Non l'ho mai detto. E' solo che, sentendo quel battito, è cambiato tutto. Evie, c'è un bimbo qui che lentamente crescerà ed entrerà a far parte della tua vita, e anche della mia. Io non ti abbandonerò mai, voglio che tu lo sappia. Non ci conosciamo bene, non sappiamo molte cose l'uno dell'altra, ma questo bambino ci terrà indossolubilmente legati, in un modo o in un altro e che ci piaccia o meno."
"Quindi?" domanda la ragazza. "Come dobbiamo fare?" Abbassa il capo, scuotendo la testa. "Forse potresti non saperlo, ma sono terrorizzata, Benedict. Ho seriamente paura di qualunque cosa in questo momento."
Benedict le appoggia delicatamente le mani sulle spalle e percepisce il tessuto morbido del maglioncino sotto il palmo. Guarda la ragazza dritto negli occhi e un mare di ricordi lo investe. Percepisce di nuovo la tensione, la paura, l'ansia e la preoccupazione che lo hanno quasi portato alla morte molti anni prima. "Non sei sola, va bene? La gestiremo insieme. Certo, con il lavoro di mezzo avremmo un bel po' di cose di cui occuparci, ma io ti starò accanto in qualsiasi momento tu lo vorrai. Non vorrei mai che accadesse qualcosa di brutto a te o al bambino." La morsa allo stomaco si accentua. Se solo si fosse comportato così anche tanto tempo prima. Se solo fosse stato più attento, se solo-
"Me lo auguro, Ben. Me lo auguro davvero" dice Evie, interrompendo il suo flusso di pensieri. Il pullman si accosta al marciapiede, aprendo le porte. La ragazza si sistema il fascicolo tra le braccia. "Devo andare-"
"Posso accompagnarti in macchina."
"No, preferisco prendere il pullman. Grazie lo stesso" dice Evie, salendo sul mezzo che sfreccia subito via. Quando gira l'angolo, Benedict si avvicina lentamente alla sua auto parcheggiata a qualche isolato di distanza, con le mani nelle tasche dei pantaloni e la testa colma di pensieri. Non riesce nemmeno a concentrarsi sui suoi passi, ripensa solo a quel giorno. A quel maledetto giorno che ha distrutto molteplici vite.
E' solo il telefono a riportarlo alla realtà. Vibra contro la sua coscia e non può fare a meno di vedere chi lo cerca. Il nome di Thomas appare sullo schermo, ma ora è l'ultima persona con cui vorrebbe parlare.

Londra, St Bartholomew's Hospital, 29 Aprile 2001

Benedict è completamente immobile nel letto. I sondini nel naso, la fascia intorno alla testa e lo zigomo spaccato, le labbra violacee, la fasciatura spessa alla base del collo e le flebo incastrate nell'incavo del braccio. La testa è in subbuglio, ha dolore in ogni angolo del corpo, come se fosse un puntaspilli e qualcuno lo stesse punzecchiando con tanti ed infiniti aghi appuntiti. Il suo battito cardiaco è monitorato, i suoi valori analizzati in ogni momento per tenere sotto controllo la situazione. Le voci dei medici si rincorrono nelle sue orecchie, lo confondono. Non riesce a distinguerle. Percepisce solo le mani delle infermiere che gli sfiorano le ferite cutanee e ricucite. Vorrebbe parlare, chiedere qualcosa, ma non gli esce neanche un fiato. Capisce che i medici se ne sono andati dal silenzio in cui è caduta la stanza. Si sente solo il rumore del suo cuore che batte in maniera regolare. Vorrebbe aprire gli occhi ma gli costa un grande sforzo. Riesce a socchiuderli solo quando sente la porta aprirsi di botto, seguito da urla che si diramano lungo i corridoi dell'ospedale. La vista è offuscata, ma individua subito la fonte che si è precipitata sul suo letto. Diversi pugni gli colpiscono il viso, spostandogli la testa a destra e a sinistra con scatti troppo veloci, ma Benedict non riesce a reagire, non riesce a bloccare suo fratello. Non ha la forza per farlo.
Thomas continua a colpirlo con i pugni sulle guance, poi si sposta sul petto e non riesce nemmeno a fermarsi quando sente le nocche spaccarsi e vede che macchiano di sangue il camice candido di Benedict.
Ben ha gli occhi chiusi, sente le urla del fratello, la sua rabbia e il suo dolore, le lacrime che scivolano sul viso e poi sul suo camice sporco di un sangue non suo. Thomas viene bloccato dalla polizia che lo immobilizza per terra e lo trascina subito fuori dalla stanza di ospedale, mentre le infermiere raggiungono il paziente con il viso tumefatto.

N/A
Ta daaaaan
Ecco svelata alla fine del capitolo la famigerata data da cui tutto è partito. 🤗
Lasciatemi qualche voto/commento se vi va!
Un bacio e alla prossima! 🍀❤

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