Capitolo 43 - Futuro Oscuro

In mezzo a tutto quel drammatico caos, si erano già fatte le 02:30 di notte e Beatriz non era ancora tornata in camera. Stavo iniziando a sentirmi leggermente preoccupato, ma la presenza di Nicholas riuscì a distrarmi e a farmi distogliere il pensiero da lei.

Lì fuori, sul balconcino, era presente un silenzio assordante. C'erano soltanto la luna, splendente nel cielo sopra ai nostri occhi insieme alle stelle, il dolce vento, che affievoliva gli animi notturni, e infine... io e Nicholas.

La mano destra di Nicholas portò la sigaretta sulla sua bocca, e lui, dopo aver fatto un primo tiro, estrasse una seconda sigaretta dal pacchetto, rivolgendola verso di me e offrendomela.

- Mi sembra che tu fumi, Jacob. Dico bene? - disse lui porgendomi la sigaretta.

- Sì... suppongo tu mi abbia visto fumare al cimitero l'anno scorso. Tutto questo mi sta distruggendo... e intanto, non riesco a rinunciare. - accettai la sigaretta, afferandola dalla sua mano e facendomela accendere.

Nicholas prese l'accendino e lo poggiò sulla mia sigaretta, in modo tale da accenderla.

- Già... bella merda. - concordò lui con me, riponendo l'accendino nella sua tasca - Sto distruggendo anch'io me stesso. Ma in realtà, Jacob... io sono già morto.

Le sue ultime parole mi fecero rabbrividire e, non sapendo di cosa lui stesse parlando nello specifico, girai lo sguardo dall'altra parte. Eppure, Nicholas notò subito un mio leggero imbarazzo e poggiò una mano sulla mia spalla sinistra, tentando di tranquillizzarmi.

- Cosa c'è, Jacob? Ti sto forse terrorizzando? - domandò lui, guardandomi coi suoi limpidi occhi azzurri e tenendo fisso quel suo strano ma accattivante sorriso.

- Ehm... ma a chi ti riferisci, a me? Nah, per nulla! No, no... - replicai balbettando e facendo un altro tiro con la sigaretta, cercando di non fare l'ennesima figuraccia.

- Oh, beh... menomale, allora. - disse lui osservando il fumo uscire dalla sua sigaretta.

Nicholas appoggiò il braccio sinistro ferito sulla ringhiera color grigio scuro che si trovava davanti a noi e toccò con molta delicatezza la benda che lo stava avvolgendo, eseguendo dei giri con l'indice della mano destra.

- Ci tengo davvero molto a ringraziarti, Jacob. - ripetè Nicholas - Se non fosse stato per te... non oso immaginare in che orribili condizioni mi troverei adesso.

Gli mostrai immediatamente un simpatico e ammaliante sorriso e gli diedi anche un colpo sulla spalla destra, ricordandogli ciò che avevo detto precedentemente.

- Ehi, te l'ho già detto. Non devi ringraziarmi. Ho solo fatto ciò che era nelle mie possibilità e competenze... e non sono granché. - risposi mettendomi a ridere e continuando a fumare la mia sigaretta.

- Sai cosa, Jacob? Tu secondo me ti sottovaluti troppo. - commentò lui.

Scoppiai subito a ridere, rischiando di far cadere la sigaretta a terra e staccandomi dalla ringhiera.

- Nicholas... non puoi essere serio, cazzo! Forse non hai idea di chi io sia e di quello che sta uscendo dalla tua bocca. Ricordati che io sono Jacob Johnson. - ribattei con enorme pessimismo.

- Mi sono fatto un'idea perfetta di chi tu sia, invece. - commentò Nicholas - E... sì, penso proprio di avere ragione. Tu ti sottovaluti davvero tanto.

- Non sono davvero come tu pensi che io sia, credimi. Io so soltanto... distruggere le persone che mi stanno attorno, e... basta. Tutto qui. E forse questo è già fin troppo. - risposi col musone e osservando il cielo stellato.

Nicholas non diede nessuna risposta alla mia ultima affermazione e, dopo aver poggiato la sua mano destra sulla mia spalla sinistra nel tentativo di darmi un po' di conforto, alzò il capo verso il cielo e socchiuse gli occhi.

Lo osservai, e lui continuava ancora a restare zitto, creando un inquietante e assordante silenzio. Dopo aver notato che chiudeva gli occhi ogni volta che osservava con estrema attenzione una stella qualsiasi, cercai di capire la motivazione del suo strano gesto.

- Ehm... Nicholas? Ci sei? - tentai di rompere il silenzio.

- Sì, Jacob. Ci sono. - continuò lui a tenere gli occhi chiusi, mantenendo il volto rivolto verso quel cielo stellato.

- Sei molto... silenzioso.

- Sai... stavo riflettendo. - spalancò finalmente gli occhi, fissando nuovamente le stelle.

Continuai a fumare la sigaretta, nel tentativo di comprendere ciò che stava girando nella sua mente, e lasciai la parola a lui, senza interromperlo.

- Secondo te, le stelle che si trovano proprio in questo momento sopra di noi... sono le persone che non si trovano più con noi, in questo mondo?

Rimasi stordito dalla sua strana domanda, che non mi sarei mai aspettato di ricevere in un momento come quello, ma cercai comunque di dargli la risposta che lui cercava.

- Io... io non lo so, Nicholas. Ma spero tanto che sia così. In questo modo, almeno, avrei la coscienza che loro ci stanno davvero osservando da lassù, e che non sono completamente sparite, come potrebbe sembrare essere.

- Già... lo spero tanto anch'io che sia come pensi tu. - disse lui riprendendo a fumare la sua sigaretta.

Osservai pure io molto attentamente quelle stelle che brillavano sopra di noi, illuminando i nostri occhi col loro bagliore e facendoci compagnia durante quella nottata.

- Nicholas... adesso, avrei io una domanda da porre a te. - dissi con la sigaretta tra le dita.

- Sono qui, Jacob. Dimmi pure. - rispose lui con la sua solita cordialità.

Effettuai un profondo respiro, continuando ad osservare il cielo scuro con le sue stelle che sembrava quasi che ci stessero osservando e ripensando al mio doloroso passato, e formulai a Nicholas una particolare domanda, alla quale non riuscivo a trovare risposta.

- Perché... le persone ci abbandonano, specialmente nei momenti meno opportuni? Perché si allontanano da noi... e allo stesso momento ci distruggono, lasciandoci senza speranza per un futuro migliore?

Ovviamente, stavo parlando di una persona nello specifico che mi aveva abbandonato... Sarah.

Lui distaccò subito il suo sguardo curioso da me e sospirò, chiudendo nuovamente i suoi occhi. Dopo alcuni secondi di silenzio, li riaprì e provò a rispondermi, seppur con qualche difficoltà.

- Jacob... avrei tanto voluto fare io la stessa domanda a te. Tuttavia... posso dirti una cosa.

Nicholas fece un ulteriore tiro di sigaretta e si avvicinò sempre di più a me.

- Quando qualcuno se ne va, vuol dire che qualcun altro sta per arrivare.

Effettivamente... la sua affermazione aveva un certo significato.

L'allontanamento di Sarah... fu subito seguito dall'avvento di Beatriz.

Quell'uomo, Nicholas Bell, la sapeva davvero lunga.

- Sì... sì, è proprio vero. Però... continuiamo comunque a sentire la mancanza delle persone che ci hanno abbandonato. Anche se sono circondato da persone nuove, vorrei comunque ritornare a passare le giornate con chi in passato ero affezionato, e che adesso non si fa più vedere ormai da troppo tempo. - replicai sofferente.

- Quindi... stai cercando una persona con cui stavi prima in quasi tutti i momenti della tua vita e che adesso è sparita? - riuscì subito a comprendere Nicholas.

- Esattamente, Nicholas... bingo.

Egli fece nuovamente fare il suo ingresso alla sigaretta nella sua bocca, per poi fare un altro tiro, ed osservò il panorama che si presentava dinanzi a noi due.

- A volte... la persona che desideri di più che adesso sia qui con te, è la persona senza la quale riesci a stare meglio.

Dopo aver sentito quelle parole fuoriuscire dalla sua bocca, iniziai ad osservare il suo sguardo profondo, impegnato ad osservare la luna e la natura che si trovava davanti a noi.

Ogni frase che mi riferiva, faceva un certo effetto su di me.

Semplicemente... tutte le sue parole rispecchiavano la realtà.

- Io, invece... continuo a sentire la forte mancanza di mio figlio. E la cosa più terribile, è che lui non potrà più tornare da me. Questa è la cosa che mi fa davvero stare così di merda, cazzo! - disse Nicholas versando alcune lacrime dai suoi occhi e sbattendo un pugno sulla ringhiera del balconcino - Non riesco ancora a capacitarmi, dopo sei fottuti anni, di ciò che ha avuto il coraggio di fare. Non aveva dei reali motivi per... ammazzarsi in questa maniera.

Provai a consolarlo, come lui aveva fatto prima con me, ma... io mi trovavo nella sua stessa situazione. Anche io sentivo la forte e drammatica mancanza di Henry, e non sapevo perché lui aveva osato commettere quel folle atto. Come avrei potuto aiutarlo?

- Nicholas, io... non riuscivo a comprendere Henry. Anche se eravamo migliori amici, non mi parlava mai della sua vita privata, di cosa gli stava accadendo, sempre se gli stava accadendo qualcosa. Non riuscivo a capire ciò che stava provando, le sue emozioni... ma lui stava nascondendo qualcosa. Nascondeva qualcosa, ne sono sicuro, cazzo. Ma io... riuscivo comunque a percepire, anche se superficialmente, che c'era qualcosa che non andava in lui.

- Già. Henry nascondeva qualcosa... è possibile. - rispose Nicholas con tono triste e allo stesso momento abbastanza freddo, effettuando il suo ennesimo tiro con la sigaretta.

Nicholas mi fissò dritto negli occhi, ma ben presto il suo sguardo si spostò verso la sua ferita ormai bendata.

- Spesso noi tendiamo a nascondere le nostre emozioni e i nostri sentimenti... ma ci dimentichiamo sempre che i nostri occhi parlano.

La sua ennesima frase, colma di verità, mi fece tornare a riflettere nuovamente e, dopo aver finito di fumare la mia sigaretta, gli ridiedi le mie più sentite condoglianze.

- Nicholas... mi dispiace davvero tanto per la morte di Henry, come dispiace un sacco anche a me.

Mentre era occupato a continuare a fumare la sua amata sigaretta, appoggiato alla ringhiera del balconcino, girai lo sguardo verso di lui e notai un particolare.

Nel suo collo era attaccata una collana argentata leggermente nascosta e luccicante, collegata con un ciondolo molto brillante e raffigurante... una farfalla azzurra.

Di nuovo... di nuovo lei.

La farfalla c'è sempre stata.

Lei... sarà sempre qui con noi.

- È davvero bella quella tua collana. - scappò dalla mia bocca il mio pensiero su di essa, non riuscendo a tenere basso il tono della voce.

- Oh, intendi... questa. - disse afferrando la collana per il ciondolo ed estraendola dall'interno del suo cappotto, rendendola così pienamente visibile ai suoi e ai miei occhi - Più che bella... per me è molto significativa e importante. Sono davvero legato a questa collana... e in particolar modo al ciondolo. Essa ha per me un valore... inestimabile. Ma è un valore particolare, non come il solito. Questa collana, come anche questo ciondolo, non vale alcun soldo... ma vale più del mondo intero.

Non vale alcun soldo... ma vale più del mondo intero.

Non riuscii a comprendere le sue parole, anche se suonarono a me molto carismatiche ed emozionanti, oltre che cariche di... valore.

- Uhm, capisco. Te l'ha regalata qualcuno? - domandai curioso.

- Oh, ehm... sì. Sì, me l'ha regalata... qualcuno. - rispose stringendo il pugno destro e abbassando il capo, spostando lo sguardo verso il basso e osservando il pavimento sul quale i nostri piedi poggiavano - Questo è un dono... di una persona a me molto cara, Jacob.

L'espressione di Nicholas mutò bruscamente, assieme al suo umore. Dopo il casino che era accaduto, e dopo essere riuscito a calmarsi, dai suoi occhi e dal suo sguardo fu possibile percepire un certa inquietudine, coperta da un velo di angoscia e tormento.

Seguì di nuovo un profondo silenzio, ma ben presto lui cominciò a tremare in una maniera molto preoccupante. Non sapevo esattamente come avrei potuto reagire e non riuscivo a capire a cosa potesse essere dovuto quel suo tremito, così gli rivolsi nuovamente la parola, per cercare di capire cosa stesse succedendo.

- Ehi, Nicholas... che succede? Va... va tutto bene? - domandai con forte allarmismo.

Dagli occhi rossi di Nicholas cominciò a scorrere una quantità significativa di lacrime, assieme alle quali cadde anche la sua sigaretta a terra, a causa delle mani che continuavano a tremargli ininterrottamente.

- H-Henry... Henry... non è stato l'unico ad andarsene dalla mia vita. - sussultò Nicholas, divorato dalla sofferenza e dall'agitazione - Io... io...

- Tranquillo, Nicholas, stai tranquillo. Mantieni la calma, e respira profondamente... - tentai di tranquillizzarlo.

Nicholas sbattè un pugno sulla ringhiera, alzando il braccio sinistro ferito e facendolo quindi affaticare, e la strinse con entrambe le sue mani, scosso dalla sofferenza interiore che lo stava sopraffacendo.

- Jacob, io... ho bisogno di risposte. Sei sicuro di avermi detto tutto sulla morte di Henry? - domandò improvvisamente Nicholas, lasciandomi di sasso.

La situazione di quasi tre anni fa, che era avvenuta quando Nicholas aveva fatto irruzione casa mia assieme alla sua moglie Roxanne, nonché madre di Henry, si stava ripetendo.

Di conseguenza, si stava riverificando anche lo stesso dilemma risalente a quel particolare evento.

Avrei dovuto mentire? O avrei dovuto dire la verità?

- Ti prego, Jacob... io ho bisogno di sapere. - continuò ad esortarmi Nicholas.

Lo sento... sento già che molti di voi sono rimasti delusi dalla mia scelta, effettuata tre anni prima di quel giorno.

E adesso, proprio come prima, tutto si ripete.

Rimarrete nuovamente delusi da me.

- Nicholas, i-io...

Mentii a Nicholas sulla morte di Henry. Di nuovo. Il dolore dentro di me... era troppo forte e travolgente.

- Nicholas, io... te l'ho già detto. Non ho assistito direttamente alla sua morte, e non ho idea di quali pensieri stavano circolando nella sua testa. Scusami davvero... - enunciai con grande pentimento e tristezza.

- Dannazione... va bene, Jacob. Si vede che sono condannato a sopportare questo... dolore senza fine.

L'hai fatto di nuovo. Hai mentito ancora, un'altra volta.
.etrom al orevvad itseretirem ...uT .erotsopmi osotsugsid nu e odraigub nu olos ieS

Ormai preso dal panico, decisi di allontanarmi da quel balconcino e di rientrare dentro la camera, coricandomi nel letto per riposare e calmare la mente e aspettando il ritorno di Beatriz.

- Senti, Nicholas... io torno dentro, ho bisogno di riposare. Tu...

- Io, ecco... io devo andare, Jacob. Sì, già... si è fatto un certo orario. - mi fermò lui rientrando dentro e sistemandosi il suo cappotto nero, dal quale sembrava non riuscire mai a separarsi - Allora, Jacob... ci si rivede a Westminster. Oh, e... grazie ancora per l'aiuto che mi hai fornito per la ferita.

Nicholas si diresse a passo veloce verso la porta della camera per uscire fuori, come se avesse una certa fretta. Io cercai di rincorrerlo, ma lui era troppo veloce e stava molto più avanti di me.

- Aspetta, non mi hai ancora detto perché ti trovi qui a Madrid. E poi... non mi hai neanche detto come ti sei provocato quella ferita. Nicholas! Ehi, Nicholas!

Lui si fermò davanti alla porta, la fissò profondamente e mi diede una risposta, continuando a rimanere immobile e a non girarsi verso la mia direzione.

- Sono qui a Madrid per... motivi... ehm, motivi di lavoro. - replicò lui strigendo un pugno - Per quanto riguarda la ferita... è dovuta a un piccolo inconveniente. Niente di più.

Incrociai le braccia sul petto, dubbioso delle sue risposte, e non avevo alcuna intenzione di rimanere lì senza avere ricevuto le risposte che auspicavo.

- "Motivi di lavoro", eh? "Un piccolo incoveniente"? Mi stai seriamente dicendo che una ferita così profonda è dovuta a "un piccolo incoveniente"? No, Nicholas. Mi spiace, ma non regge. Non mi aggirerai così tanto facilmente. - mi diressi verso di lui con tono irritato.

- Jacob... fatti per una volta i cazzi tuoi, e fammi andare via. Per favore. - affermò Nicholas rivolgendo finalmente lo sguardo verso di me.

Notai che dai suoi occhi continuavano ad uscire ancora molte lacrime, così decisi di accontentarlo e non dare più alcun disturbo.

Dopo non aver sentito più uscire dalla mia bocca altre parole, Nicholas aprì lentamente la porta per dirigersi fuori, ma poi... mi venne in mente un preciso ricordo, risalente alla sera in cui lui e Roxanne erano venuti a casa mia per chiedere informazioni sulla morte di Henry.

Più che un semplice ricordo... era una frase, apparentemente banale, che continuava a tormentare la mia mente sin da quel giorno e che, in realtà poteva significare molte cose. Ma in quel momento, dato che mi trovavo con Nicholas... avevo finalmente l'occasione per ricevere una spiegazione al mio dilemma, e non me la sarei certo lasciata scappare.

- La sera in cui... tu e Roxanne siete venuti a casa nostra, per avere chiarimenti sulla morte di Henry.

- Sì, Jacob. Me la ricordo perfettamente. - commentò lui rivolgendo lo sguardo verso il basso.

- Ecco... poco prima che voi due usciste da casa nostra, hai rivolto una particolare domanda a Roxanne.

Nicholas si girò nuovamente verso di me e cominciò ad osservarmi in una maniera davvero inquietante e misteriosa, come se fossi quasi riuscito a venire a capo di qualcosa che non avrei dovuto neanche sentire.

- Dove vuoi arrivare, Jacob? - domandò lui, cominciando a perdere la pazienza.

- Mi ricordo perfettamente le tue parole. "Lei era lì?". Con "lì", intendo ovviamente la vostra dimora, il giorno del compleanno di Henry. Ma sai cos'è che mi tormenta davvero così tanto? È quel... "Lei". - gli spiegai.

Più io parlavo, e più Nicholas sembrava starsi preoccupando e allo stesso momento incazzando, continuando a stringere i suoi pugni e avvicinandosi verso la porta senza riferire una singola parola.

- Mi ricordo che Roxanne non riuscì a capirti al volo, ma poi tu le hai detto... "Lei, Roxanne. S...". - terminai di spiegare.
- Oh, sì. "S"... - ripeté Nicholas quella lettera a bassa voce.

Penso abbiate già compreso perché ero così interessato a ricevere una spiegazione, dopo quella frase.

"S".

Che stesse in quel momento di tre anni prima parlando di... Sarah?

Era l'unica opzione che circolava nella mia testa, data anche la mia ossessione verso di lei, dopo aver subito il suo doloroso e brusco... abbandono.

- Mi spiace non poterti dare una risposta, Jacob. Ma... queste sono informazioni private. - riferì lui, lasciandomi nuovamente senza delle risposte.

Preso ormai dalla disperazione, mi buttai a terra e m'inginocchiai davanti a Nicholas, esortandolo di rivelare l'identità di quella persona, il cui nome cominciava appunto con la lettera... "S".

- Ti prego, Nicholas. Non lasciarmi così, e parlami. Io devo sapere. Ho diritto ad una cazzo di spiegazione. - provai a convincerlo, scoppiando in lacrime e lasciandomi avvolgere dal dolore e dalla sofferenza, dovuti ai maledetti ricordi del passato.

Nicholas si avvicinò lentamente e si abbassò verso di me, poggiando le sue mani sulle mie spalle ed osservando i miei occhi diventati ormai rossi e pieni di lacrime. Egli asciugò le mie guance ormai macchiate dal mio pianto improvviso e mi abbracciò, stringendomi fortemente e sussurandomi alcune parole.

- Non disperare, Jacob. Non disperare. Me lo prometti? - bisbigliò lui, continuando a stare attaccato a me.

- Che cosa, Nicholas? - domandai non riuscendo a comprendere le sue parole, complice anche la mia crescente agitazione.

Lui si staccò da me, dopo quell'intenso abbraccio, ed osservò profondamente i miei occhi castani.

- Promettimi che non ti farai divorare dalla sofferenza. Promettimi che ti godrai davvero la vita e non farai cazzate, nonostante ciò che è successo in passato. Ma sopratutto, promettimi che... non farai il mio stesso sbaglio.

Promesse, promesse, promesse.
.eigub ,eigub ,eiguB

Non riuscii a comprendere pienamente le parole di Nicholas, ma devo ammettere che mi fecero davvero molta tenerezza.

Quelle sue parole mi ricordarono inoltre un particolare momento del mio passato, risalente a quando avevo soltanto cinque anni.

Forse qualcuno di voi ha già capito di cosa sto parlando.

Sto parlando ovviamente della sera precedente al primo giorno delle elementari, in cui Amelie mi chiese di mantenere quella serie di dolci promesse che, col passare del tempo, andarono totalmente in fumo, insieme al nostro rapporto fraterno.

Mi mancano davvero tanto quei tempi, in cui io e Amelie eravamo davvero piccini, Henry e Sarah si trovavano ancora con noi e ci volevamo tutti un mondo di bene.

Specialmente io e mia sorella Amelie.

Dannazione, sto scoppiando di nuovo in lacrime...

Forza, Jacob.

Non ti abbattere.

Ricordati delle parole di Nicholas... e poggia la tua mano sul petto sinistro.

Perché non provate a farlo anche voi, in questo momento?

Riuscite a sentirlo?

Sì, io lo sento... percepisco il mio cuore battere.

Riesco ad udire le sue parole.

No... non mi arrenderò.

Non è ancora il momento per farlo.

Ma in tutto questo... Nicholas di quale sbaglio stava parlando?

Perchè lui continuava ad apparire sempre più enigmatico?

- Nicholas, io... non so mantenere le promesse. Finisco sempre per spezzarle, e per poi mandare tutto a fanculo, cazzo! - urlai sbattendo un pugno sul pavimento e provando ad essere il più onesto possibile.

- Già... vedo che ci troviamo entrambi sulla stessa barca. Anch'io, come te, ho mandato tutto a puttane per una... maledetta stronzata. - rispose lui a bassa voce, alzandosi da terra.

Con gli occhi ormai lucidi, Nicholas sollevò il suo stesso corpo verso l'alto, raccolse il suo pacchetto di sigarette che aveva lasciato sopra un tavolino bianco lì vicino, e si diresse a passo veloce verso la porta della camera.

- Mi spiace, Jacob... ma devo proprio lasciarti. Tu, però... ricordati delle mie parole.

- No, aspetta! - gridai dirigendomi verso di lui.

- Buon rientro a Londra, Jacob. - mi abbandonò Nicholas, tirando la maniglia della porta verso di sé e sparendo dalla mia vista.

Di nuovo, proprio come tre anni fa, Nicholas uscì dalla camera sbattendo la porta e lasciandomi lì dentro da solo, con la mia ferita nel braccio destro ancora avvolta dalle sue bende e senza avere nuovamente ricevuto risposte da parte sua.

Dentro di me erano presenti troppe domande, e troppe poche risposte.

In quel momento, mi sentivo decisamente come vi state sentendo voi adesso, in questo preciso istante.

Molte domande. Poche risposte.

Ma una cosa era ormai fin troppo chiara.

Nicholas mi stava nascondendo qualcosa. E stavolta, ciò era ancora più evidente rispetto a quanto lo stessi già pensando da molto prima, ossia quando lui era entrato a casa mia di sorpresa assieme a Roxanne tre anni prima, nel 2011, e quando l'avevo incontrato al cimitero per onorare la scomparsa di nonna Kate l'anno precedente, ossia nel 2013.

Il mistero attorno alla figura di Nicholas Bell non faceva altro che intensificarsi.

Il mio futuro, invece... sembrava rivelarsi essere sempre più oscuro.

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