ᵠᵘᵃᵗᵗʳᵒ

Wow, sono rinata dagli inferi per cercare di finire questa storia, speriamo bene stavolta <3
Ricordatevi della canzone (Creep, Radiohead)

Satori guardò fuori dalla finestra, pensieroso. Dall'altra parte del vetro dei timidi raggi di sole iniziavano pigramente a illuminare il cortile della Shiratorizawa, il cielo era limpido e sgombro di nuvole; nonostante la bella giornata però girava un'aria gelida, tipica del periodo invernale.

Sicuramente quella mattina avrebbe accompagnato Ushijima nella sua quotidiana corsetta prima dell'inizio delle lezioni. Non che con quel freddo gli andasse molto, ma era un ottimo compromesso per passare più tempo con il suo ragazzo.

Sorrise al pensiero mentre distoglieva lo sguardo dalla finestra, i suoi occhi si posarono sulla figura vigorosa di Ushijima, seduto proprio di fronte a lui, e il suo sorriso si amplificò. Era davvero bello, anche il quel momento, appena sveglio – ma con la testa ancora nel mondo dei sogni– i capelli scuri spettinati, gli occhi che per miracolo si mantenevano aperti e sporco di marmellata all'angolo della bocca.

Tendō si avvicinò al viso del ragazzo ridacchiando.

<<Sei proprio un bambino>> le sue labbra si poggiarono vicino alla bocca di Ushijima, dove era sporco di confettura. Il ragazzo sentì le labbra e la lingua dell'altro muoversi leggiadre  sulla sua pelle e, nonostante cercasse di mantenere un'espressione stoica, le sue guance si colorano di un leggero color rosato.

<<Ma sei così adorabile, 'Toshi... mh buona, è alla fragola?>> Ushijima annuì.

<<Anche tu sei molto carino oggi>> aggiunse poi. Tendō allargò le labbra in un sorriso spontaneo mentre anche lui finì per arrossire alle parole dell'altro ragazzo.

Conosceva Ushijima già da qualche anno, ma non era ancora del tutto abituato alla sua schietta sincerità. Wakatoshi era una persona molto semplice, forse anche troppo, e per questo incompreso dai più, in tanti non riuscivano a capirlo. Ma non che a lui interessasse molto, sia chiaro.

La sua schiettezza spesso lasciava gli altri senza parole, alle persone di solito non fa comodo la verità, è molto più semplice lasciarsi cullare dal terpore delle menzogne, e per questo Ushijima non aveva mai avuto degli amici veri nonostante la sua notevole fama, o forse era stata quest'ultima a fare sì che molti si allontanassero, sul piano affettivo, da lui?

Qualcuno dietro quello sguardo fin troppo serio ci vedeva solo della bastardaggine, ma Tendō aveva da subito capito che c'era molto di più: una persona come tante altre, con i suoi pregi e i suoi difetti, paure ed emozioni e che necessitava di amore, esattamente come ciascun altro.

"Gli uomini sono degli esseri perfetti" chiunque abbia pronunciato queste parole ha detto una gran tale stronzata.

Non esiste al mondo essere umano che abbia anche solo sfiorato la perfezione. L'uomo è fragile e pieno di difetti che lentamente lo logorano fino a trasformarlo in misera polvere, macchine create dalla natura al solo scopo di fallire e ritentare.

Inseguono inafferrabili utopie e pur di raggiungere i propri obbiettivi sono disposti a macchiarsi di errori. Sono bambole di pezza imbottite di speranze e organi, nelle vene scorrono sangue e illusioni.

E anche Wakatoshi era umano, imperfetto, oltre al fisico scolpito, il bel viso dai lineamenti duri, gli occhi verdi e penetranti, i capelli lisci e morbidi. Anche lui, Ushijima Wakatoshi, era un disastroso macchinario e Tendō, l'unico che era riuscito a fare breccia nel suo cuore, l'unico che lo conosceva per com'era davvero, forse meglio dei suoi stessi genitori, lo sapeva bene.

Un agglomerato di apparenze e aspettative e tante, tante altre cose pronto ad esplodere da un momento all'altro.

<<Vuoi un po' dalla mia torta al cioccolato? È davvero buona>> chiese il rosso mentre con il cucchiaino staccava un piccolo pezzo del dolce per imboccare il suo ragazzo.

Ushijima ingoiò per poi fiondarsi sulle labbra sottili e rosee di Tendō. Anche quelle sapevano di cioccolato.

Una delle mani si insinuò tra i capelli rossi dell'altro, solitamente tenuti su con un po' di gel, ma che in quel momento gli ricadevano lunghi attorno al viso facendo da cornice a quegli enormi occhi pieni di amore di cui Ushijima era tanto innamorato.

Adesso la maggior parte della mensa scolastica era girata verso di loro. C'erano sguardi di disgusto, ma anche di incredulità, alcuni erano pieni di curiosità, altri sguardi erano adoranti.

Satori chiuse gli occhi, cercando di godersi al meglio il bacio e di non pensare a tutti quegli sguardi insistenti puntati su di loro. Non era abituato a stare al centro dell'attenzione e non gli piaceva nemmeno.

Tra la piccola folla sentì una persona dire ridacchiando "hey guardate, Ushijima-san ha baciato il mostro". Tendō si staccò dal bacio e di voltò nella direzione in cui aveva sentito la voce, a un tavolino poco lontano da loro era seduta una ragazzina, probabilmente del primo anno, insieme alle sue amiche. Ancora rideva quando si rese conto che il rosso la stava fissando, Satori le rivolse un sorriso –un sorriso inquietante, capace di spaventare Wakatoshi stesso– e la biondina sbiancò tutto d'un tratto, chinando la testa verso il basso, terrorizzata.

Ushijima, che in un primo momento non aveva sentito quello che aveva detto la ragazzina, quando capì quello che era successo sembrò intristirsi.

<<Se vuoi vado a parlarci io>> propose poggiando la mano sopra quella del rosso.

<<Nah, non ce n'è bisogno. Ha già capito che non lo deve più dire>> rideva, ma Ushijima sapeva bene che dietro quella radiosa risata gli stava nascondendo tutto il suo dispiacere.

<<Lasciala dire quello che vuole, ma non dare peso alle sue parole, ok? Tu sei perfetto così come sei, altrimenti non mi sarei mai innamorato di te>>

Tendō fece una smorfia divertita, se neanche Ushijima era perfetto, come poteva esserlo uno come lui?

Lui che da tutti era definito un mostro, una persona spregevole che non merita neanche di essere guardata in faccia, oggetto di scherno di ogni tipo fin dalla tenera età. Lui che per anni era sempre rimasto solo perché il suo orribile aspetto spaventava gli altri bambini, nessuno voleva giocare con lui o anche solo parlargli.

Eppure Ushijima era stato il primo a farlo sentire una persona e non il mostro che tutti temevano.

Era successo durante il primo anno, lo aveva notato già durante la cerimonia di apertura, spiccava là in mezzo tra le tante figure di studenti e professori, una lucente stella in mezzo a tante persone comuni. Mentre Tendō si contorceva l'anima per l'ansia, aveva paura per ciò che gli si sarebbe parato davanti, i tre anni delle superiori possono essere i più belli o i più brutti della vita, dipende tutto di quali persone finirai di circondarti, Ushijima invece emanava un'aura di insolita tranquillità.

Già da allora Wakatoshi aveva una certa fama nel mondo della pallavolo giovanile e per questo il rosso lo aveva riconosciuto fin da subito, il cuore gli batteva forte nel petto per l'agitazione.

Certo, era abbastanza prevedibile che si sarebbe iscritto alla Shiratorizawa, ma non si aspettava di ritrovarselo così vicino, in carne e ossa.

Distolse lo sguardo, guardarlo era come fissare troppo insistentemente il sole senza alcuna protezione. Ma era così bello che Tendō quasi sentiva la tentazione di voler essere bruciato da tutto quel calore.

Per tutta la cerimonia non ebbero modo di parlarsi, probabilmente Ushijima non lo aveva brache notato. Ma fu un paio di giorni dopo che le cose iniziarono a cambiare, nella palestra di pallavolo.

Satori ci era entrato a passi piccoli e lenti, divorato dalla paura. Durante gli orribili anni di scuole medie aveva avuto l'occasione di giocare poco e niente, i suoi "compagni" neanche lo consideravano uno di loro. E questo non perché non era portato per questo sport o non avesse voglia di allenarsi –anzi la struttura del suo corpo, alto e slanciato, lo aiutava tantissimo– ma per puro e semplice disgusto.

Lo stesso disgusto che vide negli occhi dei suoi senpai appena varcò la soglia della palestra. Tra di loro riconobbe, con enorme dispiacere, il capitano della sua vecchia squadra. Tendō impallidì, sapendo già cosa sarebbe successo da lì a poco.

<<Hey mostro, purtroppo ci rivediamo a quanto pare. Anche quest'anno riscalderai la panchina?>> Scoppiò a ridere seguito a ruota da altri ragazzi intorno a loro. Tendō strinse i pugni cacciando indietro le lacrime, quanto odiava quel soprannome, per non parlare di quella smorfia beffarda e quella orribile voce di merda. Perché diavolo si dovevano rincontrare?

Il ragazzo gli si avvicinò, poggiandogli una mano sulla spalla. Il rosso rabbrividì a quel contatto, gli faceva schifo.

<<Non so come un mostro come te sia riuscito ad entrare nella prestigiosa Shiratorizawa, ma quelli come te non possono giocare. Te lo ricordi, vero?>>

Quanto avrebbe voluto tirargli un pugno in quel momento, magari così tanto forte da rompergli il naso, ma riuscì all'ultimo a trattenersi. Non voleva rivivere lo stesso incubo degli scorsi anni.

<<Lui non è un mostro, ma un normalissimo ragazzo, esattamente come ognuno di noi qui dentro. E sono sicuro che è molto più talentuoso di te, capitano. Con tutto il rispetto>> Qualcuno dietro di lui aveva preso le sue difese, mai era successa una cosa del genere in tutta la sua vita. E poi quella voce...

Non aveva il coraggio di voltarsi, aveva paura che fosse tutta un'illusione creata dalla sua stupida mente per prendersi gioco di lui.

Il capitano, con un'espressione di pura sorpresa ma ancora un cenno di disgusto dipinta sul volto, faceva scorrere freneticamente lo sguardo da Tendō a Ushijima, e poi di nuovo da Ushijima a Tendō. Non sapeva come rispondere.

<<Attento a come mi parli, Waka-chan, sono pur sempre un tuo senpai e pretendo rispetto da parte vostra>> gonfiò il petto, indispettito, andando a creare una ridicola copia di se stesso. Ushijima inarcò un sopracciglio.

<<Non siamo amici, non ci conosciamo neanche, non puoi chiamarmi "Waka-chan". E poi tu non meriti il rispetto solo perché sei di due anni più grande di noi, il nostro rispetto te lo devi guadagnare, e per come ti sei comportato fino ad adesso con questo ragazzo non ne avrai mai, né da parte mia né da chiunque altro>> Tendō nel frattempo si era voltato dietro di sé, Ushijima era davvero lì e non era un'allucinazione, era reale! Osservò meravigliato i lineamenti del suo viso, memorizzandone la forma, la sua espressione seria e impassibile, le labbra che si muovevano per formare parole. Era rimasto incantato da quella vista.

Il capitano si allontanò mentre biascicava qualche insulto qua e là, oltre a lui non si sentiva nient'altro, nella palestra era calato un silenzio carico di tensione. Finalmente Ushijima incrociò il proprio sguardo con quello di Tendō e sorrise. Era un sorriso lieve, ma dimostrava tutta la bontà che risiedeva nel suo cuore.

<<Tutto bene?>> Due semplici parole, ma che ebbero un effetto devastante nel cuore del rosso, le parole non riuscivano a uscire dalla bocca tanto era lo stupore (Ushijima Wakatoshi gli stava parlando!) allora si limitò ad annuire e a sorridere a sua volta.

<<Ok, come ti chiami?>>

<<Tendō Satori>> almeno questo riuscì a dirlo. Il castano allungò una mano nella sua direzione.

<<Ushijima Wakatoshi, piacere>> Tendō afferrò la sua mano, ferma e rilassata a dispetto della sua tremante, e gliela strinse.

ANGOLO CIOCCOLATINI

Un po' di ushiten non fa mai male, no? Mi sento in colpa per aver lasciato questo capitolo nelle bozze per troppo tempo, ma ora è qui ed è questo quello che conta
Il love all of you 💕

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