XXII

(Kiral)

«Potrebbero esserci dei Demoni appostati da queste parti, dobbiamo sorvegliare l'Artemis.»

Il pericolo doveva essere massimo se persino il capo degli Angeli ribelli si era alleato con i suoi nemici. Lucifero aveva un'aura molto malleabile se nessuno di noi si era reso conto della sua presenza, si era nascosto dietro le ombre di Kiral e Michele ed era passato indisturbato a tutti. Era talento naturale.

Maya si grattò il mento. «Perché non recuperiamo semplicemente la Reliquia dai Cavalieri e non la portate con voi?» propose. «I Demoni non potranno seguirvi.»

Michele negò e abbassò le spalle. «Sarebbe troppo facile. Le Reliquie scese sulla Terra non possono più tornare alla loro origine, sono oggetti terreni. Appartengono agli umani, noi non abbiamo alcun controllo su chi le trova o sul loro uso. La Stigmate però ha lavorato bene, non ci ha mai dato segni di aver trovato qualcosa. Sono stati furbi. Samael li copriva nelle ricerche, chissà da quanto cercavano quegli indizi...»

«Ma Dio e Satana non possono interferire con lo scontro, è una regola!» sibilò contrariata Maya.

Kiral fece spallucce. «Be', Samael delle regole se ne sbatte un po', come avete visto...» Maya bollì di rabbia e notai un sorrisetto dell'Ibrida, come se le sue battutine sottili la divertissero da sola. «E poi che vuoi fare, andare per le strade e urlare: "Sono una Paladina, portatemi dal vostro capo e combattiamo all'ultimo sangue per le pagine proibite di Aubert!" Oh, una fantastica idea. Urla pure a squarciagola quando i Demoni ti assaliranno.»

Kieran fece un passo avanti. «Cosa vuoi che facciamo?»

Kiral aspettò gli ordini di Michele, già predisposti. «Dio ha confinato i suoi Angeli all'interno delle porte, ci aveva tenuti all'oscuro della gravità della situazione. Francamente non so cosa stesse pensando. Io e Angel torneremo in Paradiso, faremo muovere le truppe, che lo voglia o no. Gli altri alleati stanno arrivando, As è con suo padre al momento e con quel succhiasangue è al sicuro. Alees sta mettendo in sicurezza la zona, i militari stanno arrivando. Kiral e Lucifero vi assisteranno fino al nostro ritorno. I Cavalieri non sanno il punto di convergenza, non possono fare niente senza quella pagina. Conto su di voi» ci disse fiero, con un sorriso che mi fece vibrare lo stomaco per la sua fine bellezza. «E conto anche su di te. Non è il momento per mettersi a litigare con Lucifero. Fa' attenzione al piccolo. Se succede qualcosa sai come contattarmi.»

Non ero pronta a combattere, stavo morendo di paura e mi veniva da piangere. Gli altri però avevano la mia stessa espressione, persino Kieran, segno che non eravamo degli stupidi a non temere la morte. Dio aveva avuto i suoi problemi, aveva mentito ai suoi Angeli e aveva finto che tutto andasse bene fino a quando i guai si erano accatastati l'uni sugli altri fino alle porte celesti. Gregori mi aveva detto che avevano trovato l'ultimo indizio, in verità non lo avevano trovato; era stato rubato ad As, Samael si era stufato della situazione e aveva agito contro le regole per suo interesse. Sapevano che i Paladini custodivano l'ultimo pezzo del puzzle e sarebbero venuti qui. Quello di Gregori era un avvertimento sul futuro.

Michele raddrizzò la schiena, il suo petto si gonfiò e una luce divina gli avvolse il corpo. La sua pelle brillò come una stella e si levò in alto, scomparendo in una scia di polvere sottile.

Kiral si lamentò, strofinandosi gli occhi. «Vi conviene prepararvi. Quando arriveranno i nemici sarebbe meglio essere armati. Una guerra non si vince senza armi, vero, Holies?» pigolò dolce lei, come se stesse parlando a un cucciolo.

Dalle sue mani si formò una specie di fusto che cadde gelatinoso a terra, si indurì e la falce svettò oltre le nostre teste. Aveva il colore del mercurio fuso, il lungo manico a cilindro era composto da intrecci ramificati, l'interno vuoto. La lama era a mezzaluna e decorata, troppo letale.

Mentre Kiral scherzò sul fatto che non avesse assimilato abbastanza sangue nell'ultimo periodo e spaventò a morte Piers, convincendolo che sarebbe stato il suo prossimo pasto, mi resi conto che uno scontro di tali proporzioni avrebbe messo a repentaglio il segreto tra gli umani e gli altri mondi; tantissime persone avrebbero perso la vita e l'unica cosa che potevamo fare era aspettare l'attacco dei Cavalieri e difenderci. A pensarla così mi suonò un'idea così codarda, eppure non avevamo vie di fuga.

«Quante possibilità abbiamo di vincere?» domandai a denti stretti.

Kieran perse del tempo ad esaminare i fattori, Kiral fu cento volte più veloce. «Oh, noi abbiamo già perso. Se Samael riesce a mettere le sue sporche mani sulla mappa e sulla formula, be', non possiamo fare niente. È pur sempre l'attuale Satana. Non so se As è pronto per affrontarlo, ha solo sedici anni.» La Regina si girò lentamente a scoccarle un'occhiataccia e Piers singhiozzò impaurito. «Oh, no, no! Ovviamente vinceremo... Sì, be', se As prende il controllo potrà sistemare tutto. Tutta la distruzione e la morte causata potrà essere sanata, puf!»

Aveva un senso dell'umorismo davvero tetro, la morte in sé doveva piacerle molto se riusciva a fare dell'ironia in quella delicata situazione. Avrebbe perso tutto anche lei. Se era un meccanismo di difesa le riusciva molto bene.

Mi massaggiai il polso e le dita si fermarono sul bracciale di madreperla che ancora portavo. Mi tornò in mente Ian. Lo avevo completamente rimosso dai miei pensieri per via di Gregori e di ciò che avevo appena scoperto. Lo avevo abbandonato nel parco, in mezzo alla folla del festival e non ero tornata a controllare se stesse bene o meno. C'era il rischio che fosse in pericolo, che la Stigmate lo avesse rapito o che lo scontro sarebbe avvenuto in quelle zone. Se i Demoni si cibavano del sangue gli umani era probabile che volessero avere vittime a disposizione per rifocillarsi in fretta. Conoscendo Ian non era andato a casa, ma a farsi un giro in moto da qualche parte. Se lo scontro iniziava e fosse morto, con la nostra sconfitta non avrei potuto riaverlo indietro.

Scattai in avanti e Kiral sobbalzò dalla velocità con cui le apparii a lato.

«Dammi il telefono, Kieran. Devo chiamare Ian. L'ho lasciato in mezzo al parco da solo, potrebbe essere in pericolo. Devo dirgli di andarsene via al più presto, o rischierà di morire.» Il mio tono era fermo, a tratti supplichevole.

Kieran fece una smorfia, fu la sua miglior risposta negativa e Kiral alzò il mento.

«Dalle quel fottuto aggeggio, Regina bianca. Questo è l'ordine della Somma Kiral, la dea della Morte. Ti conviene pensare bene alle tue parole, non sono una persona paziente.» Il ragazzo annuì restio, tirò fuori dalla tasca posteriore il cellulare e me lo passò. Dio, Ian mi aveva chiamato quasi venti volte. Doveva essere preoccupato da morire. «Ti conviene non allontanarti troppo, Cavallo.»

Emmanuel si mosse verso di me. «Andrò con lei.»

«No, voi resterete qui a proteggere la Regina. Se lei cade, l'Artemis fa la stessa fine.»

La ringraziai di cuore, quasi sull'orlo delle lacrime e uscii dalla casa. Chiamai Ian due volte e lo stesso numero non mi rispose. Stavo già quasi per pensare che Alain o Gregori lo avessero preso o che Satana avesse iniziato l'attacco, tuttavia l'aria di Parigi non era avvolta da nessun fumo nero e non c'erano grida d'orrore e panico.

Marianne e Bernard dovevano aver aumentato la potenza dei sigilli di protezione perché le rune brillavano e la loro magia ronzava. Camminai a gran passo lungo la strada, verso un traguardo inesistente.

Imprecai e chiamai di nuovo Ian e finalmente mi rispose.

«Mio Dio, Hazel!» urlò. Non era arrabbiato. Era sollevato e respirava affannosamente, come se l'avessi interrotto durante un allenamento. «Stai bene? Dove ti trovi?» mi interpellò senza darmi un attimo di tregua.

«Ian, sei andato a casa?»

«Dimmi dove ti trovi, è importante!» ripeté.

Un'ombra si mosse sopra la mia testa. Un ragazzo mi osservava dalla cima di un edificio, appollaiato come un uccello con aria annoiata. Aveva i capelli corti, scuri, gli occhi brillanti. Non era affatto un Demone, la sua aura non puzzava: era sottile e si muoveva attorno a lui come nebbia.

Avevo visto tante immagini di Lucifero, alcuni lo avevano ritratto come un mostro peloso con tante teste e lingue biforcute, per altri era un uomo di straordinaria bellezza eterna. Da quel che vidi indossava dei comunissimi abiti da umano, t-shirt nera e pantaloni di tuta. Mi fece un sorrisetto compiaciuto e restò a fissare il panorama scuro. Non aveva le ali. Nessuno dei Caduti li aveva.

«Vediamoci al parco di Belleville. Fa' presto, è urgente» lo pregai, allontanandomi dal ribelle.

Non disse altro, riattaccò. Non avevo idea di dove fosse, se stesse davvero bene o quanto ci avrebbe messo per raggiungermi. Lucifero faceva finta di non vedermi, era quasi totalmente invisibile nella notte, fece un ghigno sbalordito quando scomparii dinnanzi a lui e udii la sua risata melodica.

I miei sensi erano amplificati al massimo, il mondo scorreva a rallentatore. Non notai un grande flusso di passanti in quelle zone, erano tutti ammassati per le strade principali del festival o chiusi in casa a dormire. Passarono numerose jeep nere dell'esercito, nessuna si fermò in luoghi precisi, proseguirono in ordine e controllavano le zone.

In qualche modo Ian era già lì, fermo all'ingresso con le braccia incrociate. Faceva abbastanza freddo in quelle ore, era a maniche corte e non sembrò notarlo. Rallentai bruscamente fino a fermarmi, girai l'ultimo angolo e gli andai incontro.

Non mi salutò, i suoi occhi si inumidirono e la bocca si spalancò in un gemito di conforto. Ero così felice di vederlo senza un graffio che mi fermai e gli sorrisi con tenerezza. Lui mi sfrecciò addosso e mi afferrò il polso, cominciando a tirarmi con forza. Fui spaventata da quanta forza avesse e del fatto che mi stesse facendo comunque del male.

«Ian! Ian, aspetta! Mi fai male, fermo!» strillai e mossi il braccio. Lui non sganciò la presa. «Devi starmi a sentire, ti scongiuro!»

«Andiamocene via» buttò fuori d'un fiato. «Andiamocene via da questa città, facciamolo ora e basta! Scommetto che potremmo stare bene là fuori, io e te!»

La sua espressione mi spaventò, era audace, e tremendamente seria. Non avevo idea del perché stesse dicendo cose simili. Non avrei esitato un momento a dirgli di sì, ad andare via per sempre insieme a lui, tuttavia non potevo farlo. Non potevo voltare le spalle a Kieran, ai Paladini e agli Angeli, nonostante mi avessero tenuto nascosta la verità. Scappare era facile, dovevo combattere per il futuro che volevo, altrimenti avrei dovuto accontentarmi di quello che avrebbe sorteggiato il caso.

«Che stai dicendo? Non possiamo farlo. Pensa ai tuoi amici, a tuo padre...» tentai di farlo ragionare con calma.

«Mio padre non...» esclamò rabbioso e non riuscì a terminare la frase. «Ascoltami, Hazel, sei in pericolo. Non puoi stare qui. Dobbiamo andarcene subito, devi fare come ti dico! Ti vedranno se resterai ancora all'aperto!» ringhiò tra i denti.

Gemetti spaventata, non capendo. Mi stava stringendo il polso e il bracciale stava premendo contro la pelle troppo forte. Anche se avevo i piedi ancorati a terra e stavo facendo perno per resistenza, riusciva a muovermi. Era incredibile come mi aveva totalmente annullata con una singola mano.

Tre ragazze entrarono nel parco, comparendo dal buio. Stavo quasi per mettermi a strillare di aiutarmi, e sarebbe stato persino umiliante per quanto in verità fossi forte, ma Ian mollò subito la presa e mi tirò dietro di sé in difesa.

«Finalmente conosco la nostra ospite» disse cordiale la ragazza al centro, mettendosi la mano su un fianco sottile.

Avanzò di qualche passo e grazie alla luce dei lampioni la guardai meglio. Aveva i capelli di un castano chiaro, gli occhi celesti e la pelle color latte. Non seppi dove, ma mi ricordò qualcuno.

«Sei stato bravissimo, Ian» canticchiò giuliva e io mi bloccai, non capendo. «All'inizio mi pareva proprio che volevi metterti contro di me, però so che non l'avresti mai fatto. Dopotutto sono la tua Regina!»

Ian respirò più veloce, in panico e la mano gli tremò. Provò a parlare senza risultati e la ragazza attese per qualche secondo prima di stufarsi. Mosse la mano e Ian indietreggiò, lasciandomi da sola davanti a lei. Chinò la testa e rivolse i suoi occhi timorosi a terra, verso i propri piedi.

«Ciao, Hazel. Io sono Rebekah, la Pedina Regina dei Cavalieri sotto ordine di Re Samael. Vorrei ufficialmente invitarti a casa nostra. Spero accetterai il nostro invito senza storie, in ogni caso loro due sono Charlotte e Blanche, i miei Cavalli. Se proverai a scappare ti spezzeranno le gambe. Te lo sconsiglio, è molto doloroso.»

Lanciai uno sguardo a Ian, sconvolta. Kieran alla fine aveva ragione. Non avrei mai dovuto avvicinarmi a lui. Mi aveva venduta come merce, mi aveva consegnata a loro come se fossi un comune oggetto. Stetti così male che nemmeno fiatai.

La ragazza con la treccia bruna alzò il mento e Ian le passò oltre senza parlare. Rebekah mi prese sottobraccio e salutò cordiale una coppia di anziani di passaggio. Appena la toccai l'asprezza della sua anima mi inorridì, avvertivo quelle scariche sulla pelle come se mi stesse pizzicando. Aveva un ghigno sornione, se avessi provato a ferirla mi avrebbe eliminata senza battere ciglio e di sicuro non potevo scappare a due Cavalli nello stesso momento.

Alcune fronde si agitarono e io mi spaventai, notando delle ombre nere aggirarsi furtive.

«Oh, non badare a loro. I Demoni sono adorabili se non provi a staccagli la testa. Ian mi ha parlato tantissimo di te, mi aspettavo fossi più bella però. Che peccato! Va be', sai come sta mio fratello? Devi proprio conoscerlo bene, prima di lasciarmi morire da sola un Angelo lo ha chiamato per diventare la Regina bianca. Scommetto che è stato il primo ateo a diventare un servitore di Dio! E dire che Kieran è il mio fratellino piccolo!»

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