XIII

Fu due settimane dopo che mi arrivò un messaggio di Ian.

Avevo detto a Maya che Ian non fosse nessuno, (solo un amico), e che non mi aspettavo niente da lui, specie una chiamata, però avevo mentito. Anzi, non avevo mentito, perché davvero Ian era un amico e non avevo aspettative, tuttavia controllavo il telefono ogni dieci minuti e ogni qualvolta vedessi che non ci fossero nuove notifiche sospiravo un po' afflitta.

A cena c'eravamo sempre tutti, non importava i doveri che Kieran ci dava o altri nostri impegni, alle sette e mezza ci trovavamo nella sala da pranzo e ci riunivamo. Io fin da piccola ero stata educata così: era un rito sacro e molte volte pranzo e cena erano gli unici momenti in cui c'eravamo tutti, grandi e bambini. Le suore ci tenevano particolarmente e anche Kieran. Non ci aveva mai obbligati, eravamo noi a dare importanza alle sue idee più di lui stesso.

La sera era un momento piacevole all'Artemis ed era tranquilla. Io e gli altri stavamo sempre insieme fino all'ora in cui decidevamo di andare a dormire. Io aiutavo Marianne e Bernard in cucina e qualche volta qualcuno di buon umore mi dava il cambio; lavorare in casa era molto piacevole. Mi distraeva da quel malvagio telefono e anche la serie di Star Wars mi aiutò moltissimo.

Elko e Kieran erano immersi in un'accesa discussione riguardo l'eccessivo inquinamento dell'aria a Parigi in quei giorni quando mi trillò il telefono nella tasca. Mangiai due bocconi di purea, provando ad ignorare l'insistente desiderio di leggere la notifica per non dare l'idea che fosse importante.

Di nascosto sbirciai il contenuto.

Ian: Dimmi che c'è il sequel di Il gobbo di Notre Dame. Non ci credo!

Ian: Come fa Esmeralda a non mettersi insieme a Quasimodo?

Lessi i due messaggi con un sorrisetto divertito tra le labbra. Misi il telefono tra le cosce e bevvi un po' d'acqua, cercando di prestare attenzione al discorso di Kieran, ma il cellulare vibrò un'altra volta e ci mancò poco che qualcuno non se ne accorgesse.

Ian: Ho passato due ore a sperare che si mettessero insieme e questa lurida va con l'altro tizio?! AAAAH!

Stavo quasi per scoppiare a ridere e mi sforzai di non farlo per non far insospettire gli altri. Kieran aveva detto di evitare ogni contatto esterno all'Artemis e io non volevo farlo preoccupare inutilmente. Marianne mi aveva detto che prima della morte di Isobel i Paladini non erano mai stati così chiusi e riservati, credetti che dato che fossi l'ultima arrivata stavano cercando di proteggermi, come facevano alla Saint-Marie. Evitare i problemi era secondo loro il miglior metodo per restare fuori dai guai, ma come avevo scoperto i guai spesso trovavano il modo di raggiungerti in ogni caso.

Aspettai la fine della cena e corsi in camera mia, attenta che nessuno mi stesse spiando e lo chiamai., tamburellando freneticamente le dita.

Quando mi rispose udii la sua voce chiaramente felice. «Hazel!» canticchiò, come se mi stesse salutando.

«Allora, li consideri ancora film per bambini?» domandai con brio, divertita.

Lui fece un profondo mugugno, assorto. Sbirciai se nel corridoio ci fosse qualcuno, dopodiché chiusi la porta dietro di me e andai a sedermi sul bovindo della finestra, guardando l'esterno.

«Volevo chiamarti già da un po', però volevo prima farmi un'idea precisa su questi film. Devo dire che quelli vecchi ancora non mi piacciono, non lo so, forse sono un po' intontito da tutte le animazioni degli ultimi anni che non riesco a godermi le vecchie cose, però i nuovi sono molto belli. Direi che sono anche diventati più realistici a dirla tutta, le principesse non si svegliano con il cinguettio degli uccellini, ma dai!» sbraitò d'un fiato. «Tu hai visto Star Wars? Sono curioso!»

«Sì, tutti e nove.»

«E?»

«E mi piacciono» sentenziai e fischiò contento. «Ma il finale...»

«Lo so.»

Abbassò la voce e fu chiaro che anche a lui la fine dell'ultima trilogia non gli fosse piaciuta affatto. Ammisi che i primi tre film erano carini, tuttavia non mi avevano fatto impazzire e non avevo voluto nemmeno dire a Maya, Penelope e Marianne che non volevo più vederli con loro perché mi annoiavo. Avevo ingoiato un po' il rospo, ma dopo aver visto la storia d'amore tra Anakin e Padme, e soprattutto l'arco finale con il ritorno di Luke Skywalker, mi ero ricreduta. Con il passare degli anni la tecnologia e la trama si erano evoluti e avevo anche pianto al bacio di Rey e Ben.

«È un po' brusco» rispose.

Rimasi senza parole. Era stato l'arrivo di Kylo Ren a farmi definitivamente innamorare della serie completa, lui, il suo conflitto interiore e l'amore guerrigliero per Rey. Avevo sperato con tutte le forze che i due protagonisti di sposassero, come Han e Leila, per poi amaramente scoprire che Kylo morisse per lei, dopo averla baciata. Avevo pianto, e anche tanto.

Perciò quando Ian disse "brusco" mi innervosii. Quel finale non era "brusco", era malvagio.

«Scherzi? Brusco?» feci eco e lui non parlò, ascoltando il mio tono duro. «È spietato. Hanno buttato tre film nell'immondizia, mi hanno fatto sperare fino alla fine che lui potesse cambiare, che riuscisse a perdonarsi per l'omicidio del padre, e poi lo uccidono! Questo è cattivo, Ian...» borbottai. «Insomma, lui si sacrifica per lei e lo comprendo, ma che senso aveva?»

Lui ci mise dei secondi a rispondere. «Già, ci sono rimasto male anche io, e io l'ho visto al cinema, quindi immagina me, in mezzo ad altre centinaia di ragazze, che piango come un ossesso durante tutti gli ultimi minuti del film.»

Scoppiai a ridere, immaginando un ragazzo sarcastico come Ian piangere per un film e per un personaggio che non esisteva.

«Ho pianto anche io» gli raccontai. «Vorrei sapere cosa c'è dopo, però. Insomma, dove va Rey, se Finn e Rose si sposano...»

«E BB8!» finì e io lo assecondai.

Gli ultimi film erano stati un'onda di emozioni. Ne avevo visti pochi di quel genere prima di allora, alla Saint-Marie avevamo una TV, però era un modello davvero vecchio e prendeva pochi canali. Le suore la usavano solamente per far vedere ai bambini piccoli i cartoni animati durante l'inverno, in modo da non annoiarli troppo e non avevo mai avuto molta scelta. I film d'azione mi piacevano!

«Ehi, Hazel, ti andrebbe di fare un pic-nic?» mi domandò all'improvviso, tant'è che alzò il tono e allontanai il telefono dall'orecchio, assordata. «Sarebbe carino parlarsi di persona di questo genere di cose e potrei dirti le teorie e le curiosità della serie, in più che io ho qualche domanda in più sui tuoi film.»

La verità era che morivo dalla voglia di dirgli di sì, e non era solo perché dovevo assolutamente sfogarmi con qualcuno riguardo Star Wars: volevo anche rivederlo. Non volevo che Kieran pensasse che stessi prendendo sottogamba il lavoro da Paladina o in qualche modo volessi disubbidirlo, l'Artemis era il mio mondo, ma Ian era l'esterno, faceva parte della vecchia me ed era il ponte che collegava le due estremità.

«Con te?» sottolineai insicura.

Ian balbettò qualcosa. «Be', ehm, sì...»

Lo avevo detto nel modo totalmente sbagliato. Io volevo domandargli se saremmo stati solo noi due e mi resi conto che fosse colpa mia.

«Oh, sì, ma certo!» esclamai subito a mo' di scusa. «Sì, mi piacerebbe fare un pic-nic con te.»

Soffiò una debole risatina e io annuii a me stessa. Non sapevo se avere Ian vicino fosse saggio, eppure era quello che volevo io.

Io e Ian ci incontrammo quella domenica al parco Tuileries. Era una giornata splendida di maggio e il sole splendeva luminoso oltre l'enorme distesa verde, i bagliori facevano brillare le finestre di ogni palazzo come preziosi gioielli antichi.

La primavera era la stagione che più ospitava i turisti a Parigi, la città si animava e a ogni ora del giorno c'erano numerose onde di stranieri che fotografavano ogni cosa con ammirazione. Era il periodo dell'anno che più aspettavo, le giornate si allungavano, diventavano più calde e la città prendeva la sua vera forma: molti negozi nuovi aprivano unicamente per i turisti, per vendere gadget orribili e fuori moda da anni, gli artisti di strada affollavano ogni via con le loro performance e ogni pasticceria, fruttivendolo o ristorante, apriva le sue porte con aromi deliziosi e frutti estivi, come ciliegie, fragole e kiwi.

Non sapevo cosa dovessi fare con esattezza ad un pic-nic, perciò chiesi a Marianne di aiutarmi e preparammo dei semplici sandwich con tonno, pomodoro, lattuga e maionese.

Non dissi niente a Marianne, non volevo che si preoccupasse per me e dicesse qualcosa a Kieran, o peggio, a Emmanuel. Era lui il vero problema. Pensavo però che avesse capito qualcosa, non mi fece nessuna domanda, ma mi guardava con un sorrisetto furbo che non capii affatto. Al ritorno avrei dovuto spiegarle che non era niente di serio.

Misi tutto in uno zainetto e uscii senza dare nell'occhio. Era una giornata perfetta da passare all'aria aperta, tirava poco vento e con il sole si stava benissimo. I fiori erano completamente sbocciati e vicino al parco si poteva sentire un aroma floreale molto intenso. Avevo mal di pancia per colpa dell'emozione, non avevo mangiato nulla ed ero tesa.

Ian mi aspettava all'ingresso ovest, sotto la Renommée. Anche lui aveva portato una grossa busta di stoffa piena fino ai manici e aveva un mazzetto di tulipani rossastri. Indossava dei jeans sbiaditi e una t-shirt viola di Darth Vader, cosa che mi fece immediatamente divertire. Lo aveva di sicuro fatto di proposito.

Appena mi vide alzò la mano e mi salutò, venendomi incontro. «Hazel! Ma che onore!» esclamò con finto riguardo, facendo un pomposo inchino.

Scossi la testa. «Ma che fai?» lo presi in giro, notando che alcuni passanti gli lanciarono occhiate curiose.

Ian mi porse i fiori e io li presi, arrossendo. Era la primissima volta che ricevevo un regalo da un ragazzo. Insomma, sì, avevo ricevuto qualcosa dai miei vecchi amici alla Saint-Marie ai compleanni, però quello era un gesto diverso e mi spiazzò. Era solo un atto di gentilezza e io lo apprezzai totalmente.

«Li hai davvero presi per me?» chiesi incerta.

Ian annuì. «Per la verità pensavo di conquistarti con la mia torta fragole e cioccolato, ma venendo qui sono passato davanti ad un fioraio e mi sono piaciuti subito. Pensavo potessero piacerti.»

Annuii piano. Avevano un dolce profumo ed erano ancora leggermente umidi. «Grazie, sono veramente bellissimi. Tratti tutte così le tue conquiste?» chiesi.

«Dalla prima all'ultima!» confessò. «Ed è per questo che sono single da anni, che tu ci creda o no. Dai, andiamo a trovare un posto all'ombra.»

Prese il mio zaino e se lo mise in spalla senza che glielo chiedessi io. Restai un po' imbambolata, ma non dissi nulla a parte un debole ringraziamento. Non era pesante per nulla e io lo avrei portato senza farmi scrupoli, anzi, lui aveva nella borsa alcune bottiglie e doveva avere molto più peso perché era leggermente inclinato da una parte.

Il parco brulicava di persone, non solo di turisti che ammiravano i vari giardini, ma di intere famiglie che passeggiavano per le vie e trascorrevano una giornata tranquilla. Ci appostammo all'ombra di qualche albero, un po' in disparte, che si affacciava sulla fontana ottagonale della porta ovest.

Misi un telo a terra e Ian appoggiò gli zaini alle estremità, in modo da non far alzare la tovaglia.

«Sandwich?» lo tentai.

«Oh, ma ovvio!»

Mangiammo un paio di panini e mi versò dell'aranciata frizzante in un bicchierino di plastica. Bevve un sorso di birra, sospirando con aria distesa. Me l'aveva fatta assaggiare dopo che gli avevo detto che non avevo mai bevuto dell'alcol e che voleva avere l'onore di avere la mia faccia. Non mi era piaciuta nemmeno un po' e per un paio di minuti rise come se fosse la cosa più divertente del mondo, dopo avermi vista tossire.

«Sai, mi hai stupito quando hai accettato di uscire con me. Ancora» disse, muovendo la bottiglia di birra sopra il suo ginocchio.

Masticai più velocemente per rispondere. «Posso sempre ripensarci» scherzai. «No, insomma, mi piace passare il mio tempo all'aria aperta. Stare fuori mi rasserena. Quando c'è tanto freddo o piove non posso farlo. E poi dovevamo discutere amichevolmente.»

«Amichevolmente?» ripeté e io annuii. «Hazel, punto primo, non di discute mai amichevolmente. Mai. Punto secondo, se posso ammetterlo, la tua amata Disney mi ha dato l'occasione di vederti di nuovo.»

«Guarda che non è un appuntamento» ripetei.

«Non per te, ma per me lo è eccome. Mi sono vestito anche in modo elegante per fare colpo! Ha funzionato?» ammiccò e io gli diedi corda.

«Oh, assolutamente. Mi piace la maglietta.»

«Posso toglierla, se vuoi» propose e io la presi per una battuta, seppure capii che una percentuale di lui fosse seria. «Allora, parlami delle tue impressioni sui film di Star Wars.»

Mi pulii le mani dalla maionese e mi sedetti meglio. «Allora, ammetto che i primi tre film non mi hanno fatto impazzire e mi sono un po' annoiata, perché tutti quei discorsi erano davvero lunghi e non mi piacciono le battaglie spaziali, però da quando è comparso Anakin, insomma, l'arco prima, mi ha preso un sacco! Ero davvero curiosa di sapere come Darth Vader fosse diventato... lui e credo che le motivazioni sono più che valide; temeva che Padme morisse e questo lo ha portato piano piano alla pazzia.»

«Ed è stato la causa di se stesso e di lei» sentenziò duro.

«Già, però mi è piaciuto che non ha rinunciato al suo lato da Jedi totalmente e che il figlio lo abbia salvato.»

«Dopo avergli strappato una mano» gracchiò con sarcasmo.

«Oh, deve avergli fatto davvero male!» mi lamentai.

Lui alzò un dito. «Mh, non credo...» Bevve un sorso per rinfrescarsi la lingua. «Alla fine le spade laser hanno una temperatura altissima, quindi come tagli un arto lo cicatrizzi all'istante. Insomma, fa un male cane, però sopravvivi alla grande.»

Be', pensai alla scena dove avevo pianto la prima volta, alla quasi morte di Anakin contro Ben Kenobi e di come di lui restasse solo il busto. Era stato straziante sentire il suo rancore e vederlo in quelle condizioni tragiche. In fondo era solo un ragazzo.

«Be', senza offesa, io non vorrei comunque che mio padre mi mozzi un arto» replicai.

Lui ghignò. «A nessuno piacerebbe!»

«Sai cosa mi è piaciuto? Kylo Ren! Oh, ho adorato lui e Rey, la loro relazione, il modo in cui la sua personalità si fortifica e come riesce a cambiare Ben alla fine. Avrei preferito che sconfiggessero i Sith e poi si sposassero, o che lei prendesse il suo cognome. Il finale non mi è piaciuto nemmeno un po'» mi lagnai.

Ian posò la bottiglia sullo zaino e si curvò sulle braccia, mettendosi comodo. «Non è piaciuto a tante persone. Però non avrebbe dato valore ai film precedenti un finale diverso. Leila e Han hanno dato la loro vita per dare la spinta al figlio e il suo ultimo gesto è stato ripagare la ragazza che lo aveva riportato alla luce. Il passato può fare male, ma a mio modo di vedere dal passato puoi scappare oppure imparare qualcosa.»

Per un momento annuii, poi mi resi conto che aveva detto una cosa davvero intelligente. Ci pensai un attimo e mi servì un'occhiatina scaltra a farmi capire che aveva citato Il Re leone.

Strinsi le gambe al petto e lo guardai affascinata. «Hai davvero guardato quei cartoni?»

Lui annuì fiero. «Be', non tutti, come ti ho detto i primi non mi piacciono, ma gli ultimi sì. Tipo Oceania, Frozen, Big hero 6, bellissimi! Di vecchi ho solo visto Il Re leone e Il Gobbo di Notre Dame e mi ha dato molto fastidio che Esmeralda non si sia messa con Quasimodo, pensavo ci fosse qualche tematica del tipo "l'amore va oltre le imperfezioni fisiche, perché l'amore è negli occhi di chi guarda". Tu lo sai che Il re leone è ispirato a Shakespeare?» chiese.

Corrugai la fronte incuriosita. «Davvero?»

Avevo letto Shakespeare almeno un milione di volte, conoscevo tutti i suoi libri più famosi e non mi ero accorta di quella analogia.

Ian annuì e gli lessi negli occhi che si stava godendo quel momento, perché lui sapeva una cosa che io ignoravo su una cosa che mi piaceva molto. Gongolò un po', dopodiché tesi le labbra stizzita e gli dissi di spiegarmi.

«Avevo appena finito una ricerca su Macbeth e mi sono reso conto che la storia era molto simile a quella dell'Amleto: c'è lo zio che uccide il re per usurpare il suo potere e il figlio in questione che alla fine vendica la famiglia e riacquista il suo titolo. Pensavo fosse una mia stupida idea, ma ho cercato ed è vero, l'hanno pensata molto bene... So davvero una cosa che tu non sai?» gioì.

Gli diedi un colpetto sullo stomaco e lui ridacchiò, lasciandomi in pace. Mi passò una fetta di torta, mentre lui aprì un altro panino e ne strappò metà con un solo morso con gusto.

«Ti giuro...» Masticò furiosamente. «Che questo è il panino più buono che io abbia mai mangiato! È squisito!» mi elogiò.

Benché non avessi fatto poi molto mi fece molto piacere vederlo mangiare così di gusto. Gli passai un fazzoletto. «Mi ha aiutata un'amica a farli, in verità. Lei ha un piccolo orto e mi ha dato i pomodori. Mannaggia, credo che la maionese sia americana...» borbottai tra me e me.

«Oh, come osi, traditrice! Gli americani fanno delle ottime salse per conto mio, forse ne hanno troppe... In effetti quali alimenti ha l'America di tipici?» rifletté per conto suo. «I tuoi che hanno detto? Di me, insomma.»

Finii di mangiare la torta e mi leccai la punta delle dita sporche di cioccolato fondente. Ci pensai un po'. Kieran e Emmanuel erano ovviamente contrari, ma ero certa che se avessero conosciuto Ian avrebbero cambiato idea. Non era affatto il ragazzo cattivo che credevano. Dall'altra parte avevo paura di affrontarli e chiarire la situazione. Farlo avrebbe significato mettere Ian sopra le loro direttive e temevo la loro reazione.

«Ho detto che andavo a mangiare fuori da sola» mormorai e Ian mi guardò a lungo, senza far vedere chiaramente la sua delusione. «I miei hanno affrontato recentemente un lutto e da allora sono diventati molto più... seri.»

Ian sbatté gli occhi e si incupì. «Oh, mi spiace... Conoscevi quella persona?»

Kieran mi aveva mostrato delle foto, molte delle quali erano di Isobel e Maya insieme. Non avevo idea di come fosse stata, sapevo però che quel genere di dolore era eterno, una ferita nell'animo che non poteva essere sanata. Nausicaa aveva lasciato lo stesso vuoto in me.

«No» ammisi. «Ma non voglio farli preoccupare. Se sapessero che ho fatto una fuga romantica non mi farebbero più uscire di casa.»

Ian alzò le sopracciglia. «Quindi la nostra è una fuga romantica?»

Sonnecchiammo un po' all'ombra, beati nella tranquillità. I bambini si divertivano a correre in giro e giocare, molti altri avevano avuto la nostra stessa idea e metà parco era rattoppato con tovaglie, asciugamani e persino giacche usate come sedie. Pensai che fosse il paradiso tra il canto dei fringuelli e lo scroscio dell'acqua della grande fontana.

Ascoltammo un po' di musica con il suo cellulare. Non conoscevo molti artisti, perciò lasciai che decidesse lui. Eravamo vicini l'uno all'altro, teneva le mani sotto la testa comodamente e io lasciai la mia lungo l'anca, in modo da fargli capire che andava bene se me l'avesse presa, ma nulla.

Sussultammo quando gli squillò il cellulare e la canzone che stavamo ascoltando si fermò improvvisamente. Ian staccò velocemente gli auricolari e rispose subito. Emisi un mugugno assonnato e misi un braccio sopra gli occhi, coprendomi dal sole.

«Ehi, Simon» salutò energico. Si scusò con me e alzai le spalle. «Dimmi, bello, che ti serve? Lo sai che hai interrotto un appuntamento, vero?» Ian smise di ridacchiare e prestò attenzione. «Oh... Oh. Sì, ho capito. Mi spiace, non so cosa dirti... Tu tutto bene?» Pensai che fosse successo qualcosa di grave e mi sollevai da terra preoccupata. Coprì il microfono per non far sentire e mormorò: «Ti ricordi il ragazzino che ti ho presentato qualche settimana fa che era in piena crisi d'amore? Mi ha appena detto che la sua ragazza si è messa con il suo migliore amico e lo hanno preso in giro.»

«Oh, mio dio...» sillabai disgustata. «Come sta?»

Odiavo da morire i bulli, non li sopportavo.

«È davvero a pezzi.» Si portò il cellulare all'orecchio. «Simon, bello, chiudi i rubinetti. Io e Hazel stiamo arrivando da te. Dieci minuti e siamo sotto casa... Sì, la ragazza del parco... No, non voglio sbatterti in faccia niente, cazzo! Raccatta cinque ero, ho un piano.» Attaccò il telefono senza salutare, si girò verso di me e disse: «Vieni con me, dobbiamo fare una cosa.»

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