ℙ𝕣𝕠𝕝𝕠𝕘𝕠 - Parte 2
È buio, e la coperta di tela non mi ripara abbastanza dalla pioggia scrosciante che rende irrequieti i cavalli. Trascinano rumorosamente a fatica il carro dove mi trovo assieme a mio padre.
Cerco di sbirciare da sotto il riparo, che mi ero ammantata sul capo fino a coprirmi la visuale. Vedo degli alberi e null'altro, il resto è nero come la notte.
«H-hotaru..»
Sento la sua voce alla mia destra e tendo l'orecchio, sbrigandomi a riscaldarlo con le mie mani che purtroppo, non sono più calde delle sue.
«Hotaru.. Sento che stanno arrivando.. H-hachiman..»
Quelle parole mi spaventarono.
«Chi? Chi sta arrivando padre?»
«Hachiman.. Aveva ragione.. Non ci vorrà molto prima che..»
Non ebbi risposta. Mio padre stava perdendo conoscenza. Guardai in alto, nel cielo. Le nuvole erano più minacciose di prima ed un forte vento sferzava le chiome degli alberi presagendo qualcosa di brutto.
«Ho un brutto presentimento, padre»
Ancora nessuna risposta.
I cavalli iniziarono a correre, incitati dal cocchiere, che notai solo ora, era tutto ossa ma aveva ancora la forza di muoversi. Mi sorressi ai lati del carro per evitare di cadere, ma non ebbi abbastanza forza e venni sbalzata di qua e di la. Ad un certo punto li sentii.
Erano in molti, correvano più di noi.
I loro cavalli dal manto nero presto ci affiancarono e diversi uomini vestiti in armatura scintillante cercarono di rovesciarci.
Urlai, ma non usciva voce dalla mia gola e tentai di proteggermi dalle loro spade coprendomi la testa con le mani, non avendo altra possibilità.
Percepii il freddo del metallo sulla mia pelle e poi nella mia carne e senza provare dolore, vidi che la spada di uno di loro mi aveva trafitto un fianco. Cercai di capire chi fosse, ma presto tutto divenne nero. Solo una voce mi lasciò perplessa, era una voce maschile, tranquilla e preoccupata che risuonava nella mia testa, ma ormai non vedevo più nulla.
Mi risvegliati madida di sudore, respiravo a fatica. Istintivamente mi toccai il fianco che era stato colpito dall'arma, ma sentii solo la morbidezza del tessuto delle mie vesti.
"Era un sogno..?"
Mi guardai intorno e vidi che era quasi l'alba.
"Mmhh, ho ancora tempo per dormire un'altra mezz'oretta almeno.."
Mi rilassati nuovamente, pensando a quello che avrei fatto quel giorno, organizzandomi brevemente gli impegni.
"Hachiman.. La divinità della guerra.. Perché mio padre mi ha parlato di lui?"
Tuttavia parti del sogno mi si ripresentavano nella mente e ancora non capivo cosa potessero significare.
"Devo parlarne con mio padre"
Più tardi, quella mattina
«Ahi! Brucia..»
Stavo aiutando un bambino che si era appena sbucciato un ginocchio giocando nei paraggi del tempio.
«Hai fatto bene a venire qui, ma mi raccomando, la prossima volta..!»
«Si.. Non devo saltare dal muretto..»
Mi rispose il piccolo con la testa bassa come se mi stesse chiedendo scusa.
«Vai adesso. I tuoi amici ti staranno aspettando»
Detto questo corse fresco come prima, ma più consapevole dei rischi.
Mi alzai dalla panca e incrociai lo sguardo con quello di mio padre, che stava pulendo l'interno della sala dell'altare.
«Quand'è la partenza?»
Chiesi appoggiandomi ad una delle colonne di legno.
«Domani.»
«Non è prevista pioggia per i prossimi giorni?»
Lui annuì ben sapendo che mi avrebbe resa solo più irrequieta.
«Portatemi con voi, sapete che è la cosa più giusta da fare»
Mi ignorò, continuando a fare quel che stava facendo poco prima. Strinsi i pugni e mi decisi a dar voce alle mie paure.
«Ho fatto un sogno questa notte»
Ci guardammo.
«Premonitore.»
Ci sedemmo e gli raccontai al meglio che potevo quel che ricordavo del mio sogno. Cavalli, pioggia, estranei vestiti di nero che ci inseguivano.
«E poi? Cosa successe a noi?»
Mi chiese con aria preoccupata.
«Sentii una voce che mi chiamava, e poi nulla, divenne tutto nero..»
Omisi la parte dell'arma nel fianco.
«Mmh.. Ho capito..»
Rispose alzandosi a fatica.
Si sistemò la veste e guardò lontano, verso il mare che si scorgeva appena dietro le case di legno dei pescatori.
«Sei sicura che fosse un Dio a parlarti?»
Con sguardo incerto annuii comunque.
«Va bene. Verrai con me»
Balzai su due piedi, incredula a tali parole.
«Ma dovrai istruire velocemente le tue sorelle su quello che devono fare durante la nostra assenza.. Staremo via a lungo»
Lo ringraziai a lungo prima di tornare a casa a dare la notizia. Erano tutti contenti, sopratutto io. Avrei avuto modo di uscire dalla ripetitività delle mie giornate anche se sono sempre stata grata di avere questo ruolo nella mia città.
Preparai per me e per mio padre i bagagli e l'indomani ci trovavamo già sul nostro mezzo di trasporto, il carro del nostro vicino di casa che andava a vendere le stoffe per un lungo itinerario. Ero eccitata, non vedevo l'ora di assaggiare cibi nuovi e di vedere cose nuove.
Il viaggio era sereno, le giornate calde ci accompagnavano e avevamo modo nelle pause tra una città e l'altra di vedere i mercati e di ristorarci. Come era consuetudine per il nostro rango sociale molti ci invitavano da loro come segno di buon augurio e accettavo di buon grado quell'ospitalità così cortese.
Al quarto giorno ci trovavamo presso Nara, vivace città di commercianti e sede di alcuni importanti centri aggregazione degli Shogun. Abbiamo respirato un'aria strana in centro, pregando presso il tempio di Kofukiji ed erano in molti ad aver capito che non eravamo della zona.
Molte donne ci avvertivano di non dire in giro che eravamo diretti a Kamakura, perché lì anche le mura hanno orecchie. Ma non facevamo troppo caso alle dicerie e respiravamo aria nuova, che faceva bene alla salute di mio padre.
Quella sera si mise a piovere. Sebbene avessimo avvertito il cocchiere che non avrebbe fatto bel tempo non ci diede molto ascolto visto che eravamo leggermente in ritardo con i tempi. Iniziai a sentirmi impaziente.
Avevamo venduto parte dei tessuti più caldi nei giorni passati e gli altri erano troppo costosi per essere usati.
«Padre, prendete questo telo, per la pioggia..»
Ringraziandomi mi chiese se anche a me servisse, ma lo rassicurai dicendo che me avevo un altro per me.
Durante la notte il bosco faceva rumore. Sentivo le cicale frusciare le antennine ed emettere il loro tipico suono estivo, ma questa volta sembravano rabbrividire. Qualche gufo volava sopra di noi ogni tanto e le ombre che proiettavano sul terreno sembravano minacciose.
I cavalli procedevano a fatica con gli zoccoli nel terreno appena umido e fangoso, mio padre starnutiva di tanto in tanto e io iniziavo a sentirmi sempre più infreddolita.
I cavalli si fermarono quasi all'improvviso.
«Sentite anche voi..?»
Chiese il cocchiere tirando su il naso con la manica della giacca.
"Sono.. Cavalli, altri cavalli.. e stanno correndo verso di noi?!"
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