ℙ𝕣𝕠𝕝𝕠𝕘𝕠 - Parte 1
Fukuoka, estate del 1273
Periodo Kamakura
-Tempio di Tochiji
Verso l'ultimo catino di acqua di fonte nella vasca per la purificazione, e decido di farmi una passeggiata lungo il perimetro del tempio. Il Sole è già alto e mi scotta appena la pelle. Decido di raggiungere la porta d'ingresso e il suo colore rosso fiammante mi riempie di vitalità. Sono la più piccola delle mie sorelle e sono stata istruita da mio padre alla carica di Miko, sacerdotessa del tempio dedicato a Fujin, il Dio dei venti. Mi sistemo l'Hakama dello stesso colore del Torii, con sopra ricamati dei gigli bianchi, e salgo nell'Haiden, la sala disposta per le preghiere. Mi inginocchio a fianco ad un monaco, intento a donare offerte al santuario.
«Padre...»
Dopo un lungo inchino, si gira verso di me.
«Hotaru, hai già svolto le tue mansioni quotidiane?»
«Si padre, ho pulito l'androne, potato le piante, dato da mangiare agli uccelli e cambiato l'acqua della vasca per l'abluzione con quella di fonte»
Si avvicinò con passo sereno e mi diede una carezza sulla testa.
«Bene. Molto bene.»
Prese alcuni bastoncini di incenso appena accesi e me li passò accuratamente.
«Questi bisogna metterli accanto al Torii, all'ingresso, così che le persone possano fermarsi a riposare.»
Feci cenno di sì con la testa e mi avviai verso la porta.
«Hotaru, aspetta.»
Mi fermai sulla soglia dei gradini.
«Sì?»
Mi guardò con occhi tristi.
«Presto dovrò partire per Kamakura, mi attendono questioni diplomatiche e di consiglio»
A quelle parole sentii una fitta di dolore nel petto.
«Ma padre, sono più di 7 giorni di viaggio.. E nelle tue condizioni? Riuscirai a resistere?»
Tentò di avvicinarsi a me, ma la camminata era debole e stava per cadere. Lasciai immediatamente l'incenso e lo sorressi.
«Padre, riconsiderate il percorso, perché vi chiamano fino a laggiù? E da chi giunge questo ordine?»
Mi guardò dritto negli occhi e me lo disse quasi abbasando la voce.
«Qualche giorno fa è venuto un emissario dello shikken Tokimune.. Ha bisogno dei servizi di un sacerdote di Fukuoka e ha chiesto a me di intercedere, come più importante della zona»
Non credetti alle mie orecchie.
La carica di Shikken è considerabile pari alla nomina come capo del Giappone e la casata degli Hojo era la più importante del paese, così come Hojo Tokimune veniva considerato uno degli uomini più importanti e dei più abili nell'arte della guerra. Essere chiamati a prestare servizio presso di lui era considerato un onore riservato a pochi.
«Resta il fatto che tu stia male.. Lascia, l-lascia che venga con te. Non sopporterei rimanere qui e adottare tue notizie da lontano e con ritardo»
Mi inginocchiai e gli chiesi questo favore.
«Padre, per favore, portatemi con voi»
Lui si irrigidì.
«E chi penserà al tempio quando starò via? Chi si prenderà cura degli altari e chi rinnoverà l'incenso per compiacere gli dei?
Ecco, Hotaru, la vedi quella pietra laggiù?»
Si avvicinò ad essa dopo aver sceso con cura le scale e vi appoggiò una mano.
«Questa proviene dal monte Abura e come vedi, una volta trasportata qui, non ha più l'imponenza di una montagna e sebbene sia alta ben più di me e te messi insieme, non rimane che una pietra votiva e ci ricorda che si può essere forti e mantenere la stessa durezza anche lontani dal nostro luogo naturale..»
Mentre parlava ed osservava la pietra mi stringeva calorosamente le spalle.
«Hai capito Hotaru? Non mi succederà nulla, e sarò forte lontano da casa come questa pietra.»
Mi sorrise, ma non mi convinse a desistere.
Qualche ora più tardi
Raggiunsi presto la mia famiglia a tavola e bevvi avidamente la mia zuppa di Miso. A cena si parlava di cose di tutti i giorni, mia sorella Mifune era una sarta e aveva trovato lavoro presso un nostro vicino che vendeva tessuti pregiati di sua produzione, mentre la più grande, Homura lavorava nei campi. Mi invidiavano un po' perché con il loro lavoro non avevano modo di curarsi e lodavano sempre i miei capelli morbidi e le mani delicate, prive di calli o di screpolature. Ma anche io invidiavo la loro vita, uscivano spesso e stavano a stretto contatto con gli altri abitanti di Fukuoka mentre io ero sempre tenuta lontano dagli altri perché mi mantenessi pura e incontaminata dai dissidi della vita quotidiana.
Mio padre sorride mentre finiamo tutti il nostro pasto.
Mi alzai in piedi, tenendo lo sguardo basso.
«Nostro padre partirà presto per Kamakura, e non vuole essere accompagnato.»
Rimasero tutti in silenzio, finché Mifune, la più emotiva rispose.
«È davvero così? Ditemi che ha esagerato con il sakè, ditemi che ne ha preso un po' di nascosto e che adesso sta mentendo..»
Homura fece un cenno con il capo.
«No Mifune, dice la verità»
Nostro padre evitò il contatto visivo e dopo aver mandato giù un sorso di acqua parlò.
«Siediti Hotaru.»
Ci guardò una ad una.
«È vero, dovrò partire. L'ho detto a Hotaru in modo che si anticipasse il lavoro ma non pensavo che lo dicesse impestando l'aria di cena con malinconia.
So bene quali siano le mie condizioni, ho preso una decisione e intendo che anche voi la rispettiate»
Tacqui, ma la mela non cade lontano dall'albero.
«Deve esserci una soluzione migliore! Non può accompagnarti Homura? Non puoi chiedere a qualche altro sacerdote dei dintorni? Quanti santuari che ci sono qui!»
Disse Mifune.
«Esatto, e sono tutti impegnati nelle celebrazioni. Non insistete»
«Padre..»
«Hotaru.. Ne abbiamo già discusso»
Ripiombò il silenzio di prima.
Mifune si alzò di scatto e preso il suo piatto si chiude nella sua camera, mentre Homura tenne le braccia conserte.
«Sai bene che non puoi, sei troppo debole.»
Disse infine, congedandosi anche lei.
Io nel frattempo tenni lo sguardo basso mentre aiutavo mia madre a sistemare la tavola.
Tornai in camera e mi presi un po' di tempo per me, inginocchiandomi davanti all'altare dei 7 fortunati, divinità che portano fortuna a chi è fedele e giudizioso.
«Fate in modo che mio padre possa fare un buon viaggio, che possa trovare il modo di aiutarlo..»
Proseguii così per un po' e mi distesi sul futon, cercando di prendere sonno, osservando le stelle dalla finestra.
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