Capitolo 7. Static
Tornai a casa di corsa e abbandonai la borsa all'ingresso.
Stavo cercando di pensare lucidamente sul da farsi, ma la mia testa si rifiutava di collaborare e il mio corpo aveva ripreso a tremare. Che cosa avrei fatto adesso? Eppure, fino a un attimo fa tutto era stato chiaro nella mia mente: andare ad aiutare Toby e portare in salvo Timmy, ma... adesso ero nel panico più totale.
Mi guardai intorno con circospezione, quando i miei occhi si posarono sul fisso di casa. Forse, dovevo chiamare la polizia? No, non era una buona idea... magari, avrei potuto chiamare i vigili o un'ambulanza.
Sollevai la cornetta e composi il numero.
Nulla. Il normale suono che mi aspettavo di sentire quando il telefono iniziava a squillare, non arrivò mai alle mie orecchie. Poi, all'improvviso si udì un crescente rumore di statico e riagganciai la cornetta inorridita.
― Cazzo! ― . Me lo sarei dovuta aspettare, no? Con tutti quei problemi che stavano causando le onde elettromagnetiche nella regione interferendo con le linee telefoniche, le radio, i computer... tutto sembrava essere cominciato negli ultimi giorni; praticamente da quando avevo conosciuto Toby e da quando l'uomo pallido aveva iniziato a darmi la caccia. Il Professor Lars sosteneva che ci fosse un campo elettromagnetico a generare queste interferenze ― iniziai a collegare gli eventi.
In qualche modo, avevano portato qualcosa con loro che era in grado di generare un campo elettromagnetico molto potente... ma cosa?
Non avevo tempo di approfondire la questione e senza tergiversare ulteriormente, andai in cucina a cercare qualcosa che potesse tornarmi utile, qualcosa che avrei potuto usare per difendermi o proteggermi; anche se non avevo bene idea di cosa cercare nella mia cucina. I miei occhi avevano analizzato rapidamente il bancone; ma tra pentole, mestoli e vecchi coltelli smussati, sembrava non esserci nulla che potesse fare al caso mio.
― Forse, sarò più fortunata in garage ― . Finalmente, il mio cervello si era deciso a sputare fuori qualche idea sensata.
Mi precipitai nel garage e iniziai a guardarmi attorno. Da quando mio padre si era trasferito, mia mamma aveva venduto la maggior parte dei suoi attrezzi per il fai-dai-te. Speravo di trovare qualcosa di metallo e di pesante da poter usare come oggetto contundente, quando i miei occhi si posarono su un paio di vecchie cesoie da giardinaggio.
Certo, avrei preferito trovare una grossa chiave inglese o un martello; ma al momento non avevo altra scelta. Afferrai le cesoie e tornai all'ingresso per tirare fuori dalla borsa a tracolla solo quello che mi sarebbe stato utile e riporlo in uno zainetto da spalla. Infilai anche le cesoie al suo interno.
Senza perdere altro tempo, mi precipitai fuori di casa dalla porta sul retro e iniziai a correre verso la foresta.
― BANG! ―.
Un altro sparo in lontananza echeggiò per tutto il bosco, facendo reagire il mio corpo con una ulteriore scarica di adrenalina; mentre continuavo a sperare di non arrivare quando sarebbe stato troppo tardi.
[Masky P.O.V.]
Merda...
Quei due stavano di nuovo bisticciando e io non potevo intervenire, fintanto che dovevo portare il moccioso dove l'Operatore l'aveva lasciato l'ultima volta.
Brian lo aveva ipnotizzato, perciò avrebbe potuto continuare a camminare da solo fino alla meta; ma non c'era più tempo. Lo avevo caricato di peso sulle spalle e mi stavo affrettando a portarglielo, dal momento che non sarebbe mancato molto al suo risveglio. Non sarebbe stato un bene se si fosse accorto di quello che Toby aveva fatto.
Tra l'altro, quella umana doveva sparire.
Avevo il presentimento che non le avesse affatto cancellato i ricordi e questo era un male, dal momento che diventava difficile, se non quasi impossibile, eliminarli quando non erano più recenti.
Adesso, lei sapeva anche fin troppo e l'unica soluzione sicura sarebbe stata quella di eliminarla. Non mi andava l'idea di far del male a una ragazza indifesa ed era poco cavalleresco; ma almeno Toby avrebbe imparato che cosa significava responsabilità.
Aveva messo in pericolo il nostro segreto e poco mancava che lei andasse a spifferare tutto in giro, se non lo aveva già fatto su qualche sito o con qualcuno. Di solito, gli umani non parlavano subito e aspettavano qualche settimana prima di denunciare i fatti alla polizia o di cercare qualche risposta su internet. Ad ogni modo, non era suo solito comportarsi così. Quando risparmiava le vittime cancellava sempre i loro ricordi; ma perché non lo aveva fatto anche con quella umana?
Che cosa aveva di così diverso da meritarsi un trattamento speciale?
Dannazione... forse Toby era solo troppo giovane per essere un Proxy e non aveva ancora superato certe fasi adolescenziali. Non doveva esserci altra spiegazione, altrimenti perché avrebbe dovuto mettere tutto a repentaglio per la prima bionda finlandese di passaggio?
«Jin...».
Il marmocchio mugugnò qualcosa di incomprensibile.
Quando mi voltai verso di lui, notai che stava ancora dormendo profondamente e che stava pure sbavando sulla mia giacca di pelle.
― Dannato marmocchio... ―. Avrei fatto mettere in conto anche questo a Toby e lo avrei fatto pent-
― BANG! ―.
Un altro sparo.
Affrettai di più il passo, consolandomi col pensiero che dopo aver portato all'Operatore la sua preda, sarei andato a prendere a calci nel culo quei due idioti.
Oh, eccome se lo avrei fatto...
[Toby's P.O.V.]
Fuori tre.
Gli restavano altri tre colpi e poi, avrebbe dovuto perdere tempo a ricaricare la pistola. Così, avrei colto l'occasione per sgusciare fuori e sorprenderlo in un corpo a corpo. Non era mia intenzione ucciderlo (o almeno, non potevo dato che Lui non ne sarebbe stato contento) e mi sarei dovuto accontentare di fargli solo qualche graffio; anche se l'amputazione di un arto l'avrei trovata piuttosto appagante.
Aspettare che finisse i colpi non era una faccenda troppo impegnativa, dal momento che Hoody aveva il grilletto facile.
― BANG! ―.
Mi riparai dietro una roccia ai piedi del ruscello, sentendo il proiettile sfrecciare vicino al mio braccio e colpire la corteccia di un albero, dove si formò un buco profondo qualche centimetro.
E fuori quattro.
Esultai, mentre ascoltavo i suoi passi circospetti e rumorosi, calpestare le foglie secche e avvicinarsi lentamente verso il mio nascondiglio. Hoody caricò nuovamente la pistola e per la quarta volta, udii il meccanismo scattare e il tamburo inserire un nuovo proiettile in canna.
Il calpestare di foglie si interruppe all'improvviso. Probabilmente, stava pianificando un attacco laterale; ma anch'io avrei potuto sorprenderlo. Ascoltai il rumore dei passi riprendere e avvicinarsi alla roccia dietro cui mi ero riparato. Era un suono così regolare e prevedibile, che avrei potuto calcolare in quanti passi mi avrebbe raggiunto.
Sette.
Sei.
Cinque.
Quattro...
La mia impazienza era esplosa in una serie di tic nervosi che stavano tormentando la mia spalla e l'adrenalina che avevo in circolo stava contribuendo ad aumentare la tensione sul mio corpo, che si stava preparando per l'attacco.
Tre.
Due...
I passi si fermarono all'improvviso. Ancora un altro passo e...
«Conosco bene i tuoi schemi».
Alzai lo sguardo, in direzione della voce, e rimasi sorpreso di essermelo trovato arrampicato su un albero sopra di me ed ero già nel suo mirino.
― BANG! ―.
Ero riuscito a scartare di lato rapidamente per evitare un colpo letale, ma il mio corpo accusò il colpo e infatti fui sbalzato indietro di appena qualche passo. Il proiettile si era conficcato nella mia spalla sinistra e una chiazza nera aveva iniziato a espandersi sotto la maglia.
Fuori cinque.
Sogghignai.
«Sei sempre stato prevedibile, impulsivo... e troppo lento a schivare le pallottole». Incalzò Hoody, mentre mi stavo allontanando per trovare riparo dietro il largo tronco di una vecchia quercia.
«... bravo, corri! Nasconditi se vuoi! E tu saresti un Proxy? Non hai lontanamente idea di cosa voglia dire esserlo...».
Infilai un dito nella ferita ed estrassi la pallottola. Aveva fatto un foro di un paio di centimetri, ma a giudicare da come fuoriusciva il sangue dalla ferita, non doveva aver preso un grosso vaso o aver lacerato i tendini, dato che ancora potevo muovere perfettamente il braccio.
In qualche modo, mi sentivo stuzzicato all'idea di fingere di essere la preda in pericolo... certo, tra qualche istante la situazione si sarebbe ribaltata e gli avrei fatto rimpiangere quello che aveva appena detto.
I passi si erano fermati di nuovo.
«Sai, ho sempre voluto metterti alla prova. Masky dice che hai del potenziale nascosto, quindi... che ne dici di mostrarmi adesso quello che sai fare?».
La mia spalla ferita venne tormentata da alcune contrazioni. Lentamente, i miei cinque sensi sprofondarono in uno stato di torpore e una strana sensazione invase la mia mente. Non sapevo esattamente che cos'era, ma percepivo ogni fibra del mio corpo fremere, come fosse attraversata tutto il tempo da una scarica elettrica. I tic nervosi presero a farsi più frequenti e accentuati.
Sfilai tutte e due le accette dalla cintura e le strinsi dal manico, mentre ascoltavo i passi del mio avversario che progredivano nella mia direzione.
«Sento il tuo respiro, Toby... ho capito dove ti nascondi».
― BANG! ―
[Jenny's P.O.V.]
Erano trascorsi poco più di venti minuti da quando avevo lasciato casa e stavo seguendo le tracce di Timmy sul sentiero, le quali sembrava che portassero in un unico posto: la radura dove lo avevo trovato quella mattina.
Il rumore degli spari aveva iniziato a farsi più vicino e avevo visto dei lampi in mezzo ai boschi, che avevano appena confermato la mia ipotesi che là si trovassero Toby e la figura incappucciata che avevo visto al limitare della foresta.
Mi fermai al centro del sentiero per riprendere fiato e anche per pensare a cosa avrei dovuto fare.
Ero molto preoccupata per Toby, ma consideravo imprudente l'idea di inoltrarmi nei boschi per cercarlo. Tra l'altro, lui non sapeva che ero rimasta a Thur. A quest'ora, mi avrebbe creduta su quell'autobus diretto a Tampere. I sensi di colpa mi assalirono all'istante e un groppo alla gola mi impedì di deglutire.
Avrei voluto fargli sapere che ero qui... ma come?
Non avendo altre idee, mi sciolsi i capelli e gettai in terra il mio elastico rosa, sperando che lo avrebbe trovato. Calde lacrime iniziarono a scivolarmi sulle guance e nonostante le mie gambe tremassero, ripresi a correre.
― Toby se la caverà, vedrai... devi pensare a Timmy, adesso pensa a salvare lui ―. Cercai di farmi forza, ripetendo quelle parole nella mia testa come un mantra e continuando a correre sul sentiero.
Dopo un paio di minuti superai la baracca di legno e in lontananza, iniziai a scorgere il bivio.
[Toby's P.O.V.]
Era arrivato il momento.
Sgusciai fuori dal mio riparo e con un movimento rapido sferrai un colpo basso diretto alle sue gambe, ma riuscì a evitarlo con agilità. Senza esitare, feci un passo verso di lui e lo colpii con un fendente al braccio, prendendolo solo di striscio e lacerando appena il tessuto della felpa.
Si muoveva fin troppo bene e riusciva a eludere i miei colpi letali con movimenti rapidi e fluidi, quasi come se leggesse nei miei movimenti e fosse in grado di anticipare le mie mosse. Avanzai su di lui e tentai di prenderlo dal fianco e nuovamente eluse il mio attacco scartando di lato.
Non sapevo spiegarmi che cosa mi stava succedendo, ma il mio corpo aveva iniziato a sentirsi intorpidito e un brivido freddo mi percorse la spina dorsale.
«Hehehehehe...». Mi feci scappare una risata. «Hahahahahaha!». Stava diventando incontrollabile.
Tutto quel complesso di emozioni, mi fece provare una piacevole e nostalgica sensazione... era qualcosa che non provavo più da tanto tempo, da quando... da quando avevo fatto a pezzi mio padre.
Non potevo fare a meno di ridere, ormai i miei freni inibitori erano andati a farsi benedire. L'odore del sangue mi stava dando alla testa e senza che la mia mente potesse prenderne atto, il mio corpo si stava già muovendo verso il mio avversario. Le mie mani si chiusero ermeticamente sul manico delle accette e mi scagliai nuovamente su di lui.
Con un movimento rapido mulinai un'accetta e con un taglio obliquo lacerai il suo addome e lo costrinsi a indietreggiare; Hoody perse la presa sulla pistola che cadde al suolo. Rapidamente, la calciai via. In un secondo momento, ne approfittai per dirigergli un colpo letale che avrebbe mirato al collo e lo mancai per poco.
Ora, sembrava fosse in difficoltà dal momento che si era portato una mano al ventre e una chiazza di sangue stava sporcando la sua felpa. Era riuscito a scansarsi in tempo e il taglio era stato appena superficiale; ma il prossimo sarebbe andato più in profondità.
«Hehehehe...». Continuai ad avanzare verso di lui, pronto a sferrare un nuovo attacco e nello stesso istante, lo guardai infilarsi una mano della tasca della felpa ed estrarre una Glock.
― Merda! Il bastardo ne aveva due ―.
In un batter ciglio lo vidi smaterializzarsi all'improvviso e rimasi sorpreso da ciò che vidi. Mi guardai intorno, aspettando di ritrovarmelo alle spalle e invece, me lo trovai proprio davanti a me, con la canna della pistola che puntava in mezzo ai miei occhi.
«Fine dei giochi».
Sentenziò, pronto a premere il grilletto.
«Fermati Brian!».
Sopraggiunse una voce familiare alle nostre spalle. Con la coda dell'occhio, riuscii appena a scorgere Masky.
«Stanne fuori, Tim». Ringhiò lui.
«No!». Incalzò Masky. «Pensi che l'Operatore sarebbe contento del tuo gesto?».
Dopo una lunga pausa, Hoody decise di abbassare la pistola e si voltò verso in sentiero, come fosse rimasto in ascolto di un rumore che io non potevo sentire.
«C'è un intruso nella foresta».
Digrignò qualche istante dopo, prima di voltarsi nuovamente verso di me.
«Regoleremo i conti un'altra volta». E detto questo, si smaterializzò di nuovo sotto i miei occhi.
«D-da quanto t-tempo...?». Balbettai, rivolgendomi a Tim.
«Non lo so neanch'io da quanto tempo ha quel potere, ma ha pagato a caro prezzo ciò che ha avuto». Rispose, voltandomi le spalle e trovando una strada per uscire dalla foresta.
Lo seguii e poco dopo, ci ritrovammo sul sentiero principale. Tim continuò ad andare avanti, ma notai qualcosa per terra che aveva attirato la mia attenzione. Mi chinai per raccoglierlo e lo analizzai.
Era un elastico rosa.
«Jenny!».
[Jenny's P.O.V.]
Avevo cominciato ad accusare la fatica e lo stress. Potevo persino sentire lo sforzo che stava facendo il cuore per pompare il sangue in tutti i distretti del corpo.
Mi fermai a riprendere fiato.
Si era fatto ancora più buio e non c'erano né un Sole al crepuscolo né una Luna a risplendere sulla foresta. Inoltre, la vegetazione si era fatta ancora più fitta e questo mi impediva di ricordare la strada che mi aveva mostrato Toby, quella per raggiungere la radura.
Tuttavia, ero abbastanza sicura che non doveva mancare molto.
Dopo diversi ripensamenti, mi convinsi a tirar fuori il cellulare dalla tasca e sfiorai lo schermo per fare un po' di luce. Un debole e bianco fascio luminoso illuminò il sentiero quel poco che mi bastava per riconoscere la direzione giusta da prendere.
Dopo qualche manciata di minuti, continuando a camminare, notai che lo schermo del cellulare aveva iniziato a sfarfallare. Mi sembrava strano, dato che ricordavo di avere la batteria carica e iniziai a notare anche altre cose strane, mentre camminavo verso il fitto della foresta.
Non sentivo alcun rumore.
Né un frusciare di foglie, né il verso di qualche gufo o il passaggio di qualche lepre selvatica. Tutto era sprofondato in un innaturale silenzio. Quando mi resi conto che anche i miei passi non facevano più alcun rumore, il panico riprese a farmi tremare.
Il petto si alzava e abbassava al ritmo del mio respiro ansante, perché l'aria della foresta aveva iniziato a farsi più pesante e rarefatta. Provai ad aumentare il passo, mentre continuavo a farmi largo tra la fitta vegetazione.
All'improvviso, fui sorpresa da un rumore acuto e assordante che per poco non mi perforò i timpani. Mi ero portata le mani alle orecchie per riparare l'udito, anche se non era servito a molto. Il rumore sembrava qualcosa di simile al frinire delle cicale o al canto dei grilli... no, doveva essere qualcos'altro. E infatti, intuii abbastanza in fretta che assomigliava più al rumore dello statico della televisione.
Ero stata costretta a piegarmi sulle ginocchia, cercando in tutti modi di difendermi dall'assordante rumore poi, avvertii una presenza.
La fronte si stava imperlando di sudore e iniziai anche a tossire. Lentamente, alzai lo sguardo e i miei occhi si focalizzarono su qualcosa.
Un uomo incappucciato e col volto celato dietro una maschera scura, mi stava dinanzi. Riconobbi che si trattava della stessa persona che avevo visto al limitare della foresta, anche se questa volta, aveva una pistola e la stava puntando contro di me.
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