• Capitolo XLIX •

Il sole dipinse di macchie dorate i grattacieli specchiati che imperavano nel paesaggio. Era appena albeggiato quando Blake aprì gli occhi.
"Cazzo... è tardi." esordì, ammaccato, controllando l'orologio.
La ragazza si svegliò, smossa dal movimento del balancer, "Ma sono appena le sei..." lamentò, incredula.
Blake indossò frettolosamente i boxer, "Ho un appuntamento con Mr. Peace fra un'ora. Mi ha chiesto di fare colazione insieme." continuò, velatamente nervoso.
La giovane si spinse in su facendo forza sugli avambracci, "Colazione insieme."
"Sì, Skyler. E se continui a parlarmi, si trasformerà in un pranzo." scavalcò i vestiti che giacevano ancora sulla moquette, "Dove cazzo sono le fiale..."
"Non lo trovi un po' strano?" insistette lei.
Quell'invito proprio non la convinceva. Era come se Mr. Peace volesse instaurare un rapporto forzatamente intimo con Blake e questo non le quadrava affatto.
"Sono il suo successore, Skyler. È un gesto cordiale."
"Questo è certo..." disse tra sé e sé la ragazza, cercando di tenere a bada quei sospetti.
"Eccole!" esclamò lui, afferrando la scatolina in latta contenente il reset-41.
Inserì metodicamente una fiala dentro al dispositivo e sparò la dose dritto in vena. Un sospiro profondo davanti allo specchio seguì l'iniezione.
La ragazza sbucò da dietro la sua schiena, "Anche io."
Il balancer la guardò dal riflesso della specchiera squadrata, posta proprio di fronte loro due. Non disse niente, semplicemente si limitò ad annuire, serio.
"E voglio che sia tu a somministrarmelo." proseguì lei, lasciandogli un leggero bacio sul collo, proprio in prossimità di dove forava l'ago.
Blake ruotò il viso, sfiorando la punta del suo naso, "...D'accordo."
"Vado a prenderlo..."
Skyler fece per uscire dalla camera.
"No, tu torna a letto. Lo prendo io."
"Credo sia in salotto, dentro la borsa."
Il balancer, allora, avanzò ma subito la ragazza lo fermò da un braccio.
"Però aspetta..." disse, riportandolo da lei, "...Prima questo." concluse, baciandolo delicatamente.
Ma fu come se il contatto con le sue labbra non fosse riuscito a innescare alcun istinto nel ragazzo che, impassibile, rimase immobile.
Skyler, a quel punto, si staccò "Ti sei già irrigidito..."
"Il farmaco fa presto a entrare in circolo." rispose lui.
Lo guardò perplessa, ripensando subito al grande segreto riguardo la vera natura di quel ragazzo. I flaconi che Blake assumeva erano da sempre solo dei placebo, lui non aveva alcun bisogno di assopire desideri o emozioni, per il semplice fatto di non essere geneticamente predisposto a provarli.
"Sì..." sibilò, accennando un finto sorrisino "Ma certo... il farmaco, che stupida."
"Vado a prendere il tuo."
"Sì... certo, vai... vai pure."
Il balancer andò via. Skyler aspettò che la sua chioma sparisse aldilà della porta prima di cadere in un profondo momento carico di sconforto.
Piegò in avanti la schiena, tanto che dovette sedersi nuovamente sul letto per riprendere fiato e non cedere a un pianto isterico.
"Non è niente... sta tranquilla... le cose andranno bene..." ripeté a sé stessa, con gli occhi chiusi.

***

Blake entrò rapidamente in salotto, ancora quasi completamente nudo.
Ci volle qualche secondo per accorgersi della presenza di Peter, seduto su una poltrona, annoiato e silenzioso.
"E tu che ci fai già in piedi, ragazzino." gli chiese, fermando i passi.
"Il mio nome è Peter."
"No, ragazzino, il tuo nome è W-4621."
L'adolescente lo guardò stranito.
"La mia memoria è infallibile."
"Da qualche tempo non riesco a prendere sonno." confessò, allora, lui.
"Benvenuto nella mia vita, allora." rispose cinico Blake.
Distolse, così, lo sguardo e individuò la borsetta della ragazza.
Vi si avvicinò, aprendola, "Sai... stavo pensando che, adesso che non frequenti più alcuna accademia e sei solo un bamboccio destinato ad una vita di totale ignoranza e inettitudine, potresti trovarti qualcosa da fare."
Il ragazzino lo squadrò con estremo fastidio, "Pensavo di uscire, oggi. Ho deciso che andrò a cercare mia madre."
Blake rimase in silenzio, assolutamente indifferente alla cosa.
All'interno della borsa le sue mani pescavano tutto fuorché la scatolina del reset-41.
"Hai preso il farmaco stamattina?" gli chiese, mentre iniziava a spazientirsi.
"Non prenderò mai più quella roba." rispose immediatamente.
"E invece lo farai."
Le narici di Peter si dilatarono per il nervosismo.
"Questo non è giusto. Non puoi imporre regole, se poi sei il primo a trasgredirle." replicò, con coraggio.
L'indice di Blake finalmente toccò una superficie metallica, "Eccola." disse con calma, mostrando la scatolina al giovane.
"Come vedi, qui tutti noi assumiamo il farmaco. E tu non ne sei escluso."
Peter corrugò la fronte, quasi sbigottito e profondamente turbato alla vista delle fiale. Il suo respiro improvvisamente iniziò a farsi più insistente e pesante, "Cosa... cosa significa...?! Questo non ha senso... non ha senso..."
"Cosa ti prende, adesso, ragazzino..." disse, scocciato, Blake.
"Tu... tu l'hai plagiata! Sì... tu le hai fatto il lavaggio del cervello! Solo... solo per approfittarti di lei..."
Goccioline di sudore iniziavano a scendere giù dalle tempie, un attacco di panico lo stava inghiottendo.
"Adesso stai davvero esagerando, ragazzino." lo avvertì con autorità lui, "Il reset-41 ti aiuterà a gestire questi insani istinti che manifesti."
"Non credo che con voi stia funzionando, dato che dormite nello stesso letto!"
Uno schiaffo fu, allora, scagliato contro lo zigomo del ragazzo, che rimase col volto girato e immobile per qualche secondo, prima di riprendere a fissarlo.
"Adesso ascoltami, brutto idiota." gli disse Blake, con estrema fermezza e avvicinando la faccia alla sua, arrossata "Ora andrai in camera tua e aprirai il cassetto della scrivania. Inserirai la fiala prevista per oggi e te la inietterai, senza fiatare. Dopodiché potrai andare a cercare tua madre o chi cazzo ti pare, a me questo non importa e mai mi fregherà qualcosa riguardo te e la tua fottutissima voglia di improvvisarti eroe delle mie strafottutissime palle. Ma prova ancora una volta a rivolgerti a me con quel tono, prova di nuovo a mettere in discussione i miei principi... e ti assicuro che stavolta Skyler non potrà fare niente per salvarti il culo. Non saresti né il primo né l'ultimo imbecille pieno d'acne che faccio fuori. Intesi?"
"...Queste cose le dici pure in presenza di Skyler?" articolò, con estremo disprezzo, l'adolescente.
Il balancer non diede alcuna risposta e si limitò a lanciargli un'ultima superba occhiataccia. Poi, si sistemò il ciuffo, passando indice e medio tra i capelli chiarissimi, e andò via.

***

"Blake!" esclamò Mr. Peace vedendo arrivare il ragazzo all'interno della grande sala al 64esimo piano di uno dei locali più chic ed esclusivi della città.
L'anziano lo aspettava già seduto al tavolo, imbandito con ogni sorta di leccornia, un vero lusso che solo pochi avrebbero potuto permettersi laggiù.
"Buongiorno, signore." rispose, con estremo garbo, lui.
"Accomodati pure, ti stavo aspettando." riprese il vecchio, "Ammira la spettacolare vista panoramica che si vede da quassù, questo è il tavolo migliore per godere di questa meraviglia."
"È solito fare colazione qui, signore?"
"Tutte le mattine, Blake. Da ormai 20 anni." replicò, quasi con vanità. "Sempre qui, a questo tavolo. È mio praticamente. Ne conosco le venature del legno, la trama di questa tovaglia in seta vietnamita, ogni singolo dettaglio."
Mr. Peace riprese, poi, fiato "Hai mai posseduto qualcosa per così tanto tempo, Blake?"
Il giovane alzò leggermente il mento, colpito da quella bizzarra domanda.
"Solo la mia pistola, signore. Mi accompagna da quando avevo appena sette anni."

L'anziano sorrise e sistemò il tovagliolo dentro al colletto della camicia, "Vedi, mio caro ragazzo, io possiedo tante cose. Praticamente... tutto ciò che ti circonda. Questa sala, queste sedie, queste grandi finestre, persino quei camerieri laggiù."
Guardò di sfuggita il panorama, "Oh e, ovviamente, questa città."
Infilzò la forchetta dentro l'omelette al tartufo, "Possiedo tutto ciò che vedi... ma mai nulla mi è appartenuto."
Il balancer diede un sorso lento al thè nero della sua tazza in porcellana, catturato dalla pragmaticità di quelle parole.
"Sai quale è la differenza, Blake?" gli chiese, guardandolo negli occhi.
Il ragazzo rimase in solenne silenzio, senza dar risposta.
"La differenza è che solo ciò che ricambia il tuo Amore ti appartiene davvero."
Un timido brivido percosse il braccio di Blake, dal gomito fino alla punta del pollice.
"A volte ti appartiene anche senza averlo mai avuto." concluse l'anziano, addentando il cibo.

Accidentalmente, il balancer fece cadere sul pavimento una posata, tradendo un certo nervosismo.
"Mi scusi..." disse mortificato, piegando la schiena per raccoglierla.
"No, lasciala stare." obiettò Mr. Peace, pulendosi la bocca, "Un uomo come te non deve mai piegarsi."
Fece, così, un cenno a uno dei camerieri, il quale si apprestò diligentemente a riordinare tutto.
Il ragazzo si ricompose, "Nulla può appartenerci, signore. Perché non vi è Amore da ricevere su questo pianeta."
"Esatto, Blake. Esatto." assecondò, compiaciuto, il vecchio "È per questo che non provo alcun legame verso i miei possedimenti. Certo, sono qui. Sono tangibili. Ma non nutro alcun interesse a possederne altri. La cosa mi lascia del tutto... indifferente."
Blake annuì, con serietà.
"Finché nulla mi apparterrà, io sarò libero. È questa la vera libertà, ragazzo. L'amore rende solo schiavi... malati... bramosi di avere sempre più." prese in mano un cestino posto al centro della tavola, "Croissants?"
"No, grazie... sono apposto così." rispose Blake, parecchio scombussolato da quel discorso.
"Ti trovo in ottima forma."
"Mi piace tenere ordinato il mio aspetto, signore. Questo non significa certo essere vanesio. Credo che chi si trascura, in un certo senso manchi di rispetto anche agli altri."
Mr. Peace lo osservò con un velato sorriso, come se fosse orgoglioso.
"Sei sempre stato il migliore, ragazzo. Non avrei potuto fare scelta più giusta."
"A proposito di questo, signore..." Blake posò il cucchiaino sulla tovaglia, "Non le ho ancora espresso l'immensa gratitudine che provo nel lavorare al suo fianco. Credo che le parole non saranno sufficienti per spiegare quanto io mi senta onorato di essere stato investito di un tale incarico."
Mr. Peace allargò il petto.
"Le prometto che assolverò ai miei compiti col massimo impegno. Non la deluderò, signore."
L'anziano sorrise, guardandolo fisso negli occhi.
"A proposito..." disse, poi "Come procedono le indagini riguardo l'esplosione dell'Accademia Superiore?"
"I miei uomini stanno continuando a interrogare i docenti che erano presenti quella mattina nell'istituto. Pare che il soggetto sia una donna caucasica, età compresa tra i 22 e i 28 anni. Probabilmente una ribelle del movimento progressista. Ma capisce bene che è un po' come cercare un ago in un pagliaio. Le telecamere a circuito aperto sono state completamente distrutte durante l'esplosione e il fuoco ha carbonizzato ogni possibile prova indiziaria."
"Uhm. Capisco." asserì Mr. Peace, "Questo è ciò che il soldato mi dice. Adesso voglio sapere ciò che pensa Blake."
Il giovane rimase perplesso.
"Cosa ti dice l'istinto, ragazzo?" proseguì l'anziano.
"Parlare di istinto è un'eufemia, signore. Non credo di sapere cosa sia, a dire il vero."
Mr. Peace accennò una risata divertita, "Hai ragione ragazzo, che sciocco che sono." sfilò il tovagliolo dal colletto, "Allora dimmi cosa ti suggerisce l'esperienza che ti ha sempre contraddistinto."
Blake tentennò per un attimo, "So per certo che la prenderemo, signore. Non è arroganza, è solo il modo in cui andranno le cose. E quando l'avremo arrestata, le assicuro che pregherà il regno dei morti di accogliere la sua anima in fretta, perché le atrocità che l'attendono saranno ben peggiori di qualsiasi altro inferno. Dovrà essere pronta a tutto."
L'anziano si alzò dal tavolo, gettando il tovagliolo sul piatto. Passò accanto a Blake, posando una mano sulla sua spalla e, silenzioso, si allontanò, congedandosi soddisfatto da quell'incontro.

"Dovrai essere pronto anche tu, figlio mio." sussurrò tra sé e sé con uno sorriso sinistro, mentre andava ormai via.

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