• Capitolo XLII •

"Eccoci, siamo arrivate."
Skyler seguì, sommessamente, la giovane donna e la osservò con incredulità mentre questa apriva la porta del suo appartamento.
La fece accomodare dentro, scusandosi più e più volte per il disordine e l'aspetto abbastanza trascurato dei mobili.
Le vibrazioni con cui quella piccola e affollata abitazione le smossero l'anima furono impagabili e la fecero sentire subito al sicuro. Le stanze erano arredate con antichi cimeli in ottone e argento; i mobili, perlopiù di noce, sembravano incastrarsi alla perfezione fra gli angoli delle mura, tappezzate a loro volta da numerose foto incorniciate.
"Questo posto è bellissimo..." sibilò la ragazza, improvvisamente rinvigorita.
"Beh, ti assicuro che esiste anche di meglio, qui nel Sottosuolo." rispose lei, sorridendo.
Skyler prese in mano un piccolo orologio a cucù, non più funzionante, "La mia casa non ha nemmeno la metà degli oggetti che conservi in questo salotto..." le ripose e alzò lo sguardo verso lei, "Come ti chiami?"
"Che stupida... ti porto fin qui senza nemmeno presentarmi."
Avanzò di qualche passo verso Skyler, "Sono Xenia." rispose, facendole segno di sedersi sul vecchio divanetto che occupava la stanza.
La ragazza accolse l'invito e vi si accomodò, ancora turbata dall'aggressione di Alan.
"Mi dispiace per quello che è successo poco fa..." riprese, tirando le maniche della sua maglia, "Alan diventa più stronzo del solito quando si dà allo sballo."
"Quanto è durata fra voi?" chiese Skyler, spiazzandola.
"Cosa?! No, cioè..."
"Andiamo..." disse, scrutandola "Ho visto come lo hai guardato. E se continui a tirare quel maglione, finirai per sformarlo."
La giovane consigliera deglutì e prese posto accanto, "È stata solo la follia di una notte. Ma giuro su Dio che se avessi la possibilità di tornare indietro, mi risparmierei volentieri tutta quella squallida faccenda." rispose, con un leggero velo di vergogna sul volto.
A Skyler sfuggì un lieve sorriso, "Che figlio di puttana..." commentò, a bassa voce.
"Già..."
Xenia tornò a guardare la giovane, soffermandosi sulle braccia "Dovrei avere del disinfettante in bagno..."
"Oh, no. Non preoccuparti. Sono solo dei piccoli graffi... credo che riuscirò a superare la notte." le disse, accennando un sorriso di circostanza.
"Pensi di riuscire a superarla davvero?" chiese istintivamente Xenia, indagando dentro gli occhi di Skyler, che ricambiò a quello sguardo con un'improvvisa sensazione di turbamento e disagio.
Sapeva a cosa si stesse riferendo, sapeva a quale maledetta questione fosse rivolta quella domanda. Ma non se la sarebbe mai aspettata. Non in quel modo, non con quella carica invadente.
"Grazie per essere intervenuta al Neon Demon e per avermi accolto in casa tua. Ma adesso devo andare, prima che la metro chiuda."
Si alzò di scatto, scappando via da quell'insidioso punto interrogativo, con la stessa frenesia di una preda sotto bersaglio.
"Aspetta!"
La consigliera scavalcò rapidamente la ragazza e si impose davanti la porta, "Io so perché sei venuta alla festa..."
Corrugò la fronte, iniziando a chiedersi cosa stesse accadendo, "Come pensi di poterlo sapere, se il motivo non è chiaro nemmeno a me..."
"Hai deciso di andarci solo perché non riusciresti a trascorrere nemmeno un minuto accanto a lui, stanotte. Avevi bisogno di un palliativo, di una distrazione. Tu stai fuggendo." emise, tutto d'un fiato, iniziando ad ansimare.
Le palpebre della ragazza parvero tremare per qualche frazione di secondo. Si accostò al divano, indietreggiando, e poggiò una mano sopra lo schienale.
"Cosa... cosa vuoi da me, Xenia." le disse, irrigidita come una statua di marmo.
La giovane donna le si avvicinò, staccandosi dal robusto legno della porta, "Io conosco esattamente il vortice di emozioni che ti sta inghiottendo..." sibilò, tremante "E lo conosco perché..." deglutì e tirò fuori dal girocollo una catenina con appeso un particolare ciondolo, "...perché ho vissuto lo stesso tipo di amore."
Alla vista di quella collana, gli occhi di Skyler si spalancarono: lo stemma in metallo di un grado militare penzolava davanti al suo viso incredulo. Era identico ad una delle spille che portava sul petto Blake. Non poteva che essere appartenuto ad un balancer.
Avanzò con passo deciso, "Tu..." le prese le mani, "...Quale è il suo nome, Xenia."
La consigliera, allora, si abbandonò ad un'espressione di profondo sconforto e strinse forte le mani di Skyler.
"Che importanza ha un nome di fronte all'assenza?" chiese, retorica, buttando giù un nodo amaro.
"Credevo di essere sola a questo mondo... credevo di essere una folle..."
"Non lo sei, Skyler." replicò lei, "L'amore che provi per quel balancer è lo stesso che tiene ancora caldo il mio cuore, nonostante tutto."
Il suo viso si fece scuro.
La giovane corrugò la fronte, percependo subito le tenebre che avevano avvolto Xenia, "Dimmi cosa è successo."
La donna provò a far uscire le parole, ma la voce tentennò sulle prime sillabe. Skyler la rassicurò, dicendole che avrebbe dovuto fidarsi di lei, che era l'unica persona che avrebbe potuto essere pronta a quel racconto. Mentre lo faceva, però, cercava di dare forza anche a sé stessa, di prepararsi a qualsiasi cosa avrebbe sentito.

"Siamo stati insieme per più di un anno." esordì, improvvisamente, Xenia, con occhi colmi di commozione.
"Quattordici mesi, per l'esattezza. I quattordici mesi più belli e paurosi della mia vita."
"Come è iniziata fra voi?" domandò Skyler, pacatamente, quasi a non voler invadere quel suo momento di intima fragilità.
"Ero da poco entrata a far parte del Consiglio, il membro più giovane mai passato fra i banchi della Resistenza. Ero entusiasta ma, allo stesso tempo, tesa e smaniosa di conquistare il loro rispetto. Mi diedero un incarico... roba da poco, ripensandoci adesso. Girava voce che, al porto, un gruppo di equilibratori avesse scoperto la vera identità del nostro gancio, il mendicante di osm. Avrei dovuto perlustrare la zona, per qualche settimana, accertandomi che la situazione non degenerasse, fin quando i sospetti non si fossero spenti da soli. Fu proprio durante quel periodo che iniziai a vederlo. Faceva il giro dell'isolato, dai navigli fino alla stazione metropolitana. Mi guardava in maniera sempre più insistente e questo mi terrorizzò, i primi giorni, perché credevo che inspiegabilmente fossi stata scoperta, pur non facendo nulla di strano."
Skyler ascoltava in solenne silenzio la ragazza, totalmente assorta nel mare di quelle parole cariche di ricordi.
"Una mattina stavo leggendo il giornale governativo, seduta nella piazzola centrale, a qualche metro dai ponteggi. Notai che disse qualcosa ai suoi colleghi, dopodiché avanzò verso me. Mi sentii morire... non immagini neanche lontanamente gli assurdi pensieri che mi sfiorarono la testa, durante quei secondi."
"E poi? Poi cosa accadde..."
"Mi passò accanto, con la pistola di servizio in bella mostra e mi sussurrò di seguirlo dietro il furgone blindato. Pensavo di essere finita, di morire indegnamente poco più che ventenne." esitò per pochi istanti, "Invece mi prese le mani, lasciandomi sul palmo un piccolo bigliettino col suo indirizzo... e, senza dire nulla, tornò dai colleghi."
Skyler sorrise con dolcezza, "È una storia magnifica..."
A quel punto, però, la consigliera fu attraversata da un brivido e il tono della sua voce iniziò a farsi sempre più scostante, "Nascosi tutto alla Resistenza e lui fece lo stesso, ovviamente. Sapeva che ero una ribelle ma accettò il mio status ed io... il suo. Vivevamo il nostro amore nascosti, come due fuggitivi, vedendoci ogni volta fosse possibile. Era così frustrante... così crudele. Sentivo che l'ingiustizia gravava sulle nostre teste e mi chiedevo per quanto tempo avrei dovuto continuare in quel rapporto clandestino."
Una lacrima fuggì via, "Una mattina mi chiamò. Piangeva, era disperato. Diceva che non ce la faceva più, che si sentiva sporco, un traditore del governo. Si vergognava di indossare ancora quella divisa e, allo stesso tempo, non riusciva a perdonarsi il fatto che non potesse darmi le attenzioni di cui avevo bisogno e la vita che meritavo."
Abbassò il volto, mentre gli occhi si arrossavano, riempiendosi di lacrimoni, "Continuavo a ripetergli di calmarsi, che le cose sarebbero migliorate... ma lui sembrava non sentire ragioni. Mentre gli parlavo, correvo disperatamente verso la sua abitazione, ma era troppo lontana ed io troppo poco lucida per ragionare." Prese un profondo respiro e chiuse gli occhi, "L'ultima cosa che sentii dirgli fu che mi amava e che sperava io potessi perdonarlo, un giorno."
Skyler deglutì e strinse la mandibola, "Xenia..." sibilò, tremando.
"Lo trovai immerso in una pozza di sangue..." la interruppe subito lei, mentre il sale fluiva veloce dalle gote, "Si era sparato un colpo... un... un colpo sulla tempia..." balbettò, singhiozzando.
Skyler non riuscì a reggere l'emozione e scoppiò anch'essa in lacrime, abbracciando Xenia, oramai fragile e vulnerabile più di un vaso in cristallo.
"Questa fu l'unica cosa che riuscii a prendere..." proseguì, stringendo in un pugno il ciondolo, "L'unica cosa che mi resta di lui..."
"Guardami, Xenia." disse la ragazza, prendendole il viso bagnato fra le mani, "Di lui ti resta molto più che uno stemma. Di lui ti resta l'amore che ti ha donato... i giorni felici che ti ha dedicato. Questo ti resta."
Il giovane membro strizzò gli occhi in una smorfia contrita di dolore, "Avrei potuto salvarlo... SE SOLO FOSSI ARRIVATA IN TEMPO, FORSE LUI SAREBBE ANCORA QUI!!!"
"Non è così... sai che non è così." rispose Skyler, guardandola dritta negli occhi.

Xenia sembrò riacquistare un barlume di senno ed asciugò le lacrime.
"C'è una cosa che devi sapere, qualcosa che non sentirai ripetere da nessun altro membro del Consiglio."
La ragazza la osservò perplessa, impaurita.
"La Resistenza non ha torto, Skyler. Ma non ha nemmeno del tutto ragione."
Il cuore della giovane risuonò in un sordo tonfo.
"Fa ciò che ti rende felice, non ciò che è più giusto. Sii egoista, Skyler. Ogni guerra nasce dal seme dell'egoismo." sentenziò, seria.
"Lui... lui non è umano, Xenia!" replicò allora lei, in balìa di una tempesta di sentimenti.
La ragazza rimase in silenzio. Poi, alzò il mento, assumendo una postura fiera che quasi ne ingannava la giovane età.
"E cosa mai può importare, quando anche il suo cuore pulsa allo stesso ritmo del nostro?"
La consigliera, quindi, si allontanò, ricomponendosi e recandosi verso il cassetto di un imponente scrivania antica.
"Perché mi stai dicendo questo. Cosa... cosa ti aspetti che faccia?!" chiese Skyler, osservandola fare.
"Voglio solo assicurarmi che tu non condanni la tua vita allo stesso rimorso che vivo quotidianamente io." rispose, tirando fuori dal mobiletto una calibro 38.
"Ho visto sacrificare troppo amore in nome di una causa che dovrebbe, invece, difenderlo." concluse, ritornando dalla ragazza e porgendole l'arma davanti.
Skyler osservò la pistola con occhi spalancati e intimoriti.
"Prendila. È di vecchia fattura, ma meglio di niente."
Allungò lentamente la mano, impugnando l'arma, gelida al contatto con la pelle.
"Perché." sussurrò.
Xenia strinse i denti e portò i capelli neri all'indietro, "Da qualsiasi parte deciderai di stare, avrai comunque dei nemici dall'altra."
Skyler annuì, reclinando in giù il viso pallido.
La consigliera la scrutò un'ultima volta, "Buona fortuna, amica mia."

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