• Capitolo XCVII •
Salve lettori! Questo è un capitolo multimediale. So che molti di voi hanno difficoltà a riprodurre i brani durante la lettura. Il problema è che Wattpad non permette la riproduzione continua per gli Android. Per cui vi consiglio di avviare il brano direttamente da Spotify (o app simili) per superare questo disagio, giunti al SECONDO spaccato del capitolo. Buona lettura!
Respirava a pieni polmoni l'ossigeno del sottobosco, affondando le suole sul tappeto di foglie umide di rugiada. Il sole rischiarava le fronde, senza riuscire a penetrare oltre i rami dei pioppi e dei giovani pini, e un leggero fruscìo di vento gli sfiorò il viso: sembrava stesse per piovere. Il balancer sentì troneggiare in lontananza ma ormai aveva imparato a leggere i segnali del tempo, come un abile esploratore inghiottito dalla tormenta invernale.
Avanzò verso nord, portando con sé la vecchia beretta su una spalla e quella vibrante nuova consapevolezza dentro al petto. Le avrebbe detto che sarebbe diventata madre, che quella creatura sarebbe stata la loro, loro soltanto. Che tutto sembrava così assurdo e incredibile da non doverci pensare poi troppo, che bisognava solo lasciare andare, accogliere quell'evento con la speranza di un futuro migliore. Tutto poteva ancora succedere, tutto poteva ancora stravolgersi e loro ne erano la prova vivente.
Ma, il sorriso che era nato inconsapevolmente sul suo viso, si smorzò presto, soffocato da un dolore improvviso alla tempia. Barcollò sul terreno, trovando appoggio contro un tronco massiccio, e toccò la testa senza notare alcun segno. Fu in quel momento che capì. Destò gli occhi verso l'orizzonte e iniziò a correre come una lince tra gli arbusti e le radici resinose. Si fece largo tra i rami secchi di un vecchio roveto, graffiando mani e volto, senza accorgersi minimamente del dolore. L'adrenalina era già entrata in circolo, così come la paura che stesse accadendo qualcosa di terribile. Risalì velocemente la collina, ormai col fiato in gola, e intravide in lontananza la casa. In poche manciate di secondi attraversò il campo che aveva arato all'alba, calpestando qualche germoglio di fava. Spalancò la porta di casa che dava sul retro e iniziò a chiamare il nome della giovane.
"SKYLER!" urlò, imbracciando il fucile. Dentro la piccola cucina si era posato quasi un silenzio surreale, come minuscoli lapilli di polvere adagiata sulle mensole. Si affacciò, allora, sulla camera da letto, ma la brandina era ordinatamente sistemata, con la coperta ricamata ben ripiegata ai lembi e i cuscini gonfi sistemati con cura al centro.
Ritornò quindi sul corridoio, mentre le assi cigolavano alla pressione del suo peso, e avvertì mugire in lontananza. Scattò allora verso il portico, dirigendosi precipitosamente in direzione della stalla.
"BLAKE!!!" gridò la ragazza, vedendolo finalmente arrivare.
Aveva le mani legate dietro la schiena e una vistosa ferita al lato della fronte. Il sangue aveva macchiato i capelli ed era colato sul lato sinistro del viso, che ora appariva pallido e terrorizzato.
Il giovane sentì una scossa elettrica percorgliergli la colonna vertebrale e, istintivamente, fece per fiondarsi su lei. Ma, repentino, un uomo sbucò da dietro il pollaio, succhiando dal guscio un uovo appena raccolto.
"È delizioso..." esordì, avanzando verso Skyler e mantenendo sull'altra mano un 87 target.
Blake tese prontamente la beretta verso lo sconosciuto, pronto a fare fuoco senza alcuna esitazione.
"Ti conviene gettare subito quel fucile, balancer, se non vuoi che alla tua donna salti in aria il cervello." rigettò lui, asciugandosi la bocca e buttando via il guscio.
Skyler osservò dritto negli occhi il ragazzo, come a volergli consigliare di fare come l'uomo aveva detto.
Così, il giovane lasciò andare lentamente l'arma, gettandola sul fieno.
"Dagli un calcio." ordinò lo sconosciuto, serio in viso.
Il balancer strinse i denti e allontanò con la gamba la beretta, "Chiunque tu sia e qualunque cosa tu sia venuto a fare, prenditela con me. Lei non c'entra niente."
L'uomo sorrise, sprezzante, "Mi dai consigli, balancer?" si avvicinò alla ragazza, prendendola dai capelli e portandola davanti a sé, "Io non accetto consigli dai miei nemici, né tantomeno dai traditori."
Blake strinse i denti, lottando contro all'istinto di avventarsi sull'uomo. Doveva mantenere i nervi saldi, come un buon soldato, e trovare la giusta chiave per sbloccare quella situazione. Decise quindi di farlo parlare, cercando di prendere ancora del tempo.
"Qual'è il tuo nome? Da dove vieni?"
"Mi chiamo Misha, Misha Bartol." rispose, alitando a pochi centimetri dal viso della ragazza, che continuava a guardare col mento all'insù le travi in legno del capanno.
"Va bene, Misha. Io sono Blake. Immagino che tu mi conosca come B-273, ma voglio tu capisca che quella sigla non mi appartiene più ormai. Sono solo un uomo come tanti altri... e non ho intenzione di creare problemi a nessuno."
"Ma certo..." rispose lui, portando bruscamente all'ingiù la testa di Skyler e scoprendo la nuca, "C-1022!" lesse a gran voce, quasi delirante, "È un bel nome per una puttana."
La giovane strizzò gli occhi, tentando di farsi forza e non cedere allo sconforto.
"Lasciala stare, Misha. Le stai facendo male." replicò Blake, controllando il respiro.
"NON DIRMI COSA DEVO FARE!!! NON PRENDO ORDINI DA UN BASTARDO!" gridò, con un guizzo di follia che trasalì dalle iridi, puntando l'arma un po' verso la ragazza, un po' verso il balancer.
"Prendi tutto ciò che vuoi, Misha. Prendi gli animali, le provviste, anche le armi se ti gioveranno. Ma lasciala andare. Qualsiasi cosa tu stia pensando adesso di fare, non ti farà sentire meglio."
Dilatò la bocca a un sorriso delirante, "Sei ridicolo, balancer." rispose, stringendo a sé la ragazza, "Ho camminato per sei giorni per arrivare fin qui. Ho lasciato mia moglie e i miei tre figli a casa, assicurando loro e alla mia gente che quando avrei fatto ritorno, avrei portato con me anche i vostri due cadaveri. Le bambine mi hanno sorriso... magre come sono si riescono a vedere i denti contro la pelle, anche senza bisogno di aprir bocca. Il maschio, invece, ha solo pochi mesi ed è già malato. Mia moglie piange tutte le notti perché sa che è solo questione di giorni. Non so nemmeno se potrò ancora rivederlo quando tornerò al mio villaggio. Ma ho deciso di assumermi anche questo rischio, perché qualsiasi cosa succeda, nulla potrebbe darmi più gioia di vedervi morti. Appena è giunta voce della tua presenza qui... non ho potuto resistere. Dovevo esserci. Se tutto questo sta succedendo è solo per colpa vostra."
Blake deglutì e fece un profondo respiro, "Ascolta, Misha. Ho fatto cose orribili nel corso della mia vita. Mi sono macchiato di atti ingiustificabili che non mi saranno mai perdonati. Sono io il primo a non riuscire a farlo. Convivo ogni minuto... ogni secondo della mia esistenza con questo macigno. È un peso sul petto che non andrà mai via, una condanna a morte, Misha. E accetto... accetto questa mia sorte, perché sono stato io stesso a scriverla. Viviamo di conseguenze, Misha. Ma possiamo ancora decidere. Siamo liberi di farlo... le cose non devono andare per forza in quel modo. Tu puoi ancora salvarti a differenza mia. Non condannare anche la tua vita allo stesso inferno in cui è immersa la mia. Ti... ti supplico. Lasciala andare."
Una lacrima cadde giù dal viso di Skyler, mescolandosi al sangue scuro.
"Non mi intenerisci, balancer. Meriti di soffrire così come hanno fatto e stanno facendo i nostri fratelli. Non ti permetterò di vivere una vita normale, tu non la meriti."
L'uomo portò la pistola alla tempia della giovane, che gonfiò il petto al contatto della canna fredda contro la testa.
Il cuore di Blake sussultò, scattando con un piede avanti, "Misha, ascoltami! Non è così che troverai pace. CREDIMI. Ci sono passato anche io. Non condannarti."
"FOTTITI, BALANCER! FOTTITI!!!" urlò lui, grondando sudore dalla fronte, "SEI SOLO UN MOSTRO E LEI... LEI È PEGGIO DI TE!!!" premette ancor di più l'arma contro la giovane, che si lamentò silenziosamente per il dolore, ormai col battito a mille.
"Ti prego non farlo..." sibilò lei, con gli occhi serrati.
"E perché non dovrei farlo?! PERCHÉ NON DOVREI FARLO!!!"
"PERCHÉ È INCINTA, MALEDIZIONE!!!" sbottò il ragazzo, ansimando.
Skyler aprì gli occhi e osservò incredula il volto di Blake, che le ricambiò uno sguardo colmo di frustrazione.
"Aspetta un bambino..." proseguì, quasi con tono sconfitto, "Aspettiamo un bambino. È così." ribadì, guardandola.
Una nuova lacrima scivolò sulle labbra semi aperte della ragazza, che sentì come un fuoco accendersi allo stomaco e bruciare fino a raggiungere il petto e le braccia, il collo.
Misha esitò solo per qualche istante, ormai preda della sua stessa follia, "Non mi importa..." disse, "Anzi, ancor meglio!"
Abbassò l'arma puntandola contro al ventre e guardando, soddisfatto, il viso di Blake impallidirsi più di prima.
Skyler lasciò scappare un lieve grido, subito mozzato dal suo stesso respiro che iniziò a farsi sempre più concitato.
La situazione stava precipitando e non sembrava affatto esser migliorata.
Il balancer, allora, riuscì abilmente a prendere ancora altro tempo e, mentre parlava all'uomo, lanciò uno sguardo d'intesa alla ragazza, la quale si rese conto che l'indice e il medio stavano lentamente scivolando verso la cinta, con movimenti impercettibili e cauti.
"Fanculo alle tue puttanate!" sentenziò Misha, all'ennesima richiesta di non compiere quella pazzia, "Andate all'inferno..."
I successivi attimi furono confusi e febbricitanti. L'uomo fece per premere il grilletto ma, con un ultimo sguardo lanciato alla ragazza, il balancer tirò fuori un coltello da caccia, sferrandolo con estrema velocità in direzione dello sconosciuto. Skyler, nel frattempo, aveva prontamente captato il segnale di Blake e, ripiegando le gambe, si era lasciata cadere a peso morto sulla paglia e la fanghiglia. Un ciuffo di capelli fu attraversato e falciato dalla lama che, in qualche frazione di secondo, raggiunse la fronte di Misha, il quale rimase per pochi istanti ancora eretto, per poi crollare come un sacco di carbone sulla ragazza, che emise un urlo finale di orrore.
Blake si fiondò su di lei, togliendole di dosso il corpo ormai inerme dell'uomo, e lottò coi movimenti scomposti della giovane, in preda a un pianto isterico di rabbia e panico.
"È tutto vero, Blake? Ciò che hai detto... è... è la verità?" gli chiese, singhiozzando.
Le liberò i polsi, su cui la corda aveva già lasciato solchi violacei, e la portò al suo petto, stringendola forte mentre sangue e terriccio si confondevano insieme.
"Sì..." rispose, "È la verità."
Skyler alzò lo sguardo e allontanò leggermente il busto da lui, osservandolo dritto negli occhi.
***
Avviate il brano "Wait" degli M83 ;)
Skyler sfiorò col palmo il ventre, sdraiata a riposo sul letto su cui l'aveva adagiata con estrema cura il balancer, che ora era tornato fuori a disfarsi di quel corpo privato di vita. Lo osservò da lontano, attraverso i centimetri opachi della piccola finestra. Stava per piovere e lui era in giardino a seppellire un uomo che non avrebbe voluto uccidere. La giovane ritrasse la mano dalla pancia e ripensò a quelle parole e a come quella vita fosse così crudele e priva di alcun logico significato. Sentiva un peso dentro al petto, una paura vigliacca che continuava a tormentarla.
Manda i tuoi sogni
Dove non si nasconde nessuno
Avrebbero avuto un bambino. Era reale? La testa sembrava volersi staccare dal collo e rotolare giù fino ai piedi del comodino. Rivolse lo sguardo ancora verso il giardino: il ragazzo aveva preso delle coperte e una corda per fare scendere il cadavere.
Dai le tue lacrime
Alla marea
Sembrava pallido e serio in viso, sapeva che non stava bene. Cercava di nasconderglielo, lo faceva per amore e il solo pensiero la uccideva. Non si trattava più di un semplice legame, non era solo una tormenta del cuore.
Il loro rapporto era ormai viscerale, spirituale e animale al medesimo tempo. Il dolore di Blake era il suo, e viceversa.
Non c'è più tempo
Ne riusciva a percepire il battito, il respiro, il flusso di adrenalina tra le vene dei polsi. Conosceva nel profondo i suoi pensieri, i timori e le ossessioni che lampeggiavano dentro alle iridi blu oltremare.
Non c'è più tempo
Se lo avesse perso, allora avrebbe perso la sua stessa vita. Se lui fosse sparito d'un tratto, come quei fulmini che adesso imprimevano in lontananza lampi sulla lastra fotografica del cielo, lei sarebbe sparita con lui. Erano uno, lo erano sempre stati, ancora prima di appartenersi. E, adesso che qualcosa nell'aria sembrava che stesse per travolgerli, aveva come l'impressione di galleggiare in un oceano e, quel letto, la sua zattera scricchiolante.
"Bisognerà cambiare tutto..." sussurrò tra sé e sé, quasi disorientata, "Prima che arrivi la tempesta."
Il balancer sentì sul viso le prime gocce di pioggia, mentre una carezza di vento gli sfiorava gentilmente lo zigomo.
"Cambierà..." bisbigliò intimamente d'un tratto, alzando gli occhi verso le nuvole.
Non c'è fine
Non c'è addio
Tornò a guardare il terreno umido e, prendendo in mano la pala, iniziò a gettare più terra possibile dentro la fossa, con estrema mestizia, fino a riempirla del tutto, così come piena di fango era adesso anche la sua testa.
L'acqua aveva bagnato i capelli argentei e inzuppato la canotta, macchiata di sangue.
Scomparso con la notte
Se la sfilò via, percependo un leggero sollievo che prevaricava sul freddo pungente. Abbandonò poi vicino al cumulo tutti gli strumenti e si avviò verso il portico, senza più guardarsi indietro.
Skyler lo vide avvicinarsi e non esitò a dirigersi verso la porta d'ingresso, ancora confusa e barcollante.
"Torna a letto..." le disse il giovane, trovandosela di fronte, "Devo medicarti quella ferita alla tempia." proseguì, cupo in viso.
"Io... io sto bene." attraversò insieme a lui il corridoio, portandosi nuovamente sulla brandina.
Non c'è tempo...
Il balancer bagnò un vecchio straccio di cotone con dell'alcol, mettendosi a sedere davanti a lei, "Brucerà un po', lo sai già."
Il panno sembrò sfrigolare contro la ferita, ma le parve quasi di non sentire alcun fastidio. La sua attenzione gravitava ormai completamente sullo sguardo smarrito di B-273.
"Non è colpa tua." gli disse, allora, spezzando il silenzio.
Il giovane mantenne il braccio alzato sulla sua testa e deglutì.
"Blake? Mi hai sentito? Non è colpa tua." insistette, con occhi lucidi, posando una mano sul suo polso.
"Non so cosa mi stia succedendo, Skyler." rispose, "Non voglio farVi del male. Io... io non voglio..." crollò col viso sul suo ventre, scoppiando in lacrime.
Non lo aveva mai visto così vulnerabile. Le sembrò per un attimo che sarebbe bastato sfiorarlo per frantumarlo in mille pezzi.
Gli accarezzò così i capelli, piegando il collo a dargli un bacio sulla testa, "Non dire così, ti prego... tu mi ami."
Gli prese il volto, portandolo a un palmo dal suo, "Blake... tu mi ami. Non potrei mai avere paura di questo. Per nulla al mondo."
"Cercheranno di farti del male... per punire me." le vene della fronte erano gonfie e pulsavano contro la pelle della ragazza, "È da quando sono nato che mi trascino dietro solo morte. Morte e distruzione. È il prezzo che ho da pagare. Forse... forse è il mio destino."
"No. Tu non lo permetterai." replicò lei, mordendo tra le labbra una celata preoccupazione, "Perché sei forte... lo eri ancora prima che ti conoscessi. E lo sei stato ancora di più dopo. È la tua natura Blake. Hanno cercato di fare di te una mera macchina da guerra, ma sai cosa? Hanno fallito, miseramente. Tu sei molto più di quello, me lo hai sempre dimostrato."
"Non... non adesso."
Gli prese allora una mano e la portò alla pancia, "Tocca..." sussurrò, poi, "È questa la nostra forza adesso... non è così?"
Nuove lacrime fluirono sulle gote del balancer.
"Blake..." la giovane lo accarezzò, "È nostro figlio. Ci pensi? Non... non è forse un miracolo? E se fosse un... un segno? Forse siamo a un punto di svolta."
Lui strinse i denti e annuì, poggiando la fronte contro la sua.
Skyler si aprì ad un sorriso bagnato di acqua e sale, "È proprio così. Le cose possono ancora cambiare. Lui... lui è il nostro miracolo... e allora... allora c'è ancora speranza. Possiamo cambiare questo mondo... possiamo farlo, tu ed io. Ma ho bisogno che tu resti con me... ho bisogno che tu sia presente, come è sempre stato. Questo devi promettercelo." gli disse, con un filo di voce, mantenendo chiusi gli occhi.
Il ragazzo rimase in silenzio ad ascoltare quelle parole che scorrevano dalle labbra di Skyler come limpida acqua di un ruscello a valle. Lei schiuse le palpebre e gli tirò in su il mento, cercando di recuperare tutta la forza d'animo che le era rimasta. Sarebbe diventata madre, sentiva il dovere di essere forte.
"Blake, promettimelo. Promettimi che lotteremo insieme."
La osservò profondamente, fino quasi a scavarle le iridi, "Anche a costo della mia stessa vita." rispose, finalmente.
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