• Capitolo XCIV •
Quattro mesi dopo
...
Il respiro si faceva sempre più concitato e i piedi affondavano velocemente sul fogliame. Skyler arrestò la sua corsa al di sotto di una lunga pianura di pini altissimi: l'aria era fredda intorno a lei e vapori di condensa, più pesanti dell'aria, galleggiavano densi all'altezza delle sue ginocchia. Si guardò attorno, sapeva già cosa sarebbe successo, bisognava solo attendere un altro po'. Una parte consapevole di sé stessa aveva già vissuto quell'istante innumerevoli volte: l'epidermide rinsecchita delle sue dita già percepito quel gelo spettrale, il suo cuore già emesso quei tonfi sordi ma incessanti.
"Ebbene, signorina Anderson..." una voce profondissima e, al medesimo tempo, vicina e lontana percorse la radura. Era lui, era Mr. Peace.
L'anziano avanzò dagli alberi fino al suo cospetto, senza la necessità di posare le fragili ossa su alcun bastone o sedia a rotelle. L'aspetto era raggiante, il suo incarnato roseo e sanguigno, ben distante dal pallido viso ingrigito della giovane, che adesso lo osservava quasi con aria terrorizzata.
"Ci incontriamo sempre nelle occasioni meno consuete, non trova? Forse è questo il nostro destino."
Skyler deglutì, "Come... come ha fatto a trovarmi?!"
Il vecchio sorrise, "Oh, mia cara... io ho sempre saputo dove fossi. Tu... il mio Blake, la vostra nuova casa in collina. A proposito, i miei migliori auguri per il vostro futuro insieme. Sarà breve, è vero... ma non si dice forse che le cose più belle vivano un giorno proprio come le rose?"
I battiti presero ad accelerare, "Lasciaci in pace, io... io ti supplico."
Si rese, tuttavia conto, che l'anziano non mostrava il benchè minimo accenno che potesse far credere ad una qualche empatia nei suoi confronti.
"SMETTILA DI TORMENTARCI!!!" urlò allora, serrando la mandibola, mentre la fitta nebbia risaliva fino ai loro volti.
"Dammelo. Io voglio lui." disse Mr. Peace.
"Blake non tornerà mai più da te." replicò lei, con disprezzo e coraggio, osservandolo dritto negli occhi.
"Se non posso averlo io, allora non lo avrà nessuno." affermò solenne lui, ruotando lo sguardo verso un'imponente quercia secolare.
La ragazza seguì paralizzata i suoi occhi, vedendo poi ai piedi della spessa corteccia resinosa il balancer dilaniato e privo di vita.
"NO!!!"
Gli si precipitò subito addosso, senza pensarci un secondo, ma il corpo sembrava già una fredda tavola di marmo e gli occhi madreperla opaca.
Sentì l'anima infrangersi in mille pezzi e urlò per interi minuti, tenendolo stretto al suo petto, ma era come se la gola non riuscisse a tirar via una sola nota.
"Io voglio lui. Dammelo." ripeté l'anziano, con fermezza.
Le lacrime fluivano severe sulle gote della ragazza, "Lui... lui è morto!!! Sei stato tu ad ucciderlo!!! Guarda... guarda cosa hai fatto..."
"Io voglio lui."
"...Lui?!" disse Skyler, oramai nella totale disperazione, "Lui chi?! Che diavolo significa?!"
Mr. Peace la osservò in silenzio ancora per un attimo, poi voltò le spalle e iniziò ad allontanarsi.
"NO! ASPETTA!!!"
La ragazza ritornò in piedi, correndo in direzione dell'uomo, ma era come se la nebbia lo avesse risucchiato con sé.
A quel punto sentì la testa girare forte e gli alberi del bosco muoversi in una danza incessante intorno a lei. Perse l'equilibrio, cadendo sul terriccio umido e, per un'istante, pensò che sarebbe stato meglio morire e diventare cibo per i vermi. Risalirono allora tra le foglie cori indistinti di voci angoscianti, la stavano chiamando e si facevano sempre più forti fino a farle male alle tempie, che presero a pulsare dolorosamente. Serrò le braccia intorno alla testa e si strinse su sé stessa.
"Basta... vi prego!!! Basta... Basta..."
Percepì poi qualcosa afferrarle il braccio e schiuse gli occhi, colmi di lacrime.
Blake la osservò, visibilmente allarmato, "Ehi, sono qui. È tutto finito... sta tranquilla."
La giovane sprofondò fra le calde braccia del balancer e si rese conto di essere a casa, avvolta dalle morbide coperte che lei stessa aveva trapuntato insieme all'aiuto dell'amica Zorah, poche settimane prima. Probabilmente era ancora mattina, poiché la luce che fendeva la tenda di raso grezzo era bianca e pallidissima, così come il suo viso.
"Un altro brutto sogno, non è così?" le chiese, asciugandole una lacrima.
Blake aveva già addosso i suoi consueti abiti da lavoro. Da quando si erano trasferiti nella nuova casa, si era occupato di tutti i lavori necessari per ridare vita a quella vecchia catapecchia sperduta in una delle collinette più alte dell'intera area. Avevano deciso di stabilirsi lì, lontano dai villaggi e dagli sguardi ostili della gente, che mal tollerava la presenza del balancer da quelle parti e, ancora meno, l'idea di saperlo felice e realizzato al fianco di una donna che, agli occhi di tutti, incarnava il più meschino tradimento degli ideali rivoluzionari di Parabellum.
"Sì... sempre lo stesso." rispose lei, aggiustando i capelli dietro i lobi delle orecchie.
"Ancora sicura di non volermene parlare?"
Blake la scrutò con estrema pazienza.
"Preferisco di no... scusami. È doloroso."
"Forse invece ti farebbe bene. È da mesi che va avanti così. Perché non vuoi parlarmene? Cosa succede nel sogno, Skyler."
La giovane alzò lentamente lo sguardo verso lui e il flash del suo corpo irrigidito e coperto di vivido sangue le balenò davanti agli occhi, "Mi dispiace... ma non voglio farlo."
Il balancer sospirò e reclinò la testa in direzione della trapunta, mettendosi in piedi, "Va bene. Immagino che sia una di quelle cose che mi dirai se e quando i tempi saranno maturi." concluse, posando la spalla contro al cornicione della porta.
Skyler affondò i gomiti sul materasso e sorrise teneramente, "Sei diventato bravo. Ottima gestione della calma."
"Non ci provare, signorina Anderson..." raddrizzò lui, accogliendo quella provocazione.
"Signora Anderson. Il mio dolce maritino si offenderebbe se la sentisse parlare così."
Il balancer accettò divertito il colpo, "Ok, l'hai voluta tu!" esclamò, ritornando sul letto e iniziando a solleticarla ai fianchi.
La ragazza prese a ridere a perdifiato, provando a scalciarlo via, ma Blake le bloccò prontamente i polsi, portandosi faccia a faccia.
"Ti arrendi?"
"Non lo farò mai." gli rispose, ancora ansimante, "Non mi arrendo." riprese, adesso quasi seria, ripensando ai discorsi di Mr. Peace in sogno.
Il ragazzo annuì lievemente e le posò un leggero bacio sulle labbra, per poi lasciarle libere le braccia.
"Hai delle uova strapazzate in cucina."
"Dove vai?"
Blake avanzò verso il piccolo corridoio, "Devo terminare i lavori al recinto, prima che qualche pollo scappi via come la settimana scorsa."
"Posso aiutarti." rispose lei, facendo subito per alzarsi dal letto.
"No, sei pallida. Riposa un po' per oggi. Me la cavo bene con chiodi e martello."
"Insisto." ribatté, mettendosi in piedi e lottando contro il senso di vertigine.
"Solo se prima farai una buona colazione, soldato."
Skyler sorrise e lo superò, non prima di avergli lasciato una dolce carezza sul viso, carica di bene.
***
Il martello batté un ultimo colpo sulla faccia piatta del chiodo, che si conficcò per bene tra le fitte venature del legno.
"E con questo abbiamo finito..." commentò Blake, asciugando la fronte e togliendo via dai pantaloni qualche filo di fieno rimasto incastrato tra la trama del tessuto.
La ragazza posò le mani sui fianchi e osservò con una certa soddisfazione il lavoro concluso. La staccionata era venuta proprio bene e, nel complesso, quella piccola stalla, ora quasi del tutto rimessa a nuovo non somigliava affatto alla fatiscente baracca che avevano trovato davanti agli occhi al loro trasferimento. Il balancer aveva davvero fatto un ottimo lavoro durante quelle settimane: era come se volesse assicurarle una vita felice e dignitosa al massimo delle sue possibilità. E ci stava riuscendo. Una piccola casetta in cima alla collina, sommersa dalla quiete e incorniciata dal vicino bosco di pioppi e aghifoglie. Niente di sontuoso, nulla di trascendentale, ma calda e accogliente, dotata con estrema semplicità di tutto il necessario per poterci vivere serenamente e costruirci qualcosa di buono, di vero e intimo.
"Mi piace molto..." disse la giovane, pensando a quel posto più che al recinto in sé, "E mi piaci tu." aggiunse poi, guardandolo.
Blake la strinse in un abbraccio e la osservò in silenzio.
"Ti senti meglio?"
Abbozzò un sorriso, "Sì... adesso sì. Odio starmene ferma a non far nulla. Lavorare mi aiuta."
Il balancer esitò per un attimo, poi le chiese bonariamente "C'è altro che vorresti fare per tenerti in movimento?"
Skyler, allora, si portò istintiva al suo orecchio, "Te lo dico stanotte..." rispose, spingendo appositamente sull'acceleratore della malizia.
Trovava irresistibile provocarlo in quel modo. Il lieve rossore che pennellava repentinamente il suo viso imbarazzato la divertiva da morire e le faceva dimenticare, almeno per qualche minuto, l'aria pesante di quel posto.
Tuttavia, ancor prima di poter ricevere una risposta e godere a pieno di quel fare sorpreso e impacciato, Zorah varcò la cigolante porta della stalla.
"Eccovi finalmente! Vi ho cercati per tutta la casa!"
Skyler si aprì ad un radioso sorriso e le andò incontro, "Zorah! Che bello vederti!" esclamò abbracciandola, "È da due settimane che aspetto una tua visita."
"Lo so, lo so... perdonami." rispose lei, ricambiando affettuosamente la stretta e lanciando un occhiolino di intesa al balancer, poco distante, "Ma sono stati giorni davvero movimentati, amica mia. C'è aria di cambiamenti!"
"Dici sul serio? Allora sappi che non te ne andrai da qui fin quando non mi avrai detto tutto."
"Te lo prometto, sta tranquilla. Ma entriamo in casa, prima che l'odore di letame penetri attraverso questo cappotto."
La giovane iniziò a ridere, improvvisamente rinvigorita dalla presenza dell'amica, e la prese sottobraccio, iniziando a incamminarsi verso casa.
"Dico davvero, Skyler... non hai idea di quanto abbia pagato questa stoffa! Il mercante che me l'ha venduta aveva la stessa faccia del mulo della signora Beggings, con la sola differenza che quel mulo avrebbe quantomeno avuto più delicatezza a trattare con una signora!"
La ragazza continuava a ridere, "Tecnicamente non sei ancora una signora..." le disse, sprezzante.
La donna, procedendo verso il portico, accennò un finto risentimento "Da quando hai quell'anello al dito sei diventata una mogliettina acida e stronza, Skyler. È così anche con te?" chiese poi, girando le spalle verso B-273.
Ma il balancer, qualche metro indietro, sembrava essersi fermato a guardare con una certa allerta qualcosa all'orizzonte.
Anche Skyler ruotò il capo a cercarlo, "Blake... tutto bene?"
"Sì, certo. È solo che ho dimenticato degli attrezzi dentro al capanno. Voi rientrate, arrivo subito." disse, aspettando che salissero la breve scalinata fino a richiudere la porta alle loro spalle.
A quel punto, il balancer tornò a puntare lo sguardo sul confine del loro terreno: accanto a un giovane arbusto, un uomo vestito perlopiù di stracci lo fissava da lontano e dava l'impressione che lo stesse facendo da ore.
Blake iniziò a percorrere il campo, dirigendosi a passo deciso verso lui, che rimase immobile nella sua posizione.
"Chi diavolo è lei? Ci sta forse spiando?!" lo interrogò, con un atteggiamento non troppo quieto.
L'uomo, tuttavia, non rispose e si limitò a osservarlo con estrema severità.
"VADA VIA DALLA MIA PROPRIETÀ, MI HA CAPITO? E SE DOVESSI VEDERLA ANCORA DA QUESTE PARTI IO..."
"Tu cosa?" disse allora l'uomo, scoprendo un tono di voce profondo e sinistro, "Hai già seminato abbastanza terrore tra noi povere genti. Ma non ne sei ancora sazio, non è così?"
Il giovane lo guardò colpito ma trasalì oltre quelle parole. Ormai aveva quasi del tutto appreso che mantenere i nervi saldi rappresentava, il più delle volte, la migliore arma con cui affrontare la vita.
"Vada via." replicò, "Fra poco il sole calerà e al buio è difficile orientarsi dentro la foresta."
"Non è quel buio a farmi paura..." rispose subito l'uomo, "È l'oscurità che hai dentro a preoccuparmi. La tua presenza qui ci ha condannati tutti. Parabellum ha i giorni contati e sarà solo colpa tua."
"Lei non è altro che un povero pazzo..." commentò Blake, buttando giù un groppo amaro.
"Oh, forse hai ragione... o forse dico il vero." emise un ghigno scomposto, e portò la schiena contro l'arbusto, quasi fosse esausto, "Ti attrae ancora, vero? La sensazione di avere il controllo. Eri tu a decidere chi far vivere e chi morire. E ti piaceva... perché tutto incredibilmente quadrava. La tua vita intera. Adesso, invece, se non puoi avere più controllo sulle povere bestie come me, su chi puoi averlo? Su te stesso? Nah, non di certo. Su quella dolce donnina che ti sta accanto e che avveleni di illusioni? No, nemmeno... non ne saresti capace. Se posso darti un consiglio... prova con le vacche che tieni in quella stalla."
Il ragazzo tirò fuori in un rapido scatto una vecchia revolver, puntandola nervosamente verso l'uomo che, alla vista dell'arma aveva preso a ridere istericamente come se non avesse atteso altro.
"Eccolo il balancer che tutti riconosciamo! Vedi? Bastava bussare con qualche rintocco in più alla porta per farlo uscire!"
"Che cosa vuole." gli disse allora B-273, stringendo i denti.
"Voglio solo ciò che vuole tutta Parabellum: vederti andare via dalla nostra città."
"Sta solo delirando..." ribatté il balancer, con asprezza, "Non esiste più alcuna città... e dubito che agli abitanti delle contee possa davvero importante di come io passi le giornate. C'è ben altro a cui pensare qui. Prima di tutto, sopravvivere. E a me sembra che le stia riuscendo parecchio male, perché se esiterà un istante di più ai piedi di quel faggio... allora sappia che non ci penserò due volte a premere il grilletto. Nulla di personale."
Sorrise e staccò le spalle dalla corteccia, "Andrò via, balancer... non temere. Ma ricorda bene queste parole. Il male che hai arrecato per anni su questo pianeta, ti si è radicato dentro e cresce con le sue radici proprio come quest'albero. Non c'è modo di scacciarlo via perché nulla di buono c'è in te. Così come mai nulla di buono potrà crescere su questi campi che tenti invano di coltivare. La morte ti perseguita e adesso trascinerà anche noi giù con essa. Questo tienilo in mente quando ci vedrai supplicare e lamentarci di dolore... perché sarai stato tu a volerlo."
"Parli come se mi conoscessi... ma la verità è che nessuno di voi sa realmente chi sono." sentenziò il ragazzo, stirando bene il braccio in direzione di quel viso sfatto.
L'uomo avanzò di un passo, "E tu invece... tu lo sai? Prima convinto di essere cresciuto come un bastardo senza famiglia, poi resosi conto di aver avuto un destino, se possibile, ancora peggiore: prodotto macchinoso da laboratorio, mero insieme di leggi chimiche che trovano concretezza in quello che, ad oggi, è un uomo frustrato e spaesato in un mondo che non gli appartiene più come prima."
Come faceva ad essere a conoscenza di tutte quelle informazioni? Blake sentì il petto contrarsi e, impulsivamente, serrò con più forza il manico della pistola.
"Vada via. Non lo ripeterò più."
"Ho cambiato idea." replicò lui, con una certa leggerezza, "Rimarrò qui, proprio accanto a questo faggio e ti osserverò vivere fin quando non sarai costretto a fuggire."
"È completamente fuori di testa." asserì il ragazzo, sconcertato.
"Lo sono, è così. Ma sai che c'è? Lo siamo tutti qui. A che serve mantenere la lucidità se alla fine moriremo?" si avvicinò ancora, "Ho visto tua moglie ieri. Raccoglieva dei fiori, proprio davanti al portico. È molto bella."
La palpebra del giovane prese a tremare nervosamente, "Non osi nemmeno parlare di lei..." replicò, mentre il sangue scorreva fluido lungo l'avambraccio in tensione.
"Sarebbe un peccato vedere sfiorire quel bel visino..."
Strinse forte la mandibola, "Non... non un'altra parola..."
"Potrei farle visita, chissà... forse sarebbe la fine migliore per una puttan..."
BANG!!!
Il proiettile schizzò dritto tra le foglie di un'aiuola posta a pochi metri di distanza dal balancer che, impietrito, costatò come davanti a sé l'uomo fosse completamente svanito. Perse per un istante la concezione dello spazio, l'aderenza alla realtà che lo circondava. Si sentì morire.
"BLAKE!!!" urlò Skyler, uscita di corsa da casa, precipitandosi verso lui.
"Non è niente..." le rispose, continuando a guardare attonito il tronco da cui, fino a poco prima, quell'uomo gli stava parlando, "Credo... credo di aver visto un orso e ho sparato per spaventarlo."
"Non ho mai visto un solo orso a Parabellum, da che io ne abbia memoria!" echeggiò Zorah, rimasta a guardarli da sotto il portico.
Skyler, perplessa, lo osservò con una certa amara preoccupazione, vegetando di fronte al giovane e senza riuscire a decidere se credergli o meno.
"Sarà stata una svista..." commentò allora lui, quasi a bassa voce, "Su, rientriamo" concluse, lanciando un'ultima fugace occhiata al piccolo arbusto.
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