• Capitolo LXXXVIII •

Quando i pannelli blindati si schiusero, il capitano Vhandem avanzò con una certa fretta nella sala.
"Signore, perdoni la mia irruenza, ma credo che sia arrivato il momento di affrontare la questione B-273. Il sergente maggiore non si presenta al suo ufficio da tre settimane e ritengo più che opportuno mobilitare una squadra di ricerca. Con estrema urgenza."
Mr. Peace guardò con la coda dell'occhio il capitano e bevve un sorso di gin trasparente, "I dottori dicono che dovrei smetterla di bere..." esordì, ruotando sul palmo il bicchierino, "Sostengono che se continuo così, sarà la cirrosi a uccidermi, non la tisi." iniziò a ridere scompostamente deragliando, poi, in una tosse violenta. Coprì la bocca con un fazzoletto che si tinse di piccole macchioline di sangue. Vhandem lo osservò con un certo imbarazzo, mantenendo la schiena dritta, "Signore... dobbiamo trovare il sergente maggiore B-273."
"Blake non si farà mai trovare, capitano." replicò, allora, rimettendo in tasca il fazzoletto, "Non è la prima volta che sparisce, è fatto così. Una belva selvaggia che ogni tanto ha bisogno di fuggire da questo delirante circo. Tornerà."
L'uomo portò indietro le spalle, seguendo con lo sguardo Mr. Peace che, sulla carrozzina, si spostava verso il tavolino di ebano.
"Temiamo che stavolta sia diverso, signore. Dottor B. risulta disattivato e ipotizziamo che l'abbia distrutto."
"Ma certo che è così!" esclamò l'anziano, "Il Consiglio si è permesso di inviare un maledetto balancer a casa, tre settimane fa, SENZA CHE IO NE SAPESSI NULLA. È entrato in casa sua, trattandolo come un perfetto malato mentale e imponendo cosa avrebbe o non avrebbe dovuto fare... e ADESSO VI STUPITE CHE SIA SPARITO?!" ammonì, aspramente, "Conosco meglio di chiunque altro quel ragazzo e se non vuole farsi trovare, semplicemente non lo farà. Quindi lasciatelo in pace, gli siete stati addosso fin troppo."
"Signore, non so per quanto tempo ancora questa città potrà essere gestita senza B-273. I reparti brancolano nel buio e chiedono ogni giorno dove sia finito il loro sergente." insistette lui.
"Allora dite a quei soldati che presto l'ordine si ristabilirà."
"E se fosse andato nel Sottosuolo?" incalzò Vhandem.
Mr. Peace lo osservò, rimanendo in silenzio per qualche istante. Sapeva che quella era una possibilità più che verosimile. Sapeva che sarebbe stata una mossa tipica del balancer. Per anni aveva cercato di farlo adattare a quella natura ostile che era stata trascritta nel suo DNA, ma era come se quel ragazzo fosse perennemente attratto da tutto ciò che la sua mente avrebbe dovuto rigettare categoricamente. Sapeva che era il migliore, nelle sue vene scorreva il sangue di un vincente. E un vincente non sarebbe mai morto da perdente. Ma sapeva anche che, sì, il pensiero di lui nel Sottosuolo adesso era un'idea limpida, chiara, quasi ovvia.
"E va bene..." rispose, dopo un lungo sospiro, "Manda degli uomini laggiù. Ma niente armi, non voglio ulteriori disordini. Trovatelo e ditegli che io... Mr. Peace in persona, ho bisogno di lui. Non forzatelo, non osate. Mi importa solo sapere che stia bene e che tornerà. Sono stato chiaro?"
"Certamente, signore. Le prometto che lo troveremo."
L'anziano annuì senza troppo interesse poi bloccò le rotelle, arrestandosi al fianco del sontuoso letto, "Ah, un'altra cosa." disse, "Quel balancer... B-291, non mi è mai piaciuto troppo. Fatelo arrestare. Non avrebbe dovuto ubbidire al Consiglio senza prima informarmi."
"Ma signore..."
"NIENTE MA, capitano. Lo farò giustiziare entro la fine del mese. Del resto, come balancer valeva ben poco."
Vhandem piegò leggermente il capo, acconsentendo a denti stretti a quella richiesta, e si congedò in fretta.
"Dove ti sei cacciato, Blake..." disse tra sé e sé l'anziano, mentre con un braccio tirava in sù le coperte, "La mia fiamma si sta esaurendo e presto questa città chiederà un nuovo Mr. Peace. Se solo tu sapessi la grandezza che ti aspetta, Blake..." poggiò la nuca sul guanciale di seta, con voce fioca "Ma forse è proprio vero ciò che dicono... i figli sono sempre problematici." concluse, addormentandosi come una foglia secca sul cemento.

***

B-273 fece ingresso in cucina, trovando con sua sorpresa Caleb, seduto comodamente a tavola.
"Dormito bene, balancer?"
"Loro dove sono?"
"Beh, sono scese al villaggio, credo dovessero terminare l'abito. Skyler sarà magnifica alla cerimonia, non lo pensi anche tu?"
"Non ho dubbi, Caleb." rispose lui, senza volergli concedere alcuna soddisfazione.
"A proposito..." proseguì il ragazzo, "Mi sembra che in questi ultimi giorni stiate passando molto tempo insieme."
"Sto solo cercando di rendermi utile."
"L'unica cosa che davvero ci serve, balancer, è la tua partenza."
"Preferisco aspettare che questo siano loro a dirmelo."
Caleb accennò un sorriso, conscio di fare i conti con un osso duro. Non era mai stato un ragazzo con una spiccata personalità e quella situazione ne metteva in risalto ogni pecca.
"Fra pochi giorni la sposerò e tu, a quel punto, non avrai più motivo di restare. Io la amo."
"Inizio a dubitarne." replicò Blake, "Perché se tu l'amassi davvero, la lasceresti andare."
"Così come hai fatto tu?"
Il balancer lo osservò, serio in viso, ma dopo un attimo la porta si schiuse e le due giovani donne entrarono in casa. Skyler posò sul tavolo una grande busta colma di ortaggi ed erbe officinali e guardò i ragazzi, distruggendo senza rendersene conto quel muro di gelo creatosi tra i due.
"C'è parecchio lavoro da fare..." esordì, portando indietro i capelli, "Non credo che sia opportuno perdere tempo in chiacchiere."
Il suo imbarazzo era evidente, ma in qualche modo riusciva sempre a celarlo bene dietro quella insolita aria autoritaria.
"Stavamo solo facendo amicizia." intervenne B-273, guardando il ragazzo ancora una volta con un'espressione non esattamente complice.
Zorah si avvicinò al tavolo, "Caleb, Joshua ti aspetta al villaggio. C'è un lavoro alla petroliera, pagano bene."
Il giovane si mise in piedi, tirando in sù il cavallo dei pantaloni e guardando Skyler, "Mi raccomando..." le disse, accennando un sorriso non troppo convinto. Poi, si avvicinò a lei, poggiando una mano sulla spalla, "Ricordi cosa c'è domani?"
Skyler buttò giù un groppo, "Sì, certo."
"Perfetto, allora passerò a prenderti in mattinata." sorrise ancora, stampandole un leggero bacio sulla guancia.
Dopo qualche minuto era già sul vialetto e sembrava canticchiare qualcosa, le cui parole risultavano impercettibili in lontananza.
La giovane tese una mano sul tavolo, quasi a voler sostenere l'intero peso di quella circostanza, poi sembrò riprendersi.
"Abbiamo un lavoretto." esordì, rivolgendosi a Blake, "Niente di eclatante, ma ci porterà comunque qualche soldo."
Il ragazzo corrugò la fronte, "Non pensavo di potermi allontanare da questa casa..."
"Infatti non puoi. Ma in questo caso è diverso. Ti spiegherò tutto per strada."

***

Il signor Murray era un simpatico vecchietto sull'ottantina, ipovedente e vedevo da circa quindici anni. Durante il governo di Mr. Peace aveva vissuto a Parabellum come un qualunque reietto della società, pronto per essere gettato in mezzo ad altra spazzatura. Tuttavia, quasi per miracolo, era riuscito a salvarsi e il suo turno verso la foresta di Axor alla fine non era mai più giunto. Così, nei tre anni che erano seguiti alla caduta delle autorità, era riuscito a ritagliarsi finalmente un suo piccolo spazio nel mondo: una casetta modesta all'estrema periferia del villaggio, un orto di patate e rabarbaro e un discreto allevamento di maiali, il suo principale motivo di orgoglio. Era proprio quest'ultimo la causa della loro visita. Ogni anno, infatti, il signor Murray affidava alla giovane il compito di addomesticare i nuovi maiali selvaggi che l'anziano acquistava dalla vicina contea. Sembrava essere un lavoro semplice o, almeno, questo fu il suo pensiero la prima volta che l'uomo gli propose di occuparsi degli animali. In realtà, non c'era nulla di più scatenato e indisciplinato di un maiale affamato allo stato brado. Ma la presenza di Blake, stavolta, sarebbe potuta essere fondamentale.
"È completamente cieco, non può riconoscerti." aveva ripetuto per tutto il tragitto al balancer, intervallandolo a "Se parlerà della moglie defunta, cosa alquanto probabile... beh, sii carino ed educato. Annuisci spesso."
A quel punto, Blake le aveva fatto notare che il vecchio non avrebbe mai potuto vedere quel gesto d'attenzione e questo era stato un valido motivo per farli discutere fino all'arrivo sul portico del signor Murray.
L'anziano sembrò metterci ore per aprire ma, finalmente, si presentò davanti ai due ragazzi. Arrivava al petto del balancer e la sua figura appariva incredibilmente gracile e ricurva sulla schiena ma, incredibilmente, riusciva a tenersi in piedi e a mostrare il suo migliore sorriso.
"Salve, signor Murray." esordì la giovane, giungendo le mani.
"Oh, Skyler! Finalmente sei arrivata. Entra pure, cara... accomodati."
"Signor Murray..." disse subito, "Ho portato con me anche un'altra persona, due braccia in più fanno sempre comodo quando si tratta dei suoi maiali." affermò, sorridendo forzatamente.
"È un piacere conoscerla, signor Murray..." si intromise, allora, Blake "Mi chiamo..." osservò, impacciato, la ragazza.
"...Lui è Bradley!" esclamò Skyler.
Il vecchio si schiuse in un'espressione sorpresa ma compiaciuta, "Che meraviglia, un ospite in più! Oggi deve essere proprio una giornata benedetta. Entrate, entrate pure!"

Se da fuori la casa sembrava piccola, all'interno dava l'impressione di essere decisamente minuscola. Il signor Murray era un ossessivo accumulatore. In pochi anni era riuscito a rendere quelle stanze come comparti deliranti di una discarica a cielo aperto: scatole e vecchi arredi si accatastavano l'uno sull'altro e Blake riuscì a contare ben dodici lampadari dentro al salotto.
"Perdonate il disordine..." disse, facendoli accomodare sull'unico divanetto libero.
"È solo che amo i ricordi. Sono la mia più grande passione... non riesco proprio a liberarmene!" rivelò ai due ragazzi, sghignazzando.
"Riesce... riesce davvero a vivere con tutta questa roba attorno?" chiese Blake, incredulo, osservando attorno a sé.
"Oh, Bradley... sono proprio queste cose a tenermi in vita. Senza tutti questi oggetti non potrei davvero pensare di andare avanti."
"Ma non può nemmeno vederle."
Skyler lanciò un'occhiataccia al giovane, accennando col labiale un rimprovero.
"Beh, hai ragione, ragazzo... non posso vederle, ma posso sentirle... non hai idea di quanta energia possano trasmettere i ricordi." sorrise teneramente, "E poi, era tutta roba di mia moglie. La mia dolce Rose... mi manca, sapete? Ma è come se una parte di lei sia in questa casa adesso. A volte mi sembra ancora di sentirla."
Il campanellino della teiera prese a suonare.
"Oh! Beh, no... questo è il vostro tè! Non di certo Rose! Torno subito!"
Abbandonò lentamente la sua vecchia poltrona e si diresse verso il cucinino, quasi conoscendo a memoria la posizione di ogni infisso, ogni tavolino, ogni sedia.
Skyler deglutì, smorzando per un attimo la tensione. Temeva che Blake avrebbe combinato un disastro ma, nonostante tutto, se la stava cavando piuttosto bene.
"È carinissimo, non trovi?" gli chiese a bassa voce.
"Terribilmente solo. Se un giorno dovessi finire così, assolderei già da ora qualcuno affinché mi sparasse in fronte dopo i cinquant'anni."
"Non c'è nulla di male in un po' di tenerezza, Blake..." replicò, "Sono certa che al signor Murray vada bene così."
L'anziano rientrò in salotto, con un vassoio di tazze fumanti e biscotti. Era incredibile come riuscisse a trasportare tutto senza demordere e senza rovesciare la ceramica contro il pavimento.
I due giovani afferrarono le tazze e lo ringraziarono.
"Sapete..." riprese lui, tornando a sedere, "Stavo pensando al tempo."
Skyler prese un sorso di tè nero, "Al... tempo?"
"Già... pensavo a quanto ne sprechiamo, non è così? Crediamo di averne sempre, come un tavolo prenotato al ristorante. Ma non è affatto così. Le cose sfuggono di mano, la vita si consuma e certe occasioni non fanno il giro, cari ragazzi." i suoi occhi opachi si persero tra antichi pensieri impolverati, "Ho passato quarantasei anni della mia vita al fianco di Rose e non l'ho mai portata al lago. Le ho sempre detto magari domani, magari la prossima volta... ma alla fine non è mai successo. Perché rimandavo sempre? È una di quelle cose che spesso mi chiedo. Avevo una moglie bellissima, una bellissima casa e un bellissimo giardino. Ma forse per questo non ero abbastanza attento, perché davo per scontato quella felicità. Ero così cieco."
Blake rilassò la schiena contro al cuscino e iniziò a pensare che, forse, quel vecchio non fosse poi così da buttare.
"Non fate mai il mio errore, cari ragazzi. Non date mai per scontata la felicità. Perché non è affatto così, sapete? Ogni giorno passato con la persona che amate è prezioso, ogni momento un dono. E nessuno può assicurarvi che duri per sempre. Quindi non abbiate mai pazienza. Mai. Fate tutto alla prima occasione e non rimandate per nulla al mondo. Io posso dirle per certo queste cose, perché adesso finalmente ci vedo."
Si aprì ad un sincero sorriso, lasciando davanti a sé i due giovani ammutoliti.

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