• Capitolo LXXXII •
Salve lettori! Questo è un capitolo multimediale quindi avviate il video qui sopra giunti al QUARTO spaccato del capitolo! Buona lettura!
"Due settimane." affermò uno dei portuali, "Il viaggio durerà circa due settimane."
Blake lo osservò e pensò che quindici giorni in mare non sarebbero stati una passeggiata. Gli porse con calma la valigia piena zeppa di denaro.
"È tutto quello che ho."
L'uomo lanciò un rapido sguardo all'amico, "È meglio che adesso partiate. Fra poche ore il sole sorgerà."
Salirono così sull'imbarcazione, un rottame di ferraglia e legno marcio che a stento si reggeva in piedi, e di lì a poco il battello salpò. Il ragazzo vide la città farsi sempre più piccola, inghiottita dalla polvere del deserto rosso e infertile, e sentì che nel petto qualcosa stava germogliando: forse un battito di liberazione, tranciare le catene d'acciaio che lo avevano legato a quel posto, respirare la salsedine che si incollava sulla faccia, sapere nell'intimità di quel momento che non avrebbe più rivisto Osmium City.
"Hey, principessa..." gli fece uno dei marinai che lo vide fermarsi a contemplare quel paesaggio, "Basta romanticherie. Seguimi, ti mostro dove dormirai."
Blake notò subito la profonda cicatrice che dal sopracciglio sinistro gli attraversava il volto fino al mento ed iniziò a procedere dietro all'uomo, mentre quello fischiettava fastidiosamente una cantilena che sembrava solo avere l'effetto di aumentargli il mal di mare.
Scesero sotto coperta, un tanfo immondo investì le sue narici, tanto che istintivamente dovette coprirsi la bocca con l'avambraccio.
"Quello è il letto." gli indicò con strafottenza una minuscola brandina posta all'angolo della stanza, "Beh, probabilmente sua maestà è abituato a ben altre comodità." proseguì, provocatorio.
Era certamente ubriaco, la sua barba emanava un pungente fetore di alcol.
"Ho un grande spirito di adattamento." replicò lui, senza distogliere lo sguardo.
"Ma davvero?" l'uomo camminò attorno allo stanzino semibuio, barcollando insieme alle onde, "Mi hanno accennato i motivi del tuo viaggio... e lo trovo divertente."
Rise nella penombra e poi poggiò la schiena contro una delle travi in legno.
"Beh, allora sono felice che la mia storia generi così tanta ilarità." cercò di individuare il suo volto nell'oscurità, ma ne vide solo i contorni.
"Sai... non mi sei mai piaciuto. Ti vedevo sugli schermi e pensavo... nah, è un gran bastardo... peggio di Mr. Peace." sgattaiolò via verso un fascio di luce lunare che fendeva la finestrella del soffitto, "E ci ho azzeccato. Perché... beh, almeno il tuo capo è coerente. Voglio dire, un coerente figlio di puttana. Tu... tu invece sei la peggiore razza. Hai preso in giro tutti e hai continuato a massacrare la nostra gente."
Il giovane guardò il suo viso, adesso illuminato, "Avresti preferito che fossi rimasto dalla loro parte, insieme al governo?" chiese, allora.
L'uomo gli si avvicinò a un pelo dal naso, con uno scatto minaccioso e insolente.
"Tu non sarai mai uno di noi. Hai capito? Sei marchiato a vita, Dio sa quello che hai fatto. Lui vede tutto e non ti perdonerà, perché il perdono è solo per i puri." gli alitò in faccia, fremendo di rabbia come un mastino al guinzaglio.
Blake rimase impassibile, "Dì al tuo Dio che non è da lui che cerco il perdono. Mi basta che mi sia concesso in questa vita. Non è dell'Inferno che ho paura."
"Ma certo..." il marinaio sorrise in modo sinistro, "Cerchi la tua puttanella a Parabellum... beh, spero che ci abbiano già pensato loro a rimetterla in riga. In fondo, se si faceva scopare da un bastardo come te, immagino che abbia aperto le gambe a mezza città."
"Non ti permettere..." il balancer portò il suo petto a sbattere contro quello dell'uomo.
"Frena l'istinto, principessa." disse quello, "Perché se vuoi sopravvivere alle prossime settimane, allora ti conviene stare a cuccia. Qui le regole le facciamo noi. Noi e il mare."
Sorrise ancora una volta e gli diede una pacca sulla spalla, allontanandosi verso la scaletta con uno strano ghigno dipinto in volto.
"Ti consiglio di dormire stanotte." disse ancora, tra le risate, prima di risalire "Non si può mai sapere cosa succederà domattina."
***
"Che ore sono?"
Skyler avanzò ammaccata verso la finestra, strofinando gli occhi che adesso apparivano alquanto arrossati e gonfi.
"Le cinque e mezza del mattino. Ti va del pane imburrato?"
"Pensavo di andare a caccia." rispose, non curante della sua domanda.
Era come se avesse la testa tra le nuvole. Continuava a fissare oltre la vetrata come a cercare qualcosa di infinito dentro al cielo.
"Si, d'accordo. Ma ti va del pane imburrato?"
Si rivolse verso la donna, "Ehm, si certo. Grazie."
"Wow, Skyler Anderson che accetta finalmente di fare colazione insieme. L'ultima volta che è successo penso che non avessi nemmeno un arco ancora!" fece, ironica, iniziando a spalmare con energia il burro sulle fette.
La giovane le accennò un sorriso e prese posto su uno degli sgabelli. Solo dopo una breve pausa ad osservarla preparare, schiarì la voce.
"Vorrei tagliare i capelli."
La donna arrestò il coltellino, "Come, scusa?"
"Vorrei che me li tagliassi. Più o meno fin qui, sopra le spalle. Eri brava ad acconciare, sono sicura che conservi ancora quel talento." proseguì lei.
Zorah la osservò, stordita, posando le mani sui fianchi.
"Non vorrei dire delle banalità... ma solitamente una donna che vuole stravolgere i propri capelli è una donna che..."
"Che vuole stravolgere la propria vita?" la interruppe, "Forse allora siamo entrambe invitate alla festa della banalità."
Le sorrise, quasi a cercare di convincerla sfoggiando il suo bel visino pulito, "Allora, vogliamo risvegliare la Zorah di un tempo o no?"
***
Aveva fatto davvero un buon lavoro. Le ciocche castane erano disseminate sulle travi tarlate e davano l'impressione di essere davvero un'enorme massa di capelli. Skyler si guardava allo specchio da ormai parecchi minuti, senza riuscire a distogliere lo sguardo dal suo nuovo aspetto. Sembrava che già le appartenesse, come se finalmente si fosse liberata di un peso. Era solo un taglio di capelli, pensò, mentre si osservava di profilo, ma sapeva che non si trattava di quello. Era la consapevolezza di essere una donna, forte e combattiva, sola tra tutte. Quei capelli erano cresciuti tra la polvere delle bombe e le urla dei bambini, nello sgomento di notti passate insonni, bagnandosi delle interminabili lacrime che aveva versato durante gli anni ogniqualvolta che ripensava al viso del balancer.
Adesso quella chioma non esisteva più. Via i brutti pensieri, via le macchinazioni che il suo cervello aveva costruito per farla stare ancora più male. Si era rigenerata e, anche se adesso i capelli non le arrivavano più alla schiena, si sentiva le spalle coperte, come un'intima macchia di consolazione.
"Devo ammetterlo, stai molto bene." le disse Zorah, posando le mani sulle sue spalle, "Sei sempre carina, credo sia la tua maledizione."
La giovane alzò l'avambraccio fino a trovare il dorso della sua mano e continuò a guardare quel riflesso, "Non so come avrei fatto senza di te."
"Tagliare dei capelli non è un compito così difficile..."
"Non mi riferisco a questo." rispose lei, ruotando il busto fino a ritrovarsela difronte, "Ci sei sempre stata."
Zorah sorrise, "Beh, è così che si fa quando si è una squadra. Io taglio i capelli a te, e tu salvi la vita a me. È un ottimo scambio di favori!"
Scoppiarono a ridere come due adolescenti spensierate. Fu un bel momento, semplice e raro come un tramonto arancione dopo mesi di piogge.
Skyler l'aiutò a ripulire la piccola stanza e, dopo averle promesso di ritornare con un ricco bottino, mise in spalla il fedele arco e si allontanò in direzione est della foresta.
***
Avviate il video :)
Il viso di B-273 fu investito da un raggio di sole che lo fece destare dal profondo sonno in cui si era rifugiato. Aveva la schiena a pezzi e un forte senso di nausea, dovuto alla mareggiata della notte trascorsa. Osservò la finestra sopra la sua testa: era una bella mattinata, ma subito il pensiero volò via verso altre direzioni. Era ancora troppo lontano da lei.
Oh, quindi, le ferite che mostrano
So che non ti sei mai sentito così solo
Ma percepì un silenzio surreale che risvegliò un campanello d'allarme dentro la testa. Qualcuno stava scendendo la scaletta.
Ma resisti, a testa alta, sii forte
Oh, resisti, resisti fino a quando non li senti arrivare
Tirò in sù la schiena dal materasso e vide cinque uomini disporsi a muro davanti a lui e ridacchiare.
Eccoli che arrivano, oh
"Dormito bene, principessa?" gli disse il marinaio della notte precedente, allargandosi in un sorriso ambiguo che non garantiva nulla di buono.
L'uomo tirò fuori dalla schiena una robusta mazza in legno e così fecero dopo pochi istanti anche gli altri. Blake alzò il mento e, a quel punto, si rese conto di tutto.
Skyler costeggiò il fiume che attraversava il lato orientale della grande foresta di aghifoglie. Camminava a passo svelto, saltando da una roccia all'altra con estrema agilità. Si sentiva bene, libera e forte, mentre l'astuccio dei dardi sbatteva ritmicamente contro la spalla. Era come se in quei momenti la natura si fondesse insieme a lei, diventando un'unica entità vasta e disseminata così come adesso sentiva che era il suo cuore. Riuscì a scorgere in lontananza un giovane cerbiatto che ruminava l'erba, proprio accanto ad una grande quercia. I suoi occhi si illuminarono e la circolazione prese a scorrere con maggiore pressione dentro alle vene. Si accostò accanto a un tronco e afferrò lentamente una freccia, stendendo bene l'arco verso la preda. I muscoli del braccio si contrassero facendo forza contro al resistente filo dell'arco. Puntò alla testa, il cerbiatto la osservò da lontano, continuando a masticare.
Il marinaio scagliò un potente colpo contro il fianco del balancer.
L'indice di Skyler scivolò sul filo e il dardo sfrecciò incontrollato contro un tronco. Il cerbiatto scappò via, mentre la ragazza si accasciò a terra.
Blake cadde sul pavimento, quasi col respiro mozzato a causa della forte botta e, senza nemmeno il tempo di alzare il viso, un altro uomo si avventò su di lui, seguito poi dai compagni che iniziarono a colpirlo con estrema violenza alla schiena e, poi, sul costato.
La ragazza emise un lamento acuto di dolore che, tuttavia, nessuno avrebbe potuto sentire. Si toccò le costole, il dolore era insopportabile.
"Pensavi di cavartela così?!" gli ripeteva il più grosso, continuando a scagliare senza pietà bastonate.
Il ragazzo sputò sul pavimento sangue di un rosso vibrante, misto a saliva, e si asciugò col dorso della mano la bocca.
Alza lo sguardo, chiama al cielo
Oh, alza lo sguardo e non chiedere perché, oh
Non c'erano ferite visibili sul corpo di Skyler, eppure era come se un'entità informe la stesse percuotendo senza sosta.
Solo prendi un angelo per le ali
Supplicalo adesso per qualsiasi cosa
Supplicalo adesso per un giorno in più
Pensò di stare per morire, ma ebbe la forza di fare perno su una roccia, spingendo il busto in avanti.
Prendi un angelo per le ali
È tempo di dirgli ogni cosa
Chiedigli di avere la forza per rimanere
Sentiva un profondo senso di nausea, quasi simile al mal di mare. Le parve assurdo e controllò meglio il fianco, pensando che forse un cacciatore l'avesse colpita per sbaglio. No, non c'era traccia di ferite. Solo un acuto dolore inspiegabile sottopelle.
Gli uomini si fermarono per qualche istante, giusto il tempo di godere nel vedere il ragazzo rantolare senza forze sul pavimento.
"Non... non mi fate paura..." sibilò lui, provando a tirare in sù la schiena, "Non è così che morirò."
Il marinaio scoppiò a ridere, rivolgendosi ai compagni "Avete sentito?! Ha persino il potere di vedere il futuro!"
"Forse sì..." rispose lui, riuscendo a mettersi in piedi, mentre tutti sghignazzavano, "Forse ho già visto la mia morte. E non è questa."
Gli scagliò un destro in pieno volto, facendo cadere l'omone sopra uno dei compagni che stava qualche passo dietro.
Tu puoi, tu puoi fare qualsiasi cosa, qualsiasi cosa
Tu puoi fare qualsiasi cosa
Tu puoi, tu puoi fare qualsiasi cosa, qualsiasi cosa
Tu puoi fare qualsiasi cosa
Un marinaio, allora, gli fiondò una bastonata ben assestata all'altezza delle ginocchia, costringendolo a crollare nuovamente al suolo.
"AAAH!!!" urlò la ragazza, inerme dinnanzi ad un altro sordo dolore. Respirava a fatica, svuotando e riempiendo spasticamente i polmoni.
Blake provò a trascinarsi verso la brandina, ma l'ennesimo colpo gli fece sputare violentemente altro sangue.
La giovane prese a tossire violentemente, come se qualcosa spingesse dentro per farla vomitare. Era sfinita e sconfortata. Le lacrime presero a bagnarle il viso, sporco di terra così come le mani che avevano tentato di aggrapparsi alle piante vicine durante quei momenti concitati. Se doveva morire, beh, che la fredda morte giungesse in fretta perché quella tortura finisse il prima possibile. C'erano troppe cose che non quadravano durante gli ultimi mesi. Se ne era resa conto fin da subito ma aveva preferito nascondere a sé stessa quei brutti pensieri, affogandoli dentro alle distrazioni e all'acqua insaponata della tinozza in cortile.
Blake non riusciva più a reagire, stava per perdere conoscenza e osservò con la vista appannata il soffitto sopra di lui, allargando le braccia come un Cristo inchiodato al pavimento polveroso.
Per un attimo gli sembrò di vedere un bosco o, meglio, una foresta fitta di pini e pioppi secolari dove però non era mai stato. Percepì allora come una voce di donna che urlava parole incomprensibili, un'eco che attraversava le foglie. Vide poi un arco riverso sul terreno. La voce si fece sempre più vicina e adesso si era trasformata in una mascolina.
"BASTA! FERMATEVI!!!" urlò un marinaio che era appena sceso di corsa sottocoperta, "DIO! COSÌ LO AMMAZZERETE!!! BASTA HO DETTO!!!"
Gli uomini si fermarono, voltandosi a guardarlo.
"Sei il solito guastafeste, Jeremia." gli disse il più grosso.
Il gruppo abbassò le mazze, abbandonando lentamente la stanza.
"Frocetto..." gli sussurrò uno, mentre gli passava accanto.
Il balancer rimase immobile a terra, il respiro era debole. Ma era finita.
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