• Capitolo LXXIX •
"Dove vai?"
Zorah osservò Skyler indossare velocemente il giubbino in pelle marrone.
"Caleb ha detto che stamattina mi avrebbe portata a vedere un posto."
La ragazza tirò fuori dal colletto la lunga treccia, facendola sbattere sulla schiena.
Zorah alzò in sù le sopracciglia, "Beh... è un'ottima idea, no?"
Arrestò i movimenti, "Cosa?"
La donna poggiò gli avambracci lungo la superficie fredda del tavolo, "Voglio dire... passare del tempo insieme. Conoscersi meglio..."
"Zorah, credo che avrò tutta la vita a disposizione per conoscerlo. Non credi?"
"E se ti piacesse?"
Lo sguardo della giovane si adombrò repentinamente, come se una nuvola grigia avesse coperto inspiegabilmente l'azzurro cielo di quella mattinata.
La donna si rese conto di essersi spinta oltre la mite conversazione e fece un passo indietro, "Mi dispiace. Io non... non volevo..."
"È tutto okay, davvero." Skyler sorrise in modo palesemente innaturale e portò sulla spalla il suo fedele zainetto sgualcito, "Magari succederà, chi può dirlo." aggiunse.
E mentre pensava tra sé e sé che, senza alcun dubbio, non sarebbe mai accaduto, la figura di Caleb comparve sul vialetto di casa.
Skyler uscì fuori e lo raggiunse ancora prima che potesse arrivare sotto al portico.
"Sei pronta?" le disse subito lui, "Perché ti anticipo che sarà un giorno speciale."
***
Avrebbe sicuramente potuto permettersi un appartamento ancora più confortevole. Blake pensò a questo quando vide attraverso la finestra panoramica del salotto l'enorme grattacielo che si ergeva imponente a nord-ovest della metropoli. Era uno degli edifici più alti di Osmium e, durante le giornate di nebbia, le nubi ne coprivano la vetta, lasciando quasi pensare che potesse arrivare fino in paradiso.
"Il paradiso..." sussurrò lui, mettendo in bocca la sigaretta.
Sì, avrebbe senza dubbio potuto acquistarne l'attico e vivere in un spazio tre volte più ampio. Ma a che pro? Gli angoli di quella casa erano già sufficienti a rilasciare nell'aria tutte quelle urla di silenzio che per anni la solitudine gli aveva gettato addosso. Sapeva che non avrebbe retto e sapeva che avrebbe odiato quell'attico.
Il segnale della porta d'ingresso iniziò a lampeggiare, destandolo da quei futili pensieri. Raggiunse il monitor e riconobbe subito il volto di B-391. Quello che, un tempo, era il suo compagno più fidato, ad oggi appariva ai suoi occhi come uno dei soldati più sgradevoli e subdoli che avesse mai conosciuto.
"A cosa devo questa visita?" gli domandò, una volta che il massiccio portellone si aprì.
"Non sembri poi così sorpreso, Blake. Eppure è da almeno un anno che non ci vediamo." il balancer fece ingresso nella sala, con un atteggiamento più che arrogante.
"So che sei stato promosso..." il ragazzo tornò a sedere sul bianco sofà e lasciò cadere la cenere dentro al bicchiere da scotch che aveva svuotato qualche minuto prima.
"Già. Dirigo i corpi speciali al campo EZ1." rispose lui, accennando un sorriso che tradiva un certo risentimento.
"Deve essere un incarico di poca cosa dato che hai addirittura il tempo di passare da qui a farmi visita. L'ultima volta che sei entrato in casa mia hai cercato di convincere i tuoi uomini a mettere a soqquadro questo appartamento. Non è stato molto piacevole."
B-391 rimase alzato ad osservarlo, proprio a pochi passi dal divano, "Non prendiamoci in giro, Blake. Sappiamo entrambi che avevo validi motivi per perquisire questa abitazione..."
"Ma davvero?" replicò lui, soffocando la sigaretta dentro al bicchiere.
"Nascondevi qualcosa. Ma sei sempre stato il pupillo di Mr. Peace. Sei intoccabile, Blake, e l'hai sempre fatta franca. Ma io non ci casco."
Il giovane sorrise e si mise in piedi, raggiungendo con calma l'armadietto degli alcolici.
"Gradisci qualcosa da bere?" gli chiese, aprendo lo sportello di quercia laccata.
Era palpabile l'elettrico contrasto tra l'ineccepibile autocontrollo di Blake rispetto al tacito rancore del collega.
"Sono astemio." seguì con gli occhi il braccio del balancer che sorreggeva la bottiglia di whisky caldo, "E non credo che tu dovresti bere così spesso. Non è in linea con il nostr..."
"Con cosa, collega?" lo interruppe Blake, riempiendo il bicchierino, "Con il nostro sistema, forse?" si avvicinò a B-391, "Ce l'hai davanti il sistema. Sono io il sistema. Quindi non dirmi cosa devo o non devo fare."
B-391 accennò un sorriso, "Sei un arrogante, ma la fortuna non ti sorriderà per sempre. Lo sai questo, non è vero?"
Il giovane bevve un sorso di caldo nettare che gli infiammò la gola e con la coda dell'occhio continuò a fissare il collega.
"È stato il Consiglio a inviarmi qui da te." proseguì quello, "Risulta che tu abbia disattivato manualmente dottor B. due giorni fa e ciò va contro il regolamento del programma sanitario militare."
Blake portò il braccio all'altezza del suo bacino e mise da parte il bicchiere,
"Riferisci al Consiglio che voglio interrompere il programma. Mi sento molto meglio e so di aver fatto evidenti progressi. Quindi non ritengo più indispensabile la presenza di quel robot nella mia vita."
"No, questo non è possibile." replicò lui, guardandolo con una certa incredulità,
"Hai firmato un contratto prima di iniziare il percorso di recupero."
"I contratti possono anche essere annullati."
"Ti stai mettendo contro al Consiglio, Blake. Il Consiglio Supremo." ribatté lui, come a voler sottolineare la folle decisione.
Il volto del ragazzo si fece serioso e si accompagnò a lenti movimenti che lo portarono a pochi metri dal balancer,
"Sono io ad avere l'ultima parola sulla mia vita. E giuro sulla mia testa che da ora in poi sarà sempre così."
"Allora vedi che avevo ragione..." rispose B-391, mantenendo gli iridi fissi sui suoi, "Non sei mai stato davvero fedele alla Causa. Sono certo che in fondo al tuo animo ci disprezzi tutti."
"Su questo, forse, non ti sbagli."
Blake distolse lo sguardo e osservò le tende, "E se questo ti farà sentire meglio, allora sappi che non avrei mai voluto ricoprire l'incarico affidatomi da Mr. Peace." si rivolse nuovamente a lui,
"So che bramavi quel posto. So che avresti fatto qualsiasi cosa pur di essere me, collega. Ti sei sempre sentito in competizione e l'invidia ti ha logorato dentro nel corso degli anni, rendendoti un burattino capace solo di screditare il mio operato alla prima succulenta occasione."
B-391 strinse i pugni di rabbia e quasi l'istinto di afferrare il suo M7 gli sfiorò i pensieri.
"Chissà quante volte hai davvero pensato di farlo... non è così?" gli sussurrò Blake, "Fiondarmi una pallotta in testa, vedere il sangue ricoprire le piastrelle. È una sensazione piacevole, collega? Sì che lo è. La conosciamo entrambi molto bene. Siamo stati addestrati per ubriacarci di questo."
Ritornò ad un palmo di naso da B-391, che quasi tremava per il forte disprezzo, "E allora lascia che ti dica una cosa. Sono davvero stanco di me stesso."
L'uomo assottigliò gli occhi, "Stai delirando."
"Forse. Ma inizio a preferire questa lucida follia alla anestetica e violenta vita che ci hanno cucito addosso."
"Cosa mi stai dicendo, Blake. Perché temo di non capire." il suo viso si fece duro e severo.
"Che loro ci hanno rovinati, collega. Hanno costruito attorno a noi delle mura invalicabili, improgionandoci dentro a un ruolo che nessuno di noi ha mai deliberatamente scelto. Ci hanno istruito per diventare assassini, B-391."
"Siamo soldati."
"NO! STRONZATE!" sbottò il ragazzo, "Non c'è nulla di valoroso in noi, NULLA! La nostra esistenza è condannata. Niente potrà mai perdonarci, noi stessi in primis. E se mai esistesse davvero un Dio, allora prega affinché ci caccino all'Inferno... perché non avrei il coraggio di guardarlo in faccia."
B-391 stese gli avambracci contro al suo petto, spingendolo energicamente in avanti. Tirò allora fuori la pistola, puntandola su Blake "Adesso dammi un motivo per cui non dovrei ucciderti o spedirti davanti la Corte Suprema."
"Non ne ho..." rispose lui, osservando la canna metallica.
"DAMMI UN CAZZO DI MOTIVO, BLAKE!" urlò l'uomo, gettando poi l'arma sul pavimento, "...Merda!"
Il giovane corrugò la fronte, dinnanzi all'inaspettata reazione di B-391 che, adesso, sembrava sguazzare con le mani in testa nel mare di una crisi interiore senza precedenti.
Blake gli si avvicinò lentamente, restando in silenzio a contemplare quel comportamento.
"È vero sai..." disse allora B-391, "In fondo ho sempre voluto essere te, Blake. Ma non ti ho mai odiato. Vuoi sapere perché feci irruzione in casa tua?! PERCHÉ TEMEVO CHE STESSI COMBINANDO DELLE CAZZATE!"
Riprese fiato e osservò compulsivamente le punte delle sue lucide scarpe, "Sì... ho esagerato. Ero arrabbiato, Cristo. Eri cambiato così tanto durante gli ultimi mesi... Perciò ho reclutato i miei uomini e mi sono detto ok, facciamolo... vediamo che ha da nascondere questo fottuto idiota!"
Alzò poi il mento fino a cercare a filo d'aria il suo sguardo, "Ci conosciamo da quando eravamo solo dei bambini, Blake. Ricordi quella volta alla foresta di Axor, fu la prima vera simulazione che ci fecero fare."
"Ci lasciarono impauriti al freddo per un'intera notte." esordì, a quel punto, il ragazzo.
"Già..." B-391 passò una mano davanti la bocca, con un gesto furtivo che nascondeva il vacillare di una certa commozione, "Durante l'esercitazione B-668 mi colpì alla gamba. Te lo ricordi? Secondo il regolamento avrei dovuto proseguire la simulazione trascinandomi o rimanendo fermo in uno dei punti di raccolta. Invece tu mi trovasti sotto la grossa quercia e decidesti di portarmi con te."
Si interruppe e sembrò che il tono di voce iniziasse a diventare incerto, "Mi caricasti con forza su una spalla e iniziammo a procedere verso l'ultimo obiettivo. Sta zitto e procedi col piede destro, soldato! continuavi a ripetermi quando ti dicevo di lasciarmi e proseguire senza impedimenti. Dio, avevi solo quindici anni ma capì subito che saresti diventato il migliore... e lo sei diventato. Riuscisti a completare tutti gli obiettivi, facendo il miglior punteggio e quando salimmo sul treno federale, poco prima di ripartire per Osmium City, ti chiesi come potessi sdebitarmi e tu mi dicesti: sii un buon soldato e onora la Causa ogni giorno, mi basta questo."
Blake abbassò lo sguardo, posando le mani sui fianchi, ormai completamente immerso in quei ricordi apparentemente rimossi.
"Da quel momento sei stato per me un esempio da seguire. Sì, volevo diventare come te. Volevo... volevo che la passione per ciò che facevi, l'ardore e il sangue che mettevi in ogni cosa travolgesse anche me. Invidiavo la tua fedeltà. Eri irremovibile. Certe volte pensavo che quasi ci credessi più di Mr. Peace." l'uomo deglutì, "Ma adesso... adesso ammetto di non riconoscerti più."
Il giovane adagiò una mano sulla spalliera del divano, avanzando a scatti nello spazio che separava il tavolino dalla grande finestra. Si sedette o, per meglio dire, sprofondò a peso morto sul cuscino.
"Vuoi sapere davvero cosa mi è successo?" gli disse, allora, fissando il vuoto davanti a sé.
B-391 si avvicinò al sofà, serio in viso "Sì, Blake. Dimmi la verità, una volta per tutte."
Deglutì e lasciò che la saliva scendesse giù dalla laringe, poi alzò in sù il mento fino a puntare il soffitto, "Ho conosciuto l'Amore, collega."
Rivolse uno sguardo mesto all'uomo che, d'un tratto, sembrò essere piombato dentro una nera consapevolezza. Andò allora a sedersi di fianco al ragazzo, emettendo un profondo respiro e giungendo le mani.
"Ci hanno sempre detto che sarebbe stato sbagliato, uno degli atti più vili dell'umanità. Ma se ti dicessi che quello fu l'anno migliore di tutta la mia vita... e se ti dicessi che fu anche il più spaventoso... tu mi crederesti?"
B-391 deglutì talmente irrigidito che quasi poteva vedersi quel boccone amaro cadere giù in gola. Non rispose e si limitò a girare il volto verso lui.
"E adesso non so cosa fare." riprese Blake, a cuore aperto, "Io... io non lo so davvero. Certe volte mi guardo allo specchio e non so più chi sono. L'unica cosa che so... è che non voglio più appartenere a tutto questo. Io non... io non mi sento più nel posto giusto."
"È la whiner, vero?" disse poi l'uomo, fissando i piedi del tavolino in vetro.
Il giovane serrò i denti, "Immagino che avessi intuito qualcosa..."
"Eri diverso con lei." aggiunse, "Non la controllavi, tu la proteggevi. L'ho sempre sospettato ma non ho mai voluto crederci davvero."
Blake annuì allargando le narici, "L'ho amata davvero tanto... sai?" gli occhi sembrarono tingersi di malinconia, "E poi è tutto finito."
B-391 si bagnò le labbra per poi mettersi in piedi e smorzare in fretta quel momento, "Bene. Io credo che sia meglio che vada, adesso." aggiustò la giacca dell'uniforme, "Dirò al Consiglio che il dottor B. ha avuto un guasto tecnico. Domani verrà resettato e ti invieremo il nuovo codice di accesso."
"Le mie parole ti hanno spaventato..." accennò il ragazzo, tirandosi su.
L'uomo abbozzò uno sguardo sorpreso, "Quali parole, Blake? Noi non ci siamo detti proprio niente."
"Ascoltami, non puoi fare finta di nient..."
"NOI NON ABBIAMO PARLATO DI NULLA." lo interruppe, con durezza, "Il tuo dispositivo ha avuto un malfunzionamento e domani riprenderai il programma."
Si recò velocemente verso il portellone, con una certa premura di andare via, ma Blake si affacciò subito sul pianerottolo, un attimo prima che il collega potesse sparire giù nell'ascensore.
"Per quanto tempo è possibile fingere?!" gli disse, mentre l'uomo lo fissava da dentro la cabina con sguardo impassibile.
I pannelli dell'ascensore scivolarono verso il centro e Blake si fiondò sull'acciaio battendo inutilmente il pugno, "...PER QUANTO?!!"
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top