• Capitolo LXXIII •
La porta della locanda subì due forti scosse, in seguito ai rintocchi frettolosi con cui Blake la colpì. Ci vollero più di cinque minuti per intravedere dalla piccola vetrata opaca il vecchio Connor che avanzava lentamente verso l'uscio. L'uomo riconobbe subito il viso del giovane e aprì circospetto.
"Sono quasi le tre del mattino... che diavolo ci fai qui?!"
"Ho bisogno del tuo aiuto, Connor. È importante."
Il ragazzo parlava con una certa trepidazione che non faceva presagire nulla di buono.
Connor lo guardò intensamente, ma decise di farlo entrare senza troppi ripensamenti. Il locale era in penombra, le luci soffuse e un silenzio quasi irreale si posava sulle sedie polverose.
"È successo qualcosa di grave?" gli chiese, mentre avanzavano nella sala.
"Questo devo ancora capirlo..." rispose lui, guardandosi attorno con aria abbastanza spaesata.
"Su, siediti e parla."
Il vecchio trascinò vicino due sedie, con espressione stanca e assonnata.
Blake prese posto e poggiò il gomito sul tavolino difronte, "Forse prima sarebbe meglio bere qualcosa."
Connor corrugò la fronte, "Non vorrai iniziare a bere nel cuore della notte?!"
"Non intendevo io." intervenne il balancer, "Parlavo per te. Credo che dovresti farti un goccio prima di ascoltarmi."
L'uomo reclinò lievemente il capo, stupito e al contempo allarmato per quell'invito. Andò, allora, a prendere una delle migliori bottiglie di scotch che custodiva gelosamente nello scaffale e la posò al centro del tavolo. Tornò quindi a sedersi e ne versò tre dita dentro al bicchierino. Fece segno a Blake, ma lui accennò un gesto di rifiuto, voleva evitare alcol, almeno per quella notte.
"Ti ascolto, ragazzo."
Il giovane buttò fuori aria dalle narici e deglutì, lasciando che una pausa di silenzio precedesse le sue parole.
"Scenderò nel Sottosuolo."
Il vecchio lasciò perdere il bicchiere, "Sei forse impazzito?! È una pessima idea."
"Pessima ma necessaria, Connor. Necessaria a me." rinforzò lui, deciso.
"Da quello che mi hai raccontato, quel posto è un luogo di perdizione. Ti uccideranno appena ti vedranno arrivare. Laggiù non sei altro che una preda, Blake."
"Non svelerò la mia vera identità, farò in modo che nessuno mi riconosca."
L'uomo continuava a non capire, "Perché lo fai, ragazzo? Cosa stai cercando?!"
Lo sguardo di Blake si perse tra le striature scure del tavolo, "...Una risposta." disse, "Ho bisogno di capire cosa diavolo sono. Capire... capire se le mie sensazioni sono solo frutto di sciocche fantasie."
"Di quali sensazioni parli?"
Alzò lo sguardo verso il vecchio, "Percepisco qualcosa dentro di me, come... come se stesse cercando di spingere per uscire fuori."
Irrigidì il mento, "Ragazzo... io credo che tu ultimamente sia solo molto stanco."
"Non è stanchezza!" replicò a voce grossa, "Io so che c'è qualcosa. E non posso più ignorarlo, perché impazzirò se continuo così."
"E cosa pensi di risolvere andando laggiù? Credi che ritrovarti in mezzo al caos e all'euforia possa darti le giuste risposte?!"
Blake buttò giù la saliva, "Non lo so, ma devo affrontare quel muro se voglio andare avanti..."
"Non prendermi in giro, ragazzo..." disse poi Connor, "Non farlo con me, non ne hai motivo."
Terminò lo scotch bevendolo in un solo sorso e asciugò la bocca con l'avambraccio, "Tu vuoi andare nel Sottosuolo per un solo motivo: la speranza di provare delle emozioni."
Il giovane serrò forte la mandibola.
"E allora ti chiedo..." proseguì l'uomo, "Per che cosa stai lottando, Blake? Per cosa stai lottando davvero."
Il balancer rimase a fissarlo, perdendosi nei suoi occhi. Non riuscì a rilanciare una risposta che potesse risultare decisa e convincente nemmeno a sé stesso.
"Mi aiuterai, Connor?" riuscì, poi, a dire.
Il vecchio sospirò, combattuto tra la volontà di non essere messo in mezzo a problemi e il desiderio di aiutare in qualche modo quel ragazzo che aveva visto crescere, assecondando il suo desiderio.
"E va bene..." rispose, quasi sconfitto, "Dimmi solo cosa devo fare."
Blake fece strisciare un piccolo biglietto sul tavolo, "Va al porto, domattina. Cerca quest'uomo e riferiscigli il messaggio che leggi su questo foglio. Io non posso farlo, darei troppo dell'occhio. Devi fare in modo che il passaggio per il Sottosuolo sia già aperto quando io mi recherò lì... un solo minuto di attesa e potrebbero scoprirmi."
Il vecchio alzò sguardo verso Blake, annuendo, serio in viso.
"Non voglio che tu ti cacci nei guai."
"Starò attento, te lo prometto."
Si alzò e prima di andarsene, sembrò pensare a qualcosa.
"Ah, ti serviranno questi domani..." concluse, ponendo davanti all'uomo tre osm, "Grazie, vecchio. Te ne sarò per sempre riconoscente."
***
Skyler affondò le braccia dentro la tinozza d'acqua e si lavò velocemente la faccia.
"Buongiorno..." disse Zorah, affanciandosi sul cortile.
La giovane la osservò con un certo risentimento, mentre metteva del sapone sul collo, e accennò un saluto.
"Perché non ti lavi dentro casa? L'aria è un po' troppo fresca al mattino..."
"Preferisco farlo fuori..." rispose lei, passando con insistenza la spugna addosso, "...a contatto con la natura."
Zorah alzò il mento, "Oh, sì... chiaro."
Giunse le mani, rimanendo appesa ad un silenzio imbarazzante, "Vuoi che ti prepari qualcosa per colazione? Potrei friggere delle uova."
"Ho già mangiato, tu stavi ancora dormendo. Ma grazie lo stesso."
Si sciacquò e afferrò una lunga tovaglia stesa su un fil di ferro poco distante.
"Se vuoi chiedermi scusa..." aggiunse, poi, sfregando il panno sulle braccia "Fallo e basta, senza troppe cerimonie."
La donna alzò un sopracciglio, "Sei insolente."
"Però mi vuoi bene lo stesso." la ragazza sorrise e gettò la tovaglia vicino alla bacinella.
Zorah ricambiò il riso e rilassò le spalle, "Sei come una sorella per me, lo sai. E non riesco a non rivolgerti la parola per più di un giorno. Noi siamo indispensabili l'una per l'altra."
"Lo so..." Skyler avanzò di pochi passi verso lei, "Mi dispiace di averti offesa. Non meriti di essere giudicata per il tuo passato. Sono stata meschina e scorretta."
"No, non importa. Ti ho fatta sentire sbagliata, come sempre. Sono stata una vera idiota." le prese una mano, "Vuoi solo trovare uno scopo. Io ti capisco, sai? E se pensi che sposare Caleb e costruire una famiglia possa dartene uno, allora non potrò fare altro che essere felice di sostenerti. Lui ti vuole bene... credo che sia cotto di te dal primo momento che ti ha vista. Potrete essere felici, me lo sento."
Il viso della giovane si adombrò, "Dopo il matrimonio vuole che io mi trasferisca nel suo villaggio."
Zorah sospirò, "Beh, è normale. È lui il marito, cosa ti aspettavi?"
"Non voglio andarmene da qui... amo questa foresta e la brezza mattutina che sfiora il tetto di casa durante l'autunno."
Abbozzò uno sguardo malinconico e la strinse forte nel palmo, "Ma Skyler... non andrai a vivere molto lontano da qui. In mezz'ora di marcia avrai già raggiunto questa collina e potremmo vederci tutte le volte che vuoi. Sai anche tu che la soluzione migliore è abitare in un luogo meno isolato, qui c'è troppa violenza."
"E tu che farai?"
La donna ci pensò su, perdendo lo sguardo tra il terriccio bagnato, "Beh, potrei chiedere a Joshua di vivere insieme. Credo che... credo che potrebbe funzionare. E poi così non avremmo nemmeno più bisogno di nasconderci nella stalla."
Sorrisero e si legarono in un abbraccio serrato, celando in fondo al cuore una profonda paura per l'avvenire.
"Ti voglio bene..." le disse Skyler, chiudendo gli occhi.
"Ce la faremo, vedrai..." rispose Zorah, degludendo.
***
"Magda, posso parlarti?"
Peter si affacciò dalla porta del piccolo ufficio della donna, che tirò in giù gli occhiali.
"Ti sei cacciato di nuovo nei guai, ragazzino?"
Il giovane richiuse la porta alle spalle, "No, io... io sono pulito." passò la mano sul braccio, ricoperto di tatuaggi raffiguranti volti mostruosi e scritte gotiche, "Volevo solo dirti una cosa."
La consigliera abbozzò una smorfia, spazientita.
"Ho molto lavoro, spero tu sia celere." rispose, tuffando lo sguardo nuovamente su delle scartoffie che ricoprivano l'intera scrivania.
Peter deglutì, "Fra meno di un mese compirò diciotto anni e vorrei... vorrei risalire in città. Ad Osmium city."
Le dita della donna si serrarono come una cesoia tra le carte e il suo viso si alzò in direzione dell'adolescente, "E quale sarebbe il motivo?"
"Credo sia importante per me tornare lassù... anche solo per un giorno." provò a trattenere l'agitazione, "E rivedere la luce del Sole. È da tre anni e mezzo che non esco da qui."
Magda lasciò sfuggire un ghigno che le inarcò in sù la bocca, "Quando arrivasti qui non ti importava nulla del Sole. Volevi solo essere libero ed è ciò che hai avuto."
"A volte ignoriamo l'importanza di certe cose solo perché le diamo per scontate. Quando però non le si ha più, capiamo quanto fossero vitali."
"Sciocchezze." mozzò lei, adesso seria e quasi infastidita, "Luce solare? Solo un raggio di fotoni che scalda l'epidermide. Tu parli di vitale... sai cos'è davvero vitale? Svegliarsi al mattino senza l'obbligo di iniettarsi veleni, passeggiare per strada sorridenti senza la paura di essere arrestati. Rincasare ed essere accolti dalla propria moglie, dai figli. Questo è vitale."
Si alzò dalla poltrona e guardò fuori dalla piccola finestrella a oblò che si affacciava sul pavimento della piazza: piedi di passanti si incrociavano in direzioni opposte.
"È proprio questo il nostro difetto, la causa principale dell'infelicità umana. La costante ricerca di un cambiamento, anche quando questo si riveli peggiore rispetto alla nostra condizione di partenza. Ci importa solo cambiare, passare da uno stato all'altro e poi cambiare ancora una volta. Non siamo mai davvero soddisfatti."
"Mi basta solo qualche ora." ribadì il ragazzo, "Dopodiché tornerò nel Sottosuolo e vi prometto che non chiederò più nulla del genere."
La consiglierà sospirò, "E va bene. Fra un mese, se è questo che vuoi. Non posso di certo costringerti."
"Grazie..." rispose lui, buttando fuori un respiro sollevato.
Ma, prima che l'adolescente potesse lasciare la stanza, Magda lo interrogò ancora una volta.
"Peter..." gli disse, con sguardo sconfitto, "Prima la droga, adesso questa richiesta... in cosa ho sbagliato con te?"
Lui rimase dapprima in silenzio, poi la guardò con occhi eloquenti.
"Probabilmente l'aver creduto che, un giorno, avresti potuto prendere il posto di mia madre. Io non avrò mai pace. Forse è vero, non sarò mai contento. Ma c'è ancora qualcosa in cui credo, qualcosa da salvare."
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