• Capitolo LXX •

I rintocchi delle nocche risuonarono sul portellone d'acciaio. I pannelli si schiusero lasciando che la suite di Mr. Peace fosse libera al passaggio del balancer.
"Come stai oggi?" chiese il ragazzo, avviandosi verso il salotto.
L'attico era situato all'ultimo piano della Red Tower ed era da sempre appartenuto all'anziano come sua personale dimora. Nell'ultimo anno le sue condizioni di salute si erano aggravate, costringendolo a muoversi su una sedia a rotelle, in seguito all'impossibilità di sincronizzare gli arti.
Mr. Peace si fece spazio tra il mobilio, spingendosi sulle ruote, "Stamani va meglio, ragazzo mio."
Il loro rapporto era diventato nel tempo sempre più intimo e confidenziale ed ogni sorta di formalità si era dissolta nei giorni.
Blake si avvicinò al tavolino e versò dell'acqua fresca dentro a un bicchiere da whisky.
"Bevi, oggi la temperatura è più alta."
"Sei gentile..." rispose lui, prendendo in mano la fredda bevanda, "Ma non voglio che tu passi le giornate a badare a un vecchio malato."
"Non lo faccio per dovere."
"È questo che mi preoccupa." raggiunse i piedi della vetrata che dava sulla metropoli, "Devi prenderti cura del tuo corpo e, soprattutto, della tua mente."
"È ciò che sto facendo, lo sai."
"Già... il dottor B. mi ha confidato che stai facendo passi da gigante."
"Mi segue costantemente, tutti i giorni." aggiunse il ragazzo, mettendosi comodo sul grande divano lucido, "Ormai è parte della mia quotidianità."
Mr. Peace sorrise lievemente, "Stai completando il percorso di riabilitazione, Blake. Sapevo che questo momento sarebbe arrivato. Non ho mai dubitato nemmeno per un secondo della tua forza."

Il giovane annuì ma decise di non portare avanti quel discorso.
"Come procede la nuova cura sperimentale?"
"Mi sento meglio..." rispose il vecchio, contemplando le vene che scavavano profondamente il dorso delle sue mani, "La polmonite sembra essere passata e credo che oggi andrò in ufficio. Devo incontrare l'amministratore delegato di quella nuova industria di cui ti avevo accennato."
"Posso farlo io, se ti costa troppi sforzi."
"Oh, no..." replicò subito lui, "È sempre una bella sensazione sedersi dietro la scrivania. Lo spettacolo deve continuare, Blake."
"Già..." piantò lo sguardo su un punto indefinito, tra le piastrelle, poi si rimise in piedi "Se non è un problema, vorrei scendere ai laboratori, adesso."
Mr. Peace alzò il mento e gli rivolse uno sguardo velatamente soddisfatto.
"Hai voglia di vederla ogni giorno, non è vero?"
Reclinò leggermente la testa, "È solo che il pensiero che ci sia qualcuno simile a me... credo che mi faccia sentire bene."
Mr. Peace accennò un sì col capo e bevve un sorso d'acqua.
"Quando il nostro tester morì, pensavo fosse finita. Era un neonato così bello... capelli albini proprio come i tuoi, paffuto, vivace. Mi ci ero quasi... affezionato."
"Lei è diversa." intervenne il giovane, "È molto forte e si sta sviluppando a vista d'occhio. La nuova tecnologia di ibernazione si sta dimostrando efficace. Sono certo che ce la farà."
"Si... ho un buon presentimento anche io. Credo che questa sia la volta buona, Blake. E, quando si sveglierà, inizierà una nuova era. Una nuova generazione. E a quel punto credimi, ragazzo mio... non ti sentirai mai più solo."

***

Due goccioline d'acqua piovana ticchettarono sulla fronte di Skyler, che si svegliò goffamente, portando fuori dal letto le gambe.
Osservò il foro sul tetto "Merda..." e si diresse nella piccola cucina.
"Sapevi che il soffitto perde?" chiese ancora assonnata, rivolgendosi a Zorah, poggiata contro al bancone e intenta a mangiare una mela.
"Buongiorno anche a te, Skyler." rispose lei, sarcastica, con la bocca mezza piena.
La giovane fece una smorfia, "Scusami... buongiorno. È che sono stufa di questo maltempo. E adesso ci mancava solo il tetto. Non abbiamo abbastanza denaro per ripararlo."
"Beh, intanto mangia qualcosa. C'è del pane qui. È un po' duro, ma il sapore è buono."
Skyler lanciò un rapido sguardo disinteressato alle fette, "Sì... magari dopo."
Un timido raggio di sole penetrò tra le fibre di cotone della tenda e le colpì il viso.
Avanzò, allora, velocemente verso la finestra: la giornata iniziava a risplendere e il cielo era una distesa azzurra e cristallina. La sua bocca si inarcò, disegnando sul suo volto un'improvvisa espressione euforica.
Corse verso la porta d'ingresso e afferrò l'arco, appeso come una reliquia alle travi di legno.
"Dove vai?!"
"A caccia! La tempesta di vento è passata..." mise in spalla i dardi e agganciò alla cinta l'arco.
Zorah diede un altro morso alla mela, "Se al tuo ritorno non dovessi trovarmi in casa... beh, probabilmente sarò nella stalla." concluse con fare malizioso, asciugandosi i contorni delle labbra, bagnati di succo.
La ragazza la guardò in faccia, "...Joshua? Sul serio?!"
La donna esplose in una risata, "Che c'è di male? Sì, siamo tornati insieme!"
"Che tradotto significa che avete ripreso a scopare in mezzo alle mie vacche." replicò, con tono di disapprovazione.
"La paglia è comoda..." commentò lei, disinibita.
"Non voglio sapere altro, okay?", terminò di sistemarsi, "Io vado... tornerò al tramontare del sole."
Zorah fece un saltello, mettendosi seduta sopra il bancone e, un attimo prima che la giovane mettesse piede fuori casa, la fermò.
"Oh, Skyler!" le fece, allungando il collo.
Lei si voltò, impaziente di andar via.
"Se dovessi incontrare Caleb... beh, mostrati gentile. Almeno provaci."
La ragazza sospirò, portando indietro gli iridi, "...D'accordo."

***

Blake discese gli scalini in metallo che conducevano al laboratorio centrale. I ricercatori, occupati nelle loro analisi, gli dedicarono un silenzioso cenno di rispetto al suo passaggio. Superò l'area di ricerca ed entrò in una sala in cui la temperatura era assai più rigida: piloni cilindrici di vetro racchiudevano blocchi cristallizzati di ghiaccio dentro ai quali potevano scorgersi, qua e là, dita incastrate tra le lastre e ciuffi bianchi di capelli.
Ma, tra tutte, quella che più interessava il balancer, era la teca centrale, in cui il volto chiarissimo di una giovane ragazza dormiente, si rifletteva attraverso il trasparente piano ghiacciato. I tratti erano fortemente albini, in maniera assai più distinta rispetto a quelli di Blake. I palmi delle sue mani poggiavano delicatamente contro il ghiaccio e, da vicino, si potevano notare i piccoli capillari che le attraversavano le palpebre.
Il ragazzo deglutì e rimase a guardare quel volto per parecchi minuti. Scendeva in quel posto quasi ogni giorno, tutte le volte che poteva, ma gli faceva sempre un certo effetto fermarsi a pochi passi dall'immagine di ciò che di più vicino a lui poteva mai esistere su quel pianeta. Era come non sentirsi più soli, diversi.
Per più di un anno aveva cercato di rifiutare la presa di coscienza sulla sua vera natura, sulle sue origini non umane, l'impossibilità di esprimere e provare sentimenti autentici che non fossero solo un mero riflesso dell'ambiente che lo circondava.
Aveva lottato contro se stesso per infinite notti, infliggendosi punizioni solo per sentire dolore, solo per rimanere legato alla sensazione di essere ancora in vita, di sentire qualcosa. Ma, infine, aveva ceduto all'unica realtà che davvero gli apparteneva. Lui era nato per essere B-273, non Blake. Era questo il fine ultimo della sua vita, questo il motivo per cui era stato creato.
Guardò ancora una volta quel viso congelato e andò via dalla stanza.

***

Una freccia si piantò velocissima dentro la corteccia di un pioppo. Skyler osservò il percorso che il suo dardo aveva descritto e constatò, con una certa soddisfazione, che la sua mira diventava sempre più precisa e impeccabile.
"Bel tiro!"
Una voce maschile si diffuse alle spalle della ragazza, che soffiò via dagli occhi un ciuffo di capelli, mettendo via l'arco.
"Caleb..." disse lei, accennando con la testa un saluto che celava non troppo entusiamo.
"Era da qualche giorno che non ti vedevo da queste parti... preso qualcosa?"
Il ragazzo stirò la schiena contro un arbusto, incrociando le braccia.
"Non è una delle mie giornate migliori. Le correnti di questi giorni hanno fatto migrare le quaglie altrove." si mise seduta su una roccia, osservando la distesa di alberi, "Credo che inizierò a cercare qualche cervo. Quelli non mancano mai."
"Oh, ci vai giù pesante allora!" la raggiunse, sedendosi accanto a lei, "Sei una dura."
Skyler gli lanciò un'occhiata tutt'altro che divertita, "No, affatto. Sono solo una che ha molta fame."
"Beh, io preferisco andare a pesca." commentò, allora, lui "Cacciare non fa per me. Pescare, invece, mi rilassa. E devo ammettere di cavarmela abbastanza discretamente."
Fece una pausa, forse imbarazzato dalla poca partecipazione di lei in quella conversazione, "Se vuoi, domani potremmo andarci insieme. C'è un piccolo lago a nord-est, ai piedi dei monti Ghaslim. Non hai idea del numero di trote che ci sono."
Un flash sbiancò la mente della giovane. Immagini rarefatte del lago di Axor e, poi, della notte d'amore trascorsa con Blake le accecarono la vista per qualche frazione di secondo.
"Stai bene?" chiese lui, notando la smorfia di Skyler.
"Sì... sì." rispose, arricciando il naso e allargando la cinta dei pantaloni, "È solo un abbassamento di pressione. Adesso passa."
Caleb sorrise, "Credevo ti fossi emozionata per la mia proposta."
Skyler rimase in silenzio, trovandolo inopportuno come sempre, e scocciata si rimise in piedi, prendendo l'arco.
"Sai, credo che sia meglio che io rincasi, adesso."
Anche lui si alzò, guardandola mortificato "Ho detto qualcosa che ti ha infastidita?"
"No, non è questo..." mise il tallone tra due piccole pietre e quasi inciampò, "Merda!" esclamò, nervosa, ricomponendosi.
"E va bene, sì!" sbottò, allora, "Non ti trovo affatto divertente, Caleb! Sei noioso e il tuo stupido umorismo è insopportabile perché non c'è proprio nulla da ridere in questo fottuto posto! Lotto ogni stramaledetto giorno della mia vita per la sopravvivenza e sto solo cercando di ritagliarmi un posto su questo cazzo di pianeta!"
Il ragazzo deglutì, visibilmente ferito, e abbassò lo sguardo.
La giovane si sentì irrimediabilmente in colpa e ripensò alle parole di Zorah.
"No, aspetta." chiuse per un attimo gli occhi e riprese, "Scusami davvero tanto... è solo che... è solo che a volte mi sembra tutto davvero difficile."
Accennò un sorriso, "Sta tranquilla, lo capisco.", si guardò intorno, "Beh, magari rimandiamo la pesca a un'altra volta."
"No!" mozzò subito lei, "No. Verrò volentieri."
Caleb sembrò positivamente stupito, "Sul serio? Beh... è... è fantastico! Allora ti aspetto domani al..."

"Hai intenzione di chiedermi di sposarti?" esordì allora lei, seria in viso.
Caleb rimase spiazzato e con la bocca semi aperta iniziò a balbettare confusamente qualcosa.
"Io... non... no! Stai... stai scherzando?!" disse, sorridendo nervosamente.
"Perché qualora fosse così..." proseguì lei, facendo un profondo respiro, "Allora sappi che potrei... potrei prendere in considerazione la tua proposta."
Si ammutolì e cambiò diametralmente espressione, assumendo maggiore colorito.
"Lo dici... lo dici seriamente?"
"Sì, Caleb. Sono seria." replicò, con la faccia di chi deve recarsi al patibolo, "È da quasi un anno che mi stai dietro. Credi che non me ne sia accorta?"
Si poggiò ad un albero e osservò il cielo, "Vuoi crearti una famiglia, così come fanno tutti. E lo capisco. Qui la gente, alla nostra età, ha già almeno due figli. Ti senti in difetto."
Caleb annuì lentamente, "...Non è facile andare avanti quando le persone iniziano a fare insinuazioni alle tue spalle. Mi ritengono un fallito."
"Ma non lo sei." risolse Skyler, buttando giù un groppo.
Il giovane rimase in silenzio a giocare con le suole sul terriccio, poi alzò lo sguardo.
"Posso abbracciarti?"
Allargò le narici, squadrandolo con parecchia diffidenza.
"Preferirei evitare qualsiasi tipo di contatto, per il momento. Scusami."
"Oh, sì. Certo... va bene."
"Ma..." cercò, allora, di rimediare "Ma se dovessimo davvero sposarci... ti prometto che sarò una brava moglie. Ti darò dei figli."
Caleb sembrò non saper cosa rispondere. La schiettezza e l'estremo distacco con cui la ragazza gli parlava di certi argomenti lo lasciò impreparato.

"Almeno posso accompagnarti fino a casa? Ti sei sentita male. Non voglio che tu faccia strada da sola."
Sì, in fondo era un gesto carino, pensò Skyler. Non era più abituata a ricevere così tante attenzioni da parte di un uomo.
Annuì e iniziarono a incamminarsi silenziosamente, mentre il sole calava sui dolci pendii dei monti.

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