• Capitolo LX •
Davanti l'edificio sei uomini dei corpi speciali del 31C circondavano un furgone blindato, in attesa del balancer.
Blake aprì il portone esterno, un raggio di sole gli attraversò il viso mentre, con una mano posata sulla schiena, accompagnava Skyler a uscire dalla struttura.
"Tutto quello che succederà adesso sarà solo una recita." le bisbigliò, mentre scendevano lentamente le scale del palazzo.
La giovane posò i suoi grandi occhi sul balancer, rimanendo in silenzio e cercando di interpretare quella frase fugace.
Raggiunsero il furgone e i soldati si misero sull'attenti.
"Possiamo andare." disse lui, austero.
Uno degli uomini, allora, strappò velocemente il borsone dalle mani della ragazza e iniziò a frugare al suo interno, facendo poi un rapido segno agli altri.
"È pulita." aggiunse, squadrandola dal basso verso l'alto.
Salirono così dentro l'abitacolo, Blake si sistemò dietro, accanto a Skyler che osservava col cuore in gola l'asfalto volare via.
I soldati la fissavano con le armi imbracciate, i dossi della strada ogni tanto facevano traballare i caschetti neri ma la loro espressione non si scomponeva nemmeno di un millimetro.
Blake tirò fuori dalla giacca qualcosa di metallico che, in un primo momento, Skyler non riuscì a identificare. Quando, però, le prese i polsi e glieli strinse all'interno di quelle che erano manette intarsiate con lo stemma del governo centrale, alzò gli occhi lucidi verso il balancer.
"È una formalità. Solo per sicurezza." le rispose, sottintendendo con uno sguardo profondo di reggere il gioco e stare tranquilla.
"Signore, siamo arrivati" esordì il militare alla guida, arrestando il veicolo davanti ad un cancello di filo spinato. Blake annuì e scese dal furgone, allontanandosi in direzione delle sbarre che bloccavano il passaggio. Skyler lo vide scambiare qualche parola con un militare posto in guardiola e poi mostrargli il suo documento identificativo e un foglio, che il soldato lesse con meticolosità. Doveva essere il permesso per uscire dai confini di Osmium City, pensò. Ma quel posto era blindato ad ogni angolo e non le diceva proprio nulla. Era certa di non esserci mai stata e iniziò a domandarsi se fosse un luogo per pochi.
Quando il balancer rientrò nell'abitacolo fece segno di procedere e per parecchi minuti smise di guardare la ragazza. Il furgone superò le sbarre e le torri di vedetta presidiate dai cecchini, fermandosi in un vasto spiazzale di terra rossa e arida. I soldati scesero in fretta in fila ordinata e Skyler li guardò, prima a destra poi a sinistra, con una certa preoccupazione.
"Scendiamo." le disse Blake, rimasto solo, "Non aver paura. È solo una prassi." sussurrò.
La prese da un braccio e raggiunsero, insieme ai corpi del 31C, un uomo di mezza età e una donna, qualche anno più giovane, vestiti in abiti curiosamente eleganti e fuori contesto. Sembrava li stessero aspettando da parecchi minuti ai piedi di una scalinata che portava a un livello sotterraneo.
"È un piacere rivederla, signore." disse l'uomo, con estrema cordialità, rivolgendosi a B-273.
Il ragazzo non rispose, ma si limitò a fare un cenno con la testa, accogliendo poi l'invito gestuale a scendere per primo le scalinate. Skyler strinse i denti e rimase qualche passo indietro rispetto a Blake, camminando attorniata dai militari che non le lasciavano nemmeno un centimetro di libertà.
"Le sono mancati i viaggi in prima classe?" chiese sorridente la donna, sceso l'ultimo gradino, "È da parecchi mesi che non la vediamo da queste parti."
"Come dimenticare il tè che servite..." replicò lui, calmo.
La giovane continuava a non capire ed era una sensazione frustrante. Attraversato un corridoio bianco ed eccessivamente illuminato, giunsero in quella che, a tutti gli effetti, sembrava essere proprio una stazione treni di ultimissima tecnologia: i treni, anch'essi bianchissimi e lucenti, si fermavano silenziosamente sui binari, passando da velocità inaudite a zero in pochissimi metri. La galleria era candida, quasi surreale, e vicino alla linea gialla altri individui in divisa chiacchieravano tra loro.
Skyler notò subito l'insegna luminosa a qualche metro di distanza dal punto in cui si erano fermati: Parabellum. Binario 2. In arrivo fra 00.46 secondi.
Che sciocchezza indicare il nome della destinazione, pensò di sfuggita, quando la meta non poteva che essere solo una. Cercò con lo sguardo Blake che, qualche metro più in là, si intratteneva con la donna. Chissà quante cose le aveva ancora tenuto all'oscuro. Una stazione segreta, questo era davvero il colmo.
I pensieri furono spazzati subito via dal vortice di aria che investì la galleria, accompagnandosi a un fischio: il treno si fermò come una piuma e il portellone si aprì proprio all'altezza del balancer.
"Buon viaggio, signore." disse l'uomo, con garbo, congedandosi insieme alla collega.
***
Erano trascorsi circa quaranta minuti dall'inizio della corsa. Skyler era stata condotta e fatta accomodare in un vagone a parte, le manette iniziavano a darle fastidio. Sentiva in lontananza delle voci maschili discutere, probabilmente Blake era lì dentro ma non ne aveva la certezza, non era riuscita a scambiarci nemmeno mezza parola da quando erano saliti sul treno.
La porta automatica scivolò su un lato e il ragazzo avanzò nel vagone vuoto. Era finalmente solo.
Osservò la ragazza, seduta su una delle confortevoli poltrone, al fianco del finestrino. L'arredo, seppur essenziale, era quanto di più distante dai soliti interni Skyler avesse mai visto sulla Terra. Al centro del vagone vi era addirittura un grosso lampadario in vetro trasparente e, sul fondo, un minibar e un acquario in cui a nuotare non erano pesciolini reali, bensì proiezioni olografiche in 3d.
Blake attese che la porta si richiudesse alle sue spalle, poi avanzò verso Skyler, sedendosi di fronte.
"Sei arrabbiata e lo comprendo."
"Davvero perspicace." replicò lei, continuando a osservare il panorama risucchiato in strisce di colore, tanto elevata era la velocità del mezzo.
"Guardami."
La giovane deglutì e gli rivolse uno sguardo svogliato.
"Fra poche ore arriveremo. La città si trova nell'emisfero opposto del pianeta. Credo che farà caldo."
"Allora potremmo andare in spiaggia." rispose, sarcastica e nervosa al medesimo tempo.
Blake sbuffò, accennando un sorriso, "Dai qui..." le disse, prendendole le braccia.
Inserì una chiavetta all'interno delle manette che si aprirono all'istante, liberandole i polsi arrossati.
"Sono un pericolo pubblico quindi?"
"Sono solo procedure standard. Nessuno in realtà teme che tu possa fare del male a qualcuno."
"E allora perché mi avete messa qui da sola?" insistette lei.
"Sei una citizen, Skyler. Non possiamo viaggiare nello stesso vagone."
"Però possiamo condividere il letto. Lo trovo curioso."
Il ragazzo schiuse leggermente la bocca, colpito dalla sfrontatezza di Skyler. Trovò subito ristoro nella visione del bancone, poco più in là.
"Vuoi qualcosa da bere?" le chiese, alzandosi e dirigendosi verso le bottiglie.
Sembrò ignorare totalmente quella domanda, "Blake, non mi hai ancora detto quanta gente da Parabellum ha effettuato il passaggio ad Osmium." domandò, con un certo interesse.
Il balancer versò tre dita di bourbon a temperatura ambiente dentro al bicchiere. Il vetro rifranse in mille sfaccettature ambrate il colore di quel caldo nettare.
"Perché ti interessa così tanto saperlo?" rigettò, irrigidendosi.
"Perché dovrò parlare a quella gente. È il passaggio ciò a cui ambiscono tutti, non è questo il punto?"
Sorseggiò lentamente il drink, "È l'ufficio stampa di Mr. Peace ad occuparsi del tuo discorso. Il tuo unico compito sarà quello di mostrarti sicura e sorridente davanti alla folla e alle telecamere. Se fossi al tuo posto non mi caricherei di ulteriori inutili domande o preoccupazioni."
"Ma tu non sei al mio posto." intervenne lei, rivolgendogli i suoi occhi spenti.
Blake, velatamente spiazzato, rispose a quello sguardo protraendo un lungo silenzio.
"Signore..."
Un soldato fece ingresso nel vagone.
"C'è il primo ministro in collegamento. Vorrebbe parlargli."
Il ragazzo abbassò il viso, osservando il bicchiere ancora in mano, "Sì, arrivo subito." lo mise da parte e rivolse un ultimo cenno alla giovane, rimasta seduta e ammutolita.
***
"Muovi l'alfiere a sinistra." ordinò Mr. Peace al consigliere Arthur che, in piedi di fianco l'anziano, fece strisciare cautamente la pedina sopra la scacchiera in faggio.
"Bella mossa." commentò il primo ministro Strenfell, seduto dinnanzi Mr. Peace, "Ho parlato con Blake poco fa..." aggiunse, spostando il cavallo di tre caselle, "Fra circa due ore arriveranno a Parabellum."
"Ricordo ancora quando per raggiungerla ci voleva un giorno intero!" disse euforico Arthur, osservando i due uomini giocare.
Mr. Peace alzò il volto, investendolo di uno sguardo tra il pietoso e il disgusto, poi si rivolse al ministro.
"Ho saputo che i cittadini sono in trepidazione. Tutti vogliono conoscere come è fatto il viso di un vero e proprio citizen di Osmium. La ragazzina penserà di essere una star quando metterà piede in quel luogo."
"Vedono in lei ciò che potrebbero diventare un giorno, signore..." replicò Strenfell, "L'idea del passaggio è così allettante che venderebbero persino l'anima pur di essere al posto di quella citizen."
"Ed è ciò che fanno, ministro..." rispose il vecchio, sorridendo "Sa... a volte mi chiedo: è immorale?" indicò al consigliere di muovere la regina di cinque caselle, "È immorale illudere quella gente con l'idea di un futuro migliore? È forse un atto immorale quando i carri vanno a raccogliere i fortunati e li conducono alla foresta di Axor?"
"Io credo che sia semplicemente necessario, signore." aggiunse il ministro, "Parabellum sarebbe sovrappopolata se, ogni tanto, non alleggerissimo il carico umano. Ritengo che sacrificarne una parte sia solo il frutto di una ordinaria selezione naturale."
Spostò la torre.
"È per questo che mi rispondo sempre di no, Strenfell. Noi regaliamo a quella miserabile gente ciò che di più caro potranno mai ricevere dalla vita: la speranza. A chi importa, in fondo, di arrivare ad Osmium? Non è forse l'idea di potercela fare, di sopravvivere in vista di un'esistenza migliore l'unica cosa che davvero conta? La fede funziona allo stesso modo. I terrestri sono fatti così, ministro Strenfell. Dagli qualcosa in cui credere e loro lo faranno, cazzo. Accendi una luce e la seguiranno. E noi gliela abbiamo data. Siamo degli eroi! Siamo il faro della loro merdosa esistenza. Dovrebbero ringraziarci quando premiamo il grilletto contro le loro teste in quella meravigliosa cornice di alberi e usignoli. Chiunque vorrebbe andarsene così."
Sorrise, autocompiacendosi del suo discorso e guardò la scacchiera.
"Arthur, sposta il re di una casella."
Il primo ministro osservò attentamente quella mossa e, dopo averci riflettuto qualche secondo, tornò a fissare Mr. Peace.
"Scacco matto, ministro." esordì il vecchio, col petto gonfio.
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