• Capitolo LII •

"UN APPLAUSO, SIGNORI!"
Magda guardò entusiasta gli altri membri del Consiglio e iniziò a battere lentamente le mani mentre Alan faceva ingresso nella sala maggiore.
Una sedia a rotelle lo aiutava a muoversi. Il volto appariva gonfio e cosparso di lividi violacei e dal movimento delle sue labbra si riusciva a scorgere qualche dente rotto.
"Ti dona quella fasciatura in testa." proseguì, sarcastica.
Il ragazzo si portò al centro della sala, continuando a rimanere in silenzio e con l'espressione incupita di chi non accetta ancora la sconfitta.
"Cos'è? Blake ti ha tagliato pure la lingua?! Non mi sorprenderebbe, ad essere sincera. Quando sei muto sembri molto più intelligente di quando dai fiato alla bocca. Ti avrebbe solo fatto un favore."
"Ti diverte così tanto prenderti gioco di me." rispose finalmente, incurvato sulla seggiolina.
"Sai cosa trovo davvero irresistibile, Alan?" riprese la donna, poggiando le braccia sul tavolo a mezzaluna, "Il fatto che, nonostante le mie ammonizioni e i miei infiniti avvertimenti... tu abbia comunque deciso di fare di testa tua. E che, come se ciò non bastasse, dopo l'immane stronzata, anziché ringraziare il cielo di essere stato risparmiamo da quel balancer, tu ti presenti qui, di fronte alla nostra assemblea... lamentandoti di essere oggetto di riso." inarcò leggermente le labbra, "Sei un fottuto idiota."
Scese i tre gradini che sopraelevavano il grande tavolo, portandosi qualche metro distante dal giovane.
"Perché non ti ha finito?"
Alan deglutì, guardando compulsivamente il pavimento.
"Ha detto che lo farà solo dopo aver sterminato la mia gente."
Magda rimase a fissarlo, serissima in viso.
"La tua gente. Quindi gli hai parlato di noi."
"NO. Non ho detto nulla riguardo il Sottosuolo e la Resistenza." alzò lo sguardo, "Io lo ucciderò, Magda. NON MI FA PAURA."
La consigliera scoppiò in una fragorosa risata, voltandosi a cercare gli sguardi complici dei suoi colleghi.
"Oh, Alan..." avanzò di qualche passo, con l'espressione di chi prova quasi tenerezza, "Tu proprio non ti ostini a capire, vero?
Il ragazzo emise un leggero sospiro, nervoso.
"Blake verrà a cercarti..." gli disse, poi, chinandosi appena fino ad incrociare il suo sguardo, "...e ti troverà. Sei fottuto, completamente fottuto. Quel balancer non lascia mai nulla al caso..."
"Magda..." cercò di dire lui.
"NO! TACI."
La donna tornò distante, iniziando a camminare attorno la sala.
"Ti ucciderà, Alan. Farai meglio ad iniziare a convivere con questa idea. Ha fatto una promessa e sappiamo tutti che la manterrà, perché così è e in altro modo non può essere. È solo questione di tempo."
Il giovane strinse i manici imbottiti della sedie a rotelle, deglutendo.
"Ciò a cui adesso dobbiamo pensare è preservare questo luogo e il suo popolo, perché si dà il caso che un completo imbecille abbia insinuato nella sua testa che esista qualcosa di più grande di TUTTE LE MALEDETTISSIME BANDE PROGRESSISTE DI QUELLA CITTÀ!!!"
L'eco rimbalzò tra le mura possenti e gli arazzi.
Il giovane serrò i denti, "Mi dispiace..."
"Hai firmato la tua condanna a morte, Alan." intervenne, dal tavolo, uno dei consiglieri "Ma non possiamo permetterci di mandare al patibolo anche la nostra gente."
"Forse so come far deviare strada al bastardo..." esordì, allora, il ragazzo.
Magda alzò un sopracciglio, "Giuro su Dio che se si tratta di un'altra delle tue stupide idee, sarò io ad ammazzarti."
"Niente di tutto questo..." replicò lui.
Prese un respiro profondo, mentre tutta l'assemblea lo scrutava.
"C'è un ragazzino in quella casa. Skyler lo considera quasi un fratello."
"Un ragazzino..." ripeté la donna, improvvisamente interessata all'argomento, "Molto bene."

***

Il vapore aveva completamente riempito il bagno e goccioline d'acqua scivolavano giù dallo specchio.

Skyler aprì velocemente la porta ed entrò senza che Blake potesse accorgersene, a causa del forte rumore del getto.
Giunse davanti la doccia e spalancò il divisorio, "È da una settimana che non fai altro che evitarmi." esordì.
Blake rimase inizialmente interdetto, poi riprese a insaponarsi.
"È proprio vero che il tempo passa in fretta."
La ragazza, allora, fece scivolare sulle piastrelle i vestiti e, senza troppi complimenti, entrò prepotentemente dentro.
"Santo cielo... adesso cosa stai facendo." le disse, scocciato.
"Non lo vedi? Faccio la doccia anche io." rispose decisa, bagnando i capelli sotto l'acqua calda, "Spero che tu non sia troppo stretto."
Il balancer la osservò, quasi incredulo "Cosa pensi di ottenere, Skyler?"
"VOGLIO CAPIRE PERCHÉ NON TI FIDI DI ME! VOGLIO SAPERE COSA È SUCCESSO, BLAKE." rispose, esasperata.
Il balancer spostò lo sguardo in direzione delle piastrelle umide.
"Vedi? Nemmeno mi guardi più..." commentò lei, sconfitta, "Io sono davanti a te. GUARDAMI." gli disse, rimanendo impalata mentre i capelli aderivano alla schiena, "Osserva il mio corpo. SONO IO, BLAKE. SONO SKYLER."
Il ragazzo serrò la mandibola continuando a tenere fissi gli occhi altrove. Poi la fece scansare, stendendo un braccio, ed uscì dalla cabina. Avvolse attorno al bacino l'asciugamano e si portò davanti lo specchio appannato, osservando la sua figura distorta.

Per la prima volta, da quando Skyler si era inserita nella sua vita, si sentiva vacillare in uno stato di confusione e diffidenza che non riusciva a concedergli riposo la notte. Il legame che lo univa a lei era qualcosa di unico, spaventoso e irrinunciabile al medesimo tempo.
Dal primo momento in cui le era entrata dentro, la sua vita aveva subito una lenta e incessante metamorfosi, tassellinata di rischi e pericoli sempre più grandi, responsabilità che si ammassavano, sensi di colpa che lo perseguitavano. Ma, in tutto quel caos, paradossalmente, per la prima volta si era sentito finalmente al sicuro. C'era lei. Ed era tutto così sbagliato ma tutto così luminoso. C'era lei, quella virgola al posto giusto che cambiava il senso di un'intera esistenza. C'era lei, simbolo di tutte le sue infinite lotte ma, insieme, sintesi perfetta di ciò che lo teneva in vita.
Eppure, da una settimana, quei pensieri erano annebbiati, ingrigiti da nuvole minacciose che lo mettevano in allerta, che lo portavano a dubitare persino del suo stesso riflesso. Una frase gli ronzava tra le meningi. Sempre la stessa, da giorni.

"Ma sappi che, prima o tardi... ti spezzerà il cuore. Oh, eccome se lo farà."

Poggiò gli avambracci sul marmo bianco del lavandino, quasi esausto.
Skyler, allora, si coprì velocemente e lo raggiunse.
"Sono così stanco..." sibilò, lasciando che la fronte gocciolasse sul pavimento.
"Blake..." sussurrò, poggiando una mano sulla schiena umida.
Il balancer si risollevò, guardandola finalmente negli occhi.

"Ti conosco troppo bene, Blake. E so che c'è qualcosa che ti turba. Qualsiasi cosa ti abbia detto Alan quel giorno... lasciala andare via dalla testa. Quell'uomo... quell'uomo voleva ottenere proprio questo. Io invece ho bisogno di averti qui, di averti presente." proseguì, con occhi lucidi.
Il ragazzo deglutì, "Terminata l'Accademia Superiore c'è un giuramento che tutti sono tenuti a fare." le disse poi, "Ogni soldato viene fatto avanzare di tre passi e, con la mano sinistra rivolta al cielo, deve promettere che qualunque cosa accada, qualsiasi dubbio o tentazione blocchino il suo percorso, egli riuscirà a evitarlo... e sarà sempre pronto a sacrificare la sua vita per la Causa."
La giovane lo ascoltava, persa nel suo sguardo.
"Skyler... devi giurarmi la stessa cosa. Devi... devi promettermi che saresti anche disposta a sacrificare la tua vita per stare con me." concluse allora lui, tradendo una voce rotta.
La ragazza sfiorò con le dita il suo volto, "Blake..." sibilò, "...io l'ho già sacrificata. L'ho già fatto."
Quella carezza percorse il suo zigomo come un petalo di rosa che vola, leggero, giù dallo stelo.
Il ragazzo la strinse, tirandola a sé e buttando fuori un profondo sospiro, "Lo so... lo so..." ripeté, chiudendo gli occhi.
"Io non potrei mai farcela senza di te, lo capisci?!" disse lei, soffocando i singhiozzi contro al suo petto, "Sei tutto ciò che mi resta..."
"Non piangere..." le scostò i capelli dal viso, "Ricordi la nostra promessa?"
La giovane asciugò via una lacrima, "Qualunque cosa accada..."
"Sì..." replicò lui, poggiando la fronte contro quella di Skyler, "...qualunque cosa accada."

***

Peter aprì bruscamente la porta.
"Skyl..." disse, interrompendosi subito alla vista dei due ragazzi abbracciati.
La giovane strinse meglio l'asciugamano attorno al seno e passò velocemente una mano sul naso arrossato, "Peter... le porte si chiudono per un motivo, buon Dio."
"Inizio a pensare che sulla Terra vivesse in una giungla." commentò sarcastico Blake, distaccadosi da lei.
"Io sto uscendo." proseguì l'adolescente, impaziente.
Il balancer fece qualche passo avanti, corrugando la fronte.
"È a me che devi chiedere il permesso di farlo, ragazzino."
"Ma io non stavo chiedendo alcun permesso. Esco e basta." rispose lui, con fare deciso.
"Questo non è un gioco. Risulti disperso e appena le autorità ti fermeranno non ci penseranno due volte a rinchiuderti in un istituto."
"E da quando ti preoccupi di me? Non sei né mio padre né mio fratello."
"E ti assicuro che ringrazio il cielo ogni santo giorno di non esserlo." replicò lui, "Ma purtroppo so che lei ti vuole bene." proseguì, indicando la ragazza, "Ed è solo per lei che mi preoccupo."
"Blake ha ragione..." intervenne Skyler, dietro "...È troppo rischioso."
L'adolescente rimase indifferente a quelle parole. Lanciò un rapido sguardo alle gocce di acqua che si erano riversate sul pavimento, "Non aspettatemi per cena."
Girò le spalle e si incamminò velocemente verso il salotto.
"Peter!"
La giovane gli corse dietro.
"Sai che c'è, Skyler..." mise in spalla uno zainetto nero, "Preferisco mille volte uscire e rischiare di essere preso piuttosto che rimanere un altro minuto in più in questo maledetto posto e insieme a quell'uomo!"
"Peter... cerca di ragionare..."
"NO. Cerca di ragionare tu, invece." ribattè inferocito lui, "Cosa stiamo facendo qui? Noi non c'entriamo nulla con questo posto. Ed io non intendo farne parte. Non lascerò farmi fare il lavaggio del cervello così come hanno fatto con te!"
Uno schiaffo schioccò acuto sulla guancia del ragazzo.
"Non permetterti più di parlarmi in questo modo." serrò, dura.
"Sei peggio di lui ormai." disse Peter, nero di rabbia.

Le lanciò un'ultima occhiata e abbandonò l'appartamento, tuffandosi di corsa giù dalle scale. Iniziò a percorrere a passi svelti la strada, tirando su il cappuccio della felpa. Lo zainetto sbatteva sul dorso, provocando un rumore metallico che si confondeva al suono delle suole sull'asfalto.
Dopo quindici minuti di cammino, giunse finalmente sotto un portico isolato. I fumi delle grate emanavano un leggero odore di fogna e gocce d'acqua cadevano giù dal canale in mattoni.
Il ragazzo controllò impaziente il suo orologio.
"È da tanto che aspetti?"
La voce risuonò dall'altra parte della galleria.
I vapori ne annebbiavano la sagoma che divenne poi chiara e sempre più vicina.
Magda sfilò i suoi guantini in pelle, "Sai, Peter..." disse, alzando in su il naso, ogni volta che risalgo in questa città c'è sempre lo stesso odore di muffa ad accogliermi. Non trovi sia sconveniente per un posto che millanta così tanto di essere simbolo di progresso?"
Il ragazzino la osservò, titubante.
"Comunque, è un piacere conoscerti. Io sono Magda." sorrise.
"Sei tu che mi porterai laggiù?" chiese lui, diffidente.
"Naturalmente." lo osservò con velato compiacimento, "Ovviamente se... sei convinto."
"Sì." replicò subito, "Non voglio più stare qui."
Magda incurvò le labbra, stupita "Quando ci siamo sentiti mi è parso di capire che fossi perplesso a causa di Skyler..."
Peter deglutì, "Ormai non mi importa più. A lei interessa solo quel balancer."
"Già..." incalzò lei, "Deve essere orribile sentirsi soli. Ma da oggi non le sei più. Adesso ci siamo noi."
L'adolescente annuì, caricandosi di coraggio.
"Dai, andiamo prima che il sole tramonti."
Tese una mano verso il ragazzino, "Che aspetti?"
Peter istintivamente girò il volto, guardando un'ultima volta la strada che si era lasciato alle spalle.
Osservò, poi, Magda e la raggiunse, timidamente.
"Mi aiuterete a ritrovare mia madre?" chiese poi, mentre si incamminavano.
"Ci sarà tempo per ogni cosa, Peter..." rispose la consigliera, "Bisogna solo saper aspettare..."

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