21. La sesta lettera
Ventisei febbraio 2017
Casa di Sebastian e Rose Gills.
Ore 12:00
«Dannazione, Sebastian! Devi calmarti, adesso.» urlò Rose.
«Guarda che è colpa tua se Melissa se ne è andata!» rispose Sebastian adirato.
«Non è litigando che risolverete le cose...» alzò la voce Jinger. «Deve esserci una soluzione per risolvere tutto.»
«Sì, scoprire la verità, qui mentono tutti!» esclamò Rose.
Sebastian sembrava riflettere, rimase in silenzio per pochi secondi, si avvicinò alla scrivania e afferrò le lettere, cercando la numero sei.
Le donne, capendo la sua intenzione si sedettero sul divano, pronte ad ascoltare.
Sebastian, osservando la data esterna, sulla stessa busta, sussurrò, ancor prima di leggerla: «Ventisei novembre 2012...»
Quattordici aprile 1999
Prigione di Puvirnituq, Nunavik.
Caro XXXXXX,
ancora nessuna tua risposta. Continui a mandarmi foto, ma mai una lettera. Cosa succede? Perché sembri sparito dalla faccia della terra?
Qui le cose vanno bene, nel possibile che si possa dire rinchiusi in una galera. Luk ci porta del cibo fresco quando può. Almeno a me e a Stallone. Ho sempre percepito che ci ha preso a cuore, ma ora sta persino rompendo le regole del carcere, rischiando la carriera, pur di non farci mangiare quelle larve.
Stallone ha smesso di dare il tormento ai nuovi, sembra quasi che la mia vicinanza lo stia un po' intenerendo. D'altro lato, lui mi rende più forte e finalmente riesco a essere meno empatico con chi capita invece nel braccio di Ciliegia. Non reagisco più se noto movimenti strani alla mensa o nel cortile. Stallone mi ha insegnato che per restare vivo bisogna farsi gli affari suoi. Ormai mi sta anche bene. Ho salvato almeno i nuovi arrivati in questo braccio.
Veder soffrire qualcuno e salvarne pochi altri è evidentemente nel mio destino. Come per mia madre e Melissa, anche qui ho dovuto scegliere chi proteggere e chi lasciare nelle grinfie dei cattivi.
Non avrei mai creduto che la vita mi avesse posto di fronte il dovere di scegliere tra Melissa e la donna che mi ha partorito!
Eppure è successo.
Mia madre era una donna malata dal giorno in cui aveva espulso dal suo corpo la mia adorata sorellina. Da una semplice depressione, la sua divenne proprio una malattia dalla quale, con le sue sole forze, non avrebbe potuto mai uscirne. Mio padre non aiutava: iniziò a picchiarmi da quando difesi dalla sua morsa, la prima volta, il corpicino di Melissa, ancora in fasce. Lei era la causa dei mali di mia madre, secondo il ragionamento di quel bastardo. Come se effettivamente gli importasse qualcosa di quella moglie che tradiva già da vent'anni!
L'ho sempre saputo, ma non sono mai riuscito a scoprire chi fosse la donna. Stavano ben attenti, mio padre la faceva entrare e uscire dalla porta del retro, punto in cui nessuno di noi passava, perché per farlo dovevi entrare nello scantinato, superare un piccolo corridoio grezzo e non cementato e salire delle scale di legno che conducevano nel retro della casa, in giardino, nel quale questa grande e massiccia porta era adagiata, con un po' di inclinazione verso l'alto, sul terreno stesso. Sembrava l'entrata di un bunker. Il giardino finiva dove iniziava il bosco.
Spero che chi si occuperà della casa e della vendita, muri la porta interna dello scantinato e prego venga demolita l'entrata dal giardino!
Tradiva mia madre da sempre e, lei purtroppo lo sapeva, come tutti noi... lo aveva capito. Spesso gli si gettava addosso e cominciava a dargli pugni. Lui la teneva per le braccia, si scusava piangendo e le diceva che non lo avrebbe rifatto. Puntualmente però si rinchiudeva in quella stanza degli orrori con quella donna! Dopo aver partorito Melissa, mia madre si aggravò sempre più e mio padre non riuscì a sopportare le sue lamentele, iniziò a picchiare lei, poi, dando ogni colpa alla piccola, tentò di ammazzarla mettendole un cuscino sulla faccia. Fu allora che mi misi di mezzo. Mi prese dal braccio e mi gettò in quello scantinato facendomi cadere dalle scale.
«Spogliati!» urlò.
Con la cinta iniziò a frustarmi dal collo fino alla gambe, lasciandomi sanguinante per terra.
Svenni.
Mi risvegliai dopo alcuni minuti. Lui stava pulendo la sua pistola con la stessa mania di sempre, me la puntò alla testa, dicendomi: «Io faccio ciò che voglio e tu non potrai mai fermarmi! E ora te lo dimostro!»
Cominciò ad avanzare verso le scale, si stava dirigendo al piano di sopra, strascicavo una gamba, quella più ferita, ma a via di sforzi e atroci dolori riuscii a seguirlo. Tornò nella camera da letto, dove mia madre e la piccola riposavano. Mi guardò sorridendo mentre poggiai la mia spalla sulla parete per alzarmi. Guardò mia sorella, poi mia madre. Rimasi a osservare lacrimando ed emettendo suoni gutturali per il dolore. Il sangue dalle ferite non si arrestava, tanto che avevo già sporcato il pavimento e strisciato il muro con quel liquidi scarlatto della mia mano.
Fu lì che dovetti scegliere. Fu lì che dovetti sperare che andasse dall'una o dall'altra. Fu lì che vidi mio padre scegliere mia madre e massacrarla di botte, avanti a me. Fu lì che sospirai, quasi felice che non avesse scelto Melissa, ancora appena nata.
Me ne vergogno, sai? Mi sento male all'idea che arrivassi a sperare che non toccasse la piccola. Ma in quel momento pregai... "Fai che si sfoghi su mia madre, ma che non tocchi la piccola!". Pregai quel Dio che sentivo lontano e che ci aveva abbandonati.
Strascicai il mio corpo fino alla piccola, la presi in braccio e la portai al sicuro. La portai da Bert, anche quella volta, come sempre! In casa non c'era quasi mai nessuno e sapevo che quello sarebbe stato l'unico posto in cui, per un paio d'ore, la bambina sarebbe stata protetta.
Mi recai da Sarah, allora ci frequentavamo da poco... Era una tossica e da quando l'avevo conosciuta fumavo erba ogni tanto. Quel giorno le dissi che avevo bisogno di qualcosa di più. Ricordo che me la negò, mi diede lo spinello e fumai quello. Dopo due anni di pestaggi da parte di mio padre provai per la prima volta l'eroina.
Chissà se la sua amante sapesse cosa ci faceva! Chissà se sapeva quanto fosse violento! Chissà chi era!
Non sono mai riuscito a vederla in faccia. Solo una volta la vidi di spalle, scappò verso il bosco... la sera dell'omicidio. Lei era lì. Lo so perché sentii dei rumori quando puntai la pistola verso mia sorella urlandole di andarsene. Quella donna... era presente. La rincorsi, ma quando uscii dal bunker in giardino lei si era già volatilizzata. Devi trovarla. Devi scoprire chi è, lei di certo sa la verità e dobbiamo assicurarci che non parli!
Ventisei febbraio 2017
Casa di Sebastian e Rose Gills.
Ore 12:10
«Oh! Mio Dio! Aveva un'amante!» esclamò Rose.
Tutti si guardarono scioccati, non credevano a ciò che avevano letto. Rose e Jinger lacrimavano per ciò che avevano sentito con la voce di Sebastian, che aveva letto per loro. Piangevano per la violenza di quell'uomo, per l'accanimento che aveva riservato per il ragazzo, per ciò che aveva dovuto subire per proteggere Melissa.
«Forse, con Phill sono stato troppo prevenuto... E se l'avesse ucciso per salvare Melissa da un altro attacco omicida avuto dal loro padre verso la bambina?» disse Sebastian portandosi le mani sulla faccia. «Santo cielo! Cosa ho fatto! Ho mandato in galera una vittima!»
«E poi, chi diavolo è quest'altra donna?» chiese Jinger.
«Dove vai?» chiese Rose, vedendo il marito indossare il giubbotto.
«Da Phill, devo scusarmi con lui...» rispose Sebastian.
Ma appena l'uomo aprì la porta, seguito dalle due donne, si ritrovò lì fuori Bert.
«Che ci fai qui?» chiese confuso l'uomo.
«Dovete venire con me, mia madre è sparita!» spiegò il ragazzo preoccupato. «Dovete accompagnarmi, non posso chiamare i colleghi, la polizia non deve entrarci!» disse tutto d'un fiato.
«Ci stai spaventando, Bert, che diavolo succede?» domandò Rose in ansia. «Magari è solo uscita e sta per tornare, cosa ti preoccupa tanto?»
«Credo che mia madre sia andata a cercare Melissa e... che abbia la pistola di mio padre con sé. Ho trovato la custodia aperta sul tavolo della cucina!»
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