15. Stallone
Ventitré febbraio 2017
Prigione Puvirnituq, Nunavik (Quebék)
ore 16:00
Aveva letto e riletto quelle maledette lettere, per ore e ore, la povera Rose. Forse cercava il coraggio in quelle parole per aprirne un'altra. Aveva promesso, però, al marito che le avrebbero scartate insieme e, almeno a quella promessa, voleva tenere fede.
Quando si ritrovò di fronte il carcere, la donna sembrò entrare in stato catatonico, quelle parole scritte le scuotevano la mente e le passavano avanti gli occhi come sospese sotto uno sfondo buio. Osservava quel grande cancello e sembrava sentirne l'odore a centinaia di metri.
«Rose, va tutto bene?» chiese Jinger, posizionando la mano sulla spalla della nipote.
Annuì più volte, ma la zia capì che Rose stava per entrare in panico.
Le due, da bambine erano cresciute assieme nella casa della nonna. Jinger aveva solo dodici anni quando la nipotina, di appena sei, cadeva spesso in attacchi di panico, anche per i più futili motivi. Allora la più grande prendeva per mano Rose e le camminava accanto, accompagnandola a ogni passo.
Appena Jinger strinse la mano della nipote, Rose si sentì improvvisamente risvegliare da quello stato quasi comatoso, e il coraggio, che per pochi istanti mancò, parve ritornare, più forte di prima.
Le due donne, lentamente, passo dopo passo, raggiunsero l'entrata del carcere, allontanando le loro mani solo quando, arrivati davanti al cancello, una guardia si avvicinò a loro.
«Siamo qui per vedere Stallone» disse Jinger con la sua solita aria da simpatica snob.
L'uomo rise sguaiatamente. «Questo non è un villaggio turistico e l'entrata del carcere non è di certo una reception, l'orario di visita è lunedì, dalle quindici alle sedici... oggi è giovedì, tornate fra quattro giorni!»
«La prego, devo...» cercò di dire Rose, ma la guardia la interruppe affermando che non poteva fare nulla.
Jinger sospirò pesantemente, cercando di darsi carica: «Senta, sign.-signor... guardia, lei deve farci entrare, altrimenti...»
«Altrimenti cosa?» continuò il paffuto uomo dai folti baffi, con un tono di sfida.
Nel frattempo, lì accanto passò un collega che salutò la guardia, alzando la mano.
«Oh, Luk, oggi fai il turno serale, allora!» disse la guardia continuando a rivolgersi all'uomo in divisa che oltrepassava l'entrata.
Rose diede una gomitata alla zia.
«Luk» urlò Rose. Schiarì la voce appena si accorse che l'uomo corrugò la fronte nel sentir fare il suo nome. «Mi scusi, signor Luk...»
«Ci conosciamo?» chiese l'uomo sentendosi a disagio. Rose lo aveva chiamato come se sapesse chi fosse, ma l'uomo non ne aveva alcun ricordo. Tornò indietro e fece qualche passo verso le donne.
«Non direttamente, Luk, ma so che è un brav'uomo.» spiegò Rose, un po' imbarazzata.
La guardia scrutò le due donne poi, scambiandosi uno sguardo con il collega, disse: «Per quale motivo siete qui?»
«Vogliono incontrare Stallone! Ti rendi conto? Come se fosse un albergo questo!» rispose il collega sfociando in un'ennesima risata.
«Phill dice che lei è l'unico ad avere un cuore buono...» scappò di bocca a Rose, la quale continuò, osservando il collega di Luk «e mi sa che ha ragione!»
«Come si permette!» urlò la guardia che smise di avanzare verso le donne bloccato dallo stesso collega.
«Torna dentro, ci penso io a loro» ordinò Luk.
Quando la guardia si allontanò, l'uomo rivolse lo sguardo verso Rose: «Phill?»
«Sì, siamo amiche di Phill» disse Jinger.
Rose chinò la testa di lato e, con tutta la sincerità che aveva in corpo, spiegò: «No, Luk, non siamo amiche di Phill... anzi... mio marito lo arrestò vent'anni fa.»
«Sebastian... lei è sua moglie?» chiese Luk meravigliato.
La donna annuì, poi continuò: «Abbiamo sempre creduto nella colpevolezza di Phill, ma, da qualche tempo, mi sono sorti dei dubbi e penso che Stallone mi possa aiutare a capire. Credo che lei non possa capire, in effetti è complicato, mi sono arrivate delle lettere... e...»
«Venite con me!» disse sicuro di sé l'uomo.
Rose e Jinger si scambiarono uno sguardo e la prima si bloccò dal sproloquiare senza fine. Rimase senza parole, riuscì solo a dire alla zia, sussurrando, mentre seguivano la guardia: «Mi sa che qui sanno tutto e... non solo Stallone!»
Jinger alzò le spalle, anche lei molto sorpresa.
«Sedetevi qui, dall'altro lato del vetro vedrete arrivare Stallone, posso darvi solo pochi minuti.» disse Luk, congedandosi dalle donne.
Dopo aver ringraziato più volte la guardia, Jinger e Rose si sedettero dietro il riquadro di vetro che li separava dall'altra metà della stanza. Si guardarono attorno; probabilmente, anche se solo per pochi istanti, si pentirono di essersi incanalate in quella situazione. Il silenzio era tombale non essendoci altri visitatori, l'odore forte di marcio e chiuso riempiva la piccola stanza rettangolare, divisa a metà da quella struttura di lamiera e vetro. Le pareti ingiallite e l'assenza di oggetti o mobili dava un senso di vuoto e vecchio, ma anche di solitudine e malinconia.
Le donne, sedute d'avanti al vetro, tenevano le gambe fitte e chiuse, sulle quali stringevano con le mani le borsette adagiate. Continuavano a roteare la testa a destra e sinistra, ogni tanto si scambiavano uno sguardo. Ogni loro movenza raccontava disagio e pentimento.
Improvvisamente la porta interna all'altra metà della stanza si aprì: entrò Stallone, accompagnato da Luk, il quale rimase in piedi all'interno della stanza, incrociò le mani e fissò le donne. Stallone, lentamente, si diresse verso la sedia, accasciandosi su di essa, mentre osservava le due donne.
Rose iniziò a strisciare una mano sull'altra, appena si ritrovò di fronte l'uomo, ingoiò un po' di saliva e prese fiato: «Salve, signor Stallone, il mio nome è Rose, sono venuta fin qui da Hay River per poter parlare con lei. So che è amico di Phill e che avete tanto parlato di ciò che è accaduto alla sua famiglia...»
Stallone fissava la donna con un sorrisetto ambiguo e annuiva senza fermarsi, un atteggiamento tanto strano da spingere Rose a bloccarsi dal parlare. Stallone si voltò verso Luk, anch'egli col sorrisetto strano. Poi riprese la posizione naturale e, ridendo ancora, osservò la cornetta, appesa alla sua sinistra. Alzò la mano, l'afferrò, bussò sul vetro con lo stesso oggetto che portò all'orecchio. Rose voltò lo sguardo alla sua destra e, notando la cornetta, capì che aveva parlato a vuoto e che nessuno dei presenti aveva udito le sue parole, all'infuori di Jinger.
Con un sorriso imbarazzato strinse le labbra e con lentezza prese la cornetta, la posizionò al centro, tra il suo orecchio e quello della zia.
Rose deglutì, riportando lo sguardo su Stallone.
«Chi diavolo siete? E cosa volete?» chiese lui, facendosi serio.
La donna alzò, col dito centrale della mano destra, i suoi tondi occhiali. Quel gesto era sempre accompagnato da un influsso di grande coraggio. Come se soffrisse di doppia personalità, si trasformava in una donna decisa e senza paure.
«Sono la moglie di Sebastian, l'uomo che arrestò Phill, ma tu lo sai già! Non è così?»
Jinger, stupita e meravigliata, seppur anche compiaciuta, voltò di poco la testa, allontanandola dalla cornetta, per dare un'occhiata a quella donna che tutto sembrava tranne che la debole Rose cresciuta con lei.
«E perché mai dovrei saperlo. Non conosco nessun Sebastian.» disse l'uomo col suo solito sorriso sarcastico.
«So che sai la verità su quel maledetto due dicembre.» continuò Rose, mantenendo il suo tono rigido.
«Anche se fosse, perché dovrei parlarne con voi?» domandò Stallone, aprendo poi le braccia e sbattendo il palmo libero sulla coscia.
«Andiamocene, Rose, sto bastardo non ci dirà nulla!» ordinò Jinger, alzandosi adirata.
Stallone rise di gusto, si alzò e fece per andarsene, dopo aver sbattuto la cornetta sul telefono laterale.
«No, aspetta!», urlò Rose alzandosi di scatto. Ma lui non poteva sentirla. Lei aveva ancora la cornetta in mano e la sbatté tre volte sul vetro. Quando l'uomo si voltò, richiamato dal rumore, vide Rose accomodarsi di nuovo e riportare la cornetta sull'orecchio. Jinger rimase in piedi e non si mosse da lì, distante pochi centimetri da Rose. Stallone tronò indietro, prese la cornetta senza neanche sedersi e sussurrò:
«Se stai sospettando che l'omicida non è Phill, allora sei sulla buona strada... Se vuoi sapere chi è stato ad ammazzare i genitori di Melissa, poniti solo una domanda...»
«Quale?» chiese Rose agitata per via del fatto che l'uomo si chinò e portò il suo viso vicinissimo al vetro.
«Chi ha l'altro bossolo?»
Il silenzio di Rose gli permise di chiudere la conversazione, affermando: «Lui conosce la verità!»
Lasciò Rose di sasso, le diede le spalle e andò via.
SPAZIO AUTORE
Voglio ringraziare chi si precipita a leggere a ogni mio aggiornamento, ma questo capitolo lo dedico a BlondeAttitude_ per averlo espressamente richiesto <3
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