17.

Passano altri tre giorni quando finalmente mi decido a scendere dal mio letto per raggiungere il salotto. Mia mamma è seduta sul divano a leggere un libro e sta piangendo quindi credo sia una cosa deprimente.
Mi avvicino e mi siedo accanto a lei. Solo in quel momento alza gli occhi dal suo libro, si asciuga le lacrime e mi stringe in un forte abbraccio.
<< Mi dispiace mamma. Davvero. So che non è colpa tua ma io non ce la faccio più a stare qui. Tutto quello che mi circonda mi ricorda papà. >>
<< Ci trasferiremo, se è quello di cui hai bisogno. Ho letto che stare accanto ai figli nei propri momenti bui li aiuta a superarli con più facilità. >>

Alzo un angolo della bocca. Allungo un braccio dietro la schiena di mamma e prendo il libro. Lo abbraccio e ringrazio pure lui. Mi sento meglio.

<< Passo a salutare i miei amici... >>

Torno in camera, preparo lo zaino, mi vesto ed esco di casa.

Vado prima da Jace. La sua casa è enorme. Attraverso il vialetto di ghiaia per raggiungere la porta di ingresso. Suono il campanello.

Viene ad aprirmi sua nonna che appena mi vede si apre in un grandissimo sorriso e mi abbraccia fortissimo... Forse anche un po' troppo.

Dopo essere entrata, raggiungo la  camera del mio amico e busso. Lui mugugna qualcosa da dietro, strascica i piedi e viene ad aprire.
Appena mi vede sembra che tutta l'energia del mondo sia concentrata su di lui. Inizia a saltellare dalla gioia e mi abbraccia fortissimo. Sorrido.

Dopo che si è calmato andiamo a sederci sul letto e gli dico tutto. Di come ho passato gli ultimi giorni a casa e del trasferimento. Lui si fa subito serio.
Mi mette un braccio dietro le spalle e mi tira a se.

<< Mi mancherai da morire. Quando vai via? >>
<< Non lo so ancora, spero presto. >>
Sospira.
<< Devo farti vedere un posto prima che tu vada via. Torna qui stasera, alle nove. >>
Annuisco. Gli do un bacio furtivo, lo saluto e vado da Janette.

La casa di Janette, al contrario di quella di Jace, è piccola ma colorata e molto carina. Lei ha pochissimo giardino e in due passi sono alla porta. Busso, dato che non c'è il campanello.
Ad aprirmi questa volta è lei e come nel caso di Jace sembra presa da un attacco di gioia. Mi stringe anche lei fortissimo e mi trascina in camera. Ci sediamo sul letto e anche a lei racconto tutto.

Anche lei non è felice del trasferimento ma dice che sfrutteremo tutto il tempo a disposizione prima di partire. Io rido e la abbraccio.
<< Ci vediamo domani mattina. Shopping sfrenato e pigiama party? >> propone
<< Mi sembra un'ottima idea! >> ridacchio.

Passo il pranzo con mamma, in cucina, su un vero tavolo con dei veri piatti, del vero cibo e delle vere posate: cosa che non succede da settimane.

Sono molto contenta di passare del tempo con mia mamma e mi dilungo a  chiacchierare con lei fino alle tre del pomeriggio.

Sto un po' al computer e verso le 7 scengo di nuovo per cenare. Mangio un panino col prosciutto e salgo velocemente a cambiarmi. Mi vesto comoda, dato che non so dove vuole portarmi Jace.

Appena sto per aprire la porta d'ingresso, mi squilla il cellulare. Lo afferro e lo porto all'orecchio senza neanche guardare chi è.

<< Pronto? >>
<< TI MUOVI? TI STO ASPETTANDO DA MEZZ'ORA! >> mi urla Jace dall'altro capo.
<< Calmo... >> guardo l'orologio, segna le otto e trenta. << Sono in anticipo di mezz'ora vorrai dire.>>
<< Cosa? Sono le nove e mezza e non sei ancora arrivata! Stiamo a cinque minuti di distanza...>>
<< No, cavolo, ho l'orologio rotto. Sono da te tra cinque minuti. >> Dico mentre picchietto il dito sul quadrante dell'orologio.
Riattacca.

Arrivo da lui col fiatone. Busso. Lui mi apre.

Ha l'aria infastidita ma dopo un mio forte abbraccio si apre in un grande sorriso. 
<< Sempre la solita ritardataria... >> mi sussurra, sorridendo.
Gli faccio una linguaccia. << Allora, dove andiamo? >>
<< Non posso dirtelo, è una sorpresa! >>

Ci sediamo sulla panchina della fermata dell'autobus e chiacchieriamo un po' del mio trasferimento, di come mi sento e di come si sentirà lui dopo che me ne sarò andata.

Finalmente arriva il bus, saliamo e arriviamo alla fermata giusta dopo un tempo che mi sembra infinito. 
Scendendo, noto subito l'aria fredda e suppongo di essere salita di quota. 

Jace scende, mi prende il braccio e mi trascina verso un sentiero acciottolato. Dopo aver superato un gran bosco di querce raggiungiamo una radura desolata. Il sole sta calando sulla città rivelando un panorama mozzafiato. 

Lui molla lo zaino a terra, mi mette un braccio attorno alla vita e mi stringe a se. Appoggio la testa sulla sua spalla. 

<< Mi dispiace lasciare tutti voi, davvero. L'unico problema è tutto questo >> dico aprendo il braccio indicando il panorama a noi sottostante. << Tutto questo mi ricorda mio padre e proprio non ce la faccio a vivere con lui nella testa. >>
Mi bacia la fronte.
<< Ti amo Sue e non vorrei mai che te ne andassi, ma se è questo quello che ti rende felice, sono con te. >>
Sorrido.
<< La cosa è reciproca. >>

Lo bacio. Un bacio pieno di malinconia, speranza e amore. Ci sediamo sul prato e aspettiamo che il sole tramonti per poter osservare le stelle. 

Verso mezzanotte decidiamo di tornare a casa.

Davanti alla porta di casa mia, ci salutiamo con una promessa.

<< Quando tornerò qua, un giorno, tornerò al monte tutti i giorni e ti ritroverò, promesso. Ti amo Jace, da morire. >> gli dico, gli occhi lucidi. 
<< La cosa è reciproca. >> sorride.

Lo bacio di nuovo, forse per l'ultima volta.

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