We are Golden
Non accennarono dell'accaduto fino al mattino del giorno dopo, questo però non impedì ad Harry di esplodere internamente dall'euforia.
Forse era perché essendo la prima volta che aveva un vero contatto col mondo esterno o forse perché preso dalla curiosità, il giorno dopo appena si svegliò non ci pensò due volte ad abbandonare il soffice letto e a vestirsi. Si infilò una felpa e dei pantaloni comodi, i verdi occhioni vispi e lucenti, pronti a scoprire un nuovo mondo che gli era stato nascosto per tanto tempo. Quella sensazione che aveva provato il giorno prima lo aveva rinvigorito, risvegliato. Voleva tornare fuori e se c'era ancora Aaron ad accompagnare i passi ballare, ballare fino a consumarsi i muscoli.
Avrebbe potuto sopportare qualsiasi dolore se a premiarlo ci fossero stati i polmoni che si schiudevano e le guance che si intiepidivano come quel primo pomeriggio.
Prese le scarpe da ginnastica e dopo averle allacciate spostò la libreria senza sforzo, creando quel minimo spazio per permettersi di andare in cucina.
Sgattaiolò nel cubicolo e avvicinatosi al frigorifero lo aprì in fretta prendendo il cartone del latte, dopodiché si allungò verso una credenza e prese la tazza. Voleva fare il più in fretta possibile ma non appena si voltò lo sguardo spaesato di Louis gli perforò il petto, mozzandogli per un secondo il respiro. La colpevolezza lo stordì.
Come aveva fatto a dimenticarsi di Louis? Certamente si era accorto del suo umore turbato quando lui saltellava per la pista e in seguito la sua rabbia verso i cittadini che non appena era caduto erano scoppiati a ridere. Non capiva perché fosse così strano ma non aveva alcuna intenzione di farlo preoccupare -se di questo si trattava- ulteriormente. Però gli era proprio passato di mente l'idea di avvertirlo o di lasciare quantomeno un biglietto con su scritto dove si era recato.
"Harry?" Louis con i capelli sparati in tutte le direzioni notò le scarpe ai piedi del riccio "Dove vuoi andare da solo?". A quelle parole Harry venne nuovamente investito dal ricordo e sorrise inevitabilmente. Decisamente, quella situazione lo stava coinvolgendo anche troppo. Ma infondo da un ragazzo che non aveva mai sperimentato veramente la libertà o la pura felicità cosa ci si doveva aspettare se non tale comportamento?
"Volevo uscire" si limitò a rispondere nascondendo le sue vere intenzioni. Avrebbe dovuto spiegare perché voleva rivedere Aaron e per farlo avrebbe dovuto ripescare l'argomento che ormai aveva intuito fosse taboo. Inoltre quelle sensazioni che pompavano velocissime nelle sue vene... come avrebbe potuto spiegarle? No, meglio nascondere per ancora un pochino la situazione dentro di sé, giusto fino a quando non avrebbe attentamente analizzato la situazione e solo allora avrebbe agito di conseguenza.
"Da solo? E a quest'ora?" alzò le spalle con nonchalance, minimizzando la cosa "Pensavo che sarebbe stata una passeggiata veloce".
Louis assunse un'espressione impassibile e Harry capì in un battibaleno che il maggiore aveva intuito cosa ci fosse che non andava. Non gli si poteva nascondere proprio nulla.
"Harry non prendermi in giro. Non ti sei mai comportato così prima d'ora e voglio sapere cosa c'è che non va" preso in contropiede il riccio si decise a chiedere gentilmente di poter essere accompagnato a sentire Aaron suonare. Infondo cosa c'era che non andava? Voleva semplicemente sperimentare cose nuove e si diede addirittura dello stupido per non aver coinvolto prima Louis. Se la gioia che immaginava avrebbe provato quando si sarebbe recato a teatro da solo, quanto forte sarebbe stata quella che gli avrebbe traforato il cuore se con lui ci fosse stato anche il liscio? Forse era meglio parlarne con Louis, lui lo appoggiava sempre, certamente avrebbe saputo comprenderlo. Magari però tralasciando quelle nuove sensazioni che provava dentro di sé, ecco, quelle non era ancora pronto a rivelarle.
Le sue dita lunghe si attorcigliarono dubbiose attorno al manico della tazza mentre con l'altra mano poggiava il cartone sul tavolino "Pensavo... ti andrebbe di andare a teatro questo fine settimana?" azzardò cauto. Vide il corpo del ragazzo tendersi come una corda e le sue labbra formare una linea retta prima che gli spezzasse il cuore pronunciando un forte "No". Con le mani che ora avevano mollato la presa sulla tazza e che facevano pressione sulla superficie del tavolo per sorreggersi trovò la voce di replicare una debole "Perché no?", l'energia prosciugata da una semplice affermazione che -lui sapeva- sarebbe stata immutabile. Non importava se si fosse comportato bene o se si gettasse a terra piangendo come un bambino, ormai quel tono di voce aveva chiarito ogni minimo dubbio.
"Harry, tu Aaron Tveit neppure lo conosci. E poi quel tipo non mi piace per niente" il vento fuori soffiava talmente tanto da far piegare l'asta di plastica di una bandiera della pace, appesa a un balcone "Ti dico che se si trattasse di una qualsiasi altra persona non farei poi così tante storie, ma quel biondo proprio non mi convince" cercò di trattenersi ma involontariamente un singhiozzo gli fuoriuscì dalla gola e bloccò il respiro anche a Louis.
Perché il suo Louis non voleva vederlo felice? Eppure lo aveva visto ballare così gioiosamente nella piazza. Perché non poteva semplicemente accompagnarlo? Se Aaron fosse stato un malintenzionato -Harry ne dubitava- ci sarebbe stato lui a difenderlo! Perché non poteva godersi quel bellissimo mondo che lo circondava?
"O-okay" si limitò a rispondere e a mentire nuovamente "però possiamo uscire lo stesso?" non esisteva che si arrendesse così facilmente.
Nuovo piano: andare al concerto di Aaron senza farsi scoprire da Louis.
"Scusatemi!" una famigliola composta da un trio di bambini e due genitori si fermò quando li richiamò alzando un braccio, come se fossero stati amici di vecchia data "Sapete dirmi dov'è la cattedrale?" la donna lo guardò sorpresa e gli diede le informazioni per arrivare alla piazza che si trovava davanti alla struttura. Harry la ringraziò cordialmente e dopo aver sorriso -con tanto di fossette- ai bambini corse verso la direzione indicata. Si era allontanato dal liscio per alcuni minuti, giusto il tempo per trovare le informazioni che gli servivano. Tipo il costo del biglietto e la via esatta dove vi era il teatro, l'orario e un modo per intrattenere il maggiore mentre lui se la svignava.
Saltellò felice, quel piano lo eccitava, non si era mai sentito così vivo.
Il teatro Verdi era una piccola struttura ma a discapito di quello che sembrava esternamente il suo interno era tutt'altro che insignificante.
Locandine colorate erano appese ai muri e i cornicioni erano ricoperti da della vernice dorata che conferivano all'ambiente un aspetto regale, come se il riccio fosse appena entrato in una reggia.
Non fece in tempo a raggiungere i manifesti che un vecchio gli si gettò letteralmente addosso facendolo quasi cadere. "Mi scusi" la sua voce era roca e conteneva un pizzico di frenesia "Perché è qui? Posso aiutarla in qualcosa?" Che tempismo! Pensò Harry "Certo, questo fine settimana in questo teatro si esibirà Aaron Tveit. È un-" si sforzò di ricordarsi il nome esatto: non voleva sbagliare la pronuncia per risultare un ignorante "-violinista."
Il vecchio annuì velocemente e "Certo, certo, il nostro Aaron" sospirò mentre conduceva Harry alla biglietteria -che altro non era se non un semplice tavolo con una scatola sopra e dei pezzi di carta accanto. Si sistemò dietro la postazione e cominciò a cercare fra quei foglietti sempre più freneticamente. "Vediamo, vediamo" aveva le guance rosse, accaldate e il suo esile corpicino lo faceva apparire come un folletto che aveva bevuto troppo "Ecco qui! Aaron si esibirà sabato sera alle 22:30, dopo il concerto dei bambini della scuola primaria Cinque Giornate. Il biglietto costa quindici monete" Harry si mordicchiò il labbro inferiore, nervoso. Non era certo di avere con sé quella somma di denaro e ne ebbe la conferma quando cercando nelle tasche della giacca trovò due scontrini, un pacchetto di caramelle, un braccialetto e due monete.
"Io -chinò il capo mortificato- non ho con me quindici monete" pareva che avesse appena annunciato al vecchio la sua imminente morte entro la fine della conversazione. L'uomo sconvolto gli afferrò le spalle e balbettando esclamò "P-posso fa-arti uno s-sconto! Puoi p-pagarmi con i-i sol-di che ha-i adesso! N-non andar-tene!"
Ormai il teatro Verdi stava cadendo in miseria dato che gli abitanti della cittadina preferivano spendere i loro soldi per qualche vestito nuovo, dunque il proprietario aveva abbassato i prezzi per permettere a chiunque di assistere agli spettacoli, ma ancora non bastava. Il teatro si era ritrovato a ospitare sempre di più artisti di poco conto fino a quando con l'esplosione totale della guerra e la crisi neppure il più semplice degli attori saliva sul loro palco.
Ma i musicisti tipo Aaron avevano un altro spirito, the show must go on in poche parole. Poco importava se era il motto degli attori, i musicisti trovarono il modo di farlo loro.
Quasi nessuno assisteva alle loro esibizioni, per lo più erano amici, familiari, gente che non li avrebbe abbandonati. Persone che coglievano la bellezza dietro delle semplici melodie, che potevano rivivere attraverso queste. O persone come Harry che non avevano mai vissuto liberamente.
E poi le esibizioni di Aaron erano le più spontanee fra tutte: non c'era quella divisione spettatore-musicista che alcuni facevano sentire. Lui prima di suonare un pezzo dialogava col poco pubblico, scambiava battute e se qualcuno aveva voglia di ballare improvvisava strimpellando una musica ballabile. Chi magari quella sera aveva voglia di cantare bastava che glielo riferisse e lui sarebbe stato il più disponibile possibile ad accompagnarlo, per quanto gli era possibile ovviamente.
"No, no. Voglio comprare il biglietto al suo prezzo signore. E' possibile acquistarlo il giorno dello spettacolo?" al proprietario del teatro si illuminarono gli occhi e annuì freneticamente, gioioso. Harry al vederlo sorrise "Perfetto allora, passerò sabato sera. Arrivederci signore!" lo abbracciò di slancio e imboccò l'uscita, radioso.
Louis era stato alla farmacia, al negozio di giocattoli, dal sarto, dal fornaio, dal gelataio e infine al pub 'Friends' ma di Harry neppure l'ombra. Il riccio l'aveva avvertito che avrebbe girovagato per la città ma prima che lui potesse replicare era già partito come un razzo. Dunque dire che era preoccupato era un eufemismo. Ah, quando l'avrebbe trovato! Poteva accettare la prima volta che si era allontanato da lui -quando era scappato per cercare quel dannato violinista- ma sta volta gliene avrebbe cantate quattro. Si fermò dinanzi a una bottega di pittori: diventava sempre più difficile nascondere Harry al mondo e forse il fatto che uscissero più spesso stava contribuendo enormemente. Forse avrebbe dovuto comprare una libreria più difficile da spostare e rinchiuderlo a vita nella camera. Forse avrebbe dovuto registrarlo come incapace assoluto e non dunque impedirgli di uscire senza accompagnatore. Forse, forse, forse.
Forse avrebbe dovuto lasciare che il mondo investisse Harry.
Scosse la testa. No, era fuori discussione. Harry non era pronto per il mondo.
Quando il riccio gli saltellò davanti senza degnarlo di uno sguardo in un primo momento neppure lo riconobbe, poi però lo afferrò per la collottole della giacca e lo trascinò a sé.
Il fiume di parole -cattiverie- che stavano per lasciargli le labbra gli morirono in gola non appena vide i suoi occhi brillare come mai avevano fatto e le guance rosse, accaldate per la corsa. Non era mai stato così bello, così perfetto.
Emanava vita da ogni poro e i pensieri violenti che Louis aveva nella sua testa si azzerarono. Ora vi erano solo un senso d'amore e di gratitudine assoluta. Cosa avrebbe fatto senza Harry?
Inspiegabilmente lo strinse, baciandogli il capo. Le mani correvano per la sua schiena e si strusciavano sul tessuto in un tentativo di tenerlo al caldo. Il respiro ansante del ragazzo gli carezzava il collo e la mascella, si sentì un bozzolo ripieno di una sensazione serafica. Lo aveva ancora con sé, il resto aveva importanza?
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