Under a burning sky

Un paio di giorni dopo i superstiti vennero portati ad Elaisìr, capitale del regno dei Troidars. Prima di caricarli sulle camionette insieme ai soldati infatti vi fu un attacco da parte dei Laidir, centrato nella distruzione delle membra fondamentali dell'esercito nemico. Per fare ciò avevano creato un diversivo, facendo intrufolare fra le file nemiche i più abili Suile che avevano a disposizione. Mentre Harry veniva caricato su un veicolo insieme a soldati moribondi credette addirittura di vedere fra quelle scene raccapriccianti il suo Louis. I sentimenti verso il liscio non si erano di certo affievoliti, anzi, col passare del tempo si erano amplificati sempre più, fino ad arrivare al punto in cui il ragazzo diveniva sensibile persino al ricordo di una semplice frase che l'altro aveva detto in una determinata occasione. Fu per questo che non diede troppo peso a quella sensazione di calore sulle sue guance, additandola ancora una volta fatta dello stesso materiale di un fantasma. Louis stesso in un certo senso era un fantasma mentre correva verso la camionetta in partenza, non riuscendo a credere ai propri occhi. Si poteva dire che quella fosse senz'altro una visione, ma ormai il Suile -al contrario del minore- si lasciava influenzare persino dal minimo spiraglio di ricordo che ricollegava ad Harry: innumerevoli erano state le sere in cui si rannicchiava nel letto che un tempo condividevano, piangendo come un bambino. Il freddo del piumone gli faceva arricciare le dita dei piedi e ogni volta che correva per le foreste fingendosi invisibile risentiva sulla sua pelle quel brivido, ricollegato alla notte in cui aveva perso il suo piccolo tesoro.

Mentre correva attraverso la battaglia sentiva dentro sé una moltitudine di emozioni gridare per uscire, per liberarsi in un unico gesto trattenuto per troppo tempo. Ogni volta che singhiozzava non gli sembrava mai abbastanza, ogni volta che restava sveglio per tutta la notte gli pareva comunque di vegliato per troppo poco. Era tutto così insignificante confrontato alla perdita che si era voluto. Così urlò, con tutto il fiato che aveva in gola. Sentì la carne strapparsi e lacerarsi, sentì le lacrime tagliargli gli zigomi e la sua invisibilità cristallizzata negli anni frantumarsi, come un vetro ormai sottile. Saltò un cadavere, venne ferito alla schiena. Harry, Harry, Harry.

"HARRY!" Harry perché era casa, Harry perché non avrebbe mai sopportato un altro istante senza di lui.
"HARRY!" L'inferno attorno a lui era troppo rumoroso, non riusciva neppure a sentire la sua voce. Come avrebbe potuto stringerlo di nuovo a sé? Un uomo venne colpito da una raffica di proiettili che, seppure lo uccisero istantaneamente, lo fecero talmente rimbalzare da farlo sembrare ancora in vita.
"HARRY!" Un ragazzino ripescato in uno specchio d'acqua, salvato da un autobus che aveva spezzato la superficie piatta di quella che era la vita di Louis. Una bomba esplose non troppo lontano da lui, facendo saltare le gambe a dei soldati. Rimasero stesi, agonizzanti, i muscoli lacerati e ancora appiccicati alle ossa.
"HARRY!" La gola bruciava, tutto attorno a lui andava a fuoco. Sentiva del liquido colare ovunque, lo vedeva scendere dalla fronte di uomini. Lo vedeva scorrere attraverso le sue dita. Era un miracolo che non fosse già stato ucciso, eppure l'unico miracolo che lui riusciva a scorgere era quella testa riccia e folta allontanarsi. Sempre più lontano.
 "HARRY!" Il riccio non riusciva a vederlo, non riusciva a sentirlo. Buffo quando l'unica volta in cui Louis abbia desiderato di non essere invisibile lo sia stato solo per Harry. Vivere senza di lui? Semplicemente impossibile. Un soldato imbracciava un lanciafiamme, bruciando vivi uomini su uomini. Questi gridavano a pieni polmoni, lasciando che le fiamme li mangiassero dolorosamente.
"HARRY!" Distrusse la formazione, condannò i suoi compagni alla sconfitta. (C'era ancora una formazione? C'era ancora speranza?). Ma lui vedeva solo un bambino sballottato su una camionetta, consapevole che i Troidars lo avrebbero ferito. Il mondo era crudele, la vita era crudele. Ma quanto era infinito lo spazio che li divideva?

Quanto avrebbe continuato a correre? Se fosse servito, tutta una vita.

"HARRY!" Il veicolo scomparve nell'oscurità, lasciandolo come un guscio svuotato dalla propria anima. Si fermò di scatto e, prima ancora di rendersi conto che aveva permesso a degli uomini crudeli di separarli nuovamente, un colpo forte e ben assestato alla testa gli fece perdere i sensi.

Non sentì neanche dolore. 

Inizialmente non lo sentì neppure quando si risvegliò in un'infermeria, ore dopo, fasciato con bende impregnate di sangue dalla testa ai piedi. Sentì solo un grande vuoto. Ma seguentemente più le ore si susseguivano più diveniva impossibile vivere con un tale vuoto nel cuore, con un tale senso di incompletezza nell'animo.

Lasciò volare via i pensieri e questi si posarono con esitazione su una malsana idea che gli occupava la mente. Era uno schizzo, ma con altro tempo quella sensazione di vuoto venne riempita da quella chiazza folle, che continuava ad ingrandirsi.

Maya riconobbe immediatamente la testa riccioluta del suo vecchio amico, in mezzo a quella fiumana infinita di gente. Si sorprese che i superstiti fossero così tanti quando fino ad un paio di istanti prima credeva li avrebbe contati sulla punta delle dita. Sinceramente non comprendeva il comportamento dei Troidars: prima li sterminavano quasi totalmente, poi portavano i superstiti nella loro capitale ed infine li portavano nell'immenso cortile del palazzo di Jon Callington, accolti da almeno una ventina di comandanti in uniforme e da Callington in persona. Insomma, le sembrava un'offesa alla memoria delle vittime... uno stupido scherzo o qualcosa di simile. Sicuramente i Troidars stavano tramando qualcosa.

Sentendosi osservata notò un paio di occhi caldi e marroni scrutarla, curiosi. Quello sguardo la metteva in soggezione, rendendola inquieta e fremente. Turbata si affrettò a raggiungere Harry, facendosi spazio fra la gente. Per la sua età era sorprendentemente bassa ma nonostante questo la sua presenza riusciva ancora ad incutere una sorta di strano timore. Era la sua espressione o il suo portamento, questo lei non poteva saperlo, ma se prima era felice di essere temuta ora che Rowan era stata squartata sotto i suoi occhi lo era ben di più.
L'ultima cosa che voleva era qualcuno che potesse provare anche un briciolo di pietà nei suoi confronti: non era verso di lei che dovevano andare certi pensieri, magari verso la fine orribile a cui era andata in contro il suo piccolo angioletto bruno. No, neppure a lei dovevano andare certi pensieri.

Loraya era addormentato fra le braccia di Harry mentre il ragazzo cercava di non far ciucciare al bambino la sua maglia sporca e logora. Era sorprendente come nonostante egli fosse distrutto vegliasse sempre con attenzione sul figlio di Jonas, mettendolo al primo posto in ogni occasione. In quei momenti pareva semplicemente impossibile che nell'umanità vi fosse rimasta un po' di, bè... umanità.

"Harry" il riccio si voltò, il viso segnato da due profonde occhiaie e ancora ricoperto da un lieve velo di sporcizia. Era talmente affaticato che ci mise una dozzina di secondi a riconoscere Maya, stringendo maggiormente la presa sul neonato. Anche quando la riconobbe rimase in silenzio, non sapendo bene cosa dire. Pareva tutto troppo insostenibile, tanto era pesante in quel momento il cielo sulle loro spalle. Il portone del castelli di Callington si spalancò, cigolando. No, l'umanità non se n'era andata. Maya vide chiaramente famiglie stringersi fra loro, sconosciuti tentare di rassicurarsi reciprocamente e amici sussurrarsi parole confortevoli, uniti più che mai. Il problema non erano gli avvenimenti, il problema era come si reagiva ai tali.

La stessa ragazza che aveva accompagnato Harry a recuperare il figlio di Jonas camminò fieramente, scendendo i gradini della scalinata ed erigendosi in tutta la sua fierezza accanto a Jon Callington. "Sempre in orario" ironizzò l'uomo sottovoce facendole roteare gli occhi verso l'alto.

Entrambi si avvicinarono alla folla e non appena poggiarono i piedi sulla liscia superficie del piazzale le genti arretrarono, come se i due avessero potuto iniziare a sputare fuoco da un momento all'altro. "Vi chiediamo perdono. Il nostro obbiettivo iniziale era quello che inizialmente Okland vi aveva annunciato. Dunque avremmo portato tutti i cittadini di Bàistachport qui a Elaisìr, dove sarebbero stati ospitati nel centro accoglienza che avevamo già in costruzione da tempo. Tuttavia c'è stato uno scontro interno al piano Cinquanta-Centosettantuno e tutti noi -allargò le braccia per indicare gli uomini in divisa dietro di lui- siamo stati traditi da due nostri commilitoni. Per questo, innumerevoli vite sono state rubate. Sappiamo bene che niente potrà ripagarle, molti di voi vogliono giustizia" la folla si fece più rumorosa a quella parola "E noi ve l'assicureremo. Keiran Okland e Zart Edwards verranno  reclusi nella prigione di massima sicurezza nei pressi di Quartselv in attesa del processo. Anche se credo non ce ne sarà bisogno". Maya sentì un certo senso di soddisfazione nello scoprire che i due responsabili della morte di sua sorella avrebbero pagato per le loro azioni, seppure lei sapesse bene quanto sbagliati fossero i sentimenti d'odio puro che sempre più spesso l'aggredivano. L'odio era la fonte del male.

"Detto questo, vorremmo che voi non opponeste resistenza mentre i nostri soldati vi scorteranno gentilmente al centro accoglienza. Certo, vi sembrerà una struttura immensa, ma dovete far conto che non era stata creata per ospitare un così basso numero di persone. Quando arriverete dovrete registrarvi e dovrete esporre abbastanza velocemente la vostra situazione, poi medici e volontari saranno pronti ad aiutarvi. Grazie per l'attenzione". Jon si voltò e iniziò a salire i gradini, il mantello che ondeggiava leggermente ad ogni passo. La ragazza rimase immobile, incerta se seguire l'uomo o fermarsi ed aggiungere qualcosa. Il problema era che come Harry neppure lei sapeva cosa dire.

I suoi occhi spenti seguivano il perimetro di quel rettangolo che pareva infinito, gremito di persone che la stavano guardando. Non riusciva a leggere neppure una delle espressioni che si ritrovava dinanzi, si sentiva così assurdamente svuotata.

"Mi spiace davvero. Noi... non avevamo idea-" Jon Callington la fulminò con lo sguardo, voltandosi in tutta la sua imponenza. "Maisie, vieni subito qua". La ragazza obbedì, chinando il capo. Stavolta non aveva senso cercare di affrettare il processo di guarigione con qualche parola ricolma di speranza, serviva solamente tempo.

Mentre attraversavano la capitale Harry si accorse degli sguardi dei cittadini di Elaisìr: erano sconvolti, eccentrici, colpevoli, superbi, incuranti, risentiti. Delle transenne li dividevano da quelli sconosciuti che si sporgevano oltre queste, osservandoli come se fossero stati degli animali curiosi e buffi.  Una donna allungò il braccio e iniziò a punzecchiare Maya, tastandole la spalla e tirandole i capelli. La ragazza si liberò dalla sua presa e le lanciò uno sguardo schifato e incredulo. Harry si sentì tirare verso una transenna e quando si accorse che una coppia lo stava trascinando oltre il percorso che dovevano seguire cercò di dimenarsi.

"Guarda quel bambino, amore!" una donna di mezza età si stava allungando in direzione di Loraya, allargando le braccia e fendendo l'aria con le dita. L'uomo strinse maggiormente la presa sul corpo del riccio, strattonandolo maggiormente e quasi raggiungendo il bambino. La donna si lamentò rumorosamente.
"Lo prendiamo? Ti prego!"
Al sentire quella frase Harry rimase inorridito, iniziando a tirare calci e a dimenarsi furiosamente.

"Hey! Cosa sta succedendo?!" un soldato in uniforme si avvicinò alla coppia e immediatamente l'uomo lasciò la presa su Harry, che si nascose istintivamente dietro il suo salvatore. La donna sfidò il soldato con lo sguardo, mettendosi le mani sui fianchi. "Quel ragazzo ha in braccio un bel bambino e noi due non ne abbiamo. Ho sentito che queste persone vengono da una città situata nei confini appartenenti ai Laidir-". Il soldato la interruppe "E allora?!" la donna alzò le spalle "Sono degli schiavi, e come tali non hanno diritti".
"Amico, vai pure avanti" borbottò il soldato rivolto ad Harry "Lasciali stare".

Accadde così in fretta che il riccio non ebbe neppure il tempo di rendersene conto veramente. Si ritrovò dinanzi a un trio di ragazzi sorridenti, con delle cartelline fra le mani e dei braccialetti colorati penzolanti ai polsi.
"Salve, io sono Des. Posso sapere il tuo nome e quello di tuo fratello" Harry si sfiorò il viso, pensoso.
"È mio figlio" sussurrò solamente. Uno dei tre, dai capelli lisci e corvini, spalancò gli occhi e esclamò sonoramente "Sei ferito? Vedo un po' di sangue sulla tua maglia, all'altezza dell'addome. Se vuoi seguirmi nel vostro nuovo appartamento posso spiegarti come curare questo tipo di-".
"HARRY!" Maya si avvicinò loro, il viso dipinto di un grazioso rossore che non era per nulla familiare su di lei. Quando vide il corvino osservarla minuziosamente sgranò gli occhi e boccheggiò, chinando lo sguardo e arrossendo ancor di più.
"È con te?" chiese il ragazzo, Harry annuì. Des annuì impercettibilmente e disse "Bene allora, porta con te anche lei".

Il loro appartamento era piccolo e accogliente, molto modesto. La cucina e il salottino erano nella stessa stanza dalle pareti dipinte di un azzurro pallido, quasi tendente al bianco. Questa particolare tinta donava un'aria soleggiata all'ambiente, rendendolo accogliente.

"È carino" sussurrò Maya, incredula. Non era mai stata abituata a case così accoglienti, eppure pareva che quelle quattro pareti donassero tanta pace e tranquillità. La rasserenavano, il che era assolutamente assurdo.

Harry le porse Loraya esitante prima di togliersi la maglia e di sedersi su uno sgabello in legno, vicino all'isola. Il corvino gli si avvicinò con una cassetta rossa e bianca, la aprì ed estrasse una siringa e alcuni liquidi dai colori vivaci.

"Questi sono dei medicinali istantanei, fanno passare il dolore immediatamente. Si somministrano con iniezioni e queste purché facciano effetto vanno somministrate per almeno tre giorni di fila, poi dipende dalla ferita" spiegò il ragazzo mentre srotolava delicatamente le bende sporche di sangue dal torace del riccio. Harry ricordò vagamente di quando venne portato dai soldati al loro accampamento e trovò Louis con un braccio fasciato attorno al collo. Capì finalmente perché quando il ragazzo si ripresentò a lui -mentre i comandanti decidevano la sua sorte- il braccio pareva essere come nuovo.

"È una medicina di vostra invenzione?" il corvino scosse la testa, tastandogli la pelle nivea. Harry non sentì neppure l'ago penetrare dentro di lui, né sentì il lieve solito dolore che si percepiva quando il liquido entrava in circolo, dopo aver premuto lo stantuffo.
"Di solito forniamo ne all'esercito il maggior numero di scorte, ma si esauriscono in fretta" la carne pulsava leggermente adesso, rilasciando un tremore piacevole che si espandeva per tutto il corpo del riccio "Per questo non ti hanno potuto medicare immediata-".
"Non te ne preoccupare, mi ritengo fortunato" bisbigliò Harry, facendo sembrare la sua frase quasi un segreto. Il ragazzo estrasse l'ago, sorridendo leggermente. Pareva fosse grato ad Harry quando in realtà sarebbe dovuto essere il contrario. "Ecco qui".

Maya dondolò affettuosamente Loraya, facendogli arricciare le labbra in un sorriso genuino.

"Per qualsiasi cosa, non esitate a chiamare il numero sul fogliettino accanto al telefono. Chiedete di George". Il corvino si diresse verso la porta, salutandoli un'ultima volta.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top