There's a spark in you

La notte invernale si era tramutata in una carneficina nel momento in cui la piazzetta si ricoprì di sangue colante e odoroso, i cadaveri di cittadini innocenti che venivano calpestati senza un minimo di rimorso dai soldati Troidars.

Ai superstiti non rimaneva che fuggire in preda al terrore, circondanti da fuoco, fiamme e armi che non avevano mai visto. Harry incespicava pericolosamente fra la massa di gente che si dirigeva verso la cattedrale, nella speranza di rifugiarsi là. Vedeva attorno a sé molte persone che venivano calpestate dalla ressa e udiva urli straziati mentre volavano proiettili, i quali fendevano l'aria quasi emettendo un suono sgraziato, come un fischio. Il busto rimaneva schiacciato fra dei corpi sconosciuti e la neve gelida che si abbatteva su di lui pareva bruciare, tanto era gelida. La pelle era rossastra e le unghie sporche, la mente annebbiata e Loraya stretto ancora fra le sue braccia, spaventato da ciò che gli sarebbe potuto accadere. Alcune persone si fermavano e lasciavano che i loro aggressori li uccidessero nel peggiore dei modi e ancora una volta il riccio si sorprese di quella leggera esitazione che leggeva nei loro sguardi, come se infondo fossero riluttanti nel lasciare la loro vita. Come se non si stessero consegnando personalmente alla morte.

Se avesse guardato nello sguardo di Jonas, vi avrebbe letto lo stesso luccichio di esitazione? Mentre veniva sballottato violentemente fra la folla si maledì per non aver osservato meglio il suo compagno, per non aver compreso ciò che gli passava per la mente.

Dinanzi alle porte dell'imponente cattedrale vi erano almeno una ventina di soldati che non appena videro le genti cominciarono a fare fuoco sugli abitanti con proiettili corrosivi e lance accuminate, imbevute nel veleno. Le grida aumentarono e pochi furono quelli che si salvarono, correndo verso le stradine oscure mentre i comandanti incitavano i commilitoni a mirare verso i fuggitivi. Harry scivolò sul sangue di cui era imbrattata la strada e mentre si rialzò sentì un dolore acuto alla schiena, che lo costrinse a piegarsi al suolo. Digrignò i denti e mentre il neonato si lamentava stramazzò a terra, sentendo la pelle bruciare come un fiammifero acceso. Prima di socchiudere le palpebre e lasciarsi andare cercò di nascondere Loraya sotto il suo corpo, accorgendosi che neppure il figlio di Jonas si sarebbe potuto salvare a uno sterminio così grande. Gli sfuggì una lacrima quando si accorse di giacere accanto al cadavere di Adrien.

Louis sputò sul terreno ricoperto di neve un po'di saliva, gli occhi che erano ancora umidi per lo sforzo di arrampicarsi lungo le mura. Sentì le ossa rabbrividire quando l'odore nauseabondo gli arrivò alle narici, stuzzicandole, facendolo quasi vomitare. Urla di ogni tipo, lamenti, gemiti e altro ancora parevano risuonare attraverso stradine maledette e i Suile si separarono, pronti per le loro missioni.

Il liscio si mosse nelle ombre delle case, saltando da un luogo all'altro e accorgendosi che di bambini e di anziani non ne erano rimasti. Quando schiacciò le interiora di una ragazzina che non superava i sette anni d'età sentì l'aria mancare nei suoi polmoni, la consapevolezza che se fosse rimasto là immobile sarebbe stato ucciso gli gridava di fuggire. Lasciare tutto, scomparire. Era sorprendentemente bravo nello scomparire, era nato per quello.
Un gruppo di ragazzini dai vestiti insanguinati apparvero all'inizio della via e non appena lo videro gli corsero incontro, non riconoscendo in lui un soldato. Una brunetta dall'aria familiare gli strinse la mano e Louis si sorprese del calore che quella ragazzina riusciva ad esprimere anche solo con un esile tocco o della fiducia che riponeva in lui, uno sconosciuto, quasi fossero stati imparentati.

"Dobbiamo andarcene, Stanno arrivando!" così venne coinvolto in una corsa mozzafiato, lasciandosi alle spalle la missione. Sentiva gli scarponi dei ragazzi emettere schiocchi che trasmettevano sicurezza, non ansia o paura di essere uccisi. Cosa c'era in quel gruppetto di adolescenti che lo ammaliava, ripulendo il suo sangue dall'esitazione? Voltandosi indietro vide i loro inseguitori, una decina di Troidars con armi innovative. Deglutì, rendendosi conto che ciò che le teorie dei comandanti erano veritiere: i loro nemici erano riusciti a creare dei cyborg e delle armi innovative molto più nocive di quelle dei Laidìr. Provo una punta di curiosità e di ammirazione verso di loro, mescolata anche alla malinconia della consapevolezza che nessuna delle due fazioni avrebbe perso tanto facilmente il conflitto.

Una ragazza dai lunghi capelli biondi svoltò verso una strada alla loro sinistra e così fecero gli altri, seguendo quella che doveva essere la leader. Sopra le loro teste videro abitazioni sorrette da archi massicci e larghi, che si elevavano di appena due metri e mezzo dal suolo. La ragazza ordinò loro di aumentare il passo quando si accorse della grata sollevata da due sottili catenelle alla fine della strada, avvertendoli che sarebbero potuti rimanere in trappola come topi in caso quelle catenelle avessero ceduto. I Troidars cominciarono a sparare verso di loro e un ragazzo stramazzo a terra, supplicandoli di aiutarlo a rialzarsi. "ALEC!!" la bionda non si voltò, scattando con una velocità che eguagliava quella dei migliori corridori del campo d'addestramento dei Laidìr. Louis si accorse con orrore che ora i loro inseguitori sparavano contro le catenelle e la grata, avendo intuito cosa sarebbe accaduto se l'avessero fatta cadere.

L'adrenalina gli pompava nelle vene e nonostante la paura ormai presente dentro la sua mente il liscio cercò di estraniarsi dal mondo, immaginandosi uno scenario differente, qualcosa che lo spingesse a dare il meglio. Il più delle volte quel metodo gli salvava la pelle. Superò i suoi compagni e persino la bionda, volando fra le braccia immaginarie di Harry, per stringerlo a sé.

Dopo aver superato la fine della strada contò appena due secondi prima che l'orripilante stridere e sferragliare della cella rompesse l'aria, causandogli l'attorcigliamento dello stomaco. Tornò alla realtà, ritrovandosi inginocchiato al suolo mentre la biondina gridava in preda alla follia. Fu allora che si accorse della ragazza che gli aveva stretto la mano, imprigionata dietro la grata. In trappola come topi.

"MAYA! MAYA!" entrambe le ragazze piangevano, piegate dal dolore. "Non voglio morire, non voglio morire" ripeteva la bruna, scuotendo il capo. I soldati l'accerchiarono in un attimo e prima che se ne potesse accorgere le trapassarono una spalla e la schiena con delle lance che subito cominciarono a corrodere la carne, rendendola prima di un rosso acceso e poi di un nero carbone. "NOOO!" la ragazza che Louis ormai aveva capito si chiamasse Maya sbatté le mani furiosamente contro il ferro, mugolando pateticamente "NOOO!". L'anima perduta spalancò le labbra per gridare ma un'arma le trapassò il cranio, facendo spuntare la punta accuminata dal suo occhio. Maya gridò di terrore mentre il sangue le zampillava ovunque, in faccia, sui vestiti, sulla pelle. Non faceva altro che urlare, urlare, urlare. Spaccava i timpani. Louis la fermò quando cercò di avventarsi contro i soldati che ghignavano dall'altra parte della grata, divertiti. "ANDIAMOCENE! ANDIAMO VIA!" Maya si dimenò dalla sua presa e della saliva volò attraverso l'aria quando lamentandosi, scappò verso una direzione sconosciuta a lei e al Suile.

Quando Harry spalancò gli occhi scoprì con orrore che Loraya non era con lui. Si lamentò e cercò di alzarsi ma una mano grossa e liscia si posò sul suo petto, provocando un piccolo schiocco. "Stai buono".
"Io -il riccio respirò a fatica- cerco un neonato. -Si guardò attorno- Dove sono?" non riconosceva l'imponente campo dove si trovava ma forse erano fuori dalle mura.
"Mi dispiace ragazzo" si limitò a rispondere l'uomo, aiutandolo a sedersi e a poggiare la schiena contro un masso. Attorno a loro erano radunati cittadini feriti e incolumi dagli sguardi spenti e assenti. C'era chi stringeva figli, che si ritrovava e chi piangeva disperato. Harry, esitante, cercò di nuovo di chiedere dove fosse Loraya "Io cerco mio figlio, signore. Lei sa dov'è? Chi mi ha trovato? Come sono arrivato qui?" L'uomo sospirò e la luce del fuoco lo illuminò. Troidars.

L'uomo dai lunghi capelli castani seguito da altre due figure -una più alta e massiccia e una un po' più piccola- fece la sua comparsa fra di loro, aggirandosi e confabulando insieme agli latri. Harry riconobbe i due come un uomo al di sotto dei trent'anni e una ragazza di forse una ventina che reggeva fra le mani dei contenitori dove vi erano vari cibi. "Ecco qua, li vedete quei sei laggiù? Penso che non sarebbero male per l'esercito!".
"Edward non ti ha forse detto nulla, Okland? eravamo rimasti d'accordo che ai cittadini non sarebbe stato torto neppure un capello" sibilò l'uomo che lo accompagnava mentre la ragazza porgeva un contenitore a due coppie che la guardarono riconoscenti. "Callington, sono dei prigionieri! Puoi fare di loro guerrieri imbattibili, ma sono pur sempre inferiori" rise l'uomo. Vagò con lo sguardo febbrile per esaminare tutti gli ex-abitanti di Bàistachport fino a quando non incrociò gli occhi verdi di Harry, che distolse immediatamente lo sguardo. "Guarda quel ragazzo laggiù, ad esempio!" lo indicò James Okland, avvicinandosi a lui "Alzati! Su!".

Il soldato Troidars gli strinse gentilmente un braccio e lo aiutò a mettersi in piedi, titubante. Harry deglutì, tutti lo stavano osservando. "Lui non potrà entrare in esercito!" Edwards gli si avvicinò e nella foga di controllargli il viso gli graffiò la mandibola. "Sembra una donna, Jon! Guarda queste labbra! -sghignazzò- Credo sia fatto per i bordelli" il soldato gli strinse senza pudore le natiche sotto gli occhi sconvolti di tutti i presenti. "Che ne dici, troietta? Vorresti che io stringessi la pelle attorno al tuo buchetto, eh?".

Harry senza indugio gli diede una testata, facendo arretrare quel disgustoso uomo.

"Come osi?!" la ragazza si frappose fra il riccio e Okland quando questi cercò di strattonare i capelli del ragazzo. Il comandante più grande sbuffò "Credo tu ti stia rendendo ridicolo, Kirian. Torna da Zart Edwards e riferiscili che sono molto scontento del tuo comportamento e delle tue azioni. Mi auguro che lui non c'entri nulla a riguardo e che ti insegni ad avere più disciplina".
"No, Callington. Siete voi che non capite la differenza fra un uomo e uno schiavo. Questi -allargò le braccia per indicare tutti i superstiti- hanno perso ogni diritto e io posso fare ciò che voglio con loro, persino farli sbattere da tutti i miei soldati-" Callington gli si avvicinò e portò minaccioso una mano alla gola dell'altro, applicando un po' di pressione "Non sono i tuoi soldati, sono di Zart Edwards. Stammi bene ad ascoltare, essere di infimo ordine. Io non ho alcun diritto di criticare il tuo superiore, ma ciò non mi impedisce di correggere te: voi siete i veri ripudi della società, poiché fate distinzioni fra una margherita e un tulipano. Vattene subito da qua, la tua presenza mi trasmette pura ignoranza!".

Harry vide il Mheàr allontanarsi gonfiando il petto, falsamente offeso. La ragazza gli si avvicinò maggiormente, sfiorandogli una guancia rovinata da un taglio ancora semi aperto.

"Come ti chiami?" chiese dolcemente, quasi fosse in presenza di un bambino dolce e innocente. "Sai dov'è mio figlio?" rispose Harry invece, rifiutandosi di credere che avesse davvero perso l'unico tesoro che gli faceva credere che quei due bellissimi anni fossero stati reali, e non un frutto della sua mente malata. "Io -la ragazza tentennò, dispiaciuta- non lo so. Però potremmo andare a vedere in quella tenda laggiù, ci sono molti feriti" Harry annuì, sconfortato.

"Scommetto che tuo figlio è laggiù, ragazzo. Vai con Maisie, ti do io il permesso" Callington poggiò una mano sulla spalla del riccio, trattenendolo un ultimo istante "Mi spiace per la strage compiuta dai miei soldati oggi, non era nel piano Cinquanta-Centosettantuno. Scoprirò il responsabile e chi dovrà pagare pagherà".

I passi dei due ragazzi scricchiolavano contro i sassolini sul terreno e il fuoco della fiaccola crepitava, rendendo l'atmosfera quasi calda, familiare. "Credo tu piaccia a Jon" disse Maisie per fare un po' di conversazione, soppesando attentamente le sue parole "E sinceramente piaci anche a me. Ho visto una strana luce nei tuoi occhi quando ti sei ribellato a James Okland, è qualcosa di potente e distruttivo" il via vai di soldati Troidars che si aggiravano intorno a loro li guardavano, chi stupito e chi scuotendo il capo, disapprovando chiaramente il loro comportamento.

La tenda si avvicinava e già si potevano udire i lamenti dei moribondi, chi assennato e chi delirante. Harry provò una lieve punta di terrore nell'attraversare quella pianura all'apparenza deserta, dirigendosi verso una casa fatta di teli dalla quale provenivano vere urla di ingiustizia, qualcosa che scavava anche nel più ignorante animo umano. Come potevano non provare pietà, non sentirsi in colpa? Non provavano compassione?

Dov'era la loro umanità?

"Eccoci" sussurrò Maisie, quasi avesse sentito i pensieri del riccio e si fosse sentita in colpa. Col capo chino scostò il telo che faceva da entrata mentre insetti notturni sguisciavano il più velocemente possibile dentro l'ambiente umido e odoroso, attratti dalla luce delle lanterne. Una decina di uomini e di donne correvano da una parte all'altra del piccolo luogo angusto, passandosi medicinali, bende, disinfettanti, siringhe e flaconi contenenti liquidi colorati. Molteplici persone erano stese un po' sui tavoli, su lettini e addirittura sul pavimento. "Vanilena!" una ragazza dagli scurissimi capelli e col sangue incrostato sui vestiti si fermò di scatto, voltandosi e quasi inchinandosi in segno di rispetto. "Questo ragazzo non trova più suo figlio, c'è una nursery da qualche parte o...?" la ragazza interpellata scosse il capo malinconicamente, reprimendo quel dolore alla bocca dello stomaco. "Mi spiace dirvi che quasi tutti i neonati non sono sopravvissuti, ma Mark e Trina -indicò una coppia di infermieri- ne hanno curati giusto un paio esattamente due minuti fa, rifocillandoli. Non posso assicurare tuttavia che si tratti proprio di suo figlio." Harry annuì senza una ragione precisa, stringendosi nelle spalle. La giovane infermiera dai delicati lineamenti cercò di sorridergli ma fallì, facendo una smorfia che stonava con il suo bellissimo viso.

"Bene, seguitemi allora" bisbigliò debolmente, allontanandosi. Farsi spazio fra quei corpi maleodoranti e aggrediti da insetti fu disgustoso e orribile. Una donna mentre Harry le passava accanto gli si avvinghiò al braccio, continuando a chiamare un certo 'Lorace'. "Signora, le ho già detto che suo marito non è più con noi. La prego, si calmi" il riccio rivolse alla sconosciuta il fantasma di un sorriso, proseguendo verso la sua meta.

Vanilena prese da una culla rudimentale un bambino, porgendolo al riccio come se fosse stato la merce più preziosa che stringeva fra le mani. "E' lui?" Harry scosse il capo, il respiro che accelerava. Maisie quasi singhiozzò. L'infermiera ripose il bambino nella culla e prese fra le braccia l'altro neonato. Occhi vispi, sorriso sbilenco, quasi scaltro.

"Grazie" sospirò Harry, prendendo Loraya fra le braccia. Il mondo tremò e dopo due botti incredibilmente forti la tenda prese fuoco, le tele che si disfacevano diventando cenere.

Maisie lanciò un'occhiata a Vanilena, sorpresa. Non c'era paura, però. "Andiamo via".

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