Sweetheart, is a madness
"Louis!" Il fratello del ragazzino gli si avvicinò, poggiandogli una coperta sulle spalle e carezzandogli i lisci capelli castani, umidi. Si sedette accanto a lui, memorizzando come un computer ogni singola cosa che i suoi occhi riuscivano a vedere: un giorno, lui lo sapeva, quei ricordi sarebbero ritornati utili. L'autobus che si era schiantato nel fondale del lago di Blau lasciava sfuggire dal suo cadavere del fumo scuro, che si univa a quello già presente nel cielo.
Non c'erano parole per descrivere la visione a cui stavano assistendo, niente da descrivere. La città bruciava come il sole, emanava persino un calore che veniva irradiato verso di loro. Il bambino dai ricci scuri si aggrappò alla maglia di Louis, issandosi sul suo corpo e stringendosi a lui, carezzandogli col viso la pelle nivea del collo. Le sue iridi erano cariche di lacrime e le sue labbra gonfie tremavano visibilmente.
"Laurie, è dannatamente gelido." Il maggiore dei fratelli cercò di sottrarre dalle braccia dell'altro, ricevendo in risposta dei lamentosi e secchi 'no'. Louis gli lanciò un'occhiata che aveva un non so che di ferito, chiedendogli con gli occhi un appiglio. Era solo un bambino spaventato, e non era troppo piccolo per vivere in quel modo, nessuno avrebbe dovuto vivere in quel modo e basta.
Prima che potessero accorgersene, un uomo che entrambi conoscevano troppo bene si avvicinò loro, rimirando il fagotto intimorito e sconvolto che il minore dei suoi figli stringeva fra le braccia. "Papà!" Si lasciò sfuggire Laurie, avvicinandosi all'uomo e ricevendo in risposta uno schiaffo ben assestato ed estremamente violento sul viso. "Come vi è venuto in mente? Come ti è venuto in mente? Allontanarvi così tanto da casa nostra, voi due siete in una marea di guai. E, che il cielo mi aiuti, la prossima volta che mi disubbidite vi appendo per i piedi." Il suo ringhio scosse il cuore del maggiore, che come creta si fece maneggiare da lui. Lasciò che lo maneggiasse a suo piacimento, lasciandogli godere nel vederlo così sottomesso. Lui, il maggiore dei suoi figli. "Andiamo a casa Louis. Porta con te il piccolo."
Erano forse state tutte quelle scene di violenza a cancellare la memoria di Harry, non c'era altra spiegazione. Forse il suo cervello le aveva rimosse nello stesso istante in cui le aveva viste accadere, o forse aveva tirato una tenda fra queste e la memoria del ragazzo. Privandogli di quei ricordi orribili la sua mente gli aveva annullato anni di sensi di colpa, anni di dolore.
Perché era stato Harry, prima di Louis, a scoprire cosa faceva il padre del castano a Laurie.
Il mondo era caduto nel caos, ricolmo di rabbia e di insoddisfazione. Anche i cittadini erano nelle stesse condizioni, dunque non c'era da sorprendersi più di tanto se la violenza era la regina di quegli anni. Il problema? Bisognava stupirsi da quanto orrore si veniva circondati.
La paura e l'ingiustizia divennero quotidiane a tal punto da far sembrare anche l'omicidio di massa una macchiolina che presto o tardi sarebbe scomparsa.
Harry era uscito di casa silenziosamente anni e anni prima, una mattina d'estate piovosa. Il cielo era ricoperto da nuvole oscure e tenebrose, talmente tanto da far sembrare quel giorno una notte. Il riccio aveva intenzione di dirigersi verso la falegnameria, perché seppure nessuno lo avesse rassicurato sulla salute di Louis -in quei giorni aveva una febbre altissima- sapeva bene che con dell'altra legna ad attizzare il fuoco nel camino il ragazzino si sarebbe ripreso più velocemente. Mai avrebbe immaginato di trovare la giacca del padre dei due fratelli attaccata sul manico dell'accetta, piantata sul tronco di un albero. La pioggia cadeva fittizia mentre si addentrava nel bosco, e più il buio aumentava più l'aria diveniva atrocemente gelida.
La tempesta che minacciava di peggiorare inesorabilmente lo portarono a ritornare sui suoi passi, rinunciando dunque alla legna per Louis e anche alla ricerca di suo padre.
Laurie era semisvenuto, accasciato sul tronco di un albero abbattuto mentre suo padre abusava del suo corpo con forza. I lamenti che fuoriuscivano dalle sue labbra erano deboli ma ben comprensibili, la sua pelle era cosparsa di lividi mostruosi e il suo viso era sfiorato da un lenzuolo che lo faceva apparire insofferente, talmente tanta era la stanchezza che gli pesava sulle spalle. Harry li scovò e così come li vide, così la sua mente gli proibì quel ricordo.
Fu ingiusto da parte sua, ma con l'andare avanti dei tempi e con l'avanzare dell'età Louis pensò che fosse stato meglio così.
Quando Laurie raggiunse la maggiore età portò via da quella casa i due ragazzi, portandoli a vivere in un piccolissimo appartamentino poco lontano dal centro della capitale. I due fratelli si arruolarono nell'esercito e non portarono Harry a registrarsi, in comune. Lo tennero nascosto per molto tempo, temendo entrambi per la vita di quello che era ormai divenuto un loro carissimo amico. E più il tempo scorreva più il mondo esterno non diveniva pronto per accogliere il ricciolino. Quando anche Louis raggiunse la maggiore età suo fratello li aiutò a trasferirsi in un nuovo appartamento, tutto loro. Non era stata sua la scelta di vivere lontano dai due ragazzi, ma Louis sosteneva di aver bisogno dei suoi spazi e qualche altra carognata simile, e Harry avrebbe seguito il liscio persino in capo al mondo.
Il padre dei due fratelli tempo dopo venne arrestato e condannato a morte per omicidio. La vittima? Laurie. Louis scoprì gli abusi che suo padre compiva verso suo fratello anni prima quando gli rivelarono la causa della morte di suo fratello. Pare che il padre lo avesse incrociato in una delle vie in periferia, mentre tornava da caccia. Lo aveva violentato molteplici volte, prima di sparargli alla testa almeno quattro volte, per accertarsi che fosse morto.
Nessun componente dell'esercito -che manteneva anche l'ordine in città- volle mai dire a Louis cosa fece suo padre al cadavere di Laurie, ma una pettegola che viveva da quelle parti sosteneva chiaramente di aver visto l'uomo continuare ad abusare del cadavere per molto tempo, prima di gettarlo in un cassonetto. I medici dell'esercito si rifiutarono di far vedere la salma di Laurie Tomlinson persino ai suoi familiari più stretti, sigillando la bara in cui era stato depositato e lasciando che venisse lasciata per una notte nell'appartamento di suo fratello Louis. Harry passò la notte ad udire i lamenti del ragazzo provenienti dal loro salottino, piccolo come il cuore ristretto del minore dei fratelli Tomlinson. Verso le tre di notte dovette porre fine all'agonia che li stava corrodendo, dato che la situazione precipitò drasticamente.
Trascinò Louis lontano da quella bara nel momento in cui lo sentì urlare come un ossesso, accorgendosi con orrore che vi era sangue ovunque. Il ragazzo cercando di aprire la cassa si era rotto le unghie, quasi staccandosele.
Quei ricordi sparirono.
Harry si dimenò mentre uno dei soldati lo bloccava da dietro. Il suo compagno aveva un ghigno a decorargli le labbra e un'espressione vincente mentre se ne stava stanziato dinanzi al ragazzo riccio stringendo una pistola fra le mani, puntando la canna dritta sulla fronte di Harry.
"Quattordici, tredici, dodici..." Il supervisore della squadra Caccia Cinquanta-Centosettantuno osservava la scena, così come gli altri cadetti, atterriti.
"Quando arriva a zero, sei morto." Lo avvertì, incrociando le braccia al petto e ridacchiando. Harry sentì il sangue gelarsi nelle vene e cercò di ragionare il più rapidamente possibile: non vi era modo di battere i due con la forza, né tantomeno con l'agilità.
'Quando arriva a zero...' Pensò. "Nove, otto, sette-"
'Se ci arriva.' Con una precisione millimetrica il riccio colpì la gamba dell'uomo che gli puntava contro l'arma con un calcio, gettandolo a terra quando lo vide piegarsi in due.
Il soldato dietro di lui allentò la presa, sorpreso. Harry colse l'attimo e si liberò, afferrando la pistola caduta a terra e correndo verso l'istruttore. Gliela porse, cercando di sorridere falsamente. L'uomo rimase a fissarlo, facendo poi un cenno verso gli spogliatoi.
"Tutti coloro che passeranno la prova potranno unirsi a Styles e tornarsene a casa. Gli altri, bè..." Una coppia di soldati che sorvegliavano i ragazzi risero, ricevendo un richiamo dall'istruttore.
Harry quando passò fra i suoi compagni ricevette numerosi sguardi ricolmi di sincera contentezza e persino una carezza sulla caviglia da parte di Karina Joyce. Quando ebbe la certezza che nessuno avesse potuto udirlo sospirò, cercando di trattenere un lamento.
Anche quella sera sarebbe tornato a casa.
Louis lasciò che le mani di Harry corressero per il suo corpo, mugolando di piacere quando le lunghe dita del ragazzo gli strinsero le natiche con forza. Si avvinghiò al suo collo, lasciando che le loro lingue si fondessero e intrecciando le sue dita fra i capelli di Harry.
Il ragazzo gemette, strusciando il bacino contro quello dell'altro e baciandolo a labbra aperte.
Nella foga dei movimenti andarono a sbattere contro il tavolo della cucina, usandolo poi come appoggio. Harry ci issò sopra il liscio e lasciò che i suoi tocchi delicati divenissero sempre più audaci, ritrovandosi poi a sfiorare la patta dei pantaloni di Louis. Il Suile gemette delicatamente spalancando la bocca rossa e gonfia, strattonando i capelli di Harry verso il suo collo e emettendo altri versi di puro piacere quando lui cominciò a succhiargli la pelle con passione. Gli schiocchi che le labbra di Harry emettevano erano osceni, indecentemente erotici.
"H-az. AH!" pigolò Louis, la mano di Harry che gli carezzava il membro delicatamente, provocandolo. "Oh mio Dio. Ti prego!" lo implorò, avvicinando il bacino verso il tocco del ragazzo e lamentandosi rumorosamente quando il riccio ritirò la mano. "Ti prego Harry, voglio fare l'amore con te. Ti prego!"
Non avevano avuto tempo per discutere della loro situazione: se fossero stati entrambi un po' meno istintivi in quei giorni non si sarebbero certo saltati addosso in ogni buona occasione che si presentava. Tutt'altro. Ma era stata l'attesa infinita e la passione travolgente a guidarli, e in quel momento non se ne pentivano affatto.
Louis lasciò che il minore entrasse dentro di lui e lo privasse dei suoi pensieri, possedendolo con così tanto ardore da inibire i sensi. Quando entrambi si ripresero dal grande piacere provato si resero conto di aver consumato l'atto in corridoio, e nessuno dei due ricordava come ci fossero arrivati fin lì. Fu quasi imbarazzante vedere le guance dell'altro tingersi di un adorabile rossore e scorgere gli occhi lucidi. Poi però i busti collisero, le anime si sfiorarono e i due si persero in un groviglio di braccia e di amore.
Maya tornò a casa con la cena un'oretta dopo, trovando i due ragazzi abbracciati sul divano e intenti a giocare a uno stupidissimo gioco per ammazzare il tempo. Sorrise loro togliendosi il cappotto e porgendo a Harry suo figlio. Loraya era teneramente assopito ma non appena riconobbe il riccio gorgogliò, mostrando i dentini messi da poco.
Louis si avvicinò al piccolo titubante, allungando una mano verso la piccola testina del bambino e cercando con lo sguardo un mito consenso.
Harry sorrise, avvicinandosi a lui è schioccandogli un sonoro bacio sulle labbra. Probabilmente non era neppure una risposta chiara alla domanda, ma infondo cosa importava se ne aveva approfittato almeno un pochino?
Il bambino, stretto fra i due corpi dei ragazzi, si allungò verso l'alto e riuscì ad artigliargli con le dita paffutelle una ciocca dei capelli lisci di Louis, tirando con forza e ridacchiando.
"AHIA!!!" si lamentò il Suile, cercando di districare i suoi capelli dalla presa del piccolo. "CAVOLI!"
Harry sorrise scuotendo il capo, mentre l'aria si riempiva di un aroma deliziosamente squisito. La carne sfrigolava nella pentola allegramente mentre Maya usava il mestolo come microfono per intonare una canzone in una lingua diversa dalla loro.
"Questo marmochietto attenta alla mia vita." Sbuffò il liscio, prendendo in braccio il bambino che gli strinse il naso.
"Mi fai male!" Il sorriso di Harry si allargò ancora di più quando il bambino cominciò a carezzare il viso del soldato, osservandolo come se fosse stato un animale particolarmente interessante. Poi d'improvviso Loraya tirò una manata vicino all'occhio di Louis, che assunse un'espressione fintamente contrariata, facendo ridere di gusto sia il riccio che Maya, intenta ad osservare la buffa scenetta.
Il bambino guardò colpevole il ragazzo, avvicinandosi al suo viso è schioccandogli tanti goffi bacetti lungo la pelle.
Il Suile lo strinse delicatamente, dondolandolo dolcemente e sussurrandogli parole con la voce più confortevole che possedeva.
Maya sospirò teatralmente, attirando l'attenzione dei presenti.
Tossicchiò, porgendo i piatti fumanti ai ragazzi.
"Se non volete che finisca tutto questo cibo, datevi una mossa screanzati."
"Lo spiego in breve: questa vasca è profonda cinque metri, in fondo ci sono due ganci manuali. I bracciali che avete ai polsi e alle caviglie vi provocheranno più dolore fisico ogni secondo che starete in acqua. Il vostro compito? Arrivare al fondo e collegare entrambi i polsi ai ganci, rimanendo laggiù fino al segnale. Non appena lo sentirete, dovrete spingervi verso l'alto ed emergere prima che il fischio finisca."
L'allenatore osservò il gruppo di adolescenti, vedendo in molti visi il terrore puro. Una ragazza dai cortissimi capelli biondi e magnetici occhi scuri alzò la mano, tendendola verso l'alto come se stesse cercando di afferrare un salvagente.
"Cosa c'è Eggins?" Wendy si mosse insicura sui pedi, indecisa se porre la domanda che aveva in mente. "Cosa vuoi?!" ringhiò il soldato, avvicinandosi minaccioso alla ragazza.
Lei deglutì poco silenziosamente, alzando lo sguardo e cercando di fronteggiare come poteva.
"Credo sia inutile chiederle cosa ci accade se non torniamo in superficie entro la fine del fischio, non è così?" L'uomo sorrise malignamente, avvicinandosi a lei e afferrandole una spalla con violenza.
"Perché non lo scopriamo insieme?" Sussurrò, sculacciandole sonoramente entrambe le natiche e indirizzandola verso i suo commilitoni. "I bracciali, ragazzi."
Mentre i soldati eseguivano l'ordine Harry rabbrividì, sentendosi dannatamente osservato. Quando si voltò vide tre ragazzi e una ragazza osservarlo inquietantemente, senza sbattere le palpebre.
"Va tutto bene?" chiese dubbioso, strofinandosi il viso. "Ho qualcosa in faccia?"
La ragazza lo guardò per un altro paio di secondi, prima di scuotere il capo e ridere. "Niente d'importante, troietta."
Harry sentì una scossa risalirgli la colonna vertebrale, come se fosse stato colpito da un fulmine.
"Come?" sussurrò, sgranando gli occhi all'inverosimile.
"Sappiamo che sei andato a letto con l'allenatore per ore extra di allenamento con lui. Sei disgustoso." La ragazza venne appoggiata da uno dei tre, che annuì convinto.
"Com'è stato?" Chiese un altro. "Prenderlo nel culo da uno come lui? Scommetto che ti ha sfondato, insomma -si voltarono verso l'allenatore che stava conducendo Wendy dinanzi alla vasca-, deve essere un caso disperato per venire a letto con uno come te."
Harry digrignò i denti ma prima che potesse rispondere un altro dei ragazzi lo precedette.
"Scommetto che va a letto con tutti, compresa quella Eggins. Ti immagini le malattie che ti sarai preso?"
Un ragazzo dalla lunga treccia nera e dai tipici tratti orientali si voltò verso di loro, alzando un sopracciglio e assumendo un ghigno giocoso.
"Le malattie dovete avercele voi... sapete, nel cervello. Oh! Aspettate. Ma come potreste... non lo avete neanche!" esclamò, con tono quasi annoiato. Osservò per quello che fu un istante il corpo di Harry, soffermandosi particolarmente sulle spalle larghe, prima di voltarsi di nuovo verso la vasca.
"Parti allo sparo." Wendy annuì spaventata mentre persino le mani di Harry tremavano per la paura.
Il boato che fece la pistola a salve rimbombò per il capannone come una bomba e in meno di un secondo della ragazza non era rimasta traccia.
Gli istanti scorrevano inesorabili e la tensione nell'aria era palpabile, in molti seppure cercassero di nasconderlo erano spaventati. Succedeva ogni volta che c'era una nuova sessione di addestramento con la sorpresa finale. Non era frequente, ma si rimaneva ugualmente turbati dal risultato di alcune lezioni.
"Dicono un mucchio di stronzate, non ascoltarli." Harry scrollò le spalle, voltandosi verso il ragazzo che lo aveva difeso. "Non l'ho fatto." rispose, mordicchiandosi il labbro nervosamente quando vide l'istruttore fermarsi a bordo vasca.
La mano callosa dell'uomo stringeva un telecomando scuro mentre controllava i secondi sul suo orologio da polso.
"Tre, due, uno..." sibilò, premendo un pulsante. "Peccato." sorrise malignamente, premendo un pulsante e facendo partire una potente esplosione dall'acqua.
I ragazzi si sporsero per cercare di vedere al meglio cosa era accaduto e quando Harry trovò uno spiraglio fra due corpi rimase inorridito dalla scena che gli si presentava dinanzi agli occhi.
Il bracciale che era collegato al braccio destro di Wendy era esploso, portandosi con sé sia la mano che parte dell'avambraccio. Le grida acute della bionda erano disumane e laceranti, spaccatimpani.
Il sangue si spandeva per l'acqua e lasciava che la trasparenza del liquido venisse macchiata e tinta di rosso.
"Oh cazzo." Harry si sentì mancare, boccheggiò in cerca d'aria. Come avevano potuto fare una cosa simile?
"Il prossimo è Frank Zang." Prima di dirigersi dal loro allenatore il ragazzo dalla lunga treccia poggiò una mano sulla spalla del riccio e la carezzò velocemente.
"Vengo io!" Si voltarono tutti verso Harry. Non sapeva neanche perché l'avesse fatto, e non aveva riconosciuto neppure la sua voce quando l'aveva detto. "Vorrei prendere il posto di Frank."
Il soldato annuì gravemente, come se avesse compreso a pieno il piano di Styles. Cosa abbastanza complicata, visto che neppure lui lo sapeva.
Mentre si avviava verso l'uomo e i suoi commilitoni a Harry parve di vedere il mondo a rallentatore: riusciva a cogliere ogni secondo, ogni muscolo del viso dei suoi compagni che si tendeva. Poteva vedere la formazione delle loro espressioni e i loro occhi formare interi pensieri.
Erano frasi? Avrebbe potuto cogliere molto altro ancora, ma quando l'allenatore lo strattonò verso i soldati incaricati all'attivazione dei bracciali Harry si risvegliò improvvisamente.
L'uomo in uniforme che avrebbe segnato la sua rovina scosse il capo, mentre gli alzava il viso con le dita e faceva pressione su uno zigomo col pollice.
"Sei un pesciolino, Styles. Ti ho visto pochissime volte nuotare ma so che sembri proprio 'un sirenetto' quando sei là sotto. Non dovresti avere difficoltà, o sbaglio?"
Harry scosse il capo, socchiudendo gli occhi per il dolore provocatogli da una scossa proveniente da un bracciale. "O sbaglio?"
"No, signore. Credo di essere in grado di affrontare questa prova." E fu sorprendente come anche solo il pronunciare quella frase diede al ragazzo uno schizzo frenetico di adrenalina. Forse ce l'avrebbe fatta.
"Vedremo, Styles." Il soldato lo condusse di fronte allo specchio d'acqua rettangolare mentre l'aria si faceva irrespirabile. I polmoni del riccio si chiusero e la sua vista si offuscò per alcuni secondi. La mano poderosa dell'uomo gli palpò improvvisamente il culo, stringendoglielo con forza.
"Sappiamo dove lo tieni nascosto."
Lo sparo risuonò ancora più rumoroso del primo e Harry, frastornato dalla notizia che il suo cervello stava ancora tentando di elaborare, si tuffò solo quando sentì un dolore acuto alle caviglie.
Mentre nuotava verso il basso fondo vasca i bracciali infilavano nella sua carne dei piccoli aghi, dolorosi come se fossero stati spunzoni.
Il tessuto niveo veniva lacerato dal metallo e il riccio sentì le orecchie tapparsi. Era estremamente doloroso, così si portò due dita verso i padiglioni acustici e cercò di farci uscire l'acqua. Il fischio nella sua testa era insopportabile e i suoi occhi bruciavano leggermente.
Quando sfiorò il fondale con le dita tastò frettolosamente le mattonelle, in cerca dei ganci. Trovato il primo vi si aggrappò con forza mentre i polmoni cominciavano a perdere i colpi e il naso a bruciare. Strinse le palpebre e dopo quella che gli sembrò un'infinità trovò anche il secondo gancio.
Mentre se ne stava ancorato al fondo di una piscina di cinque metri l'unico pensiero che riusciva a sfiorargli vagamente il cervello -oltre la paura- era Louis. Loro sapevano dove era.
Doveva tornare a casa per dirglielo, doveva andarsene.
Quando sentì il fischio che indicava il segnale per riemergere si slacciò in fretta e, dandosi la spinta contro le piastrelle del fondo, risalì velocemente.
Vedeva la superficie dell'acqua e la poca aria nei suoi polmoni era pari a nulla. Poteva farcela. I contorni dei suoi occhi bruciarono ancora di più quando cominciò a battere entrambe le gambe per aumentare la velocità. Allungò una mano verso l'alto e sentì l'aria pungente rinfrescare la punta delle dita. Ce l'aveva fatta, mancava così poco. Poi ci fu l'esplosione, tanto rosso e il suo braccio devastato per sempre. Vedeva volti sconvolti, la sua pelle graffiata dall'esplosione e la sua mano, o quantomeno i resti, galleggiare poco più in là. Come una barca in un mare calmo, al tramonto.
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