Open the door to a paper fighter
Harry si chiuse la porta alle spalle, portandosi le mani sul viso e stropicciandosi gli occhi stancamente. Sentiva i singhiozzi scuotere la sua anima ma neppure una lacrima riusciva a lasciare i suoi occhi, come se fossero state imprigionate in quel baratro che era divenuta la sua mente. Si lasciò scivolare sul pavimento nel momento in cui le sue gambe non riuscirono più a sorreggerlo, i ricci che erano ricresciuti gli ricadevano sul viso, oscurandogli la vista.
Cosa avrebbe fatto? Aveva mentito ai suoi due amici quando lo avevano raggiunto, attraversando in fretta i viali notturni. Avevano gli sguardi stanchi e le mani tremanti, come se sapessero che quel colloquio con i due uomini in uniforme non avesse portato nulla di buono. E lo sapevano. Il riccio si era limitato a dire loro che non si sarebbero visti più tanto spesso e che aveva un'altra unità, dunque altri doveri, ma era sicuro che nessuno dei due fosse così idiota da credere a una fandonia simile. C'era qualcosa dietro, un qualcosa di enorme e spaventoso.
Charlie aveva dovuto convincere Renee a lasciar andare il braccio di Harry quando erano arrivati dinanzi all'appartamento della ragazza. Lei aveva sorriso ad entrambi e si era chiusa la porta alle spalle, scoppiando in lacrime e gridando con tutta sé stessa. I due avevano sentito la sua disperazione, ovattata dal muro che li divideva. Avevano sentito il proprio cuore stringersi e i piedi indugiare, prima di riprendere quel duro calvario infinito.
Era assurdo come tutti e tre sapessero che quel giorno avrebbe cambiato tutto.
Pareva fosse morto qualcuno, come se in realtà fossero stati reclutati tutti e tre nella squadra Caccia Cinquanta-Centosettantuno. Il castano aveva sorpreso Harry, abbracciandolo e stringendo con forza la stoffa della sua maglia. Erano rimasti in quella posizione per minuti infiniti, mentre il riccio non riusciva a capacitarsi di quell'inaspettato gesto.
"Mi dispiace." gli aveva sussurrato nell'orecchio, carezzandogli i boccoli e scostandosi. Charlie si allontanò e i suoi sospiri echeggiarono per tutta la struttura. Non tutti i soldati sono forti, non tutti hanno animo guerriero, come avevano insegnato loro.
Era stata una distruzione grottesca, un attacco disonorevole. Era spregevole, odioso. Un comportamento terribile. Non era bastato loro sterminare gli abitanti di Bàistachport, avevano fatto sì che i superstiti desiderassero come nessun'altra cosa raggiungere il luogo sconosciuto dove aleggiavano le loro anime perdute.
"Maya? Sei tu?" sospirò Harry quando udì dei passi leggeri e quasi inudibili. La ragazza lo aspettava sveglia praticamente tutte le sere e lui si chiedeva sempre per quale ragione facesse un simile gesto: forse era divenuto in rituale, forse era semplicemente spaventata. Nella maggior parte dei casi non riusciva a capire cosa ronzasse per la mente della biondina.
Alzando il capo vide una presenza scura sulla soglia del corridoio. Era bassa e minuta, non ci voleva certo un genio per comprendere chi fosse. "Louis." il busto magro e pallido del ragazzo era fasciato da delle bende, che gli circondavano la pelle fino quasi ai fianchi. Era incredibile cosa avessero fatto un paio di iniezioni e tante pasticche, sicuramente in campo di medicina il regno dei Troidars era decisamente avanzato. Louis era stato praticamente dato per spacciato giusto alcuni giorni prima e in quel momento era in piedi con le guance arrossate per lo sforzo e le gambe tremolanti.
Non si erano parlati durante quei giorni: Maya aveva costretto Louis a letto, iniettandogli medicinali e curandolo con le più minuziose attenzioni. Il liscio inizialmente non aveva neppure la forza per replicare, dato che non appena apriva le palpebre le chiudeva dopo una manciata di minuti, lasciando la bionda estremamente preoccupata. Il motivo principale però era l'avventatezza con cui erano avvenuti gli eventi. Era stato così veloce e devastante che ad entrambi serviva tempo per realizzare, o forse in realtà serviva solo a Harry. Proprio lui aveva deciso di tenersi occupato con allenamenti e passeggiate con Renee e Charlie per staccare la mente, lasciando che quella presenza che sospirava fra le mura di casa sua divenisse invisibile. Un ricordo sfocato e dimenticato. Tuttavia Harry era debole e non riusciva a resistere a una simile tentazione così, quando era sicuro che Louis stesse dormendo, socchiudeva la porta e spiava il suo viso delicato e serafico, stringendosi la borsa dell'addestramento sul torace.
"Perché stai piangendo?" gli chiese, aggrappandosi allo stipite della porta con le sue dita. Nessun banale 'Ciao' o un classico 'Torni adesso?'. Anzi, a dire il vero in un'occasione simile nulla era troppo scontato. Forse fu per questo che Harry rimase spiazzato e senza fiato quando Louis gli pose quella domanda. Per quello o perché bè... era stato Louis a chiederglielo.
Quei suoi stupendi occhioni azzurri lo stavano trapassando, costringendolo a rispondere ma nello stesso tempo a far galoppare i suoi pensieri.
"Io non sto piangendo, mi sono solo scordato di mettermi le lenti grigie prima di entrare in vasca." rispose, alzandosi in piedi e cercando di non tirare su col naso. Si voltò distrattamente verso la cucina, sfarfallando le ciglia e alzando gli occhi al cielo, impedendo alle lacrime di scendere. Ovviamente la spiegazione che aveva dato di fretta e senza ragionare mandò in confusione il maggiore.
"Vasca?" Louis zoppicò verso di lui, assumendo un'espressione particolarmente dolorosa ogni volta che poggiava il peso sulla gamba ferita.
"Avresti dovuto chiedere a Maya di procurarti una stampella." osservò Harry, ignorando la sua domanda e iniziando ad andargli incontro. "Anzi, avrei dovuto procurartela io."
Il liscio si aggrappò alle sue spalle, cogliendolo di sorpresa e facendolo sobbalzare. L'espressione lievemente ferita che Harry gli vide deformare il viso durò per una frazione di secondo, rimpiazzata in un lampo da una incerta e -forse- dolce. Alzò le mani e, incatenando i suoi occhi con quelli verdi dinanzi a lui, le riavvicinò cautamente, chiedendo silenziosamente il permesso. Come se stesse addomesticando un animale, cercando di conquistare la sua fiducia. Non che con Harry servisse.
"Prima -Louis poggiò con dolcezza i palmi delle mani sulle larghe spalle di Harry, continuando a guardarlo negli occhi- hai detto qualcosa riguardo a una vasca."
Il riccio non si accorse nemmeno che le sue mani avevano artigliato i fianchi morbidi e lievemente larghi del maggiore, portandoselo più vicino. Louis mugolò di dolore quando strinse la presa, strizzando le palpebre e chinando il capo. "Scusa." Harry lo aiutò a sedersi sul divano, sfiorandolo come se fosse stato di cristallo. Una bellissima pietra preziosa di un inestimabile valore, seppure avesse commesso innumerevoli gesti terribili. "Comunque sì. Io mi allenavo in un'unità speciale. Ci facevano nuotare in delle vasche, era una delle cose che mi riusciva meglio." sorrise, osservando come la luce lunare carezzasse gli zigomi di Louis. Il ragazzo si rannicchiò su se stesso, risultando minuscolo e fragile. Aveva la tendenza ad essere invisibile.
"Avevi paura dell'acqua. Sembravi un gattino, certe volte." sussurrò Louis. "Nei primi periodi in cui vivevi con me eri terrorizzato dalla vasca da bagno, così quando mio fratello ci procurò il nuovo appartamento gli fui molto grato quando vidi che c'era una doccia. Quella in qualche modo riuscivi a sopportarla."
Harry si mordicchiò un labbro, sentendo un improvviso freddo lungo la spina dorsale. "Tuo fratello?" mormorò debolmente. Louis sgranò gli occhi e soffiò "Non ti ricordi neppure di lui?"
Il riccio scosse il capo, attorcigliando le dita fra di loro e sorridendo a Louis, senza saperne neppure la ragione. Gli era venuto automatico, sarebbe dovuto essere dispiaciuto, ferito. Dopo tutto ciò che avevano passato, dopo il trattamento che gli era stato riservato.
"E adesso nuoti come un delfino, eh? Non posso lasciarti neppure due secondi da solo!" sospirò teatralmente Louis, cercando di allentare quella tensione terribilmente malinconica che si stava formando. "Sono stati due anni." sibilò Harry inclinando la testa e facendo scomparire quel sorriso.
Il maggiore annuì e deglutì, poggiando la testa sullo schienale del divano e assottigliando lo sguardo, facendosi pensieroso. "Ne hai parlato al passato."
"Scusami?" Louis lo guardò, serio come non mai. "Hai detto che ti allenavi. Cosa è successo? So che prima stavi piangendo."
"Non hai molto tatto in queste cose, non dovresti dirmi che mi hai visto piangere." osservò il riccio, stiracchiandosi. Le sottili labbra del Suile si schiusero leggermente e alzò un sopracciglio. "In pratica non faccio più parte della mia unità, mi hanno assegnato ad un settore un po' particolare e-" deglutì, cercando di non sentire quel dolore che gli artigliava lo stomaco. "E diciamo che questa nuova squadra non mi sembra esattamente come le altre, credo che vogliano portarci nelle zone di guerra."
Louis sta volta non provò a nascondere il dolore: il suo viso si distorse pietosamente e il respiro gli si mozzò, le dita tremavano mentre se le portava al viso. Gettò il viso nelle mani e cercò di darsi un contegno, ma quella antica paura che lo aveva spinto a ridursi in quello stato era tornata a galla.
Harry, un soldato.
No. No, perché Harry non avrebbe mai dovuto sentire il dolore, né la paura. Semplicemente no, perché il cuore di Louis si scheggiava ogni volta che vedeva un uomo cadere in battaglia, impalato con una moderna baionetta o sbudellato, le viscere che schizzavano come purè per la terra sudicia. Aveva visto l'orrore, lo aveva vissuto. Armi innovative, create per nuocere. Affascinanti, questo è vero, ma era il loro scopo la vera meraviglia. Corrodevano, distruggevano, laceravano, dilaniavano, spezzavano, foravano, impalavano, estirpavano, sgretolavano, spremevano. Harry, con un cappello dell'esercito, con un'arma fra le mani. Saltellava per il campo di guerra con il sangue incrostato sugli occhi, era cieco.
Louis aveva visto tanti uomini supplicare per la loro vita, dicendo che avevano familiari a casa. La verità è che non importava a nessuno e per quanto una scena simile potesse risultare epica in un film, vederla di persona faceva vedere il vero lato crudele dell'umanità. Non c'era speranza per gli uomini, sarebbero stati sempre una devastante calamità naturale, nata per autodistruggersi. Non avrebbe lasciato che Harry implorasse per la sua vita, non avrebbe lasciato che prendesse in mano un'arma, non avrebbe lasciato che uccidesse qualcuno. Harry era puro.
Ma era anche cresciuto.
"Tutto ciò che ho fatto, l'ho solamente fatto per proteggerti." sospirò Louis, allungando le mani verso il riccio e prendendogli il viso fra di queste. Carezzò la pelle nivea e ne tastò la morbidezza, desiderando tornare più giovane. Far tornare indietro le lancette, avere la possibilità di stringerlo a sé ancora una misera volta. "Sei dalla parte sbagliata in questa guerra, sei nella vita sbagliata." Il labbro inferiore di Harry tremava e Louis avrebbe desiderato solamente premere la sua bocca contro quella del più piccolo, insegnargli ad amare. Voleva perdersi in lui da così tanti anni, voleva vederlo felice. Voleva così tante cose per Harry. Voleva amarlo degnamente, voleva proteggerlo, voleva nasconderlo, voleva che fosse la sua ancora in quelle perdute terre. Voleva fidarsi di lui totalmente, voleva che lo rappresentasse. Voleva unirsi a lui con anima e corpo. Quei dannati sentimenti, lo distruggevano. Ma lo rendevano forte come mai prima. Si perse in quegli occhi verdi e in quelle guance morbide e piene, nei suoi ricci mossi come le onde dell'oceano, in quel suo animo innocente, piccolo. Quanto lo amava.
"Non avresti mai dovuto vedere qualcosa di simile. Questo mondo non accoglie gli angeli, li cambia." Louis sentì la sua voce tremare e schiuse le labbra, sorpreso, quando vide Harry accendersi di una scintilla lucente, bella e potente. Bruciante.
"Ma gli angeli possono cambiare il mondo." mormorò, come se quello fosse stato un segreto solo fra loro due. Quanto avrebbero rischiato per vedere l'altro felice!
"Non c'è parte giusta o sbagliata in questa guerra, ci sono solamente uomini."
Il Suile portò una mano a carezzare il viso del ragazzo, tastandogli gli zigomi e carezzandogli le palpebre. Si avvicinò, sentendo il tiepido respiro del riccio infrangersi sulle sue, di labbra.
"E allora perché combatti?" sta volta singhiozzò. Era troppo il dolore, era troppa la speranza nulla. Niente li avrebbe resi liberi, non avrebbero mai cambiato nulla. Il vuoto che li circondava li stava stritolando, gettandoli in quell'ammasso di corpi che loro stessi, in un modo o nell'altro, avevano in parte contribuito a creare. "Perché non scappiamo?" Louis sorrise amaramente, lo sguardo ferito. Si allungò e baciò la guancia di Harry, carezzandogli poi con le labbra la fronte e le palpebre. Le loro lacrime cadevano lungo le pelli, raccogliendosi sui menti e cadendo fra i loro petti. Facevano l'amore, mescolandosi con disperazione, la paura e il dolore che non lasciavano spazio a nient'altro. "Perché non andiamo via? Torniamo a casa, nascondiamoci per sempre. Viviamo fra i boschi, se serve. Creiamo un nostro mondo, creiamo una nostra visuale di ciò che circonda. Dimentichiamoci del resto."
Harry strinse i polsi del maggiore fra le dita con delicatezza, lasciando però che continuasse il suo dolcissimo gesto d'amore. "Non posso fuggire, Louis. Hanno minacciato Maya e Loraya."
Il liscio singhiozzò, prima di baciargli con amore il mento. "Portiamo anche loro con noi. Stai servendo un popolo che pensa solo alla vittoria e non ha valori umani."
"Neanche i Laidir sono da meno, ma non posso andarmene Lou. Capiscilo."
Louis si avvicinò alla sua bocca e senza esitazione lo baciò.
Istantaneamente si avvinghiarono, stringendosi fra di loro e piangendo, silenziosamente.
Le sottili labbra del maggiore sfioravano con delicatezza quelle di Harry, donandogli tutto l'amore e la speranza che in cuor suo neppure sapeva di avere. Le mani di Louis si immersero nei ricci del ragazzo, carezzandogli la cute. Schiuse le labbra, ispirando rumorosamente quando l'altro gli carezzò il palato con la lingua. I cuori battevano forsennatamente e Harry desiderò che quella sensazione non finisse mai, che rimanessero così per sempre, mentre il liscio si lasciava carezzare il busto e anche l'anima.
"Perché? Cosa ti impedisce di seguirmi?" Harry si immerse nei profondi occhi di Louis. Aveva bisogno di comportarsi come un soldato, seppure lui non lo fosse. Doveva farlo, lo faceva perché in quel momento era la cosa più giusta.
"Perché i generali conoscono la mia famiglia."
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