Last party - Epilogue

Se tre anni prima avessero detto a Harry che sarebbe sopravvissuto persino a quell'esplosione probabilmente lui sarebbe scoppiato a ridere. Insomma, davvero una cosa improbabile, o no? Ne aveva passate di cotte e di crude, come gli era stato possibile sopravvivere a tutte quelle vicende? Era riuscito a vivere recluso per anni interi, scoprendo poi un mondo totalmente diverso da quello che aveva sempre immaginato. Era stato ferito dall'uomo che amava, poi era caduto da una torre nel tentativo di fuga. Era scappato da quello che doveva essere un manicomio con il suo futuro amante, morto poi durante la caduta di una città anni dopo. Era stato deportato fino alla capitale nemica, dove aveva iniziato l'addestramento speciale per diventare un soldato. Aveva rischiato la morte quando, subito dopo aver ritrovato Louis, era stato spostato in una sezione che proponeva allenamenti mortali o estremamente pericolosi per i cadetti. In uno di questi aveva perso una mano, rimpiazzata da un arto metallico con cui aveva avuto a che fare durante l'ultima esplosione di cui avesse ricordo. Ma prima di quella spiacevole vicenda aveva avuto anche a che fare con un generale folle e con le sue domande importanti sulla vita, per poi concludere il tutto in bellezza, venendo quasi ucciso dai soldati Laidir.

Eh già, sembrava davvero una favola, la sua vita. La cosa buffa? In quel momento si stava davvero annoiando. La casa dove viveva era poco lontana da una scogliera sul mare, quindi si può pensare che passasse le sue giornate all'aria aperta, immerso totalmente nella natura. Bè, in un certo senso poteva anche essere così, ma per la maggior parte del tempo Harry si trascinava in giro per le stanze della sua villetta con l'aria di un fantasma privo di emozioni. Non viveva di nulla, se non di qualche lettera che gli arrivava con discrezione o di alcuni pasti nelle ore più disparate del giorno e della notte. Si aggrappava alle parole provenienti da terre lontane con disperazione, trovandoci tutta l'energia per rimanere in piedi per latro tempo ancora. Ascoltava delle canzoni nel suo tempo libero, aveva persino imparato a suonare un po' di violino e il pianoforte. Apprezzava molto ogni genere di musica, a lui bastava che un qualsiasi suono che non fosse la sua voce spezzasse il silenzio di quella casa. Parlava poche volte da solo, ma quando iniziava un discorso poteva andare avanti per ore intere, raccontandosi delle cazzate o sprloquiando su quello che doveva mangiare per pranzo.
Usciva di casa la notte, ma il paesaggio circostante, nonostante fosse di una bellezza mozzafiato, gli sembrava spoglio e morto. Le onde che s'infrangevano contro la scogliera non gli raccontavano storie, non gli trasmettevano emozioni. Così come il vento che gli spettinava i ricci, ormai di nuovo lunghi che gli ricadevano in onde sulle spalle. C'erano giorni in cui, sentendo di essere solo, si ritrovava a urlare a squarciagola, cogliendo le varie sfomature della voce che raschiava contro la sua gola. Si tappava le orecchie, rifiutandosi di sentire altro che non fossero le sue urla. Neppure il silenzio.
I campi che lo circondavano gli facevano voglia di piangere, così spesso si lasciava inglobare dalla sterpaglia che gli arrivava fino al busto e iniziava singhiozzare, sentendosi devastato. Sapeva bene il perchè, ma anche quando non ci pensava poteva ugualmente sentire il magone alla gola o gli occhi pizzicare. Non c'era nessuno accanto a lui, cos si permetteva di farlo. Ne aveva bisogno, vivere per tre anni senza quasi un contatto umano era devastante.

Dopo la battaglia contro i Troidars si era risvegliato in una stanza piena di macchinari. I medici gli spiegarono che doveva rimanere attaccato a quelle macchine per alcuni giorni, giusto il tempo necessario che avrebbero impiegato a ricostruire la sua pelle. Lui non aveva idea di quello che gli era successo in seguito all'esplosione che Callington aveva causato, ma sicuramente non ci teneva a saperlo. Passato il tempo che doveva passare, tre uomini che si erano presentati come i fratelli Bloom e il generale Matthews lo condussero nella sua nuova dimora, poco lontana dalla periferia di un paesino dimenticato da tutti, Godsleyer.
Gli dissero che per ragioni di sicurezza sarebbe stato meglio per lui rimanere isolato laggiù, chiaramente il tempo sarebbe dipeso dalla guerra e da entrambi i popoli. Dovevano avere il tempo di riprendersi, dato che entrambi i loro capi erano o morti o sotto processo. Gli presentarono due ragazze, Perrie e Annie, che avevano l'incarico di portargli le provviste e di ogni cosa di cui avesse bisogno per farlo sentire a suo agio. Le due ragazze si rivelarono non solo bellissime e gentili, ma persino forti abbastanza da gestire le sue grida e il suo mutismo. Col tempo avevano imparato a conoscerlo, così come avevano imparato a stargli vicino. Non c'era nessun tipo di attrazione fra di loro, non c'era paura di sembrare inappropriati. Harry era stato totalmente nudo davanti ad entrambe almeno un paio di volte, mentre loro cercavano di fargli un bagno, ma non si era sentito in imbarazzo.

Quella sera il sole stava calando dolcemente, concedendogli una vista davvero unica. Incantato dal tramonto, si scottò con il manico della pentola, sobbalzando più per la sorpresa che per il dolore. Piagnucolò debolmente, succhiandosi il dito. Ecco un motivo per cui prendeva sempre con le presine sia le pentole con il manico in plastica che quelle con quello di un altro materiale. Aveva il terrore assoluto delle bruciature, in genere lui sopportava il dolore, ma quel tipo di dolore per lui risultava decisamente troppo, persino in minime quantità. Digrignando i denti per la scomoda situazione aprì la cannella dell'acqua, bagnandosi il polpastrello e cercando di far passare il dolore distraendosi. Iniziò a canticchiare, dondolandosi sui piedi e fingendo di essere su un palco. Lo faceva spesso, gli piaceva pensare di essere come Aaron Tveit. Il violinista. Chissà dov'era in quel momento. Chissà dov'erano Maya e Loraya. Ovviamente al sicuro, lontano da lui e dalla guerra. Cosa importava se lui non era là con loro? Sapeva che Maya avrebbe cresciuto Loraya come se fosse stato loro figlio, lo sapeva benissimo. Sarebbe stata una così brava madre.

Sfarfallando le ciglia si sorprese quando il campanello suonò. Perrie e Annie non avevano in programma di venire a trovarlo in quei giorni, ma allora chi poteva essere? I tre generali avevano fatto in modo che in tre anni di solitudine nessuno, neppure un curioso, si presentasse davanti a casa sua. Il come Harry non lo sapeva, ma aveva passato tanto tempo con sè stesso, su quello non c'erano dubbi. Prima che potesse anche solo fare un passo la persona che era fuori dalla porta iniziò a scampanellare furiosamente, facendolo innervosire.

"Arrivo, okay?" gridò, chidendo la cannella e avviandosi verso l'ingresso. "Non c'è bisogno di essere così frettolosi. Ti stanno per caso putando una pistola alla tempia? No? Allora calma!"

Ma una volta aperta la porta si sentì mancare, perchè quello davanti a lui non poteva essere nessun'altro se non il suo Louis.

Il mondo riprese colore, l'esplosione fu talmente forte da stordirlo per alcuni secondi. Adesso c'era di nuovo un senso a tutto, persino al terreno sotto i suoi piedi. Poteva vedere l'amore rinascere, così come l'erba verde in primavera. Louis, oh, il suo Louis, era il più bell'uomo che avesse mai visto. Senza esitazione gli mise una mano dietro il collo, facendo collidere le loro bocche.

Sentì un fortissimo capogiro e sorrise sulle labbra dell'altro, mentre le loro mani corrrevano ovunque, desiderose di sfiorarsi, ma senza lussuria. Volevano solo accertarsi che non fosse un sogno. Harry immerse le sue lunghe dita nei capelli lisci dell'altro, approfondendo il bacio e sentendo come tutt'attorno a lui il mondo avesse iniziato a vorticare, come un tornado. Ma non era una sensazione di tormento o di paura, no, era qualcosa di così complementare che sì sentì pieno, infinitamente pieno. Louis si staccò per un secondo cercando di riprendere fiato, ma il riccio non glielo permise, riprendendo ad assaporargli le labbra avidamente. Sembrava un assetato alla fonte, un'ape vicino a un fiore. Anche se sentì qualcuno schiarirsi la voce per Harry non esisteva più il genere umano, perchè c'erano solo Louis e la natura. Il resto era solo noia e frivolezza.

"Ehm... scusate?" Louis non si era neanche accorto di aver portato le sue mani sotto la maglietta del minore, a contatto con la canottiera di cotone. Le sfilò da quell'antro caldo, avvampando lievemente e voltandosi verso i due uomini che l'avevano accompagnato fin là. Le guance di Harry erano tinte di un delizioso rossore e Louis desiderò baciarle come non aveva mai desiderato nient'altro in tutta la sua vita.
"Non volevamo disturbarvi, sul serio." disse Will Bloom, sistemandosi l'uniforme mentre suo fratello gli tirava delle gomitate giocose. "Anzi, toglieremo le tende da cui il prima possibile, non voglio vedere scene inappropriate a luci rosse... sto parlando con te, Tomlinson!" indicò Louis, che arrossì ancora di più e ridacchiò, imbarazzato. Dio, sembrava un dannato ragazzino quando era accanto a Harry. L'effetto che quel riccio aveva su di lui era spaventosamente umiliante, ma non si sentiva male per quello, anzi, ne era grato quanto era grato al sole di splendere ogni giorno. "Ora che sei stato scagionato resterai qua per i prossimi sei mesi, ma con accanto questo riccio non credo che l'idea ti dispiaccia."

"Lo credo anche io!" esclamò Jonathan.

"Fra una settimana vi raggiungeranno Perrie e Annie con le provviste, non preoccupatevi. Ah, Louis-" Will si avviò verso la jeep con cui erano arrivati, prendendo una valigia marrone e parecchio rovinata. "I tuoi vestiti."

"Già, me ne ero dimenticato." replicò il castano, avvicinandosi all'uomo e prendendo il suo bagaglio.

"Tanto non credo che quando ce ne andremo ti serviranno." osservò il secondo fratello Bloom, facendo accigliare Will.

"Andiamo Jonatahan." si limitò a rispondere lui, guardando negli occhi Louis e, sorprendendo tutti, riservandogli un saluto militare degno di nota. Louis gli rispose, altrettanto orgogliosamente. "Ciao, Tomlinson." lo apostrofò invece l'altro, tirandogli una pacca su una spalla e allontanandosi insieme al fratello.

Non appena misero in moto il veicolo e iniziarono ad allontanarsi, lasciando soli Louis e Harry, il velo che era calato su di loro dopo l'interruzione scomparve, così com'era apparso. Si riservarono dolci baci per tutta la sera, mangiando poi un piatto a base di carne cotta in padella e insalata, cucinato magistralmente da Harry. Il riccio non se la tirava di certo, però quando Louis gli disse che 'non era niente di che, tutti sapevano mettere dell'insalata in busta dentro un ciotola' finse di offendersi, suscitando delle risate calorose del maggiore. Era così bello poter stare di nuovo insieme, senza timore di essere scoperti o di nascondere qualcuno.
Si lanciarono contro dei cuscini del divano in soggiorno, rubandosi chicchi d'uva dalle ciotole a vicenda e scivolando sul pavimento. Sembravano infinitamente dorati, preziosi come delle statuette da riporre su delle mensole. E la loro vita in realtà sarebbe stata il nulla senza l'altro. Solamente il nulla più assoluto e devastante.

Accucciati sul minuscolo letto di Harry si racontarono il tempo passato in assenza dell'altro: si accorsero di quanto i giorni non passassero mai quando erano distanti, di quanto necessitassero di baciarsi come la prima volta. Di quanto fossero molto di più per l'altro. Di quanto fossero l'intero infinito per potersi definire 'loro'. Louis aveva passato due anni in prigione, accusato di tradimento, ma i fratelli Bloom avevano fatto tutto il possibile per rimandare la sua esecuzione, fino a quando la guerra finalmente non cessò. Ci volle molto tempo per stipulare la pace e anche in quel momento i leader di entrambe le fazioni stavano decidendo il tutto, non ricorrendo alla violenza o alle armi, che più o meno erano la stessa cosa. Venne scagionato in una mattina, poi si mise al servizio dell'esercito ancora per un altro anno, più per riconoscenza nei confronti dei Bloom che per altre ragioni. La verità? Louis sapeva che Harry era vivo, però nessuno fino al giorno prima in cui i tre soldati erano partiti verso Godslayer gli aveva rivelato dove fosse il riccio. Al sentire quelle parole gli orribili giorni dopo l'esplosione gli ritornarono alla memoria, facendolo accucciare più vicino al riccio e sentendosi al sicuro. L'incertezza e la paura scomparivano quando entrambi si ritiravano nella loro bolla, nel loro amore.
Per interrompere quell'oscuro e sottile strato di paura dagli occhi di Louis, Harry si avvinghiò a lui. Fra qualche risata e tanti sorrisi si ritrovarono a pomiciare come due ragazzini, stesi a fatica nello stretto letto a una piazza e con i cuori che risuonavano come tamburi. Tamburi di un'orchestra, non quelli di guerra.
Le mani di Harry scivolarono fra i loro corpi impercettibilmente, Louis era troppo intorpidito dai passionali baci che si scambiavano per accorgersi veramente di quello che il riccio stava facendo. Sgranò gli occhi sorpreso quando sentì la mano del ragazzo massaggiargli il membro da sopra la stoffa dei pantaloni. "Ha-squittì quando la mano gli carezzò un punto sensibile-az... io-" sentiva che tutto quello era troppo. Troppo da sopportare, troppo da provare. "Possiamo aspettare, se vuoi." ansimò, cerando di mantenere il controllo.

"Abbiamo aspettato per tre anni." si limitò a rispondere Harry, sfilandogli i pantaloni e i boxer in una volta sola. Baciò lo stomaco dell'altro devotamente, scendendo verso il basso e concentrandosi sul bassoventre. "Voglio essere tuo, adesso."
Louis non se lo fece di certo ripetere, immergendo una mano nei suoi ricci e carezzandogli lo scalpo dolcemente. Non lo costrinse a scendere verso la sua erezione e non lo obbligò tantomeno a prenderla fra le labbra. Non voleva imporgli niente o obbligarlo a fare qualcosa che non voleva, perchè Harry era la creatura più simile alla perfezione che conosceva. Certamente, in primis, era un uomo come lui. Non c'era bisogno di ferirlo in alcun modo, anche perchè non avrebbe mai potuto farlo. Si amavano.
Il liscio mugolò quando Harry si concentrò finalmente sul suo membro, lasciandoci innumerevoli baci prima di leccarlo, esitante. Louis gettò il capo all'indietro, gemendo più forte perchè quella visione di un riccio così timido lo stava eccitando da impazzire. Era la sensazione migliore del mondo averlo così vicino, poterlo amare così liberamente.
Harry prese in bocca la sua erezione, iniziando a fare avanti e indietro con il capo e muovendo involontariamente i fianchi contro il materasso per placare la sua, ancora incastrata nei pantaloni. Sentendo la presa nei suoi capelli diminuire alzò lo sguardo, incrociando quello di Louis. "Puoi muoverti." sussurrò, la voce roca e le lacrime agli angoli degli occhi per lo sforzo. "non mi farai male."
E con esitazione insegnò a Louis che la sua perfezione non era nulla se lui non era al suo fianco. Si amarono per davvero alcuni minuti dopo, mentre le unghie di Harry scavavano nella schiena del liscio e i loro gemiti si mescolavano. Louis pianse debolmente quando sentì il corpo del suo amore inglobarlo calorosamente, senza esitazione. Era un ricordo, un pensiero infinitamente piacevole. "Perchè piangi?" gli chiese Harry, baciandolo velocemente e carezzandogli i capelli.
"Perchè sei l'origine del mio amore." gli soffiò sulle labbra l'altro, rubandogli poi il cuore e l'anima. Le loro parole cariche di passione e d'amore si dispersero per tutta la casa, arrivando a sfiorare la cresta delle onde e dei campi. Incredibile come due esseri così piccoli -talmente tanto da riuscire a fare l'amore in un letto a una piazza- potessero essere due veri e propri spiriti puri, liberi ormai da ogni vincolo. Credevano di non poter mai provare una sensazione così? No, perchè non avevano neppure idea di come fosse. Quando entrambi si lasciarono scivolare contro l'altro, esausti, Harry spese un ultimo pensiero sulla pelle della spalla dell'ex Suile. Non lo avrebbe sentito, perchè stava già dormendo, ma aveva veramente importanza che lo sentisse?

"E tu sei il mio."

Risposta: no, perchè lo sapeva di già.

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