Stanchezza

Non ricordo esattamente da dov'è partita l'idea, ma è una fic whump che ho amato scrivere, quindi va bene così

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Categoria: What if
Protagonista: Lilith la bionda
Spoiler: Del finale di Zaffiro Blu (accennato)
Trigger/content warning: Autolesionismo, tentato suicidio

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Lilith era da sola in mezzo agli alberi. Non sapeva dove fosse di preciso e non le importava.

Erano stati attaccati poche ore prima da Gaalb in persona, e nonostante l'intervento di Lucifero a ribaltare le sorti dello scontro, era stato comunque sfiancante.

Non aveva detto nulla quando se n’erano andati. Aveva seguito il gruppo di demoni dei bassifondi di Lux, ora capeggiato dal padre dei demoni, ma aveva finito per rallentare sempre di più il passo.

Aveva rallentato ancora, nonostante un incitamento da parte di Lucifero di stare al passo, e a un certo punto aveva cambiato direzione. Aveva camminato nel bosco, la sua presenza celata dallo zaffiro che ancora teneva al collo, mentre la sua mente la faceva sprofondare nei suoi pensieri più cupi.

“Sei un’inutile angelo che vuole giocare a fare l’eroe, ma è tempo sprecato. Tu non servi a nessuno, tantomeno a Luxifer. Tanto vale farti sparire.”

Quello era stato ciò che Gaalb le aveva detto quando se l’era trovato davanti. Frasi che non aveva sentito nessuno tranne lei, e che l’avevano quasi fatta ammazzare; Ikan l’aveva dovuta tirare via di peso prima che il pugnale benedetto la centrasse in pieno petto.

Un’altra persona che la trovava inutile. Un altro insulto. Mocciosa, pennuta monca, sciocca, stupida, inutile…

Era stanca. Aveva retto per tutti quegli anni, aveva ignorato le voci alle sue spalle e nella sua testa, ma era stanca ora. Era stanca di sentirsi inutile, di essere inutile, di essere un fardello per tutti.

Se non ci fosse stata, se non fosse mai esistita, forse tutto quello non sarebbe mai successo. Forse sua madre sarebbe viva e suo fratello sarebbe rimasto con Cassiel. I demoni e gli angeli sarebbero rimasti nemici ma a capo dei loro regni.

Abbassò lo sguardo. Aveva in mano un pugnale maledetto che non ricordava di aver preso in mano. Non ricordava nemmeno da dove lo avesse preso. Forse glielo aveva dato Lux per difendersi, come fosse indipendente e non la bambola di pezza che in realtà era.

Osservò la lama. Le sarebbe bastato toccarla per tagliarsi, tanto era affilata.

Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Non batté quasi le palpebre mentre la appoggiava sul suo avambraccio scoperto, mentre la inclinava così che toccasse la pelle, mentre apriva il primo squarcio.

Rimase quasi scossa quando sentì il dolore. Rimase più scossa quando si accorse che ne voleva ancora.

Mosse il pugnale per aprirne un secondo parallelo al primo. Lo sguardo andò un momento al zaffiro: quelle ferite si sarebbero subito richiuse se non lo avesse indossato.

Per una volta ringraziò di averlo addosso.

Cadde a sedere tra le radici di un albero e si ritrovò a farne di più, una dopo l’altra, le lacrime che scendevano lungo le sue guance.

Avrebbe fatto un favore a tutti se fosse morta. Aveva complicato ogni cosa esistendo, ed era stata troppo testarda per capirlo.

Iniziò a vedere sfocato dopo essersi fatta altri tagli e ad avere sete nonostante lo zaffiro, ma si limitò a sdraiarsi tra le radici con gli occhi chiusi da cui ancora uscivano lacrime.

Tutti i demoni nel raggio di chilometri dovevano aver sentito il suo odore, ormai. Il primo che fosse venuto lì, avrebbe banchettato e sarebbe finito tutto.

Sentì in lontananza il fruscio delle foglie, segno che qualcuno si stava avvicinando. Sfortunatamente ciò che sentì non furono canini sul suo braccio ma una voce, ed era l’ultima che voleva sentire.

«Stai tentando di ucciderti, pennuta? Se sì, direi che stai fallendo. Il che è strano, pensavo che ti sarebbe venuto semplice, visto quanto spesso tenti di farti ammazzare.»

Lilith socchiuse gli occhi. Lucifero la stava fissando con le braccia incrociate in piedi accanto a lei. Non aveva nemmeno gli occhi rossi, nemmeno da moribonda contava qualcosa per lui.

«Fallo te. So che non aspetti altro. Mi odi da sempre perché sono una persona inetta, una Lilith, sono anche una demone che completerebbe il set infernale. Avanti. Metti fine alla mia esistenza, così saremo tutti felici.» mormorò lei. Non aveva perso così tanto sangue se parlava ancora così bene.

«Perché dovrei? Arrangiati da sola, se ci tieni tanto.»

Lilith lo fissò un momento e sollevò il pugnale maledetto che ancora teneva tra le mani. Tenne gli occhi fissi nei suoi mentre lo girava tra le mani e si conficcava la lama nel petto, all’altezza del cuore, con più forza di quella che pensava di possedere a quel punto.

Lucifero sgranò gli occhi stavolta e lei sorrise leggermente mentre chiudeva gli occhi. Almeno sarebbe morta avendo visto un’espressione di sorpresa sul volto tanto stoico del padre dei demoni.

Il dolore al petto era intenso e sentiva il sangue in bocca, ma non le davano fastidio. Stava morendo tanto, che doveva importarle?

E invece dopo un momento sentì di avere in bocca un sapore intenso, tanto che le fece spalancare gli occhi di scatto e girarsi su un lato. Tossì un momento prima di accorgersi che era sangue quello che aveva in bocca, e che aveva già sentito un sapore simile prima di quel momento.

Rotolò di nuovo sulla schiena annaspando in cerca d’aria. C’era Lucifero accovacciato accanto a lei, il pugnale maledetto insanguinato nella sua mano e un’espressione spazientita in volto.

«Credevo che tutti i geni idioti della famiglia li avesse quel dannato diamante nero che mio figlio si è preso come consorte, e invece no, è evidente che scorrono in tutti i pennuti, pure quelli fallati.» sibilò irritato.

Lilith era troppo sconvolta per rispondergli. Lucifero aveva davvero impedito che morisse? Lucifero?

Era impossibile, ma i suoi occhi erano fermi sulla mano libera del demone, da cui sentiva un intenso odore di sangue. Vedeva il sangue sulle sue dita. Lucifero le aveva appena dato il suo sangue, e l’unica cosa che le impediva di fiondarsi sul suo braccio a bere era il suo sguardo gelido.

«Vuoi sapere una cosa, Lilith?» disse il padre dei demoni, scandendo il suo nome come fosse una minaccia. «Se metà mondo ti vuole morta, forse c’è un motivo, e nel tuo specifico caso non è perché sei una persona di merda, ma perché sei una persona scomoda. E sai perché lo sei? Sai perché quel bastardo di Gaalb vuole ucciderti? Perché, così come mio nipote, anche tu lo puoi fermare. Metà dei suoi piani sono andati in fumo perché mio nipote preferisce te all’altra Lilith, e questo ti rende estremamente fastidiosa.»

La prese per la maglietta che indossava. «Vuoi essere una vera demone, mocciosa? Invece che tentare di ammazzarti, dimostra di essere davvero così importante, perché purtroppo lo sei e questo non cambierà finché non crepi… e questo non accadrà in mia presenza.»

La mollò e si mise in piedi. «Ora alzati e vai a darti una sciacquata, hai addosso tanto sangue che sembri una sacca ematica ambulante.»

Lilith lo fissò incredula. La sua testa sembrava incapace di elaborare alcun pensiero e fu grata per una volta di avere degli ordini da seguire.

Si alzò, un po’ malferma sulle gambe, e andò al fiume più vicino che trovò. Lì si sciacquò le braccia e la bocca, sentendo un po’ di vita tornare nel suo corpo con l’acqua fresca, poi guardò i propri vestiti.

«La puttana di Luxifer avrà un cambio da darti, quei vestiti li bruciamo.» disse la voce di Lucifero poco lontano da lei. «Ora muoviamoci ad andare, ci stanno aspettando e visto l’odore di sangue che hai diffuso pugnalandoti si aspetteranno che sei già crepata.»

Lilith lo raggiunse e qualcosa le venne tirato addosso. Era il suo zaffiro, ora pulito dal sangue, che si premurò di indossare per diminuire la sete di sangue che provava, poi seguì il demone senza dire nulla. Non riusciva a pensare a niente, continuava solo a fissare la schiena del demone come se avesse sognato tutto.

Non riuscì a convincersi davvero nemmeno quando raggiunsero il gruppo e i demoni la guardarono con sollievo. Raum e Mun addirittura la abbracciarono.

«Principessa! Credevamo ti avessero ucciso!» esclamò Naphula sollevato.

Ci fu però silenzio dopo quella frase. Anche se si era sciacquata, l’odore di sangue impregnava i suoi vestiti.

«Cortigiana, hai un cambio per lei? È coperta di sangue, portarsela dietro così è come andare in giro con un centro sulla schiena.» disse Lucifero facendo riprendere tutti.

«Non garantisco che le vada, ma ho qualcosa.» disse subito Mun andando a frugare nello zaino. Raum la lasciò andare per raggiungere Eligos e Ikan. Lilith rimase dov’era senza dire nulla, sapendo che tutti avevano visto la maglia perforata all’altezza del cuore.

Il cambio d’abito era un paio di pantaloni che fortunatamente le andavano bene e una maglietta nera che era una taglia troppo grande ma che almeno la copriva. Le braccia rimasero scoperte suo malgrado: le ferite si erano chiuse, ma le cicatrici erano ancora visibili sulla pelle pallida. 

Bruciarono i vecchi vestiti in silenzio, poi Lucifero disse: «Resteremo qui a dormire. Ipos, farai tu il primo turno di guardia. Bestione, tu il secondo. Cortigiana, tu e il soldatino fate il terzo. Ladruncolo, a te il quarto. Penso io all’ultimo.»

Indicò Lilith e Lux e disse: «Voi due mi servite in forze, quindi vedete di riposare.»

La principessa non mangiò nulla di ciò che Luxifer riuscì a cacciare in neanche un’ora da quando si accamparono. Si limitò a stendersi tra le radici di un albero, stesa su una coperta che aveva Mun nello zaino, e lì si addormentò, esausta per la giornata.

Quando si svegliò alle prime luci dell’alba, sentendosi un po’ meglio, si accorse con stupore che c’era qualcuno accanto a lei.

Vide Naphula seduto a mezzo metro da lei con la schiena contro il tronco dell’albero, gli occhi chiusi. Più in alto vedeva Raum su un ramo, anche lui addormentato. Si girò leggermente e vide Lux sdraiato accanto a lei a pancia in su, una mano accanto a una delle sue.

Ai loro piedi c’erano Eligos e Mun, che dormivano abbracciati, e Ikan era accanto a loro, una mano appoggiata sull’elsa di una spada anche mentre dormiva.

Incrociò lo sguardo di Lucifero dall’altra parte della radura. Lui non disse nulla, fissando prima lei e poi Lux al suo fianco. Chiuse gli occhi e si limitò a sospirare.

Lilith si stese di nuovo, mettendosi comoda, e chiuse gli occhi di nuovo. Stavolta si addormentò sentendosi meno sola.

-

«Si è addormentata.»

Era stato Raum a dire quella frase a bassa voce. I demoni si erano riuniti attorno al fuoco a mangiare, facendo del loro meglio per ignorare che avessero lì con loro anche Lucifero in persona.

«Cos’è successo esattamente, nonno? L’avevano attaccata?» chiese Luxifer fissando Lucifero.

«No, ha fatto tutto da sola. Quando sono arrivato era stesa a terra con il pugnale in mano e tanti tagli sull’altro braccio.»

«Tagli?» ripeté Eligos.

«Ce li ha ancora addosso, non potete non averli visti. Sono rimaste le cicatrici.» disse Lucifero senza suonare particolarmente irritato.

«Perché mai avrebbe dovuto farsi dei tagli addosso?» chiese Naphula confuso. «Apposta, poi.»

«Per sfogare il dolore, o perché crede di meritarlo.» rispose Luxifer fissando il fuoco senza neanche sbattere le palpebre.

Regnò il silenzio per un momento, poi il principe disse: «Il suo odore si è fatto più intenso ad un certo punto, poi ho sentito il tuo odore, nonno.»

Fissò il demone. «Era messa così male?»

«Si è pugnalata al cuore sotto i miei occhi, tu che ne pensi?»

Ci fu altro silenzio.

«Si è pugnalata da sola?» ripeté Mun fissando il padre dei demoni con incredulità.

«Siete tutti sordi oggi che non capite quel che dico?»

«Perché avrebbe dovuto farlo?» chiese Raum.

«Pressione, forse?» fece Ikan.

«Non so cosa passi per la testa di quella pennuta, ma ha chiesto a me di ucciderla dicendo di essere “inetta” e che la odio. Cose entrambe vere, ovviamente. Devo ammettere però di essere sorpreso, ci vuole fegato a pugnalarsi a quel modo.»

Lucifero si grattò il collo e aggiunse: «”Metti fine alla mia esistenza, così saremo tutti più felici”. Non so cosa insegnino ai pennuti da avere idee del genere, neanche i demoni penserebbero cose simili.»

«Non è il pensiero di un pennuto, è il pensiero di qualcuno che non ne può più.» disse Luxifer. «Di qualcuno che probabilmente non si è sentito rivolgere una sola parola gentile per chissà quanto ed è stato in balia degli eventi per mesi.»

«Dovreste essere voi ad avere una crisi simile, mica lei.» commentò Naphula. «Tra un tentato matrimonio, un tentato omicidio e tutto quanto.»

«Si vede che non sai com’è essere un reale, tutto questo rispetto ai ricevimenti coi nobili è una scampagnata.» sbuffò Luxifer. Si abbassò poi di scatto, evitando uno scappellotto di Lucifero, e riprese: «Lei non è la principessa primogenita e l’essere un demone in paradiso di sicuro non ha aiutato. Ed è sicuramente in una posizione scomoda, a giudicare da quanto Gaalb abbia tentato di ucciderla oggi.»

«E voi non siete mai stato davvero carino con lei.» lo rimbeccò Ikan. «Nessuno di voi due, e questo ora che siete momentaneamente alleati, immagino prima.»

Luxifer sbuffò. «Le starò accanto.»

Lucifero gli rivolse un’occhiata gelida. Il nipote aggiunse: «Per stanotte.»

«Anche noi! Sarà anche cresciuta come un angelo, ma è simpatica! Non voglio che tenti di uccidersi di nuovo!» protestò Raum.

«Nessun altro di noi deve rimanere indietro. Nemmeno lei.» confermò Mun.

Spensero il fuoco poco dopo. Ikan si sedette contro un albero, la spada nelle sue mani. Raum salì sull’albero sotto cui riposava Lilith e osservò gli altri disporsi attorno a lei: Naphula contro il tronco vicino alla sua testa. Eligos e Mun ai suoi piedi. Luxifer si stese al suo fianco e lo vide prenderla per mano.

Lucifero rimase dall’altro lato della radura, seduto con la schiena contro un albero. Tutti, anche Ikan, erano nel suo raggio visivo.

Lucifero era una persona spaventosa, ma aveva salvato la vita a loro e a Lilith, e quella sera ad essere con lui si sentirono tutti più tranquilli.

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