28. I cattivi sette.
I dottori di quella struttura si erano dimostrati davvero in gamba. Chris era migliorato in tempi record, ed era addirittura già stato dimesso - motivo per cui era a casa per la convalescenza, e non più nella stanza silenziosa.
Spesso Greg passava a trovarlo, la sera, e ogni volta si curava di lasciargli un presentino; ma molte di più erano le volte in cui era troppo stanco o triste per andare sin da lui, e finito il lavoro se ne tornava a casa diritto nella speranza sempre vana di dormire una notte tutta intera.
Il tempo passava senza accennare a rallentare, allo yard (tornato un mortorio senza l'agente più celebrato del momento) come a casa e letteralmente in qualsiasi altro posto; e persino i rapporti con tutti i nuovi amici che si era fatto - tra cui John, Molly e la signora Hudson - parevano essersi gelati per via della staticità di quel periodo tedioso. Ormai era quasi Natale, e il cappellino rosso di Anderson lo attestava chiaramente; lo spirito di quella festa pareva aver attaccato la sensibilità di quel suo collega più di altri anni, anche in quanto aveva preso delle decorazioni da mettere negli uffici ed ora, chiacchierando allegramente con la Donovan, si stava apprestando ad appenderle.
Sorseggiando il tea che si era appena concesso, Lestrade li guardava da dietro la vetrata del suo ufficio: l'interesse della donna per i discorsi di Philip non mancava di sorprenderlo, e anche in quel momento l'ha lasciato quasi sgomento. Gregory, al contrario loro, quell'anno ancora più chiaramente degli altri non era stato toccato da quell'atmosfera: casa sua, vuota buia desolata e desolante, non era stata nemmeno messa in ordine da mesi a quella parte; e non appariva destinata a cambiare in tempi brevi, esattamente all'opposto di quanto era accaduto al 221B di Baker Street. Da quando ci era entrato il dottor Watson infatti, Sherlock (probabilmente aiutato dalla paziente signora Hudson) era migliorato in tanti aspetti, abitudini comprese - e la decorazione in stile natalizio dell'appartamento era solo un piccolo assaggio del cambiamento, del quale si era accorto anche lui in quanto era già stato a casa del consulente investigativo diverse volte per le più svariate problematiche, e ci si era recato anche il giorno precedente giusto per consegnargli dei documenti. Aveva già avuto occasione di incontrare il dottore, ma certamente più ci aveva a che fare e più capiva quanto fosse valido e utile per quel ragazzo particolare, solo apparentemente insensibile col quale l'ex militare aveva liberamente scelto di andare a vivere: John Watson e Sherlock Holmes erano palesemente indivisibili persino agli occhi di Lestrade, in quanto erano totalmente complementari e già era diventato strano cercare di concepire l'uno senza l'altro, sebbene il primo fosse quasi ancora uno sconosciuto per Greg e il secondo, invece, come il fratello minore che aveva spesso desiderato.
Avendo finito la tazza di tea, l'ispettore si è alzato per buttarla; e dalla distanza raggiunta la prima cosa che ha notato a proposito della sua scrivania è stato il caos che ne aveva preso il completo controllo. Avvicinandosi ad essa, dopo aver gettato il bicchiere di carta, ha iniziato a rimetterla un minimo in ordine; e così ha visto un foglio fresco di stampa a proposito di un caso del quale si era pressoché dimenticato, e per cui era parso necessario all'unanimità chiedere la consulenza del suo amico Sherlock Holmes. Si è bloccato un momento, ha aperto la posta elettronica dal telefono, e non si è meravigliato di non aver trovato alcuna risposta alla mail che aveva inviato al ragazzo nonostante la certificazione di avvenuta lettura fosse invece arrivata. Lestrade si è stretto nelle spalle: poco male, finito il turno sarebbe andato a trovare lui e John e, facendosi offrire il loro scotch, si sarebbe impegnato ad introdurre l'argomento. Quello era uno di quei casi di portata nazionale che capitava di dover affrontare di tanto in tanto e per i quali, in pratica, l'aiuto di Sherlock era ormai dato per scontato; l'unico motivo che lo tratteneva dal partire subito era che non voleva abbandonare il tepore della stazione, finché avesse potuto non farlo.
Si è rimesso seduto ed ha preso il BlackBerry aziendale dalla tasca per controllare con calma le notifiche; ma stranamente non gli aveva scritto proprio nessuno, quel giorno. Aveva diversi contatti e non era raro che si ritrovasse a dover telefonare a cinque o dei sei persone tutte di fila; ma non era sempre un piacere doverlo fare. Aggiornare metà dei suoi conoscenti sulla situazione di Chris era stato qualcosa di più simile a un onere che a un piacere, ma almeno una persona in quella lunga lista la sentiva sempre molto volentieri: e com'era ovvio che fosse, si trattava del suo vecchio amico Mycroft.
Quando era stato dimesso, quindi, oltre a sentirsi molto felice per lui, Greg si era sentito sollevato per l'incombenza quotidiana che gli è venuta meno; ma non senza un senso di tristezza, perché l'unica scusa che aveva per contattare il maggiore degli Holmes e l'unico argomento dei suoi discorsi con lui si era esaurito, ancora una volta dopo tanto tempo.
È stata più o meno la fine di un'altra epoca, insomma: da quel giorno non si sono letteralmente più sentiti, e per questo col passare del tempo Greg stava iniziando a guardare per abitudine sempre meno lo schermo del suo telefono personale.
°•°•°
«Sherlock, prova ad essere ragionevole per una volta! È un caso di rilevanza internazionale, e sai bene come spesso questo tipo di casi si possano rivelare -»
«Mai e poi mai! Ce la puoi benissimo fare di per te, e poi in questo periodo sono troppo occupato». Il ragazzo ha interrotto bruscamente suo fratello mezzo urlando mentre si lasciava teatralmente cadere sulla sua poltrona prediletta; e dall'espressione che è sorta in viso a Mycroft è parso chiaro che il più piccolo stava per riuscire nel suo proposito di costringerlo a non contare sul suo aiuto. Ha sogghignato.
«Ma non è affatto vero, Sherlock, so bene quanto te che non hai assolutamente nulla da fare invece». Il dottor Watson è comparso dalla porta del bagno nel quale era stato fino a quel momento, e si è incamminato sicuro verso i due litiganti come un arbitro imparziale.
«Per una volta, prova a fare quello che ti chiede. A me sembra più intrigante dei casi che ti ha proposto finora Lestrade»
Il riccio ha fatto roteare gli occhi, ma prima che potesse aprir bocca suo fratello ha espresso ad alta voce quanto, molto probabilmente, era sul punto di dire anche lui: «Presumo comunque che anche Scotland Yard sarà presto richiamato a occuparsi della questione». Per qualche minuto, i tre uomini hanno discusso su quanto la polizia avrebbe potuto fare concretamente per risolvere il problema; e a bloccarli è stata la signora Hudson, entrando di gran carriera nel salotto con quattro tazze di caffè su un vassoio insieme a qualche biscotto, e annunciando gentilmente l'inatteso ospite per il quale aveva rinunciato alla sua tazza: «Il signor Lestrade», che non aspettandosi di trovare nessun altro nella casa oltre agli inquilini, alla vista dell'elegantissimo ministro è letteralmente cascato dalle nuvole.
«'Sera a tutti» ha detto in un unico respiro, con gli occhi sgranati e un sorriso imbarazzato, passandosi una mano tra i capelli; e gli altri tre hanno risposto praticamente in coro, sorridendogli in modo completamente diverso l'uno dall'altro.
«Quale buon vento ti porta fin qui, George?»
«Greg. Uhm... Comunque, devo richiedere il tuo... Ehm, il vostro aiuto per un caso che ci è stato appena affidato, e penso che sia - che sia necessario, il vostro intervento, perché nemmeno so da che parte girarmi...»
«Calma, accomodati prima» gli ha suggerito John, indicandogli il vassoio del caffè senza alzarsi dalla sua poltrona. Prima di prendere il caffè, però, l'ispettore si è tolto la giacca e l'ha appoggiata sul bracciolo del divano sul quale si è poi seduto, non senza aver fatto cenno a Mycroft (che era in piedi) di mettersi di fianco a lui.
Per qualche inquietante attimo, mentre tutti bevevano e si squadravano a vicenda, sprofondati nella stoffa dei divani, ha regnato il silenzio più assoluto; ed era così assoluto da apparire irreale, tanto che non è durato più di una dozzina di battiti cardiaci.
«E quindi, Greg, di che caso si tratta?»
La voce di John ha rotto la pesante atmosfera con una semplicissima domanda, e alla sbrigativa risposta del detective è seguito il termine definitivo di qualsiasi forma di quiete. Gli erano arrivate, infatti, delle informazioni ancora più fresche di quelle che Mycroft stesso possedeva, in quanto quest'ultimo era in "stand-by" dentro l'appartamento di Sherlock e John già da qualche ora, mentre Greg aveva controllato le news appena prima di fare il suo ingresso: e questi minuscoli particolari avevano acceso più che una scintilla un vero e proprio incendio sia nella mente di Sherlock - che era sprofondato istantaneamente nel mind palace - sia in quella di Mycroft, che aveva iniziato a ragionare ad alta voce mandando in frantumi in sole due frasi quelle poche idee che l'ispettore era riuscito fino a quel momento a farsi riguardo al caso. John, infine, essendo ben consapevole che in momenti come quello la sua consulenza non era comoda a nessuno, ha atteso qualche secondo e poi si è diretto in cucina con il vassoio e le tazze vuote, probabilmente tanto per fare qualcosa.
Faticando a seguire il filo dei veloci pensieri del ministro, Greg ci ha rinunciato senza troppo ripensarci, e per non addormentarsi si è alzato con il proposito di andare a vedere da vicina la mappa tracciata da Sherlock al muro, costituente solo uno dei suoi tanti bizzarri ma efficaci metodi di ragionamento. Ad un tratto, la voce del maggiore degli Holmes è andata riducendosi fino a scomparire; lo yarder si è voltato, mentre l'altro dopo aver guardato suo fratello ha abbassato lo sguardo e si è alzato in piedi.
«Avrai capito forse un decimo di tutto quello che siamo giunti a chiarire irrevocabilmente di questo caso» ha iniziato a dire, rivolgendosi a Lestrade; e lui gli ha risposto che gli sarebbe piaciuto capirne anche solo un ventesimo, ma che non ne era stato all'altezza.
«Il punto è che noi ci stavamo già lavorando da un po'» ha confessato l'uomo dagli occhi di ghiaccio, sorridendo divertito di fronte alla genuina delusione di colui che era stato per lui un amico, di fronte al suo stesso fallimento.
«Dallo stato di questa parete avrei azzardato un'ipotesi di questo genere» si è risolto a dire seriamente, infine, il poliziotto, voltandosi a dare le spalle a Mycroft per guardare il caos di fogli, puntine e fili colorati che componevano un intrico incomprensibile alto molto più di loro.
«È inutile che cerchi di capirci qualcosa, Greg» è intervenuto John, affacciato dalla porta della cucina ad osservare come gli altri due quella sottospecie di piantina. «È una sfida anche solo interpretarne un pezzetto». Hanno riso tutti e tre - Sherlock era completamente assente, immerso nei corridoi infiniti della sua mente - e come per scherzo hanno iniziato ad indicare fotografie e codici e ad interpretarli liberamente.
Un sospettato è diventato un famoso circense, un pin è diventato il numero di telefono della regina, e il viaggio cittadino di solo-Sherlock-sapeva-chi-e-quando il percorso preferenziale dei pullman quando ci sono incidenti lungo la strada ordinaria.
«E quelli chi sono?» ha chiesto Gregory in mezzo alle risa, indicando le foto di sette persone attaccate vicine ad un estremo dell'opera.
Senza nemmeno pensarci, John ha urlato la prima cosa che gli è venuta in mente -«Sono quelli sospettati di aver ucciso Basil Hallward!»
«Sono i cattivi veri» ha risposto il poliziotto, facendosi serio per sostenere lo scherzo.
«I cattivi sette» ha rettificato Mycroft, rivolgendo uno sguardo divertito al poliziotto che si è bloccato con le labbra semiaperte, incredulo e ancora mezzo sorridente verso di lui. John ha guardato prima l'uno e poi l'altro a ripetizione, senza poter capire a cosa potesse alludere la frase pronunciata dal più grande degli Holmes; ma prima che potesse fare qualsivoglia domanda, Sherlock è riemerso dal palais e ha iniziato a sparare ragionamenti a macchinetta.
Il tempo dello svago appariva proprio terminato per quella sera - ma non poteva esserlo del tutto, non dopo quelle grosse risate che Mycroft si era fatto, a distanza di così tanto tempo di serietà. Tornando a casa più tardi, infatti, com'era inevitabile che fosse aveva in mente ancora quel ritmo e quel testo.
... So get back to work an' sweat some more
The sun will sink an' we'll get out the door
It's no good for man to work in cages
Hits the town, he drinks his wages...
E non trovando nulla di sconveniente nel farlo, giunto in stanza ha rimesso il cd; ha ascoltato la traccia con uno spirito praticamente opposto rispetto a quello dell'ultima volta; e si è addormentato beatamente sul divano, stremato da tutte le emozioni concentrate in quella sola, fredda giornata di metà dicembre giunta in quel preciso momento al suo termine.
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