20. Sempre quello.
Ancora seduto dietro la sua scrivania - era una giornata particolarmente noiosa, troppo calma -, il D.I. ha chiuso il portatile di colpo. Chris, proprio il suo amico tale da sempre, era tornato in polizia dopo diversi anni, e con il pc stava risolvendo delle questioni proprio per lui: o meglio, ci stava provando, perché non pareva proprio giornata. Sapeva che stava facendo un'ingiustizia bella e buona a procrastinare in quel modo, in quanto era consapevole che se qualcuno meritava dei favori era proprio lui; ma non lo stava facendo con cattiveria, quanto solo per mancanza di concentrazione. Le scritte sullo schermo gli apparivano a tratti incomprensibili come fossero scritte in cirillico, per quanto poco ne capiva; e questo poteva significare solo che gli sarebbe convenuto rimandare il tutto al giorno successivo.
Povero Chris. Si era fratturato una spalla in modo grave durante una missione anni prima, e da allora non aveva fatto che impegnaarsi a rimettersi in sesto, facendo lavori meno pesanti... Con il solo scopo di poter tornare a fare l'agente appena possibile, e riuscendoci in un tempo record, risultando tra l'altro uno dei poliziotti semplici più bravi di tutto il dipartimento - oltreché una delle persone a lui più vicina e cara.
Durante gli anni di assenza si erano a malapena sentiti, e una delle veramente poche occasioni in cui si erano visti era stata in occasione del suo matrimonio con la stessa ragazza che aveva sin dai tempi dell'Accademia. Erano proprio una bella coppia, sì - una coppia felice.
Pochi attimi prima, era entrato per dargli dei documenti e per salutarlo. Avevano scambiato due chiacchiere, e ovviamente questo argomento non poteva non venire almeno sfiorato...
«E allora, Greg, ancora nessuna per te?»
«Ah, le donne non sono proprio... Nel mio interesse»
«Ah, ah!» Il ragazzo aveva riso di gusto, e gli aveva tirato una pacca sulla spalla. «Sei sempre quello, eh?»
Non sapendo bene cosa rispondere, Lestrade si era sforzato di non abbassare lo sguardo, ma di sorridere ed annuire.
«E con tua moglie come va, piuttosto?»
Come se il D.I. avesse schiacciato un bottone, con quella frase si era praticamente gelato. Mordendosi un labbro, Chris aveva avvicinato la testa alla sua, per poter parlargli praticamente all'orecchio.
«È sterile» aveva mormorato, ma poi era tornato a ridere. «Meglio per entrambi, che per il futuro che abbiamo davanti, è molto più che probabile che l'avremmo lasciato orfano entro i suoi dieci anni».
«Perdona la mia scarsa memoria, ma lei che lavoro fa?»
«Anne è una guardia del corpo... Non ricordo il nome della signora per cui lavora al momento, però». Con fare serio, il detective aveva ricambiato la pacca che qualche momento prima aveva ricevuto.
«Una coppietta tranquilla, insomma». Avevano di nuovo riso, e poi si erano salutati; ma con la mente Gregory era rimasto ancora a quella domanda, a quella a cui non sembrava poi così facile rispondere.
Sei sempre quello?
Quando Mycroft se n'era andato in India, aveva portato con sé tutte le sicurezze che un tempo gli erano appartenute. Aveva vissuto per settimane, anche per mesi con mille interrogativi addosso, mentre lui era via. Anzi, ancora dopo che era tornato... E tutt'ora non li aveva risolti.
Il mondo non sarebbe affatto questo se tutte le domande avessero una risposta.
La domanda principale, ovviamente, era una; e si poteva ben capire quale potesse essere, dato che in fondo proprio da quella scaturivano tutte le altre.
Ma che gli ho fatto?!
Certo, dato che l'ultima parola che aveva detto era stata "Joseph" non poteva che riguardare lui. Ma cosa poteva avere fatto Jo a Mycroft?
E perché lui doveva centrarci? In fondo, Holmes non era nemmeno stato messo al corrente della relazione che loro due avevano.
Dato che da solo non riusciva ad arrivare a capo della questione, ed intuendo che probabilmente ogni suo dubbio derivava dal fatto che quella sera cruciale era stata cancellata totalmente dalla sua memoria, per diverso tempo era stato quasi deciso sull'indagare a riguardo di che diamine si fosse perso.
Ma non ne aveva il coraggio.
Più e più volte era stato sul punto di fare delle domande insospettabili a Jo, a Chris, a chiunque era sicuro di aver invitato quel sabato in discoteca; ma c'era sempre un timore diverso che lo bloccava. Non era mai riuscito a porgere nemmeno la prima sillaba della domanda a nessuno.
Intanto, mentre Mycroft era via, la sua relazione con Joseph era andata avanti, diventando sempre più solida e sempre più evidente. In fondo, che avevano da temere, se anche si fosse scoperta?
Erano comunque le due persone più forti dell'istituto intero, anche se non avevano delle ragazze a sostenerli. Si sostenevano a vicenda, e questo bastava e quasi avanzava.
Un particolare che non voleva, prima ancora che non riusciva a dimenticare, era come Joseph reagiva appena udiva qualcuno offenderli per il loro orientamento. Ad esempio, una volta erano tranquillamente seduti su una panchina, fumando e parlando, ma senza tenersi la mano o abbracciarsi; quando tre ragazzini erano passati davanti a loro, e ridacchiando avevano preso ad additarli e dirsi l'un l'altro di guardare quei due.
Sentendoli, Hill non aveva indugiato un attimo: e come non pareva poter resistere a fare, scagliata la sigaretta a terra si era girato verso Greg, e stringendolo in un abbraccio stretto aveva iniziato a lasciargli appassionati baci in ogni parte raggiungibile del viso - che da parte sua, ogni secondo diventava più rosso.
Ecco, quelle erano le uniche occasioni in cui Joseph si "lasciava andare". Il suo amore sfrenato per Gregory aveva come bloccato la sua impulsività naturale, costitutiva e caratteristica, e proprio per questo non solo i due non litigavano praticamente mai, ma persino certe uscite - verbali e fisiche, come gli abbracci appena nominati - erano rimaste per entrambi dei tesori da godere solo ogni tanto, principalmente quando erano isolati da tutti o, almeno, quando nessuno li teneva troppo in conto.
Erano entrambi profondamente soddisfatti da questa relazione, ma uno dei due non lo era «completamente». Era come se gli mancasse qualcuno - ed era ovvio di chi si trattasse: di chi, insomma, se non di colui che lo aveva fatto crescere, che gli era stato sempre vicino, che tra le mille cose aveva reso il suo ateismo una certezza?
Poteva sembrare una sciocchezza, ma di fatto non lo era. Non lo era per nulla.
A distanza di trent'anni, infatti, Lestrade era ancora profondamente convinto di tale pensiero, e non solo per i motivi posti da lui, quanto soprattutto perché lui stesso l'aveva affermato.
Essere ateo era più di ogni altra cosa un modo di sentire Mycroft ancora vicino - sì, anche adesso che nemmeno riusciva a rammentare la sua voce.
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