Capitolo 3 Bisessuale

Era difficile.
La minoranza nella minoranza.
Edit era brava ad avere rapporti con le persone.
Le veniva spontaneo, perché confidava in sé stessa, aveva una forza interiore molto grande.
Non si sottometteva a nessuno, non vacillava. Era sveglia e brava.
Era quella che vedeva dell'acqua nel bicchiere.
Infatti salutati i parenti per delle avventure, era giunta in quella terra di birra e canne, dove la vita era un gioco d'azzardo.
Edit non amava nulla lì, né le distese verdi a dei campi con i fiori, né le biciclette, neppure i locali di quella cittadina.
Nessuno sapeva perché fosse lì, nessuno eccetto Edit che era giunta lì per trovare una persona.
Una persona scomparsa, dispersa da qualche parte, sconosciuta eppure conosciuta e vicina.
Edit tornò nell'appartamento senza non aver prima infastidito Fatima la portinaia.
-Corri come sempre. Aveva scherzato la donna con il suo tipico accento italiano.
Edit si era fermata un attimo per vederla negli occhi, spietata, e con parole divertite eppure dure, l'aveva schernita.
-Già io dimagrisco, sai cosa vuol dire? Non pesare cento chili come qualcuno. Sai piangere davanti alla televisione con il gelato di sera non ti farà trovare un uomo.
E corse sulle scale, con un sorrisetto soddisfatto, intanto Fatima chiaramente nera dall'ira aveva stretto i denti per non peggiorare la situazione.
Edit abitava in quel posto abbastanza da conoscere le usanze di tutti, da capire i loro gusti e scoprire i loro segreti, non c'era cosa che non scovasse e bugia che non svelasse.
Capiva quando qualcuno mentiva, il che aiutava.
La aiutò quando sua madre si era drogata, o quando era finita a letto di un uomo più grande sposato.
Lei non era sdolcinata lei era un corpo in moto, che non smetteva di vivere.
Lei viveva.
Lei amava e odiava anche se risultava solo stronza.
Lei aveva sempre un sorriso per qualcuno ed un insulto per qualcun'altro.
Bussò tre volte alla porta, come suo solito e trovò Lou ad aprirla.
La scansò ed entrò in casa, acciuffo una mela e addentandola, si lasciò cadere sul divano.
-Finito le valigie?
-Si. Rispose quella fissandola.
-Bene, allora- si alzò di slancio dal divano e dopo un sospiro aggiunse- faremo una festa, spero che questo non ti dispiaccia insomma, conoscerai qualcuno e magari qualcuna. Però non ci provare con i De Vriens, fratello e sorella. Concluse un po' minacciosa.
-Ah quasi dimenticavo, vestiti c'è una festa fra un'ora ad un pub, danno la birra gratis.
La giovane davanti a lei pareva chiaramente confusa, Edit decise che era il momento migliore per scappare e andare a cambiarsi.
Così lasciò la ragazza su due piedi, nel momento in cui cercava di spicciare parola; ma Lou non ne ebbe l'opportunità.
Edit era già in camera sua, identica alle altre, asettica e chiara.
Nulla di speciale, eppure lei con i suoi poster sui muri, la chitarra classica posata affianco al letto, gli adesivi attaccati sulla scrivania e sull'armadio, i mille libri appoggiati sulle mensole e le foto attaccate con del nastro adesivo sopra la testiera del letto, sull'intera parete, l'aveva abbellita.
Si mise un vestito nero corto; adorava vestirsi elegante eppure giocare con dei colori fluorescenti.
Infatti si pettinò i capelli biondi e applicò un rossetto arancione acceso, poi passò al mascara e si ammirò allo specchio.
Era anche narcisista Edit, infatti perse cinque minuti buoni ad ammirarsi allo specchio e a provare diversi sorrisi.
Uscì così a coscia scoperta, senza calze con le sue magre gambe lisce in salotto dove trovò i ragazzi rincasare.
-Ragazzi di va ad una festa, muovetevi!
Guardò l'orologio, erano le 19:45.
-Forza truppa manca un quarto d'ora! Urlò in salotto, con tutto il fiato che aveva nei polmoni.
Melker si stava dimenando come un pazzo in camera.
-Che fai? Sbottò la ragazza cerando di mettersi i tacchi mentre camminava.
-Dov'è il mio papillon nero?
Chiese quello irritato fuori dalla sua camera, messa a soqquadro.
-Tutto sto casino per un papillon! Scherzi.
Ma quello era già scappato diretto in camera di Jo.
-Jo hai tu il mio papillon nero? Chiese bussando con le natiche sulla porta del ragazzo.
Non ricevette risposta.
-Jo?
Edit fu più indelicata di Melker che si era limitato a bussare la porta, la spalancò.
-Che cazzo fai?!?! Urlò il ragazzo alle prese con i vestiti.
Edit rimase sulla soglia, sorridente e calma.
-Melker cerca il suo papillon nero, sai quanto li ama. Spiegò lei guardando il ragazzo che si era schiacciato il seno con della carta e stava cercando di infilarsi la maglia, la giacca da giocatore di football era ai suoi piedi.
Edit per un momento si sentì più arrogante del solito, Melker dietro di lei guardava in basso, non voleva intromettersi nella sua privacy, cosa che invece l'ungherese fece senza ripensamenti.
Si sentì a disagio, allora il suo lato buono emerse e gli prese la giacca.
Lui la strappò dalle sue mani e la guardò ostile.
-Non ce l'ho. Esci.
La ragazza alzò le mani all'aria e fece dietrofront.
-Muovetevi manca poco! Osò urlare.
La nuova arrivata era ancora in camera, intenta a prepararsi.
-Edit. Melker la prese per un polso, bloccandola.
La guardò serio e preoccupato negli occhi.
-Non puoi invadere così il suo spazio, ti terrà il broncio a lungo, cerca di rispettarlo.
Lei si sciolse dalla stretta e lo guardò sulla difensiva.
-Tutto per il tuo stupido papillon, ora muoviti dobbiamo uscire.
Prese la borsa sulla sedia in cucina e aspettò gli altri, seduta.
Si sentì sprofondare, aveva esagerato, ma lei non era solita chiedere scusa, né ammettere di aver sbagliato.
Melker la raggiunse dopo dieci minuti, vestito bene con una camicia polo a tre quarti, pantaloni scuri, leggermente stretti e scarpe lucide.
Diversamente dagli altri gay, lui non parlava in falsetto oppure detestava sudare, semplicemente era bello, preciso e famoso in tutta la palestra per i suoi muscoli.
Era fantastico, sfortunatamente era interessato ad altro, Edit ci aveva già fatto un pensierino, però da un lato ne era felice, era un suo amico, il suo più grande amico.
Non c'era attrazione fa di loro solo gioia.
Poi arrivò Jo alterato e vestito da vero americano, con jeans e scarpe da ginnastica.
Lou comparve dall'ombra della sua camera, giunse nella stanza che fungeva da salotto-cucina.
Era molto carina, i capelli erano legati in una crocchia comoda, le ricadeva qualche capello affianco al viso; avevo il rossetto rosso, indossava una canotta sgargiante, comoda a brillantini, color crema e shorts neri.
Le sorrise compiaciuta, aveva giurato ai ragazzi che non ci avrebbe provato con la nuova arrivata ma appena la vide le disse subito.
-Carina.
-Ti ringrazio. Aveva risposta quella leggermente timida.
Poi tutti e quattro uscirono.
Uno affianco all'altro diretti al pub, vicino alla piazza del centro dove tutti i ragazzi si incontravano la sera.
Era entusiasmata, adorava divertirsi, con Jo si sarebbe chiarita più tardi.
Voleva ridere e bere e incontrare qualcuno.
Camminavano sgargianti fra la gente, in silenzio, ognuno con i propri pensieri.
Erano uno più attraente dell'altro, uno più forte dell'altro, eppure tutti e quattro diversi.
L'ultimo pensiero prima di entrare nel locale, fu rivolto al padre.
L'aveva abbandonata, anche lui era come lei?
Perché non l'aveva voluta?
Era lei il problema o era stato lui insicuro?
Aveva così tante domande per la testa che solo una cosa la faceva rilassare.
Il sesso.

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