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Buio.
In un attimo è tutto buio.
Senza preavviso.
Senza che me ne renda conto.
Non ne ho il tempo.
Sono su un ascensore.
Sono agitata.
Non so cosa mi attende, ed è questo che mi rende ansiosa.
Il dubbio su ciò che mi aspetta al di là di quelle porte metalliche.
Un bip.
L'ascensore si mette in moto.
Sto salendo.
Mi ha sempre stupito come ci si possa muovere, pur stando fermi.
Come ci si possa spostare anche di chilometri, senza contrarre neppure un muscolo.
È così semplice illudere la nostra mente?
Convincersi che qualcosa che non accade stia succedendo?
Una strana sensazione.
Come una scossa.
Un sussulto.
Un urlo lontano.
Una voce che non sembra la mia.
Il mio corpo cade, lentamente.
Precipita verso terra.
La mia pelle si svuota.
Mi sento... leggera.
Leggera come una piuma.
È così piacevole il silenzio che mi avvolge, e così inaspettato il caos che invade l'ambiente attorno al mio corpo.
Dall'alto sembra tutto talmente insignificante...
Il mio corpo sta lì, a terra, steso sul pavimento.
Qualcuno si china su di me.
Si sforza, nel vano tentativo di rianimarmi.
Si affanna, in una lotta impari.
Ogni scossa mi giunge come una carezza lontana.
Un'eco distante.
L'ombra di qualcosa che è stato.
Eppure non mi muovo. Non ci riesco. Qualcosa mi trattiene.
Mi tira giù, verso il basso. Come una fune di seta.
Delicata, ma potente.
Vorrei liberarmi, ma non posso.
Sono bloccata a metà.
Come una parola scritta quando l'inchiostro si sta consumando. Impotente.
Sospesa al confine tra ciò che è e ciò che è stato.
Tra ciò che esiste,
vive,
soffre,
geme,
scalcia e lotta,
e ciò che non è più.
Svuotata.
Un corpo vuoto giace, immobile, sul freddo pavimento di un ascensore.
E io sto lì a guardarlo, agognando una scintilla di luce.
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